L'espressione «buona giornata» fu coniata
la settimana in cui finì la provvista di gasolio, l'acqua cominciò a
scarseggiare, aumentarono le tariffe telefoniche, venne razionata la benzina e
i prezzi della carne, del caffè e dello zucchero fecero il grande balzo in
avanti. Era come se fosse finito il periodo di garanzia concesso al paese.
«Buona giornata» era proprio l'espressione giusta.
Ecologia diventò la parola d'ordine. Mio
marito si trasformò in un genio del riciclaggio. Fino a qualche anno prima
credeva che il riciclaggio fosse un programma supplementare della lavatrice che
gli strappava i bottoni dalle camicie e gli riduceva in brandelli la
biancheria. Ora passa le giornate a trasformare in portasciugamani gli
attaccapanni.
Un giorno mia figlia infilò la testa in
cucina e mi disse che la situazione dell'ozono era precaria.
«Fammi capire», dissi. «La macchina perde
l'antigelo? le mie cavità nasali stanno per emettere fumo? oppure qualcuno ha
acceso l'accendino vicino alle carte ammucchiate nel seminterrato?»
«Sto parlando delle confezioni spray»,
gemette lei. «Non intendo più usarle e anche tu dovresti fare lo stesso. Ti
rendi conto che il governo sta preparando un progetto di legge che proibirà
l'uso dei prodotti spray contenenti fluorocarburi?» «Non mi sembra che ci fosse
bisogno di sottoporre la questione al governo», dissi. «Mamma! Di certo hai
potuto renderti conto da te di come i fluorocarburi contenuti nei prodotti spray
stiano danneggiando lo strato atmosferico che protegge la terra dalle
radiazioni solari.»
«Ma certo!» annuii. «Per non parlare di
quando per sbaglio ci si spruzza il detersivo per il bagno sui denti. Voglio
dire, chi vuole avere i denti schiumanti e deodorati?»
«Non posso crederci, mamma.» Sorrise. «Ti
rendi conto che questa è la prima conversazione seria che io e te riusciamo a
intavolare da anni?»
Passai in bagno e mi spruzzai le ascelle
con un po' di deodorante. Può darsi che questi siano gli unici due ozoni che
riuscirò mai ad avere, e ho intenzione di tenermeli stretti.
Buona giornata...
A mano a mano che la tecnologia della
compagnia telefonica diventava più sofisticata, l'uso del telefono si faceva
maledettamente complicato. Non mi ero mai resa conto del significato esatto
della parola complicato fino a quando la compagnia dei telefoni lanciò una
campagna pubblicitaria intesa a farmi risparmiare.
Tutte le volte che sollevavo il ricevitore,
mi sembrava di vedere la faccia di un'impiegata della compagnia su un
teleschermo, con mezza cornetta che le spuntava dall'orecchio. Diceva: «Usi la
teleselezione. Risparmierà il sessanta per cento di notte e durante i fine
settimana. Le tariffe diminuiscono con il diminuire della distanza. Ventidue
minuti di conversazione con Nashville le costeranno come dieci minuti in un
giorno feriale all'ora di punta».
Una domenica mi trovai a caricare la
sveglia per le tre di notte, a chiamare in teleselezione un tizio di Nashville
che non mi era mai andato a genio e a conversare con lui per quattro minuti,
tutto questo per risparmiare un dollaro e venticinque cent. Era un'occasione
che non potevo perdere. In effetti, nel corso di quattro settimane, riuscii a
risparmiare abbastanza da telefonare a mia sorella nell'Ohio a un'ora civile,
durante la settimana e con una centralinista ad annunciare la chiamata. Mi
adattai alla situazione perché sapevo che si stavano facendo grandi progressi
nel campo delle comunicazioni. Comunque la chiamata di una centralinista che mi
chiedeva se avessi fatto una telefonata nel Nord Carolina e, nel caso di
risposta affermativa, se potevo comunicarle il numero, perché non era stato
registrato, mi colse assolutamente impreparata.
«Come ha fatto ad avere il mio numero?» le
chiesi. «Non c'è, sulla guida.» «Dal servizio informazioni», disse lei.
«Vergogna», dissi io. «Che razza di spreco.
E lo sa che se mi avesse telefonato durante il fine settimana, invece che
all'ora di punta di un giorno lavorativo, avrebbe potuto risparmiare trentadue
cent durante il primo minuto di conversazione?» «Ma io...»
«Non solo, se mi telefonerà per avere
informazioni del genere altre tre volte questo mese, pagherà venti cent per
ogni telefonata. Questi sono soldi. Suppongo che stia telefonando da un
apparecchio d'ufficio, al cui numero viene addebitato l'intero costo del
servizio, il che significa che ogni minuto di conversazione con me le viene a
costare quaranta cent. Senta, mia cara, ora le farò un grosso favore e
riattaccherò. Non credo che possa permettersi di parlare con me.»
Buona giornata...
L'Ammutinamento della Carne arrivò senza
preavviso. Un giorno si mangiava di più e si pagava di meno, e quello dopo
vennero immessi sul mercato duecentosettantotto prodotti per arricchire gli
hamburger.
Le massaie non restarono con le mani in
mano. Manifestarono davanti ai negozi, mangiando per protesta cibo per cani.
Alzarono cartelli con la scritta:
BOICOTTATE LA CARNE. SUCCHIATEVI IL POLLICE.
E vennero pubblicati centinaia di libri di
cucina povera per affrontare la crisi. (La cucina povera, $ 19.95.)
