Gordio era un valoroso centurione delle legioni romane. Apparteneva a una nobile famiglia di Palestina, che in segreto, per timore delle persecuzioni, si era convertita al cristianesimo.
I suoi genitori avevano tentato di instillargli l'amore
per il Vangelo e avrebbero preferito si dedicasse agli studi, ma lo sfrenato
desiderio di onori e vittorie aveva prevalso nel suo cuore su ogni altra aspirazione.
Aveva scelto la vita militare e la sua spiccata
intelligenza gli aveva fruttato una fulminea carriera.
Gordio, dopo essersi distinto per il proprio coraggio e
le virtù di stratega, aveva raggiunto tutto ciò che desiderava: era onorato dai
propri legionari, possedeva terre, schiavi e ricchezze, e aveva anche
conosciuto l'amore. Eppure, nonostante le gioie e i privilegi di cui poteva
godere, il giovane centurione era tormentato da un'ansia inestinguibile e da un
profondo turbamento.
L'insoddisfazione per quella vita agiata generava nella
sua anima un perenne conflitto di desideri e sentimenti.
Cominciò a viaggiare. Abbandonò la vita familiare, i
lussi, i doveri dell'esercito, e intraprese una vita errabonda. Era certo che
la meraviglia di luoghi sconosciuti avrebbe incantato la sua anima e spento le
sue ansie interiori. Era sicuro di trovare ciò che cercava, anche se non sapeva
ancora che cosa fosse. Viaggiò e viaggiò. Visitò città e paesi, superò
montagne, colline e deserti, attraversò fiumi e laghi e navigò per mare per
lunghi anni. Ammirò terre lussureggianti. Si lasciò stupire da altri mondi e da
altri popoli. Conobbe nuove lingue e nuove culture. Imparò moltissimo dai suoi
viaggi. Ma al termine di ogni avventura, raggiunta la mèta che si era prefisso,
veniva assalito da un acuto struggimento dell'anima e quell'ansia
inestinguibile che gli toglieva il respiro tornava a farsi sentire. Allora,
ripartiva verso un nuovo itinerario e una nuova destinazione.
Finché un giorno non incontrò un anziano monaco che
viveva con alcuni compagni nel deserto di Qumran. Il monaco lo accolse nella
sua comunità, lo rifocillò e si fece raccontare la sua storia.
Dopo qualche giorno, il monaco propose a Gordio di
fermarsi per qualche tempo nel deserto, per condurre insieme agli altri monaci
la vita povera e contemplativa del monastero.
Gordio accettò. Era stanco di viaggiare e aveva perso le
speranze di trovare un briciolo di pace per il proprio cuore.
In quei giorni, riascoltò le parabole evangeliche che nella
preghiera venivano lette dai monaci. Le aveva sentite raccontare tante volte
dalla flebile voce della propria giovane madre, ma era come se le udisse per la
prima volta. Erano come una musica che scendeva nell'anima e restituiva vigore
al corpo. Erano come una pioggia fresca sull'arsura insopportabile che gli
ardeva nel petto.
Gordio divenne monaco del deserto.
Ogni anno, si celebrava a Cesarea di Palestina una grande festa in onore di Marte, con giochi pubblici e spettacoli nell'anfiteatro. Quell'anno, sarebbe stato presente anche l'imperatore.
Il giorno dell'inaugurazione, tutto il popolo era
radunato nello stadio. Nessuno mancava. C'erano giudei e gentili, greci e
latini, uomini e donne, giovani e vecchi, soldati e laici. Una folla immensa
sedeva scomposta sui gradini marmorei della cavea, in attesa dello spettacolo
straordinario che stava per cominciare di lì a poco. Una corsa di cavalli
guidati dai più esperti aurighi di Palestina avrebbe dato inizio alle gare.
Ed ecco che, proprio in quel momento di febbrile attesa,
apparve Gordio, uscito dalla sua solitudine. Facendosi largo tra la folla,
ruvido, la barba incolta, i capelli lunghi, il viso torrefatto dal sole,
vestito di pelle caprina, avanzava con passo deciso al centro dell'arena, dove
era stato eretto un podio.
Salì su quel palco e con voce alta e sicura si rivolse al
pubblico presente: «Sono venuto dal deserto per confessare la mia fede di
cristiano, per condannare il culto degli dei bugiardi. Non temo le vostre
minacce e non indietreggerò di fronte alla ferocia dei carnefici, se sarà
necessario. Quanto più essi saranno crudeli verso di me, tanto maggiore sarà il
premio che avrò nel cielo».
Queste parole coraggiose fecero scendere un silenzio
assoluto nell'arena. Cessò il rumore dei carri. Si zittì il nitrire dei
cavalli. Tacquero le grida degli aurighi e gli accordi di prova degli strumenti
musicali. Tutti si alzavano in piedi per vedere quel pezzente, così strano e
intrepido, che si proclamava cristiano.
Per ordine del prefetto, Gordio fu interrogato davanti a
tutti.
Conosciuta la sua origine nobile, la sua fama e il suo
grado di centurione romano, si volle sapere perché aveva abbandonato la
carriera militare, le ricchezze e la famiglia.
«Nella mia vita sono stato amato dalle donne e dai miei
legionari, ho posseduto terre, schiavi e ricchezze, ma le gioie di questa vita
non mi hanno reso un uomo felice. Sono partito in cerca di qualcosa che potesse
dare un po' di quiete e di serenità al mio cuore sconvolto, ma dopo aver a
lungo viaggiato, non ho trovato il bene prezioso che cercavo. Quando mi sono
fermato, ho compreso che nessuno affronta un viaggio tanto lungo e ardimentoso
come colui che intraprende il pellegrinaggio all'interno del proprio cuore. Il
mio cuore ora è a servizio di un altro Imperatore, Gesù Cristo, il Figlio di
Dio, e per Lui sono disposto anche a morire, pur di annunciare a tutti il bene
prezioso che mi ha elargito.»
Sdegno, proteste e insulti si levarono da ogni parte del
pubblico, i giudei presenti si stracciarono le vesti.
Alla presenza dell'imperatore, il prefetto condannò
Gordio per direttissima alla decapitazione nello stesso anfiteatro.
Gordio, con il volto radioso e il passo risoluto, si
avvicinò ai carnefici, ma nell'istante in cui la sua testa cadde tagliata di
netto dalla mannaia, scoppiò in cielo un tuono violentissimo e una tempesta
spaventosa obbligò gli spettatori ad abbandonare l'anfiteatro.
La pioggia cadde per sette giorni e sette notti riducendo
l'arena a un pantano melmoso. L'imperatore fu costretto a ripartire. Quell'anno
i giochi di Marte non furono disputati.
Dagli Acta Sanctorum
da: "Leggende Cristiane. Storie
straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura
di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A.
25
aprile
Forse
non farò
cose importanti,
ma la storia
è fatta di piccoli gesti anonimi,
forse domani morirò,
magari prima
di quel tedesco,
ma tutte le cose che farò
prima di morire
e la mia morte stessa
saranno pezzetti di storia,
e tutti i pensieri
che sto facendo adesso
influiscono
sulla mia storia di domani,
sulla storia di domani
del genere umano.
- Italo Calvino -