lunedì 11 dicembre 2017

La morte della Parrocchia - don Bruno Ferrero

Sui muri e sul giornale della città comparve uno strano annuncio funebre: «Con profondo dolore annunciamo la morte della parrocchia di Santa Eufrosia. I funerali avranno luogo domenica alle ore 11».
La domenica, naturalmente, la chiesa di Santa Eufrosia era affollata come non mai. Non c’era più un solo posto libero, neanche in piedi. 

Davanti all’altare c’era il catafalco con una bara di legno scuro.
Il parroco pronunciò un semplice discorso: «Non credo che la nostra parrocchia possa rianimarsi e risorgere, ma dal momento che siamo quasi tutti qui voglio fare un estremo tentativo. Vorrei che passaste tutti quanti davanti alla bara, a dare un’ultima occhiata alla defunta. Sfilerete in fila indiana, uno alla volta e dopo aver guardato il cadavere uscirete dalla porta della sacrestia. Dopo, chi vorrà potrà rientrare dal portone per la Messa».
Il parroco aprì la cassa. Tutti si chiedevano: «Chi ci sarà mai dentro? Chi è veramente il morto?».
Cominciarono a sfilare lentamente. Ognuno si affacciava alla bara e guardava dentro, poi usciva dalla chiesa.  Uscivano silenziosi, un po’ confusi.

Perché tutti coloro che volevano vedere il cadavere della parrocchia di Santa Eufrosia e guardavano nella bara, vedevano, in uno specchio appoggiato sul fondo della cassa, il proprio volto.
«Anche voi, come pietre vive, formate il tempio dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio e offrite sacrifici spirituali che Dio accoglie volentieri, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pietro 2,5).

Se c’è polvere nelle sale della tua parrocchia, c’è polvere sulla tua anima.

- don Bruno Ferrero - 




"...Dovremmo avere invece paura di non avere più il coraggio di cercare qualcosa per paura di soffrire, per paura di questa angoscia che a volte ti toglie l'aria. 
Il vangelo appunta tutto quello che molto spesso accade a noi. 
Esso non è un libro di ideali e di proclami, ma una strada tracciata da vite concrete, da storie concrete, che partono da quel poco che siamo e conducono dritti alla meta, al Senso ultimo della storia.  
E allo stesso tempo non dobbiamo avere paura di non capire tutto subito, di non comprendere fino in fondo il significato di ciò che viviamo. 
La nostra perseveranza e fedeltà alla realtà e non semplicemente a quello che vorremmo fosse la nostra realtà, ci salva. 
Stare davanti alle cose che oggettivamente esistono nella nostra vita (quel tale padre, quella tale madre, quell'amico, quel corpo che abbiamo, quelle attitudini, quella malattia, quell'amore, quei limiti, quella gioia) ci portano a quella salvezza che è un fatto vero e non una proiezione dei nostri sogni. Molto spesso ci rifugiamo nei nostri sogni per non affrontare la realtà, ecco perchè il cristianesimo non è un sogno ma  una realtà che và vissuta ad occhi aperti. Per credere bisogna essere svegli e con gli occhi aperti, altrimenti si rischia di confondere la fede con una suggestione soporifera creata appunto per evitare la vita e non per salvarla. Meravigliose, a questo proposito, le parole del Papa... "

- don Luigi Maria Epicoco
da "Tracce di Parola di Dio" 2.7.2011



 "La differenza tra uno che sogna e uno che sta sveglio consiste innanzitutto nel fatto che colui che sogna si trova in un mondo particolare. 
Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri. 
Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti. 
Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato. 
L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo. 
Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio. 
Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza. 
Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”. 
La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui. 
E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo. 
Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti." 

- papa Benedetto XVI - 
Omelia, Basilica Vaticana, 24 dicembre 2009


Buona giornata a tutti. :-)







Nessun commento:

Posta un commento