giovedì 1 marzo 2018

L'entrata Trionfale - Georges Bernanos

E guarda, a proposito, quell'episodio dell'entrata trionfale a Gerusalemme io lo trovo così bello!
Nostro Signore si è degnato assaggiare il trionfo come tutto il resto, come la morte, non ha rifiutato nulla delle nostre gioie, non ha rifiutato che il peccato.
Ma la sua morte, diamine!, l'ha curata, non vi manca nulla.
Invece, il suo trionfo, è un trionfo per bambini, non ti pare? Un'immagine di Épinal, con l'asinello, le fronde verdi, e la gente di campagna che batte le mani. Una parodia gentile, un po' ironica, delle magnificenze imperiali. Nostro Signore sembra sorridere - Nostro Signore sorride spesso -, ci dice: «Non prendete troppo sul serio questo genere di cose; ma infine ci sono dei trionfi legittimi, non è proibito trionfare; quando Giovanna d'Arco rientrerà in Orléans sotto i fiori e le orifiamme, con la sua bella tunica di panno d'oro, non voglio che creda di far del male.
Poiché ci tenete tanto, miei poveri ragazzi, l'ho santificato, il vostro trionfo, l'ho benedetto, come ho benedetto il vino delle vostre vigne».
E, quanto ai miracoli, nota bene, è la stessa cosa. Non ne fa più del necessario. I miracoli sono le immagini del libro, le belle immagini.


- Georges Bernanos -
dal "Diario di un curato di campagna", pp. 173-174



...Nel Vangelo della lavanda dei piedi il colloquio di Gesù con Pietro presenta ancora un altro particolare della prassi di vita cristiana, a cui vogliamo alla fine rivolgere la nostra attenzione. 
In un primo momento, Pietro non aveva voluto lasciarsi lavare i piedi dal Signore: questo capovolgimento dell’ordine, che cioè il maestro – Gesù – lavasse i piedi, che il padrone assumesse il servizio dello schiavo, contrastava totalmente con il suo timor riverenziale verso Gesù, con il suo concetto del rapporto tra maestro e discepolo. “Non mi laverai mai i piedi”, dice a Gesù con la sua consueta passionalità (Gv 13, 8). 
È la stessa mentalità che, dopo la professione di fede in Gesù, Figlio di Dio, a Cesarea di Filippo, lo aveva spinto ad opporsi a Lui, quando aveva predetto la riprovazione e la croce: “Questo non ti accadrà mai!”, aveva dichiarato Pietro categoricamente (Mt 16, 22). 
Il suo concetto di Messia comportava un’immagine di maestà, di grandezza divina. 
Doveva apprendere sempre di nuovo che la grandezza di Dio è diversa dalla nostra idea di grandezza; che essa consiste proprio nel discendere, nell’umiltà del servizio, nella radicalità dell’amore fino alla totale auto-spoliazione. 
E anche noi dobbiamo apprenderlo sempre di nuovo, perché sistematicamente desideriamo un Dio del successo e non della Passione; perché non siamo in grado di accorgerci che il Pastore viene come Agnello che si dona e così ci conduce al pascolo giusto..

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia durante la Santa Messa nella Cena del Signore" 20 marzo 2008

San Giovanni in Laterano