giovedì 5 gennaio 2012

Il bicchiere – Paulo Coelho -


Il vino rendeva le cose più facili per lui. E per me.   


– Perché ti sei interrotto all’improvviso? Perché non vuoi parlare di Dio, della Vergine, del mondo spirituale?
 
– Voglio parlare di un altro tipo di amore – insistette lui. – Quello che provano un uomo e una donna, e in cui pure si manifestano i miracoli.
 
Presi le sue mani. Poteva anche conoscere i grandi misteri della Dea – ma di amore ne sapeva quanto me. Anche se aveva viaggiato tanto.
 
E io avrei dovuto pagare un prezzo: l’iniziativa. Perché la donna paga il prezzo più alto: la resa.
 
Restammo lì tenendoci per mano a lungo. Leggevo nei suoi occhi le paure ancestrali che il vero amore suscita come prove da vincere. Vi lessi il ricordo del rifiuto della sera precedente, il lungo tempo che avevamo trascorso separati, gli anni nel monastero alla ricerca di un mondo dove queste cose non accadevano.
 
Leggevo nei suoi occhi le migliaia di volte in cui si era prefigurato questo momento, gli scenari che aveva creato intorno a noi, la pettinatura che avrei potuto avere in quel momento e il colore dei miei vestiti. Io avrei voluto dirgli che “sì”, sarebbe stato il benvenuto, che il mio cuore aveva vinto la battaglia. Avrei voluto dirgli quanto lo amavo, quanto lo desideravo in quel momento.
 
Ma rimasi in silenzio. Assistetti, come se fosse un sogno, alla sua lotta interiore. Vidi che aveva davanti a sé il mio “no”, la paura di perdermi, le dure parole che aveva udito in momenti simili – perché ci passiamo tutti, e accumuliamo cicatrici.
 
I suoi occhi cominciarono a brillare. Sapevo che stava superando tutte quelle barriere.
Allora liberai una delle mie mani, presi un bicchiere e lo spostai sul bordo del tavolo.
– Cadrà – disse lui.
– Proprio così. Voglio che tu lo faccia cadere.
– Rompere un bicchiere?
Sì, rompere un bicchiere. Un gesto apparentemente semplice, ma che implicava certi terrori che non riusciremo mai a comprendere bene. Cosa c’è di sbagliato nel rompere un bicchiere di poco valore – quando a tutti è capitato di farlo nella vita?
– Rompere un bicchiere? – ripetè lui. – Perché?
– Potrei darti varie spiegazioni – risposi. - Ma, in realtà, è solo per romperlo.
– Per te?
– Ovviamente no.
Guardava il bicchiere di vetro sul bordo del tavolo – preoccupato che cadesse.
"È un rito di passaggio, come dici anche tu”, mi venne voglia di dirgli. “ È ciò che è proibito. I bicchieri non si rompono di proposito. Quando entriamo in un ristorante, o anche quando siamo a casa, stiamo attenti a che i bicchieri non finiscano sul bordo del tavolo. Il nostro universo esige da noi che si faccia attenzione a che i bicchieri non cadano a terra.
Eppure - continuai a pensare - se involontariamente li rompiamo, ci accorgiamo che non era poi così tanto grave. Il cameriere dice “non ha importanza”, e a me non è mai capitato di vedere che un bicchiere rotto venisse incluso nel conto di un ristorante. Rompere bicchieri fa parte della vita, e non causiamo alcun danno a noi, al ristorante, o al prossimo.
Diedi uno spinta al tavolo. Il bicchiere ondeggiò, ma non cadde.
– Attenzione! – esclamò lui, istintivamente.
– