martedì 26 luglio 2011

La Pasqua senza la croce è vuota - padre Ermes Ronchi -

«Se non vedo, se non tocco, io non credo». Non cre­de Tommaso neppure a die­ci apostoli: «non viene da voi la prova di cui ho bisogno. Io voglio sentire Cristo che toc­ca Lui la mia vita, Cristo che entra, apre, solleva, e traccia strade. Non mi accontento di parole, ho bisogno di 'senti­re' Dio, di un Dio sensibile, u­dibile, visibile; non di un rac­conto, ma di un avvenimen­to. Ho bisogno che la sua vi­ta scuota la mia vita, e senti­re che è per me, che è mio». Ed ecco che Tommaso non ricerca segni gloriosi o trion­falistici, ma vuole toccare le ferite vive e aperte della pas­sione, rivedere il corpo dato, il sangue versato: lì è con­densata l'essenza della fede. Finché non partecipi, finché non sei coinvolto nell'im­menso gioco dell'amore e del dolore di Dio, non puoi dire: io credo, Signore!
«Metti qui il tuo dito, tendi la tua mano!». Gesù si fa vicino, voce che non giudica ma in­coraggia, e i segni dei chiodi sono a distanza di mano e di cuore: il risorto è il crocifisso.
La Pasqua senza la croce è vuota.
La croce senza la Pa­squa è cieca.
Tommaso si arrende a un crocifisso amore che accondiscende alla sua fatica di credere e consegna ancora il suo corpo; si arrende a quel foro nel fianco e neppure si dice che lo abbia toccato. Si arrende all'amore che ha scritto il suo racconto sul cor­po di Gesù con l'alfabeto del­le ferite. Indelebile alfabeto, come l'amore. A ciascuno di noi Gesù ripete: «guarda, stendi la mano, tocca le pia­ghe, ritorna ai giorni della croce; guarda a fondo, fino alla vertigine, in quei fori; porta i tuoi dubbi al legno della croce, troveranno ri­sposta; non stancarti di a­scoltare la passione di Dio».
E Tommaso passa dall'incre­dulità all'estasi: «Mio Signo­re e mio Dio». Voglio custo­dire in me questo aggettivo, come una riserva di coraggio per la mia fede: «Mio». Pic­cola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri o degli altri, ma il Dio intrec­ciato con la mia vita, mia lu­ce e mia ombra, assenza e poi più ardente presenza. Tom­maso come l'amata del Cantico dei Cantici dice: «Il mio amato è per me e io sono per lui». Mio, non di possesso, ma di appartenenza. Mio, in cui mi riconosco perché da lui sono riconosciuto. Mio, per­ché esiste per me, mia luce e mio dolore. Mio come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo è il respiro e, senza, non vivrei.

(Padre Ermes Ronchi)
Fonte: Omelia della II Domenica di Pasqua (Anno A)
(30 marzo 2008)
Ermes Maria Ronchi (Attimis, 16 agosto 1947)
Sacerdote e teologo italiano dell’Ordine dei Servi di Maria.
Dal novembre 2009 ha sostituito Padre Raniero Cantalamessa nella conduzione della rubrica Le ragioni della Speranza all'interno del programma di cultura cattolica "A Sua immagine". Padre Ronchi sovente associa il commento del Vangelo alla visita di una comunità di ispirazione religiosa, ed ogni puntata si conclude con la lettura di una poesia devozionale tra quelle dei più vari autori.



Buona giornata a tutti. :-)