giovedì 24 novembre 2011

L'abitudine ha ragione di ogni cosa – Julien Green

15 ottobre 1924
Dedicato a sei cardinali francesi
  1

I cattolici si sono tanto abituati alla loro religione, da non aver più bisogno di sapere se è vera o falsa, se ci cre­dono o no; e una siffatta fede, puramente meccanica, li ac­compagna fino alla morte.
2

Non si crede senza combatterci, ma essi contro se stessi non lottano; accettano il cattolicesimo come cosa sempli­ce e naturale; e finirebbero, se fosse possibile, per l'ucci­derlo.

3

Tuttavia, avendo ricevuto l'impronta della Chiesa, essi sono cattolici, e lo sono per sempre; la Chiesa, infatti, non fa nulla che non sia eterno; ma questi suoi figli, pur sotto­messi, hanno in sé il germe d'una potente corruzione. Non
cercate altrove i veri nemici della Chiesa cristiana, sebbe­ne essi credano d'esserne i difensori.

4

Sono stati allevati nel cattolicesimo, ci vivono, ci muoiono, ma non capiscono né ciò che rappresentano, né ciò che avviene intorno a loro, e nulla avvertono del mistero che li avvolge e li divide dal mondo.

5

Essi vivono nel mondo come se fossero del mondo; ep­pure ne sono stati separati per mezzo di segni e parole particolari; e se capiscono d'essere contrassegnati e nondi­meno si ribellano, essi non sono, per ciò, meno cattolici; e se si avviliscono, restano ancora cattolici, nella loro ca­duta e nella loro dannazione.

6

Usano essi stessi d'un segno il cui significato è terribile e per il quale possono riconoscersi; ma, per l'abitudine che ne hanno, non capiscono più ciò che vuol dire. Perciò so­no come i componenti di una congiura, i quali, pur facen­do un segnale stabilito, non sapessero poi a che cosa quel segno li obbligasse.

7

Leggono delle preghiere di cui ogni parola ha una gran­de importanza, e tuttavia le leggono come se in esse non si trattasse di loro, ma di altri, della vita di altri, della sal­vezza di altri; si direbbe che ignorino che vi si parla unica­mente della loro condanna a morte e della loro grazia; si direbbe che credano che il cattolicesimo fu fondato per gli altri e che se loro ne fanno parte, ciò avviene per pura combinazione o per giuoco.

8

Pregano senza riflettere che le loro preghiere saranno infallibilmente esaudite nel tempo e nel modo che piacerà a una sapienza superiore alla loro; ma quel tempo e quel modo piaceranno a loro?

9

Bisogna che quelle preghiere siano esaudite; le Scrittu­re hanno infatti detto: Qualunque cosa chiederete nel no­me mio... Oppure le Scritture si sono ingannate e, se s'in­gannano, non c'è cattolicesimo.

10

I cattolici fanno un contratto, che non può disdirsi, con una "parte" temibile; i termini, poi, del contratto sono oscuri, forse minacciosi. Chi prega ripete: Venga il tuo regno, e non conosce né la forza di Colui al quale si ri­volge, né la sua vera natura, né le sue intenzioni. Chi pre­ga non sa in qual modo si stabilirà "il regno" né se è una cosa che deve augurarsi e invocare, come fa, senza riflet­terci. Un giorno, forse, quelle meccaniche ma potenti ri­petizioni potrebbero alla fine attirare quel regno miste­rioso.

11

Chiedono e credono di pregare, ma il chiedere non è che una metà della preghiera: l'altra metà è la lode e il sa­luto e quest'altra metà oltrepassa la prima, nelle due ora­zioni principali della Chiesa cristiana: Sia santificato il tuo nome, Ti saluto, o Maria.

12

E' certo che otterranno ciò che chiedono, ma, ottenu­tolo, lo riconosceranno? Farebbero meglio dunque, per quanto è possibile, a limitarsi alla lode e al saluto. Essi invocano la salute, ottengono la malattia; ma è la stessa cosa: infatti chiedono un bene, ricevono un bene.

13

Chiedono cose terrestri e vien loro donato il corrispet­tivo in cose celesti. Dovrebbero chiedere vagamente, prudentemente, soprannaturalmente.

14

Vagamente, per dedurne una interpretazione misericordiosa; prudentemente, perché le loro parole hanno un po­tere inimmaginabile; soprannaturalmente, perché quelle preghiere non saranno suscettibili di trasformazione (co­me la malattia per la salute). Le preghiere della Messa hanno questo triplice carattere.

