Nel suo vario viaggiare Angelo capitò persino
in un paese che era il Paese al contrario. E’ uno strano paese dove tutto
avviene al contrario.
Per esempio i ragazzi, invece che giocare di
giorno e dormire di notte, di giorno, dormono e non combinano niente, poi,
quando scende la notte e fa anche freddo, si agitano e si eccitano per andare a
divertirsi: sarà strano, ma è così che capita nel Paese al contrario.
Per esempio, gli adulti, invece che decidere
e chiedere ai figli di obbedire, chiedono ai figli che cosa vogliono e
obbediscono: che si tratti del vestito da mettere o di che cosa mangiare a cena
o di che cosa fare il mattino della domenica non sono i figli a obbedire ai
genitori, ma tutto al contrario, sono i genitori a obbedire ai figli.
Fanno da autisti, da camerieri, da personale
di pulizia: e un Paese al contrario.
Da una parte del paese c’è gente magra,
patita, affamata e al mercato non si può andare: non c’è niente e, se anche ci
fosse qualche cosa, chi avrebbe i soldi?
Dall’altra parte del paese c’è gente grassa,
sazia e i mercati traboccano di mercanzia, tanto che finiscono per buttarne via
una gran quantità. Una delle leggi del Paese al contrario infatti è: chi ha il
pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane. L’Angelo si stupiva, ma
che farci? E’ un Paese al contrario.
La cosa più buffa è che invece di essere i
ragazzi a divertirsi per insegnare al pappagallo a parlare, sono i pappagalli a
insegnare a parlare ai bambini. I pappagalli sanno poche parole, parole brevi,
dal suono ben chiaro. Le parole che i pappagalli insegnano ai bambini sono: io!
no! uffa!
Nel Paese al contrario i bambini non sanno
canzoni, non imparano poesie, non raccontano storie. Dicono soltanto tre
parole: io! no! uffa!
Si alzano al mattino e prima ancora di vedere
se c’è il sole o se piove, già seminano malumore per tutta la casa: uffa!
Incontrano la mamma o il papà o la sorella o
il compagno di scuola o il cane. Ma non salutano, non ascoltano quello che
hanno da dire, non si interessano di quello che capita. Piuttosto si
rinchiudono nella solitudine come fosse una fortezza. Dicono sempre e solo: io!
Se qualcuno li invita, se ricevono una
proposta, se una voce li chiama, la risposta è chiara e precisa: no!
Forse è per questo che nel Paese al contrario
non c’è mai un bel sole, ma sempre una foschia, come se nell’aria abitassero la
noia, la rabbia, la solitudine.
L’Angelo, che non aveva mai visto un Paese al
contrario, si trovava a disagio, ma che poteva fare? L’avevano mandato lì
apposta per invitare gli abitanti alla festa di Natale! La sua missione si
rivelava un fallimento perché le risposte degli abitanti erano solo: io! no! uffa!
L’Angelo allora inventò una stella mai vista,
una stella che insieme con la luce lasciava una scia di stupore che incantava i
bambini annoiati, ed ecco che, non si sa come, invece di ripetere le parole
imparate dal pappagallo, gridarono: evviva!
La stella mai vista non solo irradiava luce e
stupore, ma al suo passaggio c’era come un mormorio di un vento leggero, una
voce amica, che era come un invito: volete venire con me? Ed ecco i bambini,
non si sa come, invece di ripetere le parole imparate dal pappagallo,
gridarono: si!
La stella mai vista non solo irradiava luce e
stupore e una voce amica, ma seminava nei cuori una specie di tenerezza, un
desiderio di amicizia, un interesse commosso per i volti e le storie, per le
lacrime e i sorrisi degli altri. Ed ecco che i bambini, non si sa come, invece
di ripetere le parole imparate dal pappagallo cominciavano ogni frase con un
pronome che non si usava nel Paese al contrario. Dicevano infatti: noi.
Fu così che il Paese al contrario cominciò a
trasformarsi in un Paese come Dio comanda, proprio a partire dalle parole
nuove.
Invece di seminare noia e scontento dicendo:
“uffa!”, il mattino era accolto con un sorriso: “Evviva! Una giornata da
vivere! Evviva, il bene da fare! Evviva, amici da incontrare”, cioè la gioia.
Invece di provocare rabbia e disappunto,
dicendo: “no!”, ogni invito al bene ascoltava la risposta incoraggiante: “Si,
vengo. Si ci sto. Si, grazie”, cioè la vocazione. Invece di isolarsi in
solitudini deprimenti, dicendo sempre: “io”, anche le imprese più audaci
diventavano possibili, anche le fatiche più aspre diventavano sopportabili,
perché si diceva: “Noi. Noi insieme possiamo rimettere diritto anche il Paese
al contrario”, cioè la fraternità.
E’ per questo che l’Angelo inventò la stella
cometa.
- Mons. Mario Delpini -
Arcivescovo di Milano
Da “Un Angelo in paese” Storie di Natale per
famiglie, Mons. Mario Delpini
Ci sono state molte discussioni sulla stella
cometa.
Gli astronomi l’hanno cercata nel cielo; i pittori l’hanno immaginata
nei quadri di Natale; i bambini l’hanno aspettata come fosse l’apparire di un
angelo simpatico.
A me sembra però che la stella sia come una
gioia sorprendente che raggiunge le persone, anche quando non se l’aspettano e
persino quando pensano di non meritarla.
Una gioia sorprendente.
E si lasciano
convincere che il bene è meglio del male, che abitare in un Paese come Dio
comanda è meglio che abitare in un Paese al contrario. Per dirla proprio in
confidenza, io credo che la stella cometa sia la gioia che Gesù regala a
Natale.
Padre
nostro che sei nei cieli
Benedici
questa casa e noi che ci abitiamo!
Infondi
in ciascuno di noi la tua gioia,
perché
anche da questa casa si diffonda una piccola luce
e tutti
quelli che amiamo ne ricevano consolazione,
perché
viene il tuo Regno, viene Gesù.
Conforta
le nostre tristezze,
asciuga
le nostre lacrime,
abita
le nostre solitudini,
Perché
viene il tuo Regno, viene Gesù.
Vieni
in aiuto alle nostre debolezze,
incoraggia
la nostra risposta alla tua vocazione,
sostieni
la nostra perseveranza,
Perché
viene il tuo Regno, viene Gesù. Amen
Buon Natale 2017
+ Mario Delpini
Arcivescovo
Buona giornata a tutti. :-)
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