Ciò che sento in modo certo, Signore, è che ti amo.
Folgorato al cuore da te mediante la tua parola, ti amai,
e anche il cielo e la terra e tutte le cose in essa contenute,
ecco, da ogni parte mi dicono di amarti.
Ma che amo, quando amo te?
Non una bellezza corporea, né una grazia temporale: non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene d'ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne.
Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio.
Eppure amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell'amare il mio Dio: la luce, la voce, l'odore, il cibo, l'amplesso dell'uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal vento, ove è colto un sapore non attenuato dalla voracità, dove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà.
Questo quando, amo il mio Dio.
- Sant’Agostino -
Confessioni X, 6,8
La scena del "Tolle lege" nel giardino di Milano
Beato Angelico 1440 - 1445
Cherbourg, Francia, Museo des Beaux Arts
Bellissima
questa scena della scuola dell'Angelico che descrive il momento cruciale in cui
Agostino ode la voce nel giardino che lo richiama ad una vera e autentica
conversione. E' la scena del Tolle lege che si svolge nella casa di Milano. Il
racconto pittorico tuttavia unisce più episodi che in realtà si svolsero in
tempi diversi. Sulla destra in alto si intravede un eremita che si affaccia da
una spelonca: è Simpliciano, che parlando con Agostino, lo ha educato alla
lettura dei neoplatonici. Sulla sinistra c'è invece Alipio che osserva pensoso
la scena che vede coinvolto il giovane Agostino che se ne sta seduto con la
faccia fra le mani ai piedi di un fico. La struttura della scena è potente e
crea un pathos palpabile che coinvolge assieme ai protagonisti dell'episodio
narrato.
Angusta è la casa della mia anima perché tu possa
entrarvi: allargala dunque;
è in rovina: restaurala;
alcune cose contiene, che possono offendere la tua vista, lo ammetto e ne sono
consapevole: ma chi potrà purificarla, a chi griderò, se non a te:
"Purificami, Signore, dalle mie brutture ignote a me stesso, risparmia al
tuo servo le brutture degli altri?"
Credo, perciò anche parlo Signore, tu sai : non ti
ho parlato contro di me dei miei delitti, Dio mio, e tu non hai assolto la
malvagità del mio cuore ?
Non disputo con te , che sei la verità, e io non
voglio ingannare me stesso,
nel timore che la mia iniquità s'inganni .
Quindi non disputo con te, perché, se ti porrai a
considerare le colpe, Signore, Signore, chi reggerà?
- Sant’Agostino -
Confessioni I, 5, 6
Agostino scrive la
Città di Dio
Anonimo di Martina Franca 1700-1750
Martina Franca, chiesa di sant'Agostino
Anonimo di Martina Franca 1700-1750
Martina Franca, chiesa di sant'Agostino
La tela di autore ignoto del Settecento si trova a
Martina Franca nella chiesa di S. Agostino. Questa chiesa era annessa al
convento delle suore agostiniane che un tempo vi risiedevano. Attualmente
l'edificio è occupato dalle suore salesiane. Il dipinto ci presenta un Agostino
dall'aspetto giovanile, dalla lunga e folta barba nera, il viso che scruta
estatico le profondità del cielo quasi a prendere ispirazione per scrivere il
De Civitate Dei. Sullo sfondo cinque angioletti osservano la scena
dando un tocco di vivacità e di serenità all'ambiente austero. Agostino tiene
in mano una penna d'oca con cui verga dei fogli di un libro su cui campeggia il
titolo De CivitateDei.
Buona giornata a tutti. :-)