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lunedì 24 dicembre 2012

Cerca l’ultimo posto – Fratel Carlo Carretto -

"Perché tante difficoltà nelle relazioni tra gli uomini anche nelle piccole cose? Perché tanta antipatia, spirito di persecuzio­ne, tristezza, ecc. ecc.?
Perché non abbiamo scelto come Gesù l’ultimo posto.
Qui sta l’errore fondamentale da cui nascono tante compli­cazioni e tristezze.

Vuoi correre più spedito?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi essere più libero?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi capire più Gesù?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi amare di più?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi servire la giustizia?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi farti amare?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi capire Gesù?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi afferrare più gioia?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi far la predica-vita?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi capire l’Adorazione?
Cerca l’ultimo posto.
Vuoi giungere alla pace?
Cerca l’ultimo posto.

Difatti Gesù ha detto: “Gli ultimi saranno i primi”.
Il tutto però deve essere fatto per amore e non per raffinato orgoglio".



(Carlo Carretto)





  
Ho dato un pane ad un mendicante.
Credevo di essere stato caritatevole.
Invece era giustizia,
perché io ho tanto pane
e lui ha fame.

Ho guidato un cieco per un tratto di strada.
Mi sentivo molto buono.
Invece era giustizia,
perché io ci vedo
e lui no.

Ho procurato un pezzo di legna
ad una famiglia povera.
Credevo di essere stato generoso.
Invece era giustizia,
perché, nella mia casa, il termosifone scotta,
e là la stufa è spenta.

Signore,
aiutami a non donare a Te e ai miei fratelli
solo le briciole,
ma tutto ciò che posso
e con tutto il cuore.

Abbi il coraggio di osare con Dio!
Provaci! Non avere paura di Lui.
Abbi il coraggio di rischiare con la fede!
Abbi il coraggio di rischiare con la bontà!
Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro!
Compromettiti con Dio, e vedrai che la tua vita diventa ampia e illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!

(Benedetto XVI)

 Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 16 novembre 2012

L'ultimo posto – Fratel Carlo Carretto -

Sono diventato piccolo fratello di Gesù perché Dio l'ha voluto.
Mai ho dubitato della chiamata; anche perché, se non fosse stata la volontà di Dio a mettermi su questa strada, non avrei potuto resistere a lungo.
Il dormire all'addiaccio, il vivere in climi estenuanti, il frequentare tribù veramente povere e il sopportarne il fetore, è ancora piccola cosa in confronto allo svuotamento della personalità, al taglio col passato, all'accettazione radicale di civiltà e patrie diverse dalle nostre.

E mi spiego.

Come sapete, il piccolo fratello non può avere opere sue.

Non può fare scuola, organizzare ospedali, creare dispensari, distribuire aiuti. Deve venire qui, scegliere un villaggio, una bidonville, una tribù nomade, installarsi in essa e vivere come vivono tutti gli altri, specie i più poveri.
È il capovolgimento totale del sistema europeo in vigore fino a ieri.
Qui l'europeo che arrivava: militare, missionario, tecnico o funzionario, si costruiva una casa all'europea e viveva da europeo tra indigeni.

Il suo standard di vita non era quello del luogo, ma quello del paese di origine.

Il compito era quello di evangelizzare, elevare, aiutare, organizzare, sorreggere; ma sempre all'europea, con cultura, metodi, finalità europee.

La fede di questi uomini aveva la sua testimonianza nel dono.
E non è piccola cosa! Miracoli di amore e di eroismo furono scritti in terre d'Africa e d'Asia: chiese, ospedali, dispensari, scuole, opere sociali furono create per recare sollievo, allontanare la morte, accelerare il processo di evoluzione dei popoli sottosviluppati.

Fu la grande ora missionaria della Chiesa, fu la provvidenziale attività di colonizzazione, giustificata pienamente dai tempi e dalle realtà di allora.
In ogni caso fu l'inserimento della stirpe dei bianchi in quella degli uomini di colore, fu l'andata dei ricchi verso i poveri, dei cristiani verso i pagani.

Non sempre tutto camminò liscio, non sempre missionario fu sinonimo di uomo di Dio e funzionario sinonimo di generosità e gratuità.
Troppo lunga sarebbe la storia; e, continuando, finiremmo per fare il processo al passato.
Ciò che c'interessa è il constatare che in pochi anni tutto è cambiato.

Le chiese africane prendono coscienza della loro autenticità e non vogliono più essere copie delle chiese francesi o italiane o olandesi; i popoli di colore non solo non sopportano più il colonialismo; ma, per reazione, chiudono il loro cuore ai bianchi, non han più la confidenza di una volta, e sovente disprezzano od odiano tutto ciò che viene dall'antica razza dominatrice.
Com'è naturale, in questi casi, si passa il limite, si diventa ingiusti; e del passato si finisce di vedere solo il male.
È davvero l'ora in cui è necessario rivedere radicalmente le posizioni, tutte le posizioni.

In questa luce e più ancora dinanzi alle future attività della Chiesa in terra di missione va vista come profetica l'opera di Charles de Foucauld.
Questo uomo di Dio, ignaro di tutti i problemi, spinto solo dalla forza e dalla luce dello Spirito, va in Africa in pieno tempo di colonizzazione.

Nell'aria non c'è ancora il minimo sentore di ciò che avverrà su così vasta scala. Preoccupato solo di portare il Vangelo ai Berberi o ai Tuareg, capisce ciò che gli altri non capiscono e lavora come se il processo di decolonizzazione fosse già avvenuto.
Non doni, non ospedali, non dispensari, non scuole, non denaro.
Si presenta solo, indifeso, povero.

Ha capito che la potenza dell'europeo, anche se espressa in ospedali, scuole, non dice quasi più nulla su un piano religioso al povero africano; non è più una testimonianza come una volta.
Ha capito che l'indigeno, anche se molto sottosviluppato, non è più disposto ad accettare dall'alto, come un tempo, un messaggio che gli sembra troppo legato ad un dato popolo e a una data civiltà.
Occorre battere un'altra strada; ed è quella di sempre, perché è scritta nel Vangelo, ma con una purezza e forza nuova: è la strada della piccolezza, del sacrificio, della povertà, del nascondimento, della testimonianza.

È un fatto indiscutibile, e non solo per i paesi poveri: si ha paura della potenza.

Una Chiesa potente, ricca, dominatrice, oggi spaventa.
L'occhio dell'uomo, terrorizzato dalle possibilità della tecnica, si posa con gioia su ciò che è piccolo, indifeso, debole. Si ha perfino paura di un oratore che gridi troppo forte.
Sta proprio qui il segreto della popolarità acquistata da Charles de Foucauld. Si è presentato tra assassini come erano i Tuareg, indifeso; è entrato nel mondo arabo vestito da arabo, ha vissuto tra coloro che erano i servi degli europei come se fossero suoi padroni, ha costruito i suoi eremitaggi non copiando le architetture romane o gotiche, ma imitando la semplicità e la povertà delle moschee sahariane.

Questo presentarsi povero, questo vestire "come loro", questo accettare la loro lingua, i loro costumi, di colpo ha fatto cadere il muro e ha permesso il dialogo, l'autentico dialogo: quello tra uguali.
Mai dimenticherò una scena che nella sua semplicità esprime plasticamente il pi`no di amore di questo nuovo "andare verso coloro che non conoscono ancora il Cristo".
Percorrevo a cammello la pista tra Geriville e El Abiod, ed ero diretto ad una zona desertica, per qualche giornata di solitudine.
Ad un certo punto della pista m'imbatto in un cantiere di lavoro. Una cinquantina di indigeni, guidati da un sottufficiale del genio, faticava a sistemare la strada rovinata dalle piogge invernali. Sotto il sole sahariano, non macchine, non tecnica: solo la fatica dell'uomo nel caldo e nella polvere a maneggiare per tutta la giornata la pala e il piccone.

Rimonto la fila del manovali disseminati sulla pista, rispondo al loro saluto, offro la mia "gherba" di 30 litri di acqua alla loro sete.
Ad un certo punto, tra le bocche che si avvicinano al collo della "gherba" per bere, vedo schiudersi un sorriso che non dimenticherò più.
Povero, stracciato, sudato, sporco: è frère Paul, un piccolo fratello che ha scelto quel cantiere per vivere il suo calvario e mescolarsi a quella pasta come lievito evangelico.
Nessuno avrebbe scoperto l'europeo sotto quegli abiti e quella barba e quel turbante ingiallito dalla polvere e dal sole.
Io conoscevo bene frère Paul, perché avevo fatto il noviziato assieme.

Ingegnere parigino, lavorava in una di quelle commissioni destinate a preparare la bomba atomica di Reganne, quando sentì la chiamata del Signore.
Lasciò ogni cosa e fu piccolo fratello.
Ora era lì; e nessuno sapeva che era un ingegnere: era un povero come gli altri.
Ricordo sua madre quando venne in occasione dei voti al noviziato.
"Mi aiuti, fratel Carlo, a capire la vocazione di mio figlio. Io l'ho fatto ingegnere, voi l'avete fatto manovale. Ma perché? O almeno vi serviste di mio figlio per quel che vale! No: dev'essere un manovale. Ma dite, alla Chiesa non ne verrebbe più decoro, più efficacia a farlo agire come intellettuale?".

"Signora, rispondevo io, ci sono cose che non si possono capire con l'intelligenza e il senso comune.

Solo la fede ci può illuminare.
Perché Gesù volle essere Lui povero? Perché volle nascondere la sua divinità e la sua potenza e vivere tra noi come ultimo?
Perché, signora, la sconfitta della croce, lo scandalo del Calvario, l'ignominia della morte per Lui che era la Vita?
No, signora; la Chiesa non ha bisogno di un ingegnere di più, ma ha bisogno di un chicco di grano di più da far morire nei suoi solchi. E più questo chicco è turgido di vita e sapido di cielo e di sole, e più sarà gradito alla terra che lo deve accogliere per la futura messe".
Quante cose non si possono capire su questa terra!

Non è tutto un mistero ciò che ci circonda?

Che Paul sacrifichi se stesso, la sua cultura, la sua possibilità per amore di Dio e per amore dei suoi fratelli più abbandonati io lo capisco; ma capisco pure le reazioni di sua madre, e non solo di sua madre.
Quanti direbbero: peccato! Una sì bella intelligenza, finire in un solco della pista sahariana. Avrebbe potuto costruire una rotativa per diffondere la buona stampa... E avrebbero anche ragione.


È difficile cogliere il punto giusto del mistero dell'uomo che è una parte del grande mistero di Dio.
C'è chi sogna una Chiesa potente, ricca di mezzi e di possibilità, e c'è chi la vuole povera e debole; c'è chi dà vita e cultura e studio per arricchire di pensiero la filosofia cristiana, e c'è chi rinuncia anche a studiare per amore di Dio e del prossimo.
Mistero di fede!

A Paul non interessava "avere influenza" sugli uomini; gli bastava "pagare", "scomparire". Altri cercheranno altre vie e realizzeranno la loro santità in modo differente.
Posso dubitare della fede di mia madre che avrebbe desiderato tutta la ricchezza in mano alla Chiesa per il decoro dell'altare, le opere missionarie e la dignità del culto?
Ed io, suo figlio, che ero esattamente all'opposto e sognavo un culto più spoglio, una povertà più sentita, e soprattutto un apostolato fatto con "mezzi poveri", non avevo anch'io le mie ragioni?
È tanto difficile giudicare! Tanto difficile che Gesù ci pregò di non insistere sull'argomento.
C'è però una verità, alla quale attaccarci sempre, disperatamente sempre: l'amore!
È l'amore che giustifica le nostre azioni, a volte così contrastanti. È l'amore la perfezione della legge.
Se è per amore che frère Paul ha scelto di morire su una pista del deserto, da questo è giustificato.
Se è per amore che Don Bosco e il Cottolengo costruirono scuole e ospedali, da questo sono giustificati.
Se è per amore che S. Tommaso passò la sua vita sui libri, da questo è giustificato.
Rimane solo il problema di stabilire la gerarchia di questi amori; e qui è Gesù stesso che ci insegna in modo inequivocabile: "Chi di voi vuol essere il primo, sia l'ultimo e come colui che serve" (Lc 22, 26).
E ancora: "Nessuno ama di più l'amico di colui che dà la vita per esso" (Gv 15, 3)


- Fratel Carlo Carretto - 
da Lettere dal Deserto




Dio non esclude nessuno, né poveri né ricchi. Dio non si lascia condizionare dai nostri pregiudizi umani, ma vede in ognuno un’anima da salvare ed è attratto specialmente da quelle che sono giudicate perdute e che si considerano esse stesse tali. Gesù Cristo, incarnazione di Dio, ha esta immensa misericordia, che non toglie nulla alla gravità del peccato, ma mira sempre a salvare il peccatore, ad offrirgli la possibilità di riscattarsi, di ricominciare da capo, di convertirsi.

Benedetto XVI - Angelus 31 ottobre 2010

C'è una cosa più importante della tua azione:
la preghiera;
c'è una forza più efficace della tua parola:
l'amore
-Carlo Carretto -


Ogni cristiano deve considerare ogni essere umano come un fratello amatissimo: se è peccatore e avversario di Dio, è un fratello malato, molto malato: si deve avere per lui una pietà profonda e dare a lui cure fraterne.
- Charles de Foucauld -



 Buona giornata a tutti. :-)









lunedì 16 aprile 2012

Quanto sei contestabile…Chiesa, eppure quanto ti amo…..- Fratel Carlo Carretto -


"Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più duro, di più generoso, di più bello.
Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.
No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei? A costruirne un'altra?
Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo.
L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi non è più credibile". Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.
Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra. San Francesco urlava: "Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene".
La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo. Degli uomini è la debolezza e semmai la buona volontà di fare qualcosa di buono con l'aiuto della grazia che sgorga dalle vene invisibili della Chiesa visibile.
Forse la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?".
(…)
"Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io".
(…)
"Ma poi c'è ancora un'altra cosa che è forse più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.
Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.

È come se il male non avesse potuto toccare la profondità metafisica dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciare imputridire l'anima lontana dall'Amore. "Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi, e continua: "Ti ho amato di amore eterno, per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Ger 31,3-4).
Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo e nello spirito e nel cuore.
In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, e più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è il lavoro divino della Chiesa.
Volete voi impedire questo "far nuovi i cuori", scacciando qualcuno dall'assemblea del popolo di Dio?
O volete voi, cercando altro luogo più sicuro, mettervi in pericolo di perdervi lo Spirito?".


(Fratel Carlo Carretto)
Il 4 ottobre 1988, a Spello, chiudeva la sua vita terrena fratel Carlo Carretto,
"un cristiano a tempo pieno", come lo ha definito il vescovo di Foligno.


Sera dell’11 settembre 1948 in piazza San Pietro: la voce appassionata e trascinatrice di Carlo Carretto durante la veglia dei 300 mila giovani di Azione cattolica, convenuti a Roma per l’80° dell’associazione: “Aver fede in Dio — disse — significa credere alla sua presenza, al suo amore, significa non avere paura, significa essere liberi, veramente liberi e volere giustizia nel mondo”.