Fuggir dunque, fuggire: ma dove? credimi, io mi sento malato: appena reggo
questo mio corpo per potermelo strascinare sino alla villa, e confortarmi in
quegli occhi e bere un altro sorso di vita, forse ultimo - ma senz'essa vorrei
più questo inferno?
Dianzi l'ho salutata per andarmene; non rispose - scesi le scale; ma non poteva scostarmi dal suo giardino: e - lo credi?
La sua vista mi dà soggezione.
Vedendola poi scendere con sua sorella ho tentato di tirarmi sotto una pergola e fuggirmene.
La Isabellina ha gridato: Viscere mie, viscere mie, non ci avete vedute? Colpito quasi da un fulmine mi sono precipitato sopra un sedile; la ragazza mi s'è gettata al collo carezzandomi, e dicendomi all'orecchio: Perché taci sempre? Non so se Teresa m'abbia guardato; sparì dentro un viale.
Dopo mezz'ora tornò a chiamare la ragazza che stava ancora fra le mie ginocchia, e m'accorsi come le sue pupille erano rosse di pianto; non mi parlò, ma mi ammazzò con un'occhiata quasi volesse dirmi: Tu mi hai ridotta così.
Dianzi l'ho salutata per andarmene; non rispose - scesi le scale; ma non poteva scostarmi dal suo giardino: e - lo credi?
La sua vista mi dà soggezione.
Vedendola poi scendere con sua sorella ho tentato di tirarmi sotto una pergola e fuggirmene.
La Isabellina ha gridato: Viscere mie, viscere mie, non ci avete vedute? Colpito quasi da un fulmine mi sono precipitato sopra un sedile; la ragazza mi s'è gettata al collo carezzandomi, e dicendomi all'orecchio: Perché taci sempre? Non so se Teresa m'abbia guardato; sparì dentro un viale.
Dopo mezz'ora tornò a chiamare la ragazza che stava ancora fra le mie ginocchia, e m'accorsi come le sue pupille erano rosse di pianto; non mi parlò, ma mi ammazzò con un'occhiata quasi volesse dirmi: Tu mi hai ridotta così.
(Ugo Foscolo)
12 novembre.
Jeri giorno di festa abbiamo con solennità trapiantato i
pini delle vicine collinette sul monte rimpetto la chiesa.
Mio padre pure
tentava di fecondare quello sterile monticello; ma i cipressi ch’esso vi pose
non hanno mai potuto allignare, e i pini sono ancor giovinetti. Assistito io da
parecchi lavoratori ho coronato la vetta, onde casca l’acqua, di cinque pioppi,
ombreggiando la costa orientale di un folto boschetto che sarà il primo
salutato dal sole quando splendidamente comparirà dalle cime de’ monti.
E jeri
appunto il sole più sereno del solito riscaldava l’aria irrigidita dalla nebbia
del morente autunno. Le villanelle vennero sul mezzodì co’ loro grembiuli di
festa intrecciando i giuochi e le danze di canzonette e di brindisi. Tale di
esse era la sposa novella; tale la figliuola, e tal altra la innamorata di
alcuno de’ lavoratori; e tu sai che i nostri contadini sogliono, allorchè si
trapianta, convertire la fatica in piacere, credendo per antica tradizione de’
loro avi e bisavi che senza il giolito de’ bicchieri gli alberi non possano
mettere salda radice nella terra straniera.
— Frattanto io mi vagheggiava nel
lontano avvenire un pari giorno di verno quando canuto mi trarrò passo passo
sul mio bastoncello a confortarmi a’ raggi del sole, sì caro a’ vecchi:
salutando, mentre usciranno dalla chiesa, i curvi villani già miei compagni ne’
dì che la gioventù rinvigoriva le nostre membra, e compiacendomi delle frutta
che, benchè tarde, avranno prodotti gli alberi piantati dal padre mio.
Conterò
allora con fioca voce le nostre umili storie a’ miei e a’ tuoi nepotini, o a
quei di Teresa che mi scherzeranno dattorno.
E quando le ossa mie fredde
dormiranno sotto quel boschetto allora mai ricco ed ombroso, forse nelle sere
d’estate al patetico susurrar delle fronde si un ranno i sospiri degli antichi
padri della villa, i quali al suono della campana de’ morti pregheranno
pace allo spirito dell’uomo dabbene, e raccomanderanno la sua memoria ai lor
figli.
E se talvolta lo stanco mietitore verrà a ristorarsi
dall’arsura di giugno, esclamerà guardando la mia fossa: Egli egli innalzò
queste fresche ombre ospitali!
— O illusioni! e chi non ha patria, come
può dire lascerò qua o là le mie ceneri?
O fortunati! e ciascuno era certo
Della sua sepoltura; ed ancor nullo
Era, per Francia, talamo deserto.
Dante, Parad., XV.
(Ugo Foscolo)
Fonte: "Le ultime lettere di Jacopo Ortis"
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