… sendo giunto all’ultimo del mese di dicembre,
all’undici hore cominciò a tremare la terra e così con gran strepito per un
quarto d’hora tremò, che die’ spavento a tutto il popolo. E perciò rovinarono
molti fumaroli di camini, e spezaronsi due cathene che tenevano congiunte le
volte della chiesa di S.Giacomo, alquanto aprendosi la fazzata di detta chiesa.
Parimenti se spezzò una catena di ferro nella chiesa di S.Maria di Galiera.
Sentendo questo tremore della terra le cittadini, benché fusse la notte, tutti
fuggendo delle loro case senza vestimente, paventati cercavono di ritrovare
luogo sicuro, acciò dalli edifici non fossero soffocati dubitando che non
cascassero.
E così con questo pavento s’entrò nell’anno 1505 certamente anno infelice tenendo il primato della città messer Giovani Bentivoglio sotto il pontificato di Giulio secondo sendo vice legato Altobello Averoldo bresciano vescovo di Pola … entrati nel maggistrato li signori antiani, la note del terzo giorno cioè fra l’9 e X hore un’altra volta movendosi la terra con maggior forza di prima, ma non con tanto strepito alcuna volta riforzandosi et altresì mittigandosi così perserverò insino alli dodici hore et alcuna volta anchor cessando , con tanta rovina d’eddifici e pavento delle persone, che scrivere no’ lo potrei.
… Così seguitando li terramoti o pocho o assai la notte, tanto ciascun era paventato, che parevano fuori di sé. Il che considerando il senato e vedendo il continovare di quelli, e avertendo questa percussione esser mandata da Iddio per li peccati che si facevano, pigliò conseglio di placare l’ira sua tanto quanto fosse possibile …
E così con questo pavento s’entrò nell’anno 1505 certamente anno infelice tenendo il primato della città messer Giovani Bentivoglio sotto il pontificato di Giulio secondo sendo vice legato Altobello Averoldo bresciano vescovo di Pola … entrati nel maggistrato li signori antiani, la note del terzo giorno cioè fra l’9 e X hore un’altra volta movendosi la terra con maggior forza di prima, ma non con tanto strepito alcuna volta riforzandosi et altresì mittigandosi così perserverò insino alli dodici hore et alcuna volta anchor cessando , con tanta rovina d’eddifici e pavento delle persone, che scrivere no’ lo potrei.
… Così seguitando li terramoti o pocho o assai la notte, tanto ciascun era paventato, che parevano fuori di sé. Il che considerando il senato e vedendo il continovare di quelli, e avertendo questa percussione esser mandata da Iddio per li peccati che si facevano, pigliò conseglio di placare l’ira sua tanto quanto fosse possibile …
Et fecero portare alla città la Madonna di S.Lucca alli 4 del detto, per
portarla in processione. … E per tanto la seguente domenica, ordinata la
processione, che fu alli 5 fu portata con gran riverenza la detta Madonna da S.
Lucca, il capo di S. Anna, il capo di S. Petronio, di S. Domenico, di S.
Floriano, Isidoro, di S. Proculo, il brazzo di S. Cecilia, con molte altre
reliquie intervenendovi tutto il chericato, il senato con tutto il popolo e
così devotamente con lagrime andarono a S. Pietro e quivi solennemente fu
cantata la messa.
- Leandro Alberti –
Historie di Bologna, Tomo I
Era una tranquilla e fredda mattina di fine anno, verso
le 5:00 si registrò una leggera scossa, ma nulla lasciava presagire che tra
circa 21 minuti l’intera area dello stretto sarebbe stata scossa dal più grande
cataclisma che la storia moderna dell’intero bacino del Mediterraneo ricordi.
Alle 5:21 del 28 Dicembre 1908 dalle profondità dello
stretto si erge un fortissimo boato, la terra iniziò a tremare in maniera molto
violenta tra Scilla e Cariddi.
La prima forte scossa ebbe prevalente moto sussultorio,
dopo un breve intervallo ne segui un’altra più forte in senso ondulatorio e poi
un’altra ancora stavolta in senso “vorticoso”, la più lunga e devastante
che portò al completo crollo di tutti gli edifici.
Gli unici palazzi rimasti integri furono trovati spostati
di alcuni gradi su se stessi.
In questo terribile terremoto venne classificato per la
prima volta il “moto vorticoso”, esso si generà quando la componente
orizzontale (scossa ondulatoria) si incontra con la componente verticale
(scossa sussultoria), la somma delle due direzioni provoca un violento
movimento vorticoso che fa crollare ogni abitazione lungo l’area epicentrale.
Finito il sisma le città di Reggio e Messina si
trasformarono in veri e propri cimiteri a cielo aperto.
Ad aggravare la già devastante situazione si aggiunse un
altro fenomeno naturale, lo tsunami, che in alcune aree dello stretto ebbe una
violenza tale da causare un numero di morti quasi superiore a quella del sisma.
A determinare tuttò ciò sarebbe stata una grossa frana
sottomarina avvenuta lungo la costa ionica a circa 80-100 km a largo di capo
Taormina, lungo la ripida “scarpata continentale siciliana”.
