C'era una volta un
falegname che sarebbe stato una vera perla d'uomo se non avesse avuto il brutto
vizio di giocare alle carte.
E sentite dunque come
quel furbacchione seppe sfruttare ciò che la sorte gli aveva dato.
Un bel giorno gli
capitarono in bottega Gesù e san Pietro, che erano scesi in terra a controllare
come andavano le cose.
Tutto buon cuore, il
falegname, ignaro di chi fossero i due viandanti, offrì loro pane, companatico
e ottimo vino, con tale gentilezza che Gesù volle ricompensarlo. Al momento del
commiato gli disse: «Chiedimi tre grazie e sarai accontentato».
«Chiedi la salute
dell'anima!» gli mormorò san Pietro.
«Domanderò quel che
mi pare» rispose il falegname. «Ecco i miei tre desideri. Primo: che ogni volta
io giochi, vinca;
secondo: che chi si siede sul mio sgabello vi rimanga
attaccato e non possa alzarsi senza il mio permesso;
terzo: che chi sale sul
mio albero di fichi ci resti imprigionato».
«Ti sia concesso»
disse Gesù.
San Pietro, fuori di
sé dalla collera, borbottò: «Disgraziato, dovevi chiedere la salute dell'anima!».
«Taci, sei proprio
noioso con i tuoi consigli» gli rispose il falegname.
Così Gesù e san
Pietro se ne andarono e il nostro falegname... via di volata a giocare! Giocò
tutta la sera, onestamente si capisce, e vinse fino alla fine. Una vera
cuccagna!
Divenuto quasi ricco,
credete che smettesse di piallare e segare? Neanche per sogno! Era un buon
uomo, giusto e laborioso: donò gran parte del denaro vinto al gioco ai poveri e
continuò a lavorare come prima perché il lavoro, diceva lui, scaccia i cattivi
pensieri.
Quando si trovava un
po' al verde, tornava puntualmente al tavolo da gioco vincendo fior di
quattrini. Passarono così felicemente molti anni. Una sera, avvolta in un gran
manto nero, la Signora Morte arrivò a prenderlo.
Particolarmente
stanca per il gran camminare di quella giornata, si sedette sullo sgabello del
falegname, tanto per riposare un po' prima di riprendere il viaggio.
«Ma brava» la beffò
l'uomo: «ora prova ad alzarti!».
La Morte lo guardò
stupita, pensando che il poveretto fosse andato fuori di testa nel vederla e
fece per alzarsi ma, malgrado tutti gli sforzi, naturalmente non ci riuscì.
«Oh povera me!» si
lamentava la Morte, rendendosi conto di essere preda di uno strano
incantamento. «Come faccio ora?».
«Che cosa puoi
concedermi se ti libero?» rispose il furbo ometto.
«Chiedi pure ciò che
vuoi e te lo concederò» promise la Morte, smaniosa di alzarsi da quello
sgabello.
«Voglio ancora cento
anni di vita.»
«Oh, che
esagerazione! Te ne concederò cinquanta!»
«Bene, mi
accontenterò, vada per altri cinquant'anni di vita!». E, presi i debiti
accordi, la Morte si rimise in cammino.
Cinquant'anni dopo,
neppure un minuto di più, eccola che torna ben decisa a prendersi quanto le
spettava.
Il falegname, che era
diventato un arzillo vecchietto, era pronto ad accoglierla ma, naturalmente, a
modo suo.
«Eccoti di nuovo! Ma
come ti trovo sciupata, mia cara Morte... così magra... Guarda che splendidi
fichi ho sulla mia pianta: prima di partire, perché non sali tu stessa e ne
cogli qualcuno?»
In effetti, quell'idea
non dispiacque affatto alla Signora, alla quale non capitava spesso che
qualcuno le offrisse gentilmente qualcosa con cui rifocillarsi. Perché non
approfittarne?
Così la Morte salì
sul fico e... potete immaginare cosa successe. Vi rimase impiantata più salda
di uno dei suoi rami.
La poveretta se ne
uscì in lamenti e imprecazioni, ma ciò non le servì a liberarsi; solo il furbo
vecchietto poteva aiutarla.
«Cosa mi concedi se
ti faccio scendere dal mio fico?» chiese l'uomo.
