Nella preghiera eucaristica ricorre una frase che
sembra mettere in crisi certi moduli di linguaggio entrati ormai nell'uso
corrente, come ad esempio l'espressione "nuove povertà".
La frase è questa: "Signore, donaci occhi per
vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli...".
Essa ci suggerisce tre cose.
Essa ci suggerisce tre cose.
Anzitutto che, a fare problema, più che le "nuove
povertà", sono gli "occhi nuovi" che ci mancano. Molte povertà
sono "provocate" proprio da questa carestia di occhi nuovi che
sappiano vedere. Gli occhi che abbiamo sono troppo antichi. Fuori uso.
Sofferenti di cataratte. Appesantiti dalle Diottrie. Resi strabici
dall'egoismo. Fatti miopi dal tornaconto. Si sono ormai abituati a scorrere
indifferenti sui problemi della gente. Sono avvezzi a catturare più che a
donare. Sono troppo lusingati da ciò che "rende" in termini di
produttività. Sono così vittime di quel male oscuro dell'accaparramento, che
selezionano ogni cosa sulla base dell'interesse personale. A stringere, ci
accorgiamo che la colpa di tante nuove povertà sono questi occhi
vecchi che ci portiamo addosso. Di qui, la necessità di implorare "occhi
nuovi".
Se il Signore ci favorirà questo trapianto, il malinconico elenco
delle povertà si decurterà all'improvviso, e ci accorgeremo che, a rimanere in lista
d'attesa, saranno quasi solo le povertà di sempre.
Ed ecco la seconda cosa che ci viene suggerita dalla
preghiera della Messa.
Oltre alle miserie nuove "provocate" dagli
occhi antichi, ce ne sono delle altre che dagli occhi sono
"tollerate". Miserie, cioè, che è arduo sconfiggere alla radice, ma
che sono egualmente imputabili al nostro egoismo, se non ci si adopera perché
vengano almeno tamponate lungo il loro percorso degenerativo. Sono nuove
anch'esse, nel senso che oggi i mezzi di comunicazione ce le sbattono in
prima pagina con una immediatezza crudele che prima non si sospettava neppure.
Basterà pensare alle vittime dei cataclismi della storia e della geografia. Ai
popoli che abitano in zone colpite sistematicamente dalla siccità. Agli
scampati da quelle bibliche maledizioni della terra che ogni tanto si rivolta
contro l'uomo.
Alle turbe dei bambini denutriti. Ai cortei di gente mutilata
per mancanza di medicine e di assistenza. Anche per queste povertà ci vogliono
occhi nuovi. Che non spingano, cioè, la mano a voltar pagina o a cambiare
canale, quando lo spettacolo inquietante di certe situazioni viene a rovinare
il sonno o a disturbare la digestione.
E infine ci sono le nuove povertà che dai nostri occhi,
pur lucidi di pianto, per pigrizia o per paura vengono "rimosse". Ci
provocano a nobili sentimenti di commossa solidarietà, ma nella allucinante ed
iniqua matrice che le partorisce non sappiamo ancora penetrare.
La preghiera
della Messa sembra pertanto voler implorare: "Donaci, Signore, occhi nuovi
per vedere le cause ultime delle sofferenze di tanti nostri fratelli, perché
possiamo esser capaci di "aggredirle". Si tratta di quelle nuove
povertà che sono frutto di combinazioni incrociate tra le leggi perverse del
mercato, gli impianti idolatrici di certe rivoluzioni tecnologiche, e
l'olocausto dei valori ambientali, sull'altare sacrilego della produzione.
Ecco
allora la folla dei nuovi poveri, dagli accenti casalinghi e planetari.
Sono, da una parte, i terzo mondiali estromessi dalla
loro terra. I popoli della fame uccisi dai detentori dell'opulenza. Le tribù
decimate dai calcoli economici delle superpotenze. Le genti angariate dal
debito estero.
Ma sono anche i fratelli destinati a rimanere per sempre privi
dell'essenziale: la salute, la casa, il lavoro, la partecipazione. Sono i
pensionati con redditi bassissimi. Sono i lavoratori che, pur ammazzandosi di
fatica, sono condannati a vivere sott'acqua e a non emergere mai a livelli di
dignità. Di fronte a questa gente non basta più commuoversi. Non basta medicare
le ustioni a chi ha gli abiti in fiamme. I soli sentimenti assistenziali
potrebbero perfino ritardare la soluzione del problema.
Occorre chiedere
"occhi nuovi".
"Donaci occhi per vedere le necessità e le
sofferenze dei fratelli. Occhi nuovi, Signore. Non cataloghi esaustivi di
miserie, per così dire, alla moda. Perché, fino a quando aggiorneremo i
prontuari allestiti dalle nostre superficiali esuberanze elemosiniere e non
aggiorneremo gli occhi, si troveranno sempre pretestuosi motivi per dare assoluzioni
sommarie alla nostra imperdonabile inerzia.
Donaci occhi nuovi, Signore".
Donaci occhi nuovi, Signore".
- don Tonino Bello, vescovo -
tratto dal libro “La provocazione di Dio – Le grida
degli oppressi” della collana “Profezia di pace”
"Quando la mia chiesa mi chiederà qualcosa, spero
di non aver null'altro da darle che questo: né denaro, né prestigio, né potere.
Ma solo acqua, vino e pane. La trilogia di una esistenza ridotta
all'essenziale".
- don Tonino Bello, vescovo -
"I cristiani sono coloro che portano la veste battesimale nei
cantieri di lavoro e la tuta di lavoro in chiesa".
- don Tonino Bello, vescovo -
Buona giornata a tutti. :-)
Buona giornata a tutti :-)
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