Sapere che, questa frase di Isaia, Dio la ripete a te, a me, a tutti, fin da quando siamo stati concepiti nel grembo materno, non può non alzare la soglia del rapporto personale con lui.
Lui che, come dice il profeta Baruc, «chiama le stelle per nome, ed esse gli rispondono 'eccomi ' brillando di gioia!» (cfr. Ba 3,34‑35).
Lui che non deposita negli archivi i nostri volti, ma li sottrae all'usura delle stagioni illuminandoli con la luce dei suoi occhi.
Lui che non seppellisce i nostri nomi nel parco delle rimembranze, ma li evoca a uno a uno dalla massa indistinta delle nebulose e, pronunciandoli, con la passione struggente dell'innamorato, li incide sulle rocce dei colli eterni...
È fortemente educativo far capire che Dio, pur chiamando tutti per nome, non è, però, un mastodontico computer. Non è il grande magazziniere dei nostri nomi. E neppure l'archivista supremo che per ogni uomo allestisce un dossier riservato. Non è l'infallibile memorizzatore di fatti e misfatti, che poi, nel giorno del giudizio, egli userà come prove di merito o come capi d'imputazione nei nostri confronti. Sarebbe veramente banale ridurre Dio al ruolo di controllore dei nostri sgarri, o al rango di banchiere dei nostri titoli di credito. Un Dio siffatto, che vesta l'abito del funzionario compiaciuto o che indossi la divisa del gendarme, è quanto di più allucinante si possa pensare.
Occorre, invece, trasmettere il messaggio che ognuno di noi gli sta a cuore. Che si prende cura di ciascuno. Singolarmente. Non all'ingrosso.
Che nel vocabolario di Dio non esistono nomi collettivi.
Che le persone, lui non le ama in serie.
Che se per la civiltà informatica Gigi, uscito dal manicomio, è niente più che un soffio elettronico da immagazzinare nei dischi rigidi dei servizi sociali del comune, per il Signore rimane sempre un principe dell'universo.
Che i massacri operati dalle violenze umane trovano sugli occhi di Dio lacrime per ognuno, e non pianti globali.
Che nelle fosse comuni delle vittime della guerra, egli si aggira in ricerca di sembianze inconfondibili su cui lasciare l'impronta di una carezza, e non per collocare piastrine di riconoscimento col numero di matricola.
Che l'uccisione di un uomo prima ancora che nasca gli distrugge tra le mani capolavoro irripetibile, a cui stava per dare l'ultimo tocco.
Che l'incupirsi per fame di una sola creatura del Sahel gli dà più angoscia che l'oscurarsi di Sirio o l'affievolirsi delle Pleiadi.
E che per i lividi sul volto di Maria, percossa dal marito ubriaco, si turba più di una madre per la febbre del suo unigenito.
(continua)
(don Tonino Bello)
1) : http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/08/educazione-al-senso-personale-e-al.html
2): http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/09/educare-allo-stupore-don-tonino-bello.html
2): http://leggoerifletto.blogspot.com/2011/09/educare-allo-stupore-don-tonino-bello.html
Fonte: "Dire Dio oggi. Dallo stupore alla trascendenza"
Scrigni, collana diretta da don Ciccio Savino, Ed. Insieme, pagg. 8 e 9foto by Pierpaolo Lo Monaco -2010 Non è la coscienza degli uomini che determina la loro vita, ma le condizioni della loro vita che ne determinano la coscienza. (Karl Marx) |