Da quando esiste il genere umano, il tema dell’avidità è
sempre attuale. L’uomo è contrassegnato da una bramosia di voler possedere
sempre di più, di non essere mai contento di ciò che gli viene dato.
L’avidità – come dicono ad esempio i saggi della Grecia –
danneggia la salute della persona, la rende simile alle bestie. E inoltre
distrugge le fondamenta
della comunità umana, è la causa prima di lotte e di
guerre.
Tutti i saggi di questo mondo hanno descritto l’avidità e
indicato le vie attraverso le quali una persona può liberarsi dall’avidità, sia
che si tratti
del Buddismo, che considera la bramosia del desiderio come
la fonte vera e propria del dolore, sia che prendiamo in considerazione la
filosofia greca o
romana, oppure i saggi dell’Antico Testamento, nei quali
si congiungono la sapienza greca ed ebraica.
Tuttavia, accanto ai suoi elementi distruttivi, l’avidità
ha in sé anche qualcosa di stimolante e di piacevole.
Ciò è stato bene espresso e ripetutamente affermato dal
teologo evangelico Friedrich Schorlemmer nel suo libro Die Gier und das Glück:
"L’avidità, in quanto manifestazione elementare,
estremamente
espressiva di vita, nella quale si nasconde anche molto
del nostro desiderio di felicità e di pienezza di vita, può essere anche un’indispensabile
forza vitale."
Si tratta dunque non di estirpare l’avidità dall’essere umano,
perché diventerebbe una persona senza alcuna forza propulsiva.
Si tratta piuttosto di trasformare l’energia distruttiva
dell’avidità in una forza che doni vita.
La caratteristica distruttiva dell’avidità
I modi in cui l’avidità diventa distruttiva sono oggi molto
diffusi.
L’avidità ha molte sfaccettature.
L’avidità ha molte sfaccettature.
Parliamo della bramosia di guadagno, solo per il desiderio
di possedere, e della bramosia di vendetta.
Parliamo della bramosia di lucro, che non tende soltanto a
possedere sempre più denaro, ma che mira anche a ottenere il massimo ricavo dal
proprio investimento.
Le persone avide di lucro sono contente solo quando
possono ricavare il massimo guadagno dai loro affari e perciò cercano di
ingannare tutti
gli altri.
Schorlemmer parla perfino di un «virus» dell’avidità, che
nasconde in se stesso qualcosa di aggressivo e insaziabile (cf. ivi, 16).
Questo virus dell’avidità si manifesta in modalità di comportamento del tutto diverse tra loro e quindi – secondo il medesimo autore – sono infettati dello stesso virus, ad esempio, anche quelli che amano parlare troppo o hanno la mania di prendere il sole, quando non sono capaci di smettere una buona volta di parlare oppure cercano di essere sempre abbronzati.
Questo virus dell’avidità si manifesta in modalità di comportamento del tutto diverse tra loro e quindi – secondo il medesimo autore – sono infettati dello stesso virus, ad esempio, anche quelli che amano parlare troppo o hanno la mania di prendere il sole, quando non sono capaci di smettere una buona volta di parlare oppure cercano di essere sempre abbronzati.
Il fondamento dell’avidità è l’egocentrismo, che non solo
fa ruotare gli altri attorno a se stessi, ma è innamorato di sé.
Ciò si manifesta oggi nel fenomeno del narcisismo, che secondo gli psicologi sta aumentando sempre di più.
Ciò significa che non si riceve mai abbastanza attenzione.
Si è costretti a coprire il proprio abbandono interiore con una sempre maggiore stima proveniente dall’esterno.
Ciò si manifesta oggi nel fenomeno del narcisismo, che secondo gli psicologi sta aumentando sempre di più.
Ciò significa che non si riceve mai abbastanza attenzione.
Si è costretti a coprire il proprio abbandono interiore con una sempre maggiore stima proveniente dall’esterno.
È un’avidità che spinge a mettersi
continuamente in mostra.
Si manifesta oggi non solo nella ricerca di prostituirsi
pubblicamente, cioè di rendere interessante il proprio corpo imbellettato per
presentarsi in televisione.
L’avidità si manifesta anche nel fatto che uno si
sente obbligato a mettere continuamente in mostra se stesso di fronte agli
amici virtuali mediante i contatti nei nuovi mezzi di comunicazione sociale (social network).
Si vive soltanto se ci si mette
in mostra.
La capacità di gustare qualcosa da soli, di rimanere da soli con i
propri pensieri, è andata chiaramente perduta.
A questa necessità di dover continuamente
metter in mostra se stessi si addice un linguaggio che conosce soltanto
superlativi.
Tutto ciò che sono e che faccio, deve per forza essere «super», «pazzesco».
Tutto ciò che sono e che faccio, deve per forza essere «super», «pazzesco».
Questa necessità conduce a trascurare ciò che non è visibile e poco
appariscente.
- Anselm Grün -
da: "Avidità. Come sottrarsi al desiderio del - sempre di più - ", Editrice Messaggero di Sant'Antonio
Buona giornata a tutti. :-)
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