«Chiedi ciò che vuoi
e te lo concederò» rispose esasperata la Morte.
«Duecento anni di
vita ancora!»
«Facciamo cento e sia
finita lì!». Il tono con cui la Signora rispose suggerì al falegname di
accontentarsi.
Si misero d'accordo
per la seconda volta e la Morte se ne andò rodendosi dalla rabbia.
Passati i cento anni,
il nostro falegname era proprio uno straccetto, persino stanco di vivere e,
difficile a credersi, di giocare a carte. Era comunque soddisfatto di quella
lunga vita che volgeva al termine e moriva da onest'uomo così come era vissuto.
Se ne partì quindi in
compagnia della nera Signora, che lo portò diritto alla porta del Paradiso.
«Ecco» disse rivolta
a san Pietro: «finalmente ti ho portato il falegname!».
«Quale falegname?»
chiese il santo. «Forse quello che non seguì il mio suggerimento di chiedere la
salvezza dell'anima? E adesso vorrebbe entrare? Via di qui!».
«Buon Santo» si
intromise l'omino, «con il denaro vinto al gioco io ho fatto tutto il bene che
ho potuto e sono rimasto sempre un onesto lavoratore».
Ma san Pietro non
volle sentir ragione e, con un gran tonfo, sbatté la porta del Paradiso.
Allora la Morte,
tutta trafelata, se lo riprese avviandosi verso il Purgatorio. Aveva proprio
voglia di liberarsi di quel problema, anche se in cuor suo quell'omino cominciava
a esserle quasi simpatico.
«Un giocatore?» gridò
l'Angelo guardiano del Purgatorio. «Via di qui! Non vogliamo gente di tale
risma! Che se ne vada all'Inferno!».
E la povera Morte,
sbuffando, si riprese il suo carico e si tuffò giù verso il Regno degli Inferi.
Lucifero in persona
li accolse con grande entusiasmo: «Ma guarda un po' chi c'è! Il falegname.
Avevo una gran voglia di conoscerti. Duecento anni di vita sono un bel vivere,
furbacchione!».
E subito lo volle
portare nel suo antro fumoso, dove nessuno sa quali cose tremende accadono.
«Sono stato un
giocatore, è vero» gli disse il vecchio uomo, «ma un giocatore onesto. Ho reso
felice molta gente con il mio guadagno, ho sempre lavorato e non ho mai fatto
del male a nessuno».
«Vincere sempre a
carte e non fare mai del male a nessuno sono due cose che non vanno d'accordo»
gli rispose Lucifero. «Un giocatore che vince sempre deve essere per forza un
baro, quindi resterai qui».
«Beh!» ribatté il
falegname. «Hai un mazzo di carte?».
«Mi prendi forse in giro?
Non sai che tutte le carte della terra vengono fabbricate proprio qui e che noi
ne conserviamo gli stampi?» gli rispose orgoglioso Lucifero.
«Ebbene, allora
giochiamo! Ti dimostrerò che posso vincere anche te.»
«Vincere me che sono
il re del gioco? Mi fai giusto ridere! Voglio proprio divertirmi! Ma tu cosa
hai da giocarti?»
«Ormai non ho che la
mia povera anima.»
«E sia, giochiamoci
questa tua animalaccia!» urlò divertito il diavolo.
Gioca e gioca e
gioca, non so dirvi per quanto tempo Lucifero e il falegname si accanirono
sulle carte. Una partita dopo l'altra, il falegname non faceva che vincere.
Alla fine il diavolo batté un poderoso pugno sul tavolo, tanto che tutto
l'Inferno ne fu sconquassato.
«Basta!» gridò
inviperito. «Vattene da qui e non farti più vedere da me!».
Il nostro uomo se ne
tornò allora alla soglia del Paradiso e cominciò a bussare, ma san Pietro non
ne voleva proprio sapere di aprirgli.
A Gesù non rimase
altro da fare che intervenire personalmente.
«Suvvia, Pietro,
lascialo entrare. Da un dono che avrebbe potuto portare molto male, sia a lui
sia agli altri, quest'uomo ha saputo invece trarre del bene per tutti. Non è
solo chiedendo la salvezza dell'anima che la si ottiene!». E così dicendo aprì
il grande portone dorato.
- Leggenda medievale -
da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A.
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