Quando il pirata Francis Drake prese d'assalto
Riohacha, nel sedicesimo secolo, la bisnonna di Ursula Iguaràn si spaventò
tanto per il suono della campana a martello e per il rimbombo dei cannoni, che
perse il controllo dei nervi e si sedette su un focolare acceso.
Le bruciature
la lasciarono ridotta a una sposa inutile per tutta la vita.
Non poteva sedersi
se non di costa, sistemata su un mucchio di cuscini, e doveva esserle rimasto
qualcosa di strano nel modo di muoversi, perché non si fece mai più vedere a
camminare in pubblico.
Rinunciò a ogni sorta di impegni sociali ossessionata
dalla idea che il suo corpo emanasse un odore di bruciaticcio. L'alba la
sorprendeva nel patio; non osava dormire perché sognava che gli inglesi coi
loro feroci cani d'assalto entravano dalla finestra della stanza da letto e la
sottoponevano a ingiuriose torture con ferri incandescenti. Suo marito, un
commerciante aragonese dal quale aveva avuto due figli, spese mezzo negozio in
medicine e divertimenti cercando il modo di alleviare i suoi terrori.
Alla fine
liquidò gli affari e portò la famiglia a vivere lontano dal mare, in un
villaggio di indios pacifici situato sui contrafforti della sierra, dove fece
costruire a sua moglie una stanza da letto senza finestre in modo che i pirati
dei suoi incubi non avessero da dove entrare.
Nel villaggio sperduto viveva da
molto tempo prima un creolo coltivatore di tabacco, don José Arcadio Buendìa,
col qua le il bisnonno di Ursula stabilì una società così proficua che in pochi
anni fecero una fortuna.
Diversi secoli più tardi, il bisnipote del creolo si
sposò con la bisnipote dell'aragonese.
Per questo, ogni volta che Ursula
perdeva le staffe per qualche pazzia di suo marito, sorvolando trecento anni di
accidenti, malediceva l'ora in cui Francis Drake aveva preso d'assalto
Riohacha.
Era un semplice sfogo, perché in realtà erano legati fino alla morte
da un vincolo più solido dell'amore: un comune rimorso di coscienza. Erano
cugini tra loro. Avevano trascorsa l'infanzia insieme nell'antico villaggio che
i loro reciproci antenati avevano trasformato col loro lavoro e le loro buone
abitudini in uno dei migliori borghi della provincia.
Anche se quel matrimonio
era prevedibile fin dal giorno della loro nascita, quando essi espressero la
volontà di sposarsi, i parenti cercarono di impedirlo. Avevano paura che quei
sani boccioli di due razze secolarmente incrociate patissero l'onta di
concepire delle iguane.
Esisteva già un precedente terribile. Una zia di
Ursula, che si era sposata con uno zio di José Arcadio Buendìa, aveva dato alla
luce un figlio che aveva passato tutta la vita con dei pantaloni gonfi e
flosci, e che era morto dissanguato dopo essere vissuto per quarantadue anni
nel puro stato di verginità, perché era nato e cresciuto con una coda
cartilaginosa a forma di cavaturacciolo e con un pennello di setole sulla
punta.
Una coda di maiale che non fece mai vedere a nessuna donna, e che gli
costò la vita quando un macellaio amico suo gli fece il favore di mozzarla con
un marrancio.
José Arcadio Buendìa, con la leggerezza propria dei suoi diciannove anni, risolse il problema con una sola frase: "Non mi importa di mettere al mondo dei porcelli, purché possano parlare." E così si sposarono con una festa di banda e petardi che durò tre giorni. Sarebbero stati felici subito se la madre di Ursula non l'avesse terrorizzata con ogni sorta di sinistri pronostici sulla sua discendenza, fino al punto di convincerla a non consumare il matrimonio.
José Arcadio Buendìa, con la leggerezza propria dei suoi diciannove anni, risolse il problema con una sola frase: "Non mi importa di mettere al mondo dei porcelli, purché possano parlare." E così si sposarono con una festa di banda e petardi che durò tre giorni. Sarebbero stati felici subito se la madre di Ursula non l'avesse terrorizzata con ogni sorta di sinistri pronostici sulla sua discendenza, fino al punto di convincerla a non consumare il matrimonio.
Temendo che il corpulento e voglioso marito la
violasse nel sonno, Ursula si infilava prima di coricarsi un paio di calzoni
rudimentali che sua madre le aveva fabbricato con tela per vele e rinforzato
con un sistema di cinghie incrociate, che si chiudeva sul davanti con una
grossa fibbia di ferro. Così rimasero per parecchi mesi.
Di giorno, lui
allevava i suoi galli da combattimento e lei ricamava a telaio con sua madre.
Durante la notte, si dibattevano per diverse ore con una ansiosa violenza che
sembrava già un surrogato dell'atto d'amore, finché l'intuizione popolare
subodorò che stava succedendo qualcosa di irregolare, e fece correre la
chiacchiera che Ursula fosse ancora vergine a un anno dalle nozze, perché suo
marito era impotente.
