I creatori che grazie alla diffusione ormai
internazionale di internet, hanno messo il loro genio a servizio della
comunicazione e della condivisione attraverso i denominati social,
indubbiamente hanno reso un grande servizio alla società, facilitando lo
scambio e la divulgazione in tempo reale di fatti e notizie.
Forse, con il senno del poi, avrebbero anche dovuto mettere sulle rispettive pagine di apertura il monito evangelico: “Di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio. Infatti, in base alle tue parole sarai giudicato e in base alle tue parole sarai condannato.” (Mt 12,36-37).
Forse, con il senno del poi, avrebbero anche dovuto mettere sulle rispettive pagine di apertura il monito evangelico: “Di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio. Infatti, in base alle tue parole sarai giudicato e in base alle tue parole sarai condannato.” (Mt 12,36-37).
Questa espressione fa parte dell’invettiva di
Gesù contro i pii farisei, che l’hanno accusato di liberare i demòni in nome di
Beelzebul, principe dei demòni (Mt 12,24).
Gesù qualifica questi devoti personaggi come
agenti di morte: “Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete
maligni?” (Mt 12,34).
Per tre volte, cifra che indica la completezza, nel
vangelo di Matteo i farisei sono qualificati come razza di vipere (Mt 3,7;
23,33), e come le vipere occorre fuggirli perché la loro vicinanza è
pericolosa.
Coloro che si ergono a esempio e chiedono di essere imitati, quanti
si sentono in diritto di giudicare ed emettere sentenze, Gesù li denuncia come
portatori di un veleno micidiale che dà la morte.
“La bocca parla dalla pienezza del cuore” (Mt
12,34), dichiara Gesù, e il cuore nella cultura ebraica non indica la sede
degli affetti, ma il pensiero, la mente, la coscienza. Gesù afferma pertanto
che le parole esprimono quel che di più intimo e profondo ogni uomo porta
dentro di sé.
Le convenzioni sociali, le regole della buona educazione civile e
religiosa, della convivenza, il rispetto verso l’altro, servono per controllare
e disciplinare la fuoriuscita di quel che d’insano l’uomo cova dentro, in modo
di non danneggiare e non venire danneggiato.
Il fenomeno psico-sociale dei social è
servito a scardinare questa auto-protezione dell’individuo, e agisce quale
fattore disinibitore per molte persone, come cartina tornasole per rivelare
quel che c’è nell’intimo, a smascherare le persone, e scoprire quel che
veramente sono.
Ecco allora sui social, per ogni situazione, argomento,
persona, tutta una fioritura di giudizi lapidari, di sentenze, di parole
cariche di odio, di disprezzo, di insulti, di acidità, di cattiverie,
frustrazioni, invidie verso persone o argomenti che non possono essere
conosciuti nella sua interezza, ma basta un clic, e vai con la gogna mediatica,
senza pensare minimamente che la persona oggetto del giudizio può venirne
ferita e quelle più vulnerabili ricevere danni a volte irreversibili.
Alcuni forse nella loro superficialità
pensano a un gioco innocuo, ma le parole possono pesare come pietre che
tormentano e distruggono.
Chissà se può aiutare pensare che il giudizio
che viene scagliato non sia altro che la parte di sé che non viene accettata?
- Padre Alberto Maggi -
frate dell’Ordine dei Servi di Maria
frate dell’Ordine dei Servi di Maria
I social sono come la droga; non ne puoi fare
a meno e se ti distacchi anche solo per pochi giorni vai in astinenza.
Basterebbero, infatti, appena sette giorni di astinenza da social come Facebook
e WhatApp (anche senza essere totalmente disconnessi, con libertà d’uso di sms,
email e telefono) per manifestare sintomi simili a quelli dell’astinenza da
droghe, dall’ansia alla noia ai cambiamenti di umore.
Ad affermarlo è uno
studio pubblicato su Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking.
Mark Widdowson, docente dell’ Università di
Salford spiega che la correlazione tra social network e depressione sembra
essere sempre più evidente. Diversi studi scientifici, tra cui il più recente
della National Institute for Mental Health, che ha preso come oggetto di studio
1.787 giovani adulti americani di età compresa tra i 19 e i 32 anni, e il tempo
da loro speso in rete visitando i social network più famosi e usati
come Facebook, Instagram, Twitter, Pinterest e Snapchat.
Lo studio rivela che più tempo si spende
sui social network, più si hanno possibilità di soffrire di depressione.
Il motivo è presto spiegato: un continuo paragone tra le vite apparentemente
perfette degli altri e la nostra, possono innescare in noi inspiegabili
sentimenti di gelosia, invidia e abbassamento dell’autostima e più tempo si
spende sui social più
sarà facile cadere vittima di questi meccanismi subdoli.
Buona giornata a tutti. :-)