"L'appartenenza non è un insieme casuale di persone, non è un consenso a un'apparente aggregazione, l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé."
Non ci crederete, ma a mandarmi questa citazione desunta da una canzone di Giorgio Gaber (appunto "La canzone dell'appartenenza") sono le suore Clarisse dal loro convento di clausura di Rimini. Spero mi perdoneranno se le evoco esplicitamente, ma lo faccio anche per demolire il mito che dietro le grate incombano solo silenzio e rinuncia, negazione e rigore.
Una volta, di passaggio per una conferenza in quella città, sono stato accolto da loro con festosità e con mille attenzioni: la separatezza della clausura è in realtà un orizzonte ben più popolato di presenze e di voci di quanto lo siano le nostre case rumorose. E le parole di Gaber sono proprio la spiegazione profonda di un'esperienza, spesso ignota a chi vive in una folla, muovendosi in spazi immensi e in mezzo a tante cose.
Infatti per avere una presenza autentica, per vivere in pienezza le relazioni, per scoprire vicende vere non è sufficiente e neppure necessario aggregarsi e incontrarsi: quanti giovani sono soli, pur vivendo in un branco, quante solitudini nelle città sono a folla, quanti contatti si fermano alla pelle, quanti rapporti si trascinano stancamente e senza ardore.
Ecco, allora, la vera appartenenza che altro non è se non la genuina declinazione del vero amore: «Avere gli altri dentro di sé», come carne della tua carne, pensiero dei tuoi pensieri, parte della tua stessa vita.
Le suore di clausura spesso, senza che noi lo sappiamo, ci portano con loro, strappandoci dalla nostra superficialità, custodendoci dai rischi del male, offrendoci a Dio, anche se noi siamo distratti e protesi verso gli idoli.
- Cardinale Gianfranco Ravasi -
Fonte: "Mattutino, Avvenire 4 gennaio 2007
Bisogna inondare la terra con un
diluvio di stampa cristiana e mariana, in ogni lingua, in ogni luogo, per
affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore che ha trovato
nella stampa la più potente alleata; fasciare il mondo di carta scritta con
parole di vita per ridare al mondo la gioia di vivere.
- San Massimiliano Maria
Kolbe -
ma di quelli che sappiano amare
con opere e non con parole,
di quelli che siano totalmente a disposizione del prossimo.
A noi mancano matti, o Signore,
mancano temerari, appassionati,
persone capaci di saltare
nel vuoto insicuro, sconosciuto
e ogni giorno più profondo della povertà;
di quelli che non utilizzano il prossimo per i loro fini.
Ci mancano questi matti, o mio Dio!
Matti nel presente,
innamorati di una vita semplice,
liberatori del povero,
amanti della pace,
liberi da compromessi,
decisi a non tradire mai,
disprezzando le proprie comodità
o la propria vita,
totalmente decisi per l'abnegazione,
capaci di accettare tutti i tipi di incarichi,
di andare in qualsiasi luogo per ubbidienza,
e nel medesimo tempo liberi, obbedienti,
spontanei e tenaci,
allegri, dolci e forti.
Dacci questo tipo di matti,
o mio Signore!!!
- Louis Joseph Lebret -