sabato 17 dicembre 2011

Dalla "comunità per me" a "io per la comunità" - Jean Vanier -

Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei mem­bri sta facendo il passaggio da "la comunità per me" a "io per la comunità", cioè quando il cuore di ognuno si sta aprendo ad ogni membro, senza escludere nessuno. 
E il passaggio dall'egoi­smo all'amore, dalla morte alla resurrezione: è la pasqua, il pas­saggio del Signore, ma anche il passaggio da una terra di schia­vitù a una terra promessa, quella della liberazione interiore.

La comunità non è coabitazione, perché questo è una caser­ma o un albergo. Non è una squadra di lavoro e ancor meno un nido di vipere! 
E quel luogo in cui ciascuno, o piuttosto la mag­gioranza (bisogna essere realisti!) sta emergendo dalle tenebre dell'egoismo alla luce dell'amore vero.

L'amore non è né sentimentale né un'emozione passeggera. 
E' una attenzione all'altro che a poco a poco diviene impegno, riconoscimento di un legame, di un'appartenenza vicendevo­le. 
E' ascoltare l'altro mettersi al suo posto, capirlo, interessar­sene. 
E' rispondere alla sua chiamata e ai suoi bisogni più profondi. 
E' compatirlo, soffrire con lui, piangere quando piange, rallegrarsi quando si rallegra. 
Amare vuol dire anche essere felici quando l'altro è lì, tristi quando è assente; è resta­re vicendevolmente uno nell'altro, prendendo rifugio uno nel­l' altro. "L'amore è una potenza unificatrice", dice Dionigi l'Areopagita.

Se l'amore è essere teso verso l'altro, è anche e soprattutto ten­dere entrambi verso le stesse realtà; è sperare e volere le stesse cose; è partecipare della stessa visione, dello stesso ideale.



 - Jean Vanier -
Fonte: “ La comunità luogo del perdono e della festa”



  “La malattia mentale è una grossa domanda per il nostro mondo. Oggi i Paesi vogliono essere forti, i deboli vengono schiacciati. In realtà siamo nati tutti nella debolezza e moriremo nella debolezza. La nostra parte più debole è il cuore: io ho visto la sofferenza di chi non si sente amato". Viviamo in un mondo che, secondo Jean Vanier, ancora fa fatica ad accettare chi è disabile. "Esistono - prosegue - due forme di bisogno nell'essere umano: oltre ai bisogni di base, infatti, è sempre presente in noi il bisogno di sentirci apprezzati e di essere considerati unici. In sostanza, di non essere un numero in un gregge, di essere ascoltati, amati. E' un bisogno che va al di là di qualsiasi capacità o incapacità".


  Jean Vanier nato a Ginevra nel 1928, fondatore di L'Arche (L’Arca) e ispiratore del movimento Foi et Lumiere (Fede e Luce in Italia), che oggi sono centinaia e centinaia in tutti i continenti; è stato membro del Pontificio Consiglio per i Laici.



Buona giornata a tutti. :-)