giovedì 12 ottobre 2023

Educare è arte, dunque umile e perenne discepolato al vero conosciuto - Paul Freeman

“Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne ad ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l`aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi lo scandalo, ed in molti la santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti ed umili di cuore (Mt 11, 29).”

(Dall'Epistolario di San Giovanni Bosco, Torino, 1959, capitolo 4)

Ora, questo, è verissimo non solo verso i nostri figli e i piccoli ma verso le persone che ci sono affidate, tutte.
Perché il Signore ci dice, nell'oggi di sempre, “Dov’è tuo fratello?” (Gen. 4,9)
Quindi di ogni volto che la Provvidenza ci consegna.
Dunque, anche qui, la palestra della correzione fraterna e delle opere di misericordia spirituale di Consigliare i dubbiosi, Insegnare agli ignoranti, Ammonire i peccatori sia fatta con lo stesso animo.
Non basta infatti ribadire una verità teologica, morale o di morale naturale se non è accompagnata da quella carità nei confronti del corretto che è tipica di chi, pur sapendo, si “sente” comunque (anzi sa benissimo) di essere “poca cosa” davanti a Dio e ai fratelli, persino davanti al fratello da correggere.
Se non c’è l’animo di Cristo di servire, la “stele” (memoriale del passaggio di Dio) diventa una “clava”, e la Verità magari edifica oggettivamente ed illumina ma alimenta in noi il veleno della Superbia e nelle persone che ci ascoltano il chiacciericcio. Superbia soft socialcosara.
Cioè non edifica nella Carità. Di certo alimenta il fazionismo e la perenne fase adolescenziale proiettiva dell'umano.
Proporre la Verità senza la Carità, pur con tutta la fermezza e la chiarezza che la Verità esige, e la Carità senza la Verità è, non solo ossimorico, ma infantile ed inefficace. Non fa circolare il Regno ma aumenta la confusione che vorremmo dipanare.
Non nell’ordine del conosciuto inteso come nozione ma nell’ordine del “vero conosciuto” che è l’amato con gli occhi di Cristo.
Cioè, tale comportamento, a tratti scellerato, misticamente separa, divide, infanga, alimenta il “sospetto”.
E noi sappiamo bene da dove venga il “sospetto”!
Che è tutt’altro dell’appartenenza a cui Dio ci chiama ci richiama.
“Dov’è tuo fratello?” (Gen. 4,9)
Tuo, tua.
Reso tale da Cristo e dal Suo Sacrificio Redentivo.
Tale accortezza è tanto più vera verso i pastori che magari oggettivamente sbagliano.

E mi raccomando, cerchiamo di leggere bene e citare sempre bene le fonti, per non alimentare il dissenso sull’approssimazione, e, piuttosto, cerchiamo, mortificando la carnalità, di pilotare lo zelo in quella delicatezza che si ha verso un malato.
Rigore determinato e chiaro verso il male e la “pustola”, affabilità e tenerezza verso il malato.
Anche se il malato è colui che dovrebbe confermarci nella fede, catechista, educatore, sacerdote, vescovo, genitore.

Ecco perché educare, sé e gli altri, è arte.
E l’arte è fatica nello Spirito del Signore.
Che scava e trafigge l’educatore anzitutto.
Ricordando la sua "minorità", come "conditio" dinamica di umiltà e resa.
Trafigge di mistica e concretissima trafittura.

Se Tommaso al termine della sua ricca vita di dottore angelico potè dire ".. palea est.." e se san Bonaventura, mistico dottore serafico, volentieri andava a lavare i piatti come un "frate torsone", cioè come i frati non sacerdoti, forse qualche passo umile in più possiamo farlo anche noi.
E morire di quella morte che rende realmente vivi.

Non disdegnando il confessionale se cadiamo in questa "frode" maligna.

Ora citando C. S. Lewis nelle sue belle conferenze alla radio di circa 50 anni fa, riportate nel “Cristianesimo così com’è” ricordava della Superbia, del “frodo” della Superbia:

“È triste che il peggiore dei vizi riesca a insinuarsi di frodo nel centro stesso della nostra vita religiosa. Ma possiamo capire perché. Gli altri vizi, meno maligni, provengono dall’azione del diavolo in noi tramite la nostra natura animale. Questo vizio, invece, non ha per tramite la nostra natura animale. Viene direttamente dall’Inferno. 
E’ puramente spirituale, e quindi molto più subdolo e mortifero. 
Per la stessa ragione, spesso si fa ricorso alla superbia per sconfiggere gli altri vizi. 
Gli insegnanti, per esempio, fanno spesso appello alla superbia, all’orgoglio, o, come dicono, all’amor proprio di un allievo per indurlo a comportarsi bene; e non di rado accade di vincere la propria pusillanimità, lussuria o iracondia dicendo a se stessi che queste sono cose indegne di noi – ossia, per superbia. 
Il diavolo se la ride. 
E’ contentissimo che tu diventi casto, coraggioso e capace di dominarti, purché egli possa istituire dentro di te la dittatura della superbia; così come sarebbe felicissimo che tu guarissi dai geloni, se in cambio gli fosse consentito di farti venire il cancro. 

La superbia, infatti, è un cancro spirituale: divora ogni possibilità di amore, di contentezza, di semplice buonsenso.”Ecco, la superbia, nelle sue tante mascherazioni, anche patinate, non educa nessuno e ruba tutto, a sè e alla sorella e al fratello.
Dio ci custodisca nella sua fedeltà e nel suo amare fino alla fine.

- Paul Freeman - 
da: Il Cattolico


Buona giornata a tutti :-)






Nessun commento:

Posta un commento