La gigantesca frana sottomarina, di un volume stimato di
circa 20 km3, si sarebbe staccata dalla scarpata continentale siciliana in
seguito al fortissimo movimento tellurico che interessò tutta l’area
Calabro-Peloritana.
Il corpo della frana scivolando a grandissima velocità
lungo gli abissi dello Ionio avrebbe favorito l’attivazione dell’onda di
maremoto che una volta formata si è diretta con grande impeto verso le coste
calabresi e siciliane.
In meno di 5 minuti, secondo le testimonianze dei sopravvissuti
raccolte dal geografo vogherese Mario Baratta (nel 1910), l’onda colpì per
prima l’area prospicente l’evento franoso sottomarino, lungo la costa tra
Giardini Naxos e Taormina.
In seguito il maremoto iniziò a propagarsi lungo la costa
ionica messinese risalendo da sud, in direzione dello stretto, con una velocità
di propagazione elevatissima, non inferiore ai 300 km/h (tipico delle onde di
tsunami).
Intanto bisogna dire che furono i litorali posti nella
parte meridionale dello stretto ad essere maggiormente colpiti dalle violente
ondate, mentre nella parte nord e su Messina l’onda di marea arrivò molto più
smorzata, con un’altezza di appena 2-3 metri sopra il livello del mare.
Dai dati a nostra disposizione possiamo notare come il
valore più elevato in tutta la costa siciliana si registrò proprio a capo
S.Alessio dove l’onda raggiunse un picco massimo di quasi 12 metri sul livello
del mare, radendo al suolo quel che restava del piccolo borgo di pescatori.
A Messina furono maggiormente colpiti i numerosi casali
della zona sud della città, lungo l’antica via del dromo.
Al terrificante maremoto si deve la completa distruzione
del famoso borgo marinaro di Cala S.Paolo (l’attuale Briga marina), qui le
ondate alte fino a 8-9 metri annegarono decine di persone risucchiando al largo
i corpi dei numerosi superstiti del sisma che cercavano un rifugio sicuro nella
spiaggia.
A Messina le ondate arrivarono circa 10-15 minuti dopo
l’evento sismico, solo lungo la foce del torrente Portalegna (l’attuale
cavalcavia ad angolo con la via Don Blasco) si raggiunsero altezze maggiori
fino a 6 metri.
Diverso invece è il discorso che va fatto per la costa
calabra, anche qui le altezze vanno a crescere man mano che ci avviciniamo allo
Ionio.
La città di Reggio, posta pochi chilometri più a sud di
Messina, l’onda che penetrò da sud-ovest creò autentici disastri andando ad
inabissare l’intera banchina del porto che sprofondò in mare.
Ma proprio nella zona di Pellaro, poco a sud di Reggio,
si ebbero i maggiori danni, qui probabilmente si raggiunsero i 12 metri
d’altezza.
Il maremoto fece deragliare persino un treno che in quel
momento stava transitando vicino la zona di Pellaro, il riflusso fu talmente
forte da trascinare a mare diversi carri.
«L'orribilissimo terremoto dell'anno 1693 è stato, senza
alcun dubbio, il maggiore il più pernicioso che tra tanti avesse danneggiato la
Sicilia, e sarà sempre l'infaustissima sua memoria luttuosa negli annali
dell'isola, tanto per la sua durazione, quanto per la rovina portata
dappertutto.
Il giorno di venerdì 9 gennaio nell'ora quarta e mezza della notte
tutta la Sicilia tremò dibattuta dalla terribile terremoto. Nel Val di Noto e
nel Val Demone fu più gagliardo: nel Val di Mazara più dimesso […].
Ma la domenica
11 dello stesso mese, circa l'ore 21, fu sconquassata tutta la Sicilia con
violentissimo terremoto, con la strage e danno non accaduti maggiori ne' secoli
scorsi. »
(A. Mongitore, Istoria cronologica de' terremoti di
Sicilia (1743))
Stampa tedesca dell’epoca che illustra i danni del terremoto
Il terremoto del 1693 rappresenta una vera e propria
“pietra miliare” nella storia sismica del nostro paese. Risulta essere il più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli
ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale.
Inoltre, per vastità dell’area colpita, numero di vittime e gravità degli
effetti provocati, è tra i terremoti
maggiormente distruttivi della storia sismica italiana.
Il terremoto colpì un territorio vastissimo in due riprese, con due
violentissime scosse avvenute a distanza di due giorni. Il primo forte evento si verificò il 9 gennaio 1693 alle 4:30 secondo
l’uso orario “all’italiana” in vigore all’epoca.La scossa raggiunse
un’intensità epicentrale valutabile tra i gradi 8 e 9 della Scala
Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). I danni furono
gravissimi in centri come Augusta, Avola (l’attuale Avola Vecchia), Noto
(l’attuale Noto Antica), Floridia e Melilli, dove crollarono molti edifici.
Il secondo terremoto avvenne il giorno 11 gennaio 1693 alle ore 21
secondo l’orario “all’italiana” in vigore all’epoca) ed ebbe effetti veramente catastrofici.
