Lungo la riva si muovono rumorosamente schiere di soldati grigi, di marinai neri e di donne variopinte. Alcune vecchie vendono panini, contadini russi muniti di samovar gridano «Sbiten' bollente!», e qui, sui primi gradini, sono accatastate palle arrugginite, bombe, mitraglie e cannoni in ghisa, di calibro diverso. Un po' più in là si trova la grande piazza, sulla quale giacciono in disordine alcune travi di grosse dimensioni, supporti di cannoni, soldati immersi nel sonno; vi si trovano cavalli, carri, pezzi d'artiglieria verdi e casse di munizioni, cavalletti di fanteria; si muovono soldati, marinai, ufficiali, donne, bambini, mercanti; passano carri che trasportano fieno, sacchi e botti; qua e là passeranno un cosacco e un ufficiale a cavallo, un generale su una piccola carrozza.
A destra la strada è cinta da una barricata, sulla quale, nelle feritoie, stanno ritti alcuni piccoli cannoni, e vicino ad essi siede un marinaio che fuma la pipa. A sinistra una bella casa con cifre romane sul frontone, sotto il quale vi sono dei soldati e delle barelle insanguinati - dovunque vedete i segni spiacevoli di un accampamento. La vostra prima impressione sarà certamente molto sgradevole: l'insolita commistione di vita da campo e vita cittadina, di una bella città e di sporco bivacco non solo non è una cosa piacevole, ma somiglia ad un disordine ripugnante; vi sembrerà inoltre che tutti siano impauriti, si affaccendino, non sappiano che cosa fare. Ma osservate più da vicino i volti di queste persone che vi si muovono intorno, e capirete una cosa del tutto differente.
Guardate almeno questo piccolo soldato del carriaggio, che conduce
ad abbeverarsi tre cavalli bai e che con tale tranquillità canticchia qualcosa
tra sé e sé, e che, certamente, non si confonderà mai in questa massa, che per
lui addirittura non esiste, ma adempirà al proprio dovere - abbeverare i
cavalli o trasportare armi - con tale serenità e coraggio, e indifferenza, come
se tutto ciò avvenisse da qualche parte a Tula o a Saransk. La medesima
espressione leggerete anche nel volto di questo ufficiale, che vi passa accanto
con guanti irreprensibilmente bianchi, e nel volto del marinaio che sta fumando
seduto sulla barricata, e nel volto dei portantini, che attendono con le
barelle all'entrata di servizio di quella che un tempo era l'Assemblea, e nel
volto di questa fanciulla che, temendo di bagnarsi il vestito rosa, attraversa
la strada saltellando da una pietruzza all'altra.
L'assemblea si raccoglie oggi a dibattere l'entità e le forme degli armamenti da assegnarci in dotazione, per la nostra campagna laggiù in Sicilia.
Ebbene a mio parere è indispensabile
riepilogare i termini della questione e riesaminarne il nocciolo: impegnare la
nostra flotta in quei mari è in realtà la scelta più proficua? O non ci
conviene piuttosto respingere gli appelli di stati lontani per stirpe da noi,
ed esimerci dal suscitare così alla leggera, con un decreto troppo precipitoso
rispetto all'immensità dell'impresa, una guerra tanto remota dai nostri
interessi?
- Tucidide* -
da:"La guerra del Peloponneso,
Discorso di Nicia", traduzione di Luigi Annibaletto, Mondadori, 1952 (VI,
9)
(*) (460 - 402 a.C) è stato uno storico e militare ateniese, uno dei principali esponenti della letteratura greca.
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