di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava
una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora
è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche
un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
portava due bambole in dono…
Ora
là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E
tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
- Giovanni
Pascoli -
L’opera più famosa di Vincent Van
Gogh, La notte stellata, venne dipinta dalla finestra del manicomio di Saint
Paul de Mausole, dove il pittore venne ricoverato dopo essersi amputato
l’orecchio in seguito a una lite con il pittore Paul Gauguin.
E’ incredibile… ma i pazienti di un
manicomio nel XIX secolo venivano storditi col bromuro, con purghe e salassi,
le normali cure contro la “follia” oppure per placare i loro “eccessi” venivano
appesi al soffitto con delle camicie di forza, fino a che a forza di cercare di
cercare di liberarsi si stortavano le braccia, si rompeva la clavicola, usciva
dalla sede la testa dell’omero.
Ma in quest’ambiente terrificante e degradante
Van Gogh dipinse alcuni dei suoi quadri più belli. Venne preso da un vero e
proprio furore creativo e continuamente chiedeva al fratello Theo di inviargli
materiale per dipingere, pennelli e colori. Con la forza della propria
immaginazione riusciva a rielaborare la misera realtà che percepiva con i suoi
occhi in qualcosa di sublime, d’infinito, d’immortale.
“Cosa sono io agli occhi della gran
parte della gente? Una nullità, un uomo eccentrico o sgradevole – qualcuno che
non ha posizione sociale né potrà averne mai una; in breve, l’infimo degli
infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere
mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno.”
Quattro mesi essersi tagliato l’orecchio,
avvenuto nel 1889, nel mese di aprile, tentò di avvelenarsi inghiottendo colori
a tempera e bevendo il cherosene delle lampade, fu segregato in una stanza
spoglia e minuscola, priva di mobilia, ma continuò lo stesso a dipingere.
L’arte per Van Gogh era una forma di
resistenza, di sopravvivenza, un modo per svelare i misteri della natura e
dell’anima. Pochi artisti sono riusciti ad esprimere i dolori e le sofferenze
della propria vita con la stessa intensità di Van Gogh. La luce e i colori nei
suoi quadri sono o accecanti o tenebrosi, un’esplosione di vita colta con la
finissima sensibilità che gli era propria. Van Gogh venne emarginato da una
società che vedeva in lui soltanto un fallito.
Eppure chi riuscì a cogliere con
maggior sensibilità lo spirito dell’uomo moderno se non questo emarginato che
ci parla della solitudine dell’uomo, delle sue insopprimibili tristezze?
-Dal web -
Buona giornata a tutti :-)