Le belle fate dove saranno andate?
Non se ne sente più parlare.
Io dico che sono scappate:
si nascondono in fondo al mare,
oppure sono in viaggio per la luna in cerca di
fortuna.
Ma che cosa potevano fare?
Erano disoccupate! Nessuno le voleva ascoltare.
Tutto il giorno se ne stavano imbronciate
nel castello diroccato ad aspettare che qualcuno le
mandasse a chiamare.
Girava il mondo per loro in cerca di lavoro
una streghina piccina picciò, col naso a becco, magra
come uno stecco,
che tremava di freddo perché era senza paltò.
E quando la vedevano arrivare si facevano tutte a
domandare:
“Ebbene com’è andata? Avremo un impiego?”
“Lasciatemi, vi prego, lasciatemi respirare, sono
tutta affannata…”
“Ma com’è andata?”
“Male! C’è una crisi generale. Ho salito tutte le
scale,
bussato a tutti i portoni, mendicato sui bastioni,
e dappertutto mi hanno risposto che per noi non c’è
posto.
Vi dico, una cosa seria, altro che storie!
Fame, freddo, miseria…
La gente ha un sacco di guai:
i debiti, le tasse, la pigione, la bolletta del gas,
i nonni aspettano la pensione che non arriva mai…
Chi volete che pensi a noi?
E poi, e poi, c’è sempre per aria la guerra:
ho visto certi generaloni, con certi speroni, con
certi galloni,
con certi cannoni dalla bocca spalancata…
figuratevi come sono scappata.
Per noi su questa terra non c’è posto.
Ci vogliono cacciare ad ogni costo.
Voi se non mi credete, fate come volete.
Io per me, faccio il bagaglio e me la squaglio”.
E le povere fate ve le immaginate a fare le valige?
Per l’emozione le trecce della fata turchina son
diventate grigie.
Il mago nella fretta si scorda la bacchetta
e Cappuccetto perde la berretta.
Che spavento!
Biancaneve ha uno svenimento. Il castello si vuota in
un momento.
A bordo di una nuvola la compagnia se ne va…
Dove, nessuno lo sa.
Forse in qualche paese dove si sentono sicure,
dove anche i generali vogliono bene alle fate
e le circondano di premure perché sono così delicate.
Allora io mi domando:
torneranno? Ma quando?
Nella selva incantata ci crescono le ortiche,
sul naso della Bella Addormentata ci passeggiano le
formiche,
la porta del Castello è sempre chiusa
e quando i bimbi chiedono una storia
i nonni trovano la scusa che hanno perso la memoria…
Ma allora torneranno?
Io dico di sì.
Sapete che si fa?
Si va dai generali con gli stivali
incapricciati di fare la guerra
e si dice così:
“Signori, per cortesia andatevene via da questa terra,
andate sulla luna o anche più lontano in un posto
fuori mano,
dove potrete sparare a tutto spiano e non si sentirà
il baccano.
La mattina vi farete svegliare con un bombardamento
o un cannoneggiamento, a vostro piacimento
e di sera direte la preghiera con la mitragliatrice.
La gente sarà più felice.
Si potrà stare in pace tutti i giorni dell’anno,
e di certo così le fate torneranno”.
- Gianni Rodari -
Da Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi 1960, una delle filastrocche più lunghe e dolenti, atto di accusa contro la violenza e la guerra, contro l'ambizione del potere e il falso progresso
Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne
notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al
cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà.
A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.
A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.
- Primo Levi -
Un passato che credevamo non dovesse tornare più, in: Corriere della sera, 8 maggio 1974.
Un passato che credevamo non dovesse tornare più, in: Corriere della sera, 8 maggio 1974.
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