<<Così dicendo, tutto d'un fiato, vuotò tranquillamente la ciotola con il veleno.
Molti di noi che fino allora, alla
meglio, erano riusciti a trattenere le lacrime, quando lo videro bere, quando
videro che aveva bevuto, non ce la fecero più; anche a me le lacrime, malgrado
mi sforzassi, scesero copiose e nascosi il volto nel mantello e piansi me
stesso, oh, piansi non per lui ma per me, per la mia sventura, che sarei
rimasto privo di un tale amico. Critone, poi, ancora prima di me, non riusciva
a dominarsi e s'era alzato per uscire.
Apollodoro, poi, che fin dal principio
non aveva fatto che piangere, scoppiò in tali singhiozzi e in tali gemiti che
tutti noi presenti ci sentimmo spezzare il cuore, tranne uno solo, Socrate,
anzi: «Ma che state facendo?» esclamò. «E io che ho mandato via le donne perché
non mi facessero scenate simili; a quanto ho sentito dire, bisognerebbe morire
tra parole di buon augurio. State calmi, via, e siate forti.»
E noi, provammo vergogna a sentirlo
parlare così e trattenemmo il pianto. Egli, allora, andò un po' su e giù per la
stanza, poi disse che si sentiva le gambe farsi pesanti e così si stese supino
come gli aveva detto l'uomo del veleno il quale, intanto, toccandolo dì quando
in quando, gli esaminava le gambe e i piedi e a un tratto, premette forte un
piede chiedendogli se gli facesse male. Rispose di no. Dopo un po' gli toccò le
gambe, giù in basso e poi, risalendo man mano, sempre più in su, facendoci vedere
come si raffreddasse e si andasse irrigidendo. Poi, continuando a toccarlo:
«Quando gli giungerà al cuore,» disse, «allora, sarà finita.»
Egli era già freddo, fino all'addome,
quando si scoprì (s'era, infatti, coperto) e queste furono le sue ultime parole:
«Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio, dateglielo, non ve ne dimenticate.»
«Certo,» assicurò Critone, «ma vedi se
hai qualche altra cosa da dire.»
Ma lui non rispose. Dopo un po' ebbe
un sussulto.
L'uomo lo scoprì: aveva gli occhi
fissi. Vedendolo, Critone gli chiuse le labbra e gli occhi.
Questa, Echecrate, la fine del nostro
amico, un uomo che fu il migliore, possiamo ben dirlo, fra quanti, del suo
tempo, abbiamo conosciuto e, senza paragone, il più saggio e il più
giusto.>>
da: Fedone
"«Se
dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero
oggetti reali le ombre che vedono?»
«Necessariamente.»
«E se la
prigione avesse un’eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno
dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos’altro se
non l’ombra che passa?»
«Per Zeus, io
no di certo» disse.
«Insomma
questi prigionieri» dissi io «considererebbero la verità come nient’altro che
le ombre degli oggetti artificiali.»
Repubblica,
Platone
Il mito della
caverna, prima parte.
Il mito
platonico conduce alla liberazione dello schiavo dalle catene dell'ignoranza,
alla scoperta del vero fuori dalla caverna; e infine al ritorno nel tentativo
di liberare gli altri.
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