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giovedì 23 settembre 2021

La favoletta di Don Camillo - Giovannino Guareschi

Don Camillo raccontò questa favoletta: «Un feroce lupo pieno di fame girava per la campagna e arrivò a un gran prato recinto da una altissima rete metallica. 

Dentro pascolavano tranquille le pecorelle. 
Il lupo girò tutt’attorno per vedere se qualche maglia si fosse allentata nella rete, ma non trovò buchi. 
Scavò con le zampe per fare un buco nella terra e passar sotto la rete, ma ogni fatica fu vana. 
Tentò di saltare la siepe, ma non riusciva neppure ad arrivare a metà. 
Allora si presentò alla porta del recinto e gridò: “Pace! Siamo tutti creature di Dio e dobbiamo vivere secondo le sue leggi!”. 
Le pecorelle si appressarono e allora il lupo disse con voce ispirata: “Viva la legalità! Finisca il regno della violenza! Facciamo una tregua!”. “Bene!”, risposero le pecorelle. “Facciamo una tregua!”. 
Il lupo si accucciò davanti alla porta del recinto e passava il tempo cantando. Ogni tanto si levava e andava a brucare l’erba ai piedi della rete metallica. “Uh! Guarda, guarda!”, si stupirono le pecore. “Mangia l’erba anche lui, come noi! Non ci avevano mai detto che i lupi mangiano l’erba!…”. “Io non sono un lupo!”, rispose il lupo. “Io sono una pecora come voi. Una pecora di un’altra razza”. 
Poi spiegò che le pecore di tutte le razze avrebbero dovuto fare causa comune. “Perché”, disse alla fine, “non fondiamo un Fronte Pecorale Democratico? ("Fronte popolare democratico" era il nome dell'alleanza politico-elettorale ).
Io ci sto volentieri e non pretendo nessun posto di comando. 
È ora che ci uniamo contro chi ci tosa, ci ruba il latte e ci manda al macello!”. “Parla bene!”, osservarono alcune pecore. “Bisogna fare causa comune!”. 
E aderirono al Fronte Pecorale Democratico e, un bel giorno, aprirono le porte. 
Il lupo, diventato capo del piccolo gregge, cominciò, in nome dell’Idea, la epurazione di tutte le pecore antidemocratiche e le prime furono quelle che gli avevano aperto la porta. 
Alla fine l’opera di epurazione terminò, e quando non rimase più neppure una pecora il lupo esclamò trionfante: “Ecco finalmente il popolo tutto unito e concorde! 
Andiamo a democratizzare un altro gregge!”»

(Giovannino Guareschi), 
Fonte: da “Don Camillo e il suo gregge”




…. I  Padri Costituenti sono vissuti in un’epoca di stermini di massa e sapevano bene che per sterminare una persona devi prima allontanarla dal suo lavoro e che, quindi, la perdita del lavoro è il primo degli arbitri tremendi che portano alla distruzione, condizione indispensabile e sufficiente all’annientamento. 

Il primo lockdown, non ha avuto nessun senso dal punto di vista sanitario, anzi ha avuto il senso di peggiorare la salute di tutti, per la reclusione, per l’incuria e per la disperazione. 

Cancro e malattie degenerative  non sono state più curate, in più rinchiudere le persone in casa fa crollare il sistema immunitario che è uno dei due motivi per cui i casi di cancro sono saliti alle stelle, non solo il fatto che non li curavano più. Rinchiudere è uno dei passi verso la distruzione. 

Siamo un popolo che non serve più. È spiegato nel Grande Reset: le linee produttive vanno spostate in Cina. Noi non serviamo più. Ognuno di noi, nel suo blocchetto di plexiglass, con la connessione a Netflix e a YouPorn e magari il reddito di cittadinanza, fino a quando non scompare. Per questo il lavoro è così importante. Per questo è così grave che ce lo stiano togliendo.

Per questo è così grave che non ti lascino lavorare a meno che tu non abbia questa ridicola carta che segnala se hai fatto o no un farmaco che non serve a immunizzare quindi non blocca il contagio di una malattia che sarebbe curabile, segnala solo la tua sottomissione e che hai in corpo qualcosa che altri volevano che tu avessi in corpo. Perché. Perché ci tengono così tanto?

dal blog di Silvana De Mari

https://www.silvanademaricommunity.it/2021/09/18/sorci-di-tuto-il-mondo-uniamoci/


Buona giornata a tutti :-)