È una mattina di maggio dell’anno 2009. Joseph Ratzinger è Papa già da quattro anni. Nel corso del suo pontificato ha parlato più volte di Satana. Capisco che per lui il demonio è uno spirito esistente, che lotta e agisce contro la Chiesa. E contro di lui. Altrimenti non si spiegherebbero frasi del genere: «Per quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento, la prospettiva è la dannazione eterna, l’inferno, perché l’attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza. È il tragico destino che spetta a chi vive nel peccato senza invocare Dio. Solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più. Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore».
E ancora: «Oggi constatiamo con dolore nuovamente che a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo. E sappiamo che Gesù prega per la fede di Pietro e dei suoi successori. Sappiamo che Pietro, attraverso le acque agitate della storia, va incontro al Signore ed è in pericolo di affondare, ma viene sempre di nuovo sorretto dalla mano del Signore e guidato sulle acque».
Fa caldo in piazza San Pietro. La primavera è oramai inoltrata. Il sole picchia sulla piazza dove una folla di fedeli aspetta il Papa. È mercoledì, il giorno dell’udienza generale. I fedeli sono arrivati da tutto il mondo. Dal fondo della piazza entra un gruppetto di quattro persone. Due donne e due giovani uomini. Le donne sono due mie assistenti. Mi aiutano durante gli esorcismi, pregano per me e per i posseduti e assistono per quanto è loro possibile i posseduti nel loro lungo e difficile percorso di liberazione. I due giovani uomini sono due posseduti. Nessuno lo sa. Lo sanno soltanto loro e le due donne che li “scortano”.
Quel mercoledì le donne decidono di portare i due all’udienza del Papa perché pensano che potrebbero trarne giovamento. Non è un mistero che molti gesti e parole del Papa facciano imbestialire Satana. Non è un mistero che anche la sola presenza del Papa inquieti e in qualche modo aiuti i posseduti nella loro battaglia contro colui che li possiede. I quattro si avvicinano verso le transenne in prossimità del “palco” da dove Benedetto XVI di lì a poco è chiamato a parlare. Le guardie svizzere li fermano. Non hanno i biglietti per proseguire oltre. Le due donne insistono. È importante per loro riuscire a portare i due posseduti il più possibile vicino al Papa. Le guardie svizzere non ammettono deroghe e intimano loro di allontanarsi. Così una delle due donne fa finta di sentirsi male. La sceneggiata ottiene un risultato.
I quattro vengono fatti accomodare oltre le transenne, nei posti riservati ai disabili.
«Avete visto, Giovanni e Marco?» chiedono le due donne ai due posseduti. «Ce l’abbiamo fatta. Tra poco arriverà il Papa e noi siamo qui vicini a lui.» I due non parlano. Sono stranamente silenziosi. È come se coloro che li possiedono (si tratta di due demoni diversi) stiano cominciando a capire chi di lì a poco arriverà in piazza.
Suonano le dieci. Dall’arco delle campane, il portone a fianco della basilica vaticana, esce una jeep bianca. Sopra tre uomini. Un guidatore, il Papa in piedi e, seduto al suo fianco, il suo segretario particolare monsignor Georg Gänswein.
Le due donne si girano verso Giovanni e Marco. Istintivamente li sorreggono con le braccia. I due, infatti, iniziano ad avere comportamenti strani. Giovanni trema e batte i denti. Le due donne capiscono che qualcuno sta cominciando ad agire nel corpo di Giovanni e di Marco. Qualcuno che col passare dei minuti si mostra sempre più agitato. «Giovanni, mantieni il controllo di te stesso» dice una delle due donne.
«Mantieni il controllo, Giovanni. Non farti sopraffare. Reagisci. Mantieni il controllo.» L’altra donna dice le stesse parole a Marco. Giovanni non sembra ascoltare le parole della donna. Salvo, d’improvviso, girarsi e dirle con voce lenta e che sembra venire da non si sa quale mondo: «Io non sono Giovanni».
La donna non dice più nulla. Sa che con il diavolo solo un esorcista può parlare. Se lei lo facesse sarebbe molto rischioso. Così rimane in silenzio e si limita a sostenere il corpo di Giovanni ora completamente in mano al demonio. La jeep gira per tutta la piazza. I due posseduti si piegano per terra. Battono la testa per terra. Le guardie svizzere li osservano ma non intervengono. Sono forse abituate a scene del genere? Forse sì. Forse altre volte hanno assistito alle reazioni dei posseduti innanzi al Papa.
La jeep compie un lungo percorso. Poi arriva in cima alla piazza, a pochi metri dal portone della basilica vaticana. Il Papa scende dall’auto e saluta le persone poste nelle prime file.
Giovanni e Marco, insieme, iniziano a ululare. Sdraiati per terra ululano. Ululano fortissimo. «Santità, santità, siamo qui!» urla al Papa una delle due donne cercando di attirare la sua attenzione. Benedetto XVI si gira ma non si avvicina. Vede le due donne e vede i due giovani uomini per terra che urlano, sbavano, tremano, danno in escandescenze. Vede lo sguardo d’odio dei due uomini. Uno sguardo diretto contro di lui. Il Papa non si scompone. Guarda da lontano. Alza un braccio e benedice i quattro. Per i due posseduti è una scossa furente. Una frustata assestata su tutto il corpo. Tanto che cadono tre metri indietro, sbattuti per terra. Adesso non urlano più. Ma piangono, piangono, piangono. Gemono per tutta l’udienza. Quando poi il Papa se ne va, rientrano in se stessi. Tornano se stessi. E non ricordano nulla.