15

Le domande dell'orazione domenicale sono d'una ambiguità esemplare; sembrano precise, son vaghe. Dacci il nostro pane. Quale pane? Il pane dei fornai? quello spiri­tuale? Tu chiedi il nutrimento, e non sai se si tratta di cibo nel senso letterale o simbolico o dell'uno e l'altro insieme, ma chiedi il nutrimento, che è la vita, e la vita non ti può essere negata (Io sono la vita. Ogni cosa che chiede­rai nel nome mio...). Non ci inganniamo che chiedendo la morte. La tua preghiera è dunque prudente. Ed è anche vaga e soprannaturale.

16

Perdona come noi perdoniamo. Pensaci due volte. Tu chiedi e, al tempo stesso, ti leghi. Parli in modo soprannaturale e con apparente contraddizione, perché ti obietteranno che l'uomo non perdona. (Queste parole sono una pietra sulla via dei ciechi; bisogna che vi urtino).

17

Un uomo è in pericolo quando prega; lo è anche se pre­ga distrattamente; perché vi sono delle parole che non si possono pronunciare invano. Egli prega come se pregasse invano, ma nulla è vano, se non l'idea che ci si fa del cie­lo. Ciò che l'uomo dice pregando è magico.

18

La potenza d'una religione consiste nella sua magia. Le altre religioni hanno tenuta segreta la loro magia, non l'hanno confidato che ai loro iniziati; la religione cristiana ha rivelato a tutti quella cosa di cui le religioni pagane avrebbero fatto un mistero. Essa ha iniziato tutti ed iniziando tutti ha tenuto più segreta la propria dottrina che se l'avesse consegnata a libri indecifrabili, nascosti sotto una pietra, in fondo a un tempio inaccessibile. Un segre­to non è mai tanto bene custodito, come quando si tro­va esposto sotto gli occhi di tutti; allora perde le sue qua­lità, e il mondo che è attirato da ciò che è misterioso, ab­bandona la cosa resa pubblica, non si dà pensiero d'appro­fondirla e dimentica ciò che ne sa.

19

I cattolici vivono in mezzo al segreto e non ne sanno nulla. Essi sono assorbiti dal mondo, ciò che li occupa è il mondo. I loro sforzi tendono a conoscere il mondo e a conformarsi al mondo cosi strettamente, tanto da credersi che ne facciano parte; ma il più ignorante di loro pos­siede una scienza più profonda, più pura e più essenziale di tutta la scienza profana e delle sue ricerche e delle sue bizzarrie. Ciò bisognerebbe che lo sapesse; invece non ne sa nulla: qui la sua vera ignoranza.

20

Il massimo dell'abilità consiste nell'ingannare gli stessi iniziati, nel far creder loro che non sono iniziati o che so­no iniziati a cose di poco conto. Il massimo dell'abilità è di dare al mistero un'apparenza comune, di far si che il mondo sbadigli dalla noia nel sentirsi annunziare una co­sa che lo riguarda a tal punto, che un tempo, al tempo delle profezie, sarebbe morto per il dolore di non cono­scerla.

21

Se la verità cattolica avesse un aspetto strano, non mancherebbe di zelatori che per lei si farebbero tagliare a pezzi, ma ci siamo talmente abituati alla sua fisionomia, che non c'interessa più; perciò corriamo incontro a cose che ci sembrano più nuove e più curiose. Eppure essa è molto più meravigliosa di tutti gli errori di cui si rimpinzano i filosofi.

22

L'abitudine ha ragione d'ogni cosa. Se la testa della Gorgogna fosse appesa nel centro di Parigi, i francesi finirebbero per abituarsi a vederla. Essa ne pietrificherebbe qualcuno, ma i più si abituerebbero a guardare quell'orri­bile faccia senza sentirne spavento né provare alcuna spe­cie di malessere.

23

Se il cattolicesimo non ti commuove, se non ti spaventi per ciò che dice e per l'autorità che gli è data per dirlo, ringraziane il cielo, o incolpane la tua immaginazione debole, il tuo cuore inaccessibile.
 
(Julien Green)
Fonte: "Svegliarsi all'amore" di Julien Green, Edizioni Logos, dalla pag 27 alla pagina 34

Il buon ladrone,
particolare della Crocifissione (1475)
Antonello da Messina
Museo des Beaux Arts, Aversa

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