venerdì 31 dicembre 2021

L'ultimo giorno dell'anno - don Luigi Giussani

L’ inno dell’ultimo giorno dell’anno liturgico è il Christe, cunctorum dominator, Cristo dominatore di tutte le cose, che esprime una verità sterminata, perché anche i capelli del nostro capo sono numerati e non cade passero senza che entri in questo possesso, e il più piccolo fiore del campo entra in questo possesso, e non c’è respiro che non entri in questo possesso. 
E questo l’oggetto proprio della fede, perché, che esista il mistero, che esista Dio, che esista una ricognizione del bene e del male finale, queste sono cose ovvie per tutti gli uomini che non sono fuorviati dal dominio della mentalità comune. 
Ma che tutto sia signoria di Cristo, di questo uomo nato da una donna, questo non è così ovvio, se non avviene quel gesto supremo di apertura e di dedizione che nell’uomo si chiama fede. 
È come se dopo un lungo sguardo uno incominciasse a capire… allora la prima parola che può essere detta è la parola «Tu»: Tu, o Cristo. 
Di fronte al mistero assolutamente sconosciuto nella sua modalità originale, nel suo destino finale, nella sua consistenza attuale, la prima parola che la Madonna ha potuto dire appena l’angelo se ne partì da lei è stata certamente questo «Tu» a ciò che aveva in seno e non poteva immaginare in nessun modo.

(don Luigi Giussani)

Il Te Deum (estesamente Te Deum laudamus, latino per "Noi ti lodiamo Dio") è un inno cristiano in prosa di origine antica.

Nella Chiesa cattolica il Te Deum è legato alle celebrazioni di ringraziamento; viene tradizionalmente cantato durante alcune solennità, come la sera del 31 dicembre - per ringraziare il Signore dell'anno appena trascorso - oppure nella Cappella Sistina ad avvenuta elezione del nuovo pontefice, prima che si sciolga il conclave, o ancora a conclusione di un Concilio.

Nella Liturgia delle ore secondo i riti romano e ambrosiano, il Te Deum trova il suo posto alla fine dell'Ufficio delle letture, prima della orazione conclusiva, nelle solennità, nelle feste dei santi, in tutte le domeniche tranne quelle di Quaresima (e, per il rito ambrosiano, anche quelle di Avvento), nei giorni fra l'ottava di Natale e quelli fra l'ottava di Pasqua.


Signore, ti ringrazio perché mi hai messo al mondo:
aiutami perché la mia vita
possa impegnarla per dare gloria a te e ai miei fratelli.
Ti ringrazio per avermi concesso questo privilegio:
perché tra gli operai scelti, tu hai preso proprio me.
Mi hai chiamato per nome
perché io collabori con la tua opera di salvezza.
Grazie perché il mio letto di dolore è fontana di carità,
è sorgente di amore.
Di amore per te, anche di amore per tutti i fratelli.
Signore, io seguo te più da vicino, in modo più stretto.
Voglio vivere in un legame più forte
per poter essere più pronto a darti una mano,
più agile perché i miei piedi che annunciano la pace sui monti
possano essere salutati da chi sta a valle.
Concedimi il gaudio di lavorare in comunione
e inondami di tristezza ogni volta che, isolandomi dagli altri,
pretendo di fare la mia corsa da solo.
Salvami, Signore, dalla presunzione di sapere tutto.
Dall’arroganza di chi non ammette dubbi.
Dalla durezza di chi non tollera i ritardi.
Dal rigore di chi non perdona le debolezze.
Dall’ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.
Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita,
perché le parole, quando veicolano la tua,
non suonino false sulle mie labbra.

(Don Tonino Bello)


Coraggio!! Un abbraccio Stefania







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