mercoledì 24 luglio 2019

Un aiuto in Purgatorio - leggenda medievale


Nella storia del cristianesimo non sono mancate grandi guide spirituali: alcune più conosciute, altre meno.
Frate Corrado da Offida fu un maestro illuminato che visse in assoluta povertà, dedicando il suo tempo all'insegnamento della carità verso il prossimo.
Il convento dove trascorse gran parte della sua vita si occupava dell'istruzione dei giovani frati che desideravano conoscere il pensiero di frate Francesco d'Assisi e proseguirne l'opera.
Le regole su cui poggiava il movimento francescano non erano tante, ma tendevano a sradicare un elemento essenziale per l'uomo: il suo ego. 
Va da sé che molti giungevano da frate Corrado armati della più buona volontà, ma poi cedevano le armi di fronte alla immane difficoltà di annullare se stessi per amore degli altri.
Corrado aveva un dolcissimo carattere e accudiva i suoi fraticelli come altrettanti figli. Di lui si diceva che, avendolo Dio particolarmente a cuore, gli fosse stata concessa la grazia di compiere miracoli.
Un giorno il nostro frate se ne stava tutto assorto nei suoi pensieri, quando un piccolo gruppo di giovani discepoli andò da lui per lamentarsi di un compagno.
Il giovane in questione era arrivato da poco tempo ma pareva che avesse già portato un grande scompiglio. Di temperamento chiassoso e turbolento, disturbava il ritmo degli studi e delle meditazioni, non curandosi affatto della disciplina, strumento essenziale per imparare umiltà e obbedienza.
A Corrado dispiacque molto ascoltare quelle lagnanze e promise che si sarebbe interessato al più presto di tutta la faccenda.
Quella sera durante la cena osservò attentamente il ragazzo, poi lasciò pensieroso il refettorio e si ritirò nella sua cella attendendo che il silenzio gli portasse alcune risposte di cui aveva bisogno.
Il mattino seguente chiamò il giovane pregandolo di seguirlo nel chiostro e lì si trattenne a lungo chiacchierando con lui. Così fece anche il giorno dopo e quello seguente ancora.
In breve tempo il fraticello cambiò il suo comportamento in modo talmente radicale da stupire persino i frati più anziani. Corrado era davvero straordinario!
Il giovane discepolo progrediva ogni giorno di più e, non appena le altre incombenze glielo permettevano, si recava dal suo maestro pieno di nuove domande, che immancabilmente sorgevano dopo ogni risposta.
Il frate sorrideva dolcemente di quest'ansia di sapere e alcune volte rispondeva mentre altre lo lasciava nel dubbio, dicendogli semplicemente: «Ricorda, la tua mente deve svuotarsi, non riempirsi sempre di più!».
Capitava però sempre più spesso che Corrado, osservando da lontano il giovane allievo, divenisse inspiegabilmente taciturno e pensieroso mettendosi a borbottare fra sé qualche preghiera.
Passò un'estate e un inverno, poi tornò la primavera e il giovane fraticello si ammalò gravemente. La sua carica vitale si esaurì in poco tempo e nessuna cura umana fu in grado di trattenerlo su questa terra. Il giorno della sua morte frate Corrado pianse, anche se sapeva che non avrebbe dovuto.
Trascorso un primo momento di generale tristezza per quella morte inaspettata e prematura, la vita nel convento tornò a scorrere come sempre e frate Corrado si rituffò nel suo lavoro.
Una sera capitò che una strana inquietudine non lo lasciasse meditare: il pensiero continuamente scivolava via senza che lui nemmeno se ne accorgesse. Decise quindi di lasciare la cella per scendere nel chiostro. Era maggio inoltrato e la temperatura piacevole; inoltre a quell'ora nessuno lo avrebbe disturbato.