José Arcadia Buendìa fu l'ultimo ad essere informato della insinuazione. "Vedi, Ursula, cosa va dicendo la gente," disse a sua moglie con molta calma. "Lascia che parlino," disse lei. "Noi sappiamo che non è vero." Di modo che la situazione continuò senza cambiare per altri sei mesi, fino alla tragica domenica in cui José Arcadio Buendìa vinse un combattimento di galli contro Prudencio Aguilar. Furioso, eccitato dal sangue del suo animale, il perdente si scostò da José Arcadio Buendìa in modo che tutta l'arena potesse sentire quello che gli stava per dire. "Complimenti," gridò. "Vediamo un po' se quel gallo glielo farà finalmente il favore a tua moglie."
José Arcadio Buendìà, sereno, prese il suo gallo. "Torno subito," disse a tutti. E poi, a Prudencio Aguilar: "E tu, va' a casa tua e armati, perché sto per ammazzarti. " Dieci minuti dopo tornò con la lancia di suo nonno già esperta di sangue.
José Arcadia Buendìa fu l'ultimo ad essere informato della insinuazione. "Vedi, Ursula, cosa va dicendo la gente," disse a sua moglie con molta calma. "Lascia che parlino," disse lei. "Noi sappiamo che non è vero." Di modo che la situazione continuò senza cambiare per altri sei mesi, fino alla tragica domenica in cui José Arcadio Buendìa vinse un combattimento di galli contro Prudencio Aguilar. Furioso, eccitato dal sangue del suo animale, il perdente si scostò da José Arcadio Buendìa in modo che tutta l'arena potesse sentire quello che gli stava per dire. "Complimenti," gridò. "Vediamo un po' se quel gallo glielo farà finalmente il favore a tua moglie."
José Arcadio Buendìà, sereno, prese il suo gallo. "Torno subito," disse a tutti. E poi, a Prudencio Aguilar: "E tu, va' a casa tua e armati, perché sto per ammazzarti. " Dieci minuti dopo tornò con la lancia di suo nonno già esperta di sangue.
Sulla soglia dell'arena, dove si era concentrato mezzo
villaggio, Prudencio Aguilar lo aspettava. Non ebbe tempo di difendersi. La
lancia di José Arcadio Buendìa, scagliata con la forza di un toro e con la
stessa mira sicura con la quale il primo Aureliano Buendìa aveva sterminato le
tigri della regione, gli trapassò la gola.
Quella notte, mentre si vegliava il
cadavere nell'arena dei galli, José Arcadio Buendìa entrò nella stanza da letto
mentre sua moglie si stava infilando i calzoni di castità.
Brandendo la lancia
davanti a lei, le ordinò: "Togliti quella roba."
Ursula non mise in
dubbio la fermezza di suo marito. "Sarai il responsabile di quello che
succederà," mormorò. José Arcadio Buendìa piantò la lancia nel pavimento
di terra battuta.
"Se dovrai mettere al mondo delle iguane, alleveremo
delle iguane," disse. "Ma in questo paese non ci saranno più morti
per colpa tua."
- Gabriel García Márquez -
da: "Cent'anni di solitudine", Oscar Mondadori, pagg. 10-11
Se un giorno avrai voglia di piangere, chiamami:
non prometto di farti ridere ma potrò piangere con te…
Se un giorno riuscirai a fuggire, non esitare a chiamarmi:
non prometto di chiederti di rimanere, ma potrò fuggire con te…
Se un giorno non avrai voglia di parlare con nessuno, chiamami:
staremo in silenzio…
Ma se un giorno mi chiamerai e non risponderò, vieni correndo da me: perché di certo avrò bisogno di te.
non prometto di farti ridere ma potrò piangere con te…
Se un giorno riuscirai a fuggire, non esitare a chiamarmi:
non prometto di chiederti di rimanere, ma potrò fuggire con te…
Se un giorno non avrai voglia di parlare con nessuno, chiamami:
staremo in silenzio…
Ma se un giorno mi chiamerai e non risponderò, vieni correndo da me: perché di certo avrò bisogno di te.
- Gabriel García Márquez -
Oggi può essere l’ultimo giorno che vedi coloro che ami.
Perciò non aspettare più, fallo oggi, perché se il domani non dovesse mai
arrivare, sicuramente lamenterai il giorno che non hai preso tempo per un
sorriso, un abbraccio, un bacio, e che sarai stato troppo occupato per
concedere un ultimo desiderio».
- Gabriel García Márquez -
Avevo sempre creduto che morire
d’amore non fosse altro che una licenza poetica. Quel pomeriggio, di nuovo a
casa senza il gatto e senza lei, constatai che non solo era possibile morire,
ma che io stesso, vecchio e senza nessuno, stavo morendo d’amore.
- Gabriel Garcia Marquez -
da "Memoria delle mie
puttane tristi"
La gente corre dietro agli attimi, e
non si accorge che è la propria esistenza che se ne va."