Da un giorno all'altro i macellai
diventarono gli ospiti più ambiti ai cocktail e alle feste, al posto dei
medici. Mi vergognavo come una ladra, ma non potei fare a meno di comportarmi
come tutte le altre massaie.
«Com'è il filetto oggi, Fred?» chiesi un
giorno al macellaio, quando chiamò il mio numero.
Si guardò intorno con aria circospetta.
«Sei una mia buona cliente da due anni, Erma.
Mi hai curato il bambino quando c'era
l'epidemia di influenza e mi hai prestato i soldi per aprire il negozio. Favori
del genere non si dimenticano. (Feci un sorriso.)
Posso finanziarti l'acquisto di un filetto
al sei per cento per trentasei mesi.»
«Ci vediamo a casa mia sabato sera?» dissi
sorridendo.
«Puoi scommetterci», disse lui, agitando la
mano in segno di saluto.
Avevo perso ogni pudore. «Ma guarda, è
proprio Fred Astor. Odio tirare in ballo questo argomento a una festa, Fred, ma
mi chiedevo se potessi darmi qualcosa per una bistecca dura. Il termometro
segna normale e le ho già somministrato due cucchiai di 'ammorbidente'.»
Mi guardò con aria annoiata. «Dalle due
aspirine e telefonami domattina», disse. «Ora, se vuoi scusarmi, stavo parlando
con questa signora. Il suo girello ha un orzaiolo all'occhio.»
Restai lì, confusa. Chissà perché, mi sentivo
meglio solo per aver toccato la mano dell'uomo che aveva toccato una
costoletta...
Far la fila davanti al banco della carne un
giorno dopo l'altro era molto deprimente.
Mi trovai a esaminare tagli di carne che in
tempi normali avrei giudicato adatti a esser conservati in formalina al museo
di storia naturale.
«Che cos'è quello?» chiesi un giorno a
Fred. «Là nell'angolo.»
«Lingua.»
«Di chi?»
«Un anonimo benefattore», rispose lui
seccamente. «E questa è trippa», disse, alzando un contenitore.
«Ah, davvero?» dissi io debolmente.
«Hai mai provato lo zampino di porco?»
«No, non si può mai sapere dove li hanno
infilati.»
«Pollo?»
«Farò finta di non aver sentito.»
Feci segno a Fred di avvicinarsi: «Senti,
Fred, ricordi quel filetto che mi hai finanziato la settimana scorsa? Be', dopo
che gli hai tolto un po' di grasso, ha avuto uno choc e...»
«Non faccio visite a domicilio», disse lui
freddamente.
«Allora perché non fai un salto a casa
nostra domani sera», dissi. «Ci sarà un po' di gente e...»
«Il mercoledì gioco a golf», disse lui.
Buona giornata...
Quando il prezzo del caffè salì a due
dollari l'etto, decisi di boicottarlo. Ci provai, ma sono fondamentalmente
debole e non riesco a sopportare il dolore.
Ero conscia del fatto che sei etti di caffè
costavano più del cappotto che avevo comprato ai tempi del mio matrimonio, ma
non riuscivo a farne a meno.
Non potete immaginare le pressioni che
esercitavano su di me le donne del quartiere.
Una mattina, mi trovai praticamente a
correre a casa di Sara. Mi aveva invitato a far quattro chiacchiere davanti a
una tazza da caffè.
Appena dentro la porta, Sara disse: «Vuoi
una tazza?»
Mi mise in mano una tazza vuota.
«E il caffè dov'è?» chiesi.
«Non ho mai detto che ci sarebbe stato
anche il caffè.»
«Senti, Sara, se è uno scherzo non è
divertente. Hai idea di quello che darei per una tazza di caffè? Venderei i
miei figli.»
«Saremmo tutte disposte a fare lo stesso.»
«Venderei il mio corpo.»
«Esagerata.»
«Sara, venderei il trofeo del bowling.»
«Vuoi cercare di darti una regolata?
Dobbiamo restare unite, altrimenti il prezzo del caffè andrà alle stelle.»
«Senti», dissi, riacquistando la padronanza
di me stessa, «non ho mai pensato che avrei finito con il fare un'ammissione
del genere, ma io sono più vecchia di tutte voi e ricordo perfettamente la
Grande Penuria di Caffeina del 1942, durante la guerra» «Non ne ho mai sentito
parlare», disse Sara.
«Non sai quanto sei fortunata», dissi. «Io
l'ho vista, mia madre, senza la tazza di caffè del mattino.
Lo spettacolo più penoso a cui abbia mai
assistito. L'ho vista tostarsi e imburrarsi la mano e poi metterla nel piatto
di mia sorella. L'ho vista sbattere la testa contro uno sgabello. L'ho sentita
dire che c'era uno spiffero d'aria e invece aveva solo battuto le palpebre.
Quando credeva che nessuno la stesse guardando, infilava la testa nel barattolo
del caffè e inalava come una matta. Mio padre la sorprese mentre tentava di
radersi la lingua. Uno spettacolo spaventoso.»
«Dev'esser stata un'esperienza terribile,
per una bambina», cercò di confortarmi Sara, «ma fatti coraggio, non durerà a
lungo.»
«Lo so», gemetti, «ma un giorno senza moka
è un giorno senza sole.»
Non si può reggere a lungo una situazione
del genere. Tornando da scuola dopo colazione, entrai di corsa in un bar e
urlai: «Una tazza di caffè, per favore... posso pagare con un assegno di conto
corrente?»
Buona giornata...
(Erma Bombeck)
Buona giornata a tutti (in modo particolare alle mamme :-)
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