All’altezza della vetrata liberty stazionano due ragazzi, la madre tiene in braccio un bambino mentre il padre gioca con lui...
Quando sono a non più di un metro da loro i due
genitori si voltano, e con loro il bambino. Il passo perde la cadenza, così
come il respiro.
Il piccolo avrà tre anni, a parte gli occhi il suo viso non esiste. Al posto del naso, la bocca, ci sono buchi di carne rossa. Schiaccio gli occhi sul marmo del pavimento, gli sfilo a fianco senza più guardarli.
Nel magazzino, mentre preparo il
carrello, arrivo alla certezza di essere arrivato a saturazione.
Basta. Con quest’ospedale, con tutti
i bambini malati, sciancati, informi, morti.
Basta. Mi fumo una sigaretta, poi
un’altra, perdo tempo sperando che quei due ragazzi e il figlio sfigurato se ne
siano andati. Le risate del bambino arrivano prima di tutto. Sono ancora lì.
Ora però non sono da soli. Davanti a loro c’è una suora, è anziana, piegata in
avanti, il suo viso sfiora quello tremendo del bambino. «Te sei il bello di
mamma e papà, vero?»
Prende una manina e la bacia, lui forse per il
solletico scoppia a ridere, la suora non avrà meno di ottant’anni, ha il viso
paffuto, bianco come il latte.
«Allora non sei solo bello, sei pure
simpatico, ti piace così?» E ripassa la manina sulla sua bocca, il mento, per
il piacere di lui. Poi la suora si drizza, guarda il padre e la madre. «Ma non
sentite che risata che c’ha? Questo dentro non ha l’argento, ha l’oro, l’oro
vivo». Lo bacia, incurante del suo viso, di tutto.
Continuo a spingere il carrello con secchi e
scopettoni. Sono stordito, non riesco a capire, decifrare. Ho visto qualcosa di
umano e al tempo stesso straniero, come un rito proveniente da una terra
lontanissima, non riesco dentro di me a rintracciare strumenti per tradurlo
nella mia lingua.
La mattina si esaurisce dietro questa
ubriacatura sobria, ho provato ogni approccio possibile, ho tentato di
liquidare quel che ho visto come il delirio di una vecchia vestita di grigio,
poi come il fanatismo di una suora sorda e cieca al dolore che voleva in ogni
modo attestare la supremazia del suo Dio, anche di fronte a quella
deturpazione, poi come lo spettacolo di una bravissima attrice che un secondo
dopo, magari, nel chiuso di un cesso si sarà lavata la bocca per il bacio dato
su quel viso informe.
Ma nessuna lettura riesce a colmare
la distanza tra quel che ho visto e la mia logica...
Ho soltanto una certezza: quel che ho
visto mi parla come se fosse una cosa nuova.
Non pensavo esistessero ancora
primizie da vivere.
- Daniele Mencarelli -
da: La casa degli sguardi, Mondadori
Nessun commento:
Posta un commento