La prossima volta che andate a Messa, provate a far
caso, amici: spesso, durante il rito ci si muove a fatica; non si ha la
sincronia e lo scatto d'un corpo di ballo quando ci si alza, ci si siede, ci si
inginocchia; e le risposte che si danno al prete lungo tutta la mezz'ora
sembrano sospiri sommessi, incerti, vellutati, paurosi...
Chiederei d'essere creduto: non sto rimproverando nessuno. Sto semplicemente rilevando che la preghiera, spesso, non è una esultanza e una spontaneità: è una fatica e un dovere.
Bisogna prenderla per quel che è. Bisogna adattarvisi con coraggio, anche se impegna maledettamente: perché costringe ad essere attenti; perché impone una sincerità difficilissima verso se stessi; perché mette a confronto con Dio che richiede una conversione mai conclusa; o, più banalmente: perché altre cose aspettano fuori, più piacevoli o comunque meno ardue...
Fonte: http://www.notedipastoralegiovanile.it/
Ma c'è una risposta
che si fa coro risoluto; è l'ultima, quando si sente: «La Messa è finita,
andate in pace»; allora è un'esplosione d'esultanza, uno squillo di trombe
compatte come una banda: «Rendiamo grazie a Dio».
E qui c'è lo scatto felino, da centometristi, verso la porta: la chiesa si svuota in un baleno, altro che Berruti o Mennea.
E qui c'è lo scatto felino, da centometristi, verso la porta: la chiesa si svuota in un baleno, altro che Berruti o Mennea.
Sto forse esagerando, lo so. Ma so anche che la Messa
ha preso il nome proprio dalla conclusione... Ci avete pensato? È il sacrificio
di Cristo e tante altre cose - il cuore della vita della Chiesa -; eppure...
Ite, missa est.
Chiederei d'essere creduto: non sto rimproverando nessuno. Sto semplicemente rilevando che la preghiera, spesso, non è una esultanza e una spontaneità: è una fatica e un dovere.
Bisogna prenderla per quel che è. Bisogna adattarvisi con coraggio, anche se impegna maledettamente: perché costringe ad essere attenti; perché impone una sincerità difficilissima verso se stessi; perché mette a confronto con Dio che richiede una conversione mai conclusa; o, più banalmente: perché altre cose aspettano fuori, più piacevoli o comunque meno ardue...
Non è raro udire frasi come: «Io prego quando mi
sento»; o: «Non è giusto forzare la persona quando si pone di fronte a Dio»; o:
«La preghiera dev'essere gesto spontaneo, istintivo, gioioso: è un atto
d'amore»...
Come se l'amore fosse fatto soltanto di occhi languidi e di attrazione irresistibile, e non richiedesse anche di ricordare gli anniversari, di decidere a chi tocca alzarsi prima dal letto per preparare il caffè, di lavorare sodo, di far trovare la cena pronta, di lucidare le scarpe e altre cose intuibili...
Come se l'amore fosse fatto soltanto di occhi languidi e di attrazione irresistibile, e non richiedesse anche di ricordare gli anniversari, di decidere a chi tocca alzarsi prima dal letto per preparare il caffè, di lavorare sodo, di far trovare la cena pronta, di lucidare le scarpe e altre cose intuibili...
Talvolta ci si imbatte persino in prediche che
presentano la preghiera soltanto come un fervore incontenibile: l'acqua per la
terra riarsa; l'aria per i polmoni; la luce per gli occhi... Son paragoni
frusti che vorrebbero esprimere un bisogno, un'inclinazione a cui non si può
resistere...
Mah. Forse qualche volta capita anche così: agli inizi,
in certi momenti particolarmente felici. Ma solitamente, ho i miei dubbi.
Non vorrei presentare la preghiera come un castigo: un
poco come quando ci si imponeva un rosario, poniamo, da recitare per una
marachella... Certo fatica è, e dovere: proprio perché è amore.
Sarò sbagliato,
ma se mi affidassi alla pura istintività, alla spontaneità più travolgente, da
parte mia - in altri campi - avrei già l'atto fuori un plotone di zie e avrei
sulla coscienza più d'un alunnicidio o d'un fedelicidio... Comunque non
pregherei quasi mai.
Sì, perché è troppo facile insistere sulla non
forzatura, sulla propensione, sul desiderio innato e incontrollabile della
preghiera per poi non pregare.
Un poco come quando si dice: a Messa non ci vado, a confessarmi non ci vado, a pregare non mi ci metto, se non mi sento, se non sono preparato. E non si tiene conto che ci si può anche impegnare a sentire, a prepararsi...
Un poco come quando si dice: a Messa non ci vado, a confessarmi non ci vado, a pregare non mi ci metto, se non mi sento, se non sono preparato. E non si tiene conto che ci si può anche impegnare a sentire, a prepararsi...
Cose ovvie, direte. Certo. Ma siamo così scaltri
nell'evitare i doveri, che ci diamo perfino l'aria di persone serie e
abissalmente pensose in questi trucchi da bambini. Sembra che tendiamo alla
mistica più sconvolgente, e invece abbiamo soltanto voglia di veder la partita
o di metterci a leggere il giornale. Il Signore aspetti pure...
Posso sembrare un moralista arcigno, e invece sto
dicendo a voce alta cose che pensiamo tutti. E sto parlando di gioia, nonostante
le apparenze: quella vera, fedele e conquistata...
(Mons. Maggiolini Alessandro)
Cristo non condanna nessuno alla perdizione,
egli è pura salvezza, e chi sta presso di lui,
sta entro lo spazio della liberazione e della salvezza.
Il male non viene inflitto da lui,
ma esiste là dove l'uomo è rimasto lontano da lui,
nasce dallo starsene chiusi nel proprio io.
(Papa Benedetto XVI)
Non dite che siete peccatori,
che avete sempre troppe miserie
e che perciò non potete accostarvi alla Santa Comunione.
Sarebbe come dire che siete troppo ammalati
e che perciò non volete ne medici ne medicine.
(Santo Curato d'Ars)
"La santità non è una giacchetta già fatta, che
basta infilare una volta per sempre! Se fosse così, noi saremmo tutti santi da
un pezzo, Invece, è un vestito che dobbiamo fabbricarci a poco a poco,
penosamente, e quasi tutto con la sola parte superiore di noi, la volontà,
mentre la parte inferiore tira indietro. Bisogna fare come quando si cammina
per la strada e ci sono da lontano dei cani, che abbaiano e disturbano. Si
lascino abbaiare e si tiri dritto lo stesso" (Papa Giovanni Paolo I).
Buona giornata a tutti. :-)