Benedetto XVI è temutissimo da Satana. Le sue messe, le sue benedizioni, le sue parole sono come dei potenti esorcismi. Non credo che Benedetto XVI compia esorcismi. O almeno la cosa non mi risulta. Credo tuttavia che tutto il suo pontificato sia un grande esorcismo contro Satana. Efficace. Potente.
Le due donne si girano verso Giovanni e Marco. Istintivamente li sorreggono con le braccia. I due, infatti, iniziano ad avere comportamenti strani. Giovanni trema e batte i denti. Le due donne capiscono che qualcuno sta cominciando ad agire nel corpo di Giovanni e di Marco. Qualcuno che col passare dei minuti si mostra sempre più agitato. «Giovanni, mantieni il controllo di te stesso» dice una delle due donne.
«Mantieni il controllo, Giovanni. Non farti sopraffare. Reagisci. Mantieni il controllo.» L’altra donna dice le stesse parole a Marco. Giovanni non sembra ascoltare le parole della donna. Salvo, d’improvviso, girarsi e dirle con voce lenta e che sembra venire da non si sa quale mondo: «Io non sono Giovanni».
La donna non dice più nulla. Sa che con il diavolo solo un esorcista può parlare. Se lei lo facesse sarebbe molto rischioso. Così rimane in silenzio e si limita a sostenere il corpo di Giovanni ora completamente in mano al demonio. La jeep gira per tutta la piazza. I due posseduti si piegano per terra. Battono la testa per terra. Le guardie svizzere li osservano ma non intervengono. Sono forse abituate a scene del genere? Forse sì. Forse altre volte hanno assistito alle reazioni dei posseduti innanzi al Papa.
La jeep compie un lungo percorso. Poi arriva in cima alla piazza, a pochi metri dal portone della basilica vaticana. Il Papa scende dall’auto e saluta le persone poste nelle prime file.
Giovanni e Marco, insieme, iniziano a ululare. Sdraiati per terra ululano. Ululano fortissimo. «Santità, santità, siamo qui!» urla al Papa una delle due donne cercando di attirare la sua attenzione. Benedetto XVI si gira ma non si avvicina. Vede le due donne e vede i due giovani uomini per terra che urlano, sbavano, tremano, danno in escandescenze. Vede lo sguardo d’odio dei due uomini. Uno sguardo diretto contro di lui. Il Papa non si scompone. Guarda da lontano. Alza un braccio e benedice i quattro. Per i due posseduti è una scossa furente. Una frustata assestata su tutto il corpo. Tanto che cadono tre metri indietro, sbattuti per terra. Adesso non urlano più. Ma piangono, piangono, piangono. Gemono per tutta l’udienza. Quando poi il Papa se ne va, rientrano in se stessi. Tornano se stessi. E non ricordano nulla.
Benedetto XVI è temutissimo da Satana. Le sue messe, le sue benedizioni, le sue parole sono come dei potenti esorcismi. Non credo che Benedetto XVI compia esorcismi. O almeno la cosa non mi risulta. Credo tuttavia che tutto il suo pontificato sia un grande esorcismo contro Satana. Efficace. Potente.
Un grande esorcismo che molto dovrebbe insegnare ai vescovi e ai cardinali che non credono: costoro comunque dovranno rispondere della loro incredulità. Non credere e soprattutto non nominare esorcisti laddove ce ne è esplicito bisogno è, a mio avviso, un peccato grave, un peccato mortale.
Il modo con cui Benedetto XVI vive la liturgia. Il suo rispetto delle regole. Il suo rigore. La sua postura sono efficacissimi contro Satana. La liturgia celebrata dal Pontefice è potente. Satana è ferito ogni volta che il Papa celebra l’eucaristia.
Satana molto ha temuto l’elezione di Ratzinger al soglio di Pietro. Perché vedeva in lui la continuazione della grande battaglia che contro di lui ha fatto per ventisei anni e mezzo il suo predecessore, Giovanni Paolo II.
Il modo con cui Benedetto XVI vive la liturgia. Il suo rispetto delle regole. Il suo rigore. La sua postura sono efficacissimi contro Satana. La liturgia celebrata dal Pontefice è potente. Satana è ferito ogni volta che il Papa celebra l’eucaristia.
Satana molto ha temuto l’elezione di Ratzinger al soglio di Pietro. Perché vedeva in lui la continuazione della grande battaglia che contro di lui ha fatto per ventisei anni e mezzo il suo predecessore, Giovanni Paolo II.
(don Gabriele Amorth)
Fonte: "L’ultimo esorcista. La mia battaglia contro Satana", Don Gabriele Amorth e Paolo Rodari (Edizioni Piemme, pp. 263, estratto di un capitolo dedicato a Papa Ratzinger
"Chi si affida a Dio, non ha paura del diavolo", dichiara sant'Ambrogio (De sacramentis, v, 4, 30), che giunge a dire: "Dove il diavolo dà battaglia, là Cristo è presente. Dove il diavolo pone l'assedio, là, chiuso tra gli assediati, sta Cristo a difendere la cerchia delle mura spirituali" (Expositio Psalmi cXVIii, 20, 51). Per quanto le macchinazioni diaboliche possano essere pericolose e aggressive, essi "lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello" (Apocalisse, 12, 11).