Si sedette su una panca di pietra a ridosso di un odoroso cespuglio di rosmarino e riempì i polmoni di tutte le fragranze della primavera ma, a un tratto, gli parve di scorgere, proprio lì a fianco, un tremolio luminoso, poi udì una voce sussurrargli: «Padre, siete voi?».
Frate Corrado capì all'istante di essere in presenza di un'anima, un tenue corpo luminoso temporaneamente restituito alla pesantezza terrena.
«Chi sei?» chiese subito.
«Come, non mi riconoscete? Sono io, il vostro giovane discepolo curioso!»
«Oh, figlio carissimo» disse il frate commosso «dimmi, che ne è di te?».
«Caro padre, sono nel regno di mezzo, il Purgatorio. Grazie ai vostri insegnamenti ho evitato lunghi anni di attesa, ma ancora molti me ne mancano per raggiungere la pace. Vi prego di intercedere per me presso Dio, che molto vi tiene in considerazione.»
«Dio sa ciò che fa, né qualcuno è meglio di un altro ai suoi occhi, ma ugualmente pregherò per te. Sappi attendere e ricorda le mie parole: quando non avrai più alcun desiderio, la pace ti colmerà». L'anima se ne andò allora con un sospiro, accarezzando lievemente la mano del frate.
Da quella notte Corrado dedicava ogni attimo del suo tempo libero a pregare per il giovane amico, senza mai stancarsi. Egli sapeva quale potenza rappresentasse un pensiero d'amore sorretto dalla piena fiducia nella perfetta volontà divina.
Passò qualche tempo e la forma luminosa tornò sulla terra; questa volta la sua luce era più intensa e la voce pareva giungere da più lontano.
«Caro padre» gli disse «le vostre preghiere sono giunte a me come un balsamo risanatore. Ora sono più tranquillo e sento in me una forza che prima non avevo. Non stancatevi e il mio cammino potrà procedere sempre più verso l'alto».
Sorretto da queste parole, il buon Corrado moltiplicò le sue preghiere, passando a volte l'intera notte immerso nell'ardente vuoto divino che consumava ogni sua energia, tanto che la mattina successiva tutti al convento si interrogavano silenziosamente sull'aspetto devastato del loro confratello.
Finché una sera, mentre i frati erano riuniti per l'ultima preghiera in comune della giornata, sull'altare della cappella esplose una luce fortissima e si udirono queste parole: «Corrado, l'anima per cui tanto hai pregato non necessita più di nulla. Non ha domande, non ha mete, non ha desideri ma riposa in quel Paradiso in cui solo Io sono!». 
Tutti si guardarono sbalorditi inginocchiandosi di fronte a quel prodigio.
Frate Corrado provò una gioia immensa: cosa aveva fatto lui per meritare da Dio il privilegio di saper pregare? 
Non ricordava nulla di particolare nella sua vita, eppure la Grazia si era ugualmente degnata di toccarlo.

- Leggenda medievale -
da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 


Non dimenticare di pregare per i defunti

Nel quinto secolo, San Giovanni Crisostomo sottolineava l’importanza delle preghiere per i propri cari defunti al di sopra delle solite considerazioni funebri. 
Ha sottolineato che “gli spettacoli esterni sono un sollievo per la famiglia, dove le opere spirituali (come le preghiere) sono per l’aiuto delle anime che hanno bisogno e desiderano loro”. 
Più recentemente, la Beata Catherine Emerick ha detto che:
Purtroppo le povere anime in Purgatorio hanno da soffrire così tanto a causa della nostra trascuratezza, comoda devozione, mancanza d’entusiasmo per Dio e per la salvezza del prossimo. I Santi in cielo non possono compiere per le anime le penitenze che spettano ai discepoli e ai fedeli della Chiesa militante terrena. Ma purtroppo veramente poco viene fatto per loro, nonostante esse lo sperino molto! Basterebbe solo impegnarsi dedicando a queste anime seri pensieri e qualche preghiera.”



 Buona giornata a tutti. :-)




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