L’enorme gravità di tali effetti fu dovuta anche al fatto
che questi andarono in parte a sovrapporsi a quelli della scossa del 9 gennaio.
L’area colpita fu molto più vasta rispetto a quella interessata dal primo
terremoto, tanto che molte località che erano state solo leggermente
danneggiate, o non danneggiate affatto il 9 gennaio, questa volta subirono
danni importanti o vere e proprie distruzioni. Basti pensare che solo l’area dei danni più gravi risultò estesa su
un vasto territorio di oltre 14.000 kmq, che venne completamente devastato.
Tutta la Sicilia orientale fu gravemente colpita.
Gli effetti più rilevanti, però, furono quelli di
maremoto. La scossa dell’11
gennaio generò ondate di tsunami che investirono varie
località della costa orientale della Sicilia, da Messina a Siracusa. Gli effetti più
gravi si ebbero ad Augusta,
dove l’onda di maremoto raggiunse l’altezza di 30 cubiti (circa 15 metri)
danneggiando le galere dei Cavalieri di Malta ancorate in rada e inondando la
parte della città prospiciente il porto. A Catania il mare dapprima si ritirò dalla
spiaggia per alcune decine di metri, trascinando alcune barche ancorate presso
la riva, poi a più riprese si riversò violentemente sulla costa con onde alte
oltre 2 metri che entrarono in città fino alla piazza San Filippo (l’attuale
piazza Mazzini).
Preghiera
nel tempo di terremoto
O Dio creatore,
noi crediamo che tu sei nostro
Padre
e che ci vuoi bene
anche se la terra trema
e le nostre famiglie sono state
sconvolte
dall'angoscia
Non lasciarci soli nel momento
della sventura.
Apri il cuore di molti nostri
fratelli
alla generosità e all'aiuto.
A noi dona la forza e il coraggio
necessari per la ricostruzione
e l'amore per non abbandonare
chi è rimasto senza nessuno.
Così, liberati dal pericolo
e iniziata una vita nuova,
canteremo la tua lode.
Preghiera alla Madonna del terremoto
Amatissima Regina del
cielo e della terra,
che mentre stavi sotto la croce di Gesù, tuo Figlio,
e la spada del dolore ti trapassava l'anima
per diventare la Madre di tutti i viventi,
hai sentito sotto i tuoi piedi tremare la terra,
soccorri i tuoi figli che gemono spaventati dal
terremoto.
La terra rimbomba di un sordo boato,
attorno a noi crollano il presente e il passato
e le nostre anime smarrite si chiedono:
che cos'è l'uomo, perchè Tu, o Signore, te ne ricordi?
Fatto a immagine e somiglianza di Dio e circondato di
gloria,
eppure ha divorato come un figlio dissoluto i doni del
Padre,
ha tradito l'Amore di Gesù, ha spento lo Spirito
Santo,
fino a meritare il castigo di Dio.
O Madre Santissima, piena di Grazia e di Misericordia,
intercedi per noi presso tuo Figlio:
prendi le nostre mani e guidaci a Lui,
perchè converta i nostri cuori e perdoni i nostri
peccati.
Liberi dall'inquetitudine e dalla disperazione,
seguiremo la via della salvezza e canteremo
in eterno con te le meraviglie di Dio-
Amen.
- don
Marco Belladelli -
Come sapete ieri 24
agosto 2016 parte dell’Italia è stata colpita da un terremoto di magnitudo superiore a 6.0. Alle 3.36 c'è stata la prima scossa con epicentro la provincia di Rieti, seguita da altre di assestamento. Decine di morti e dispersi, migliaia gli sfollati.
Stephen Littleword a
proposito del terremoto scrisse:
"La terra ha
tremato ancora, sento quel fremito che vibra ancora nelle ossa, e l’angoscia di
sentire che c’è qualcosa di più grande di noi: la
natura ha potere di distruggere e creare".
Sono momenti nei
quali tacere ci fa passare per indifferenti ma parlare è anche peggio, troppo
comodo farlo da casa, circondati dai nostri cari.
Grazie a tutti i
volontari che si attiveranno per dare un sostegno fisico e morale alle famiglie
vittime di questa tragedia.
"Questo non il tempo
della retorica, questo è il tempo della solidarietà.
Chi può faccia qualcosa.
Anche un'Ave Maria è sempre molto meglio delle mille interpretazioni e delle
vane parole sul mistero del male e del dolore.
Ve lo dico per esperienza: chi
vive certi drammi ha bisogno di "eccomi" non di "perché".
Verrà poi il tempo del significato e del bisogno di elaborare il dolore. Ma ora
è sangue vivo e c'è bisogno di altro. Maria non elabora il lutto sotto la
Croce. Non parla, non interpreta, non spiega. "Maria STAVA sotto la croce
del figlio". Ora è voce del verbo "esserci", ognuno come può. Il
resto è bestemmia." #terremoto
- don Luigi Maria Epicoco -
Che la Vergine Maria ci aiuti e ci protegga, asciughi le nostre lacrime. Amen