domenica 21 ottobre 2012

Poiché non potevo fermarmi per la morte (1863) - Emily Dickinson -

Poiché non potevo fermarmi per la Morte,
Lei gentilmente si fermò per me -
La Carrozza non portava che Noi Due -
E l'Immortalità -
Procedemmo lentamente - non aveva fretta
Ed io avevo messo via
Il mio lavoro e il mio tempo libero anche,
Per la Sua Cortesia -
Oltrepassammo la Scuola, dove i Bambini si battevano
Nell'Intervallo - in Cerchio -
Oltrepassammo Campi di Grano che ci Fissava -
Oltrepassammo il Sole Calante -
O piuttosto - Lui oltrepassò Noi -
La Rugiada si posò rabbrividente e Gelida -
Perché solo di Garza, la mia Veste -
La mia Stola - solo Tulle -
Sostammo davanti a una Casa che sembrava
Un Rigonfiamento del Terreno -
Il Tetto era a malapena visibile -
Il Cornicione - nel Terreno -
Da allora - sono Secoli - eppure
Li avverto più brevi del Giorno
In cui da subito intuii che le Teste dei Cavalli
Andavano verso l'Eternità -
(Emily Dickinson)
Because I could not stop for Death -
He kindly stopped for me -
The Carriage held but just Ourselves -
And Immortality.
We slowly drove - He knew no haste
And I had put away
My labor and my leisure too,
For His Civility -
We passed the School, where Children strove
At Recess - in the Ring -
We passed the Fields of Gazing Grain -
We passed the Setting Sun -
Or rather - He passed Us -
The Dews drew quivering and Chill -
For only Gossamer, my Gown -
My Tippet - only Tulle -
We paused before a House that seemed
A Swelling of the Ground -
The Roof was scarcely visible -
The Cornice - in the Ground -
Since then - 'tis Centuries - and yet
Feels shorter than the Day
I first surmised the Horses' Heads
Were toward Eternity -



È una delle poesie più famose di ED, presente in quasi tutte le antologie italiane. Qui invece siamo di fronte a una sorta di racconto molto concreto, a uno svolgersi dei fatti che dà una sensazione di familiarità, con appena un accenno a nostalgici ricordi (i bambini a scuola, il grano nei campi) e a un senso di gelo concretizzato nella rugiada che scende sul corpo vestito di garza e tulle.
La morte è gentile, ma comunque decisa a rispettare i suoi appuntamenti. Non scegliamo noi di fermarci, di interrompere la nostra vita, ma è lei che arriva, si ferma alla nostra porta e non ha bisogno di imporsi con la forza, perché sa di essere inevitabile. E l'ultimo viaggio si fa in solitudine, noi, la morte, e quel mistero insondabile che è l'eternità.
Il percorso è lento: la morte, messaggera dell'eternità, non ha certo fretta. Il senso di lentezza è ulteriormente accentuato nella terza e quarta strofa: i bambini nell'intervallo, i campi di grano, il tramonto, la rugiada notturna, danno la sensazione di un percorso che si snoda nell'arco di un'intera giornata, quasi un rivivere la propria vita nel momento in cui finisce.
Nella penultima strofa eccoci arrivati. La casa che abiteremo sembra un rigonfiamento del terreno, da dove sporge solo il cornicione del tetto. I secoli che passeranno saranno ormai senza tempo, brevissimi in confronto a quel lungo giorno in cui capimmo subito che quel viaggio apparentemente familiare era quello che ci portava verso l'eternità.

L’inferno dei viventi è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo è facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte, fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio».

da "Le città invisibili" di Italo Calvino
L'Isola dei morti, 1880
(terza versione), Musei statali di Berlino
Arnold Bocklin, 1827-1901

La vita chiese alla morte:
“Perché le persone mi amano mentre a te ti odiano”
La morte rispose:
“Perché tu sei una bellissima bugia mentre io sono una terribile verità”

Buona giornata a tutti. :-)