Il fiore che preferisco è il girasole.
Mi piace la fiamma
gialla dei suoi petali dove si condensa la luce; sembrano i raggi di un
ostensorio attorno allo scrigno, al tabernacolo dei cento semi.
Mi piace
l’arroganza dello stelo diritto e robusto, la danza immobile della sua corolla,
il peso del frutto che ne fa reclinare il capo sul seno della terra.
Credo che
tutto preghi nell’universo, tutto proteso verso Dio: “Il giorno al giorno
annuncia il messaggio di Dio, la notte alla notte.
Gli alberi della foresta ne
modulano il canto” (Sal 19). Ma tra tutte le creature, l’immagine più bella
della preghiera è proprio il girasole: pregare è lasciarsi irradiare dal sole
che è Dio; radicarsi con salde radici nella terra e poi muovere verso il cielo.
La preghiera non consiste nel dire preghiere, ma è tendere, con tutto me
stesso, verso l’Oltre, verso l’Alto, spesso senza parole, come una pianta che
ha sete. Questo accade quando entro in chiesa, sono alla presenza di Dio, e non
mi viene nulla da dirgli, nulla esce dal centro arido del cuore.
Finisco per
dedicargli il silenzio.
Eppure qualcosa di me prega: prega il mio corpo, prega
il mio tempo, ne faccio un piccolo tappeto di minuti, una passatoia di istanti
senza parole che stendo davanti ai passi del Signore che viene sempre in me.
Guardo il girasole e capisco che non contano le parole, tanto il Signore le conosce
tutte prima che salgano alle labbra.
Conta il fatto che per un tempo io sto in
faccia al mio sole, senza mettere nulla prima di Dio, senza anteporgli nessuno
dei miei mille affari.
Girasole della preghiera passiva, che non fa nulla se
non esporsi alla luce, bere il blu del cielo e l’oro del sole, lasciarsi amare.
La forza non è in noi, la forza è nel sole, basta lasciarsi irradiare, esporsi.
Davanti al Crocifisso non si va per guardare il Crocifisso ma per lasciarsi
guardare da quel corpo dove l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto
delle ferite, indelebili come l’amore.
Girasole del desiderio attivo.
Pregare è
diventare cercatore di sole, mendicante di cielo.
Lo seguo affascinato da
qualcosa che Lui solo ha e nessun altro sa dare. E poi viene la notte, quando
il girasole abbassa la testa, in una sorte di piccola morte quotidiana, quando
al tramonto diventa, da specchio di cielo, specchio d’ombra. E il peso della terra è più forte
del peso della luce. Così accade per noi, quando l’attrazione delle cose della
terra conta più della seduzione del cielo. Ma poi ecco la piccola risurrezione
quotidiana, quando il sole ritorna. Così mi sento quando prego: un girasole che
come bussola e come risurrezione ha la quotidiana seduzione del cielo. Un uomo
che ha strade nel sole. Un nomade cosmico, pellegrino dei cieli, piccolo cielo
in cui spazia il Signore.
- Padre Ermes Ronchi -
Convertirsi è girarsi verso la Luce
Gesù non spiega il Regno, lo mostra con il suo primo
agire: libera, guarisce, perdona, toglie barriere, ridona pienezza di relazione
a tutti, anche a quelli marchiati dall'esclusione.
Il Regno è guarigione dal
male di vivere, fioritura della vita in tutte le sue forme. A questo movimento
discendente, di pura grazia, Gesù chiede una risposta: convertitevi e credete
nel Vangelo.
Immagino la conversione come il moto del girasole, che alza la
corolla ogni mattino all'arrivo del sole, che si muove verso la luce: «giratevi
verso la luce perché la luce è già qui».
Credere nel Vangelo è un atto che
posso compiere ogni mattino, ad ogni risveglio. Fare memoria di una bella
notizia: Dio è più vicino oggi di ieri, è all'opera nel mondo, lo sta
trasformando. E costruire la giornata non tenendo gli occhi bassi, chini sui
problemi da affrontare, ma alzando il capo, sollevandolo verso la luce, verso
il Signore che dice: sono con te, non ti lascio più, ti voglio bene.
- Padre Ermes Ronchi -
Da: Avvenire del 19 gennaio 2012
Credete nel Vangelo. Non al Vangelo ma nel Vangelo. Non
solo ritenerlo vero, ma entrate e buttarsi dentro, costruirvi sopra la vita,
con una fiducia che non darò più a nient'altro e a nessun altro.
Camminando
lungo il mare di Galilea, Gesù vide… Gesù vede Simone e in lui intuisce la
Roccia.
Vede Giovanni e in lui indovina il discepolo dalle più belle parole
d'amore.
Un giorno guarderà l'adultera e in lei vedrà la donna capace di amare
bene.
Il suo sguardo è creatore. Il maestro guarda anche me, e nonostante i
miei inverni vede grano che germina, una generosità che non sapevo di avere,
capacità che non conoscevo.
È la totale fiducia di chi contempla le stelle
prima ancora che sorgano. Seguitemi, venite dietro a me.
Non si dilunga in
spiegazioni o motivazioni, perché il motivo è lui, che ti mette il Regno appena
nato fra le mani. E lo dice con una frase inedita, un po' illogica: Vi farò
pescatori di uomini.
Come se dicesse: «vi farò cercatori di tesori».
- Padre Ermes Ronchi -
Da: Avvenire del 19 gennaio 2012
Buona giornata a tutti. :-)