venerdì 3 marzo 2023

Digiuno e preghiera

Il digiuno non è sinonimo di dieta, occasione per perdere peso o rivendicazioni politiche. Il rapporto col cibo indica ben altro. 
Quando ci lanciamo sulle pietanze, quando consacriamo al cibo un’attenzione degna di ben altra causa, noi finiamo coll’aprire una finestra sulla nostra esistenza. 
Lo ammettiamo: siamo percorsi da un’ansia nevrotica, da un bisogno preoccupante di divorare, di riempirci, di colmare una fame profonda che nessun nutrimento riesce a calmare.
Ecco il digiuno: un rapporto diverso con il cibo, per avvertire finalmente necessità fondamentali che cerchiamo di coprire, per provare fame e sete di Dio, ma anche per vivere una condivisione più concreta con chi continuiamo a tenere fuori dalla nostra porta. 
È troppo tardi oggi per riappropriarci del digiuno come prassi che ci conduce a una misura alta della vita cristiana? Assolutamente no! Anzi è necessario riproporlo, riscoprire l’anima, l’attualità, la necessità e la fecondità di questa pratica che porta il cristiano sulla strada della conversione e dell’intercessione, della giustizia e della ricerca dell’unità. 
Il digiuno è una dimensione costante della vita cristiana che la Chiesa propone accanto alla preghiera e alla carità, anzi ha senso proprio in funzione della preghiera e della carità. 
Per questo è necessario chiedersi che cosa dice la Chiesa del digiuno. Come lo definisce, come lo pensa, come lo vive? Quali le ragioni e gli scopi di questa pratica? Scopriremo allora che l’originalità cristiana del digiuno sta nel suo essere vissuto come segno di conversione e di ritorno al primato dell’amore di Dio; nel suo essere vissuto in comunione viva con Cristo; nel suo essere animato dalla preghiera e orientato alla crescita della libertà, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna. 
Il digiuno, dunque, è in primo luogo una “terapia” per curare tutto ciò che impedisce di conformare se stessi alla volontà di Dio e ha come sua ultima finalità quella di aiutare ciascuno di noi a fare di sé dono totale a Dio. Da qui la necessità di collocare il digiuno nel contesto della chiamata di ogni cristiano a non vivere più per se stesso, ma per Colui che lo amò e diede se stesso per lui, e anche a vivere per i fratelli (Paolo VI, Paenitemini, cap. I). 
Astenersi dal cibo consente al cristiano di esercitare e ribadire la sua libertà anche rispetto ai suoi bisogni fisici. 
Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita la disposizione interiore ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della sua parola di salvezza. 
Con il digiuno e la preghiera permettiamo a lui di venire a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e la sete di Dio. «Il digiuno svolge la fondamentale funzione di farci sapere qual è la nostra fame, di che cosa viviamo, di che cosa ci nutriamo e di ordinare i nostri appetiti intorno a ciò che è veramente centrale. E tuttavia sarebbe profondamente ingannevole pensare che il digiuno – nella varietà di forme e gradi che la tradizione cristiana ha sviluppato: digiuno totale, astinenza dalle carni, assunzione di cibi vegetali o soltanto di pane e acqua – sia sostituibile con qualsiasi altra mortificazione o privazione» (Enzo Bianchi). 
Al tempo stesso, il digiuno ci aiuta a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. San Giovanni ammonisce: «Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?» (1Gv 3,17). 
Digiunare volontariamente ci aiuta a coltivare lo stile del Buon Samaritano, che si china e va in soccorso del fratello sofferente (Benedetto XVI, Deus caritas est, 15). 
Scegliendo liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo. 
Il digiuno rappresenta una pratica ascetica importante, un’arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. 
Il digiuno non è una dieta, non è una moda: la differenza è abissale. 
Privarsi volontariamente del piacere del cibo e di altri beni materiali aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d’origine, i cui effetti negativi investono l’intera personalità umana. Con la pratica del digiuno accogliamo l’invito del Maestro a vivere la nostra vita non come calcolo matematico, ma come abbandono provvidenziale a lui, senza alcuna ansia per le cose, ma in tensione verso l’altro e disponibili alle necessità dei poveri. 
Il senso autentico del digiuno ci inserisce in un cammino esodale di rinuncia a tutto ciò che è male e superfluo per immetterci in un percorso di gratuità, dono e condivisione vera. Riproponiamo pertanto il significato del digiuno secondo l’esempio e l’insegnamento di Gesù e secondo l’esperienza della Chiesa. Valorizzando il significato autentico e perenne di quest’antica pratica saremo aiutati a mortificare il nostro egoismo e ad aprire il cuore all’amore di Dio e del prossimo, primo e sommo comandamento della nuova Legge, compendio di tutto il Vangelo (Mt 22,34-40). Occorre, per questo, riscoprire l’identità originaria e lo spirito autentico del digiuno alla luce della Parola di Dio e della viva tradizione della Chiesa.  
Preghiera e digiuno non sono un peso o un dovere, ma piuttosto una celebrazione della bontà e della misericordia di Dio verso i suoi figli. Non resta altro che accettare l’invito a meditare sul digiuno, ma soprattutto a farne l’esperienza come atto d’amore nei confronti di Dio.

© Editrice Shalom s.r.l. 
© Libreria Editrice Vaticana (testi Sommi Pontefici) 
© 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

 


Buona giornata a tutti :-)


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