mercoledì 12 dicembre 2012

In molti modi tu parli a un uomo - Søren Kierkegaard

Padre celeste!
In molti modi tu parli a un uomo:
Tu, l’unico che ha sapienza e intelligenza,
vuoi tuttavia renderti comprensibile a lui.
Tu parli anche quando taci;
perché parla anche colui che tace,
per provare l’amato;
parla anche colui che tace affinchè l’ora del capire
sia tanto più intima quando essa verrà.
Padre celeste, non è forse così?
Oh, quando tutto tace,
quando un uomo se ne sta solo e abbandonato
e più non sente la tua voce,
allora forse è per lui come se la separazione
dovesse essere eterna.
Oh, nel tempo del silenzio,
quando un uomo languisce nel deserto
e non sente la tua voce:
allora è forse per lui come se essa
fosse quasi del tutto svanita.
Padre celeste, è ben questo il momento del silenzio
dei confidenziali colloqui.
Così fa’ che sia benedetto anche questo tuo silenzio
Come ogni parola che tu rivolgi all’uomo;
che egli non dimentichi che tu parli
anche quando taci.
Donagli, mentre è in attesa di te,
la consolazione di capire che tu taci per amore,
così come parli per amore;
di modo che, sia che tu taccia o parli,
sei sempre il medesimo Padre,
sia che ci guidi con la tua voce
o ci educhi col tuo silenzio.
(Søren Kierkegaard)

All’inizio del suo sesto Esercizio del cristianesimo il filosofo Søren Aabye Kierkegaard, nato a Copenaghen nel 1813, scrive......


“Signore Gesù Cristo! Tu sei venuto al mondo per essere servito e quindi neppure per farti ammirare o adorare nell’ammirazione. Tu eri la via e la vita. Tu hai chiesto solo “imitatori”. Risvegliaci, dunque, se ci siamo lasciati prendere dal torpore di questa seduzione, salvaci dall’errore di volerti ammirare o adorare nell’ammirazione invece di seguirti e assomigliare a Te.
Che differenza c’è quindi fra un “ammiratore” e un imitatore? Un imitatore è, ossia aspira ad essere, ciò ch’egli ammira; un ammiratore invece rimane personalmente  fuori”.
Gesù quindi ci chiede non di ammirarlo, ma di seguirlo.
- Søren Aabye Kierkegaard -

Nel XII secolo, un monaco certosino di nome Guigo II nell'operetta Scala claustraluim, meditando sul passo del Vangelo che dice "Chiedete e otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto", a seguito di quella che descrisse come un'illuminazione codificò il metodo noto ancora oggi con il nome di lectio divina. Guigo II descrisse le tappe più importanti della lettura divina.
Il primo gradino di questa forma di preghiera è la lectio (lettura), si comincia con la lettura di un brano breve della Bibbia lentamente e con attenzione.
Il secondo gradino è la meditatio (meditazione). Durante questa tappa si riflette sul testo scelto.
Il terzo gradino è la oratio (preghiera), cioè il momento di pregare su ispirazione della nostra riflessione sul brano letto.
L'ultima tappa della Lectio è la contemplatio cioè la contemplazione, in silenzio.
A queste tappe i maestri spirituali odierni aggiungo anche l'actio (azione) ossia un proponimento operativo conseguente a quanto si è meditato nella parola, un'azione nel mondo ispirata dalla Scrittura.


C’è un silenzio del cielo prima del temporale,
delle foreste prima che si levi il vento,
del mare calmo della sera, di quelli che si amano,
della nostra anima,
poi c’è un silenzio che chiede soltanto
di essere ascoltato.
- Romano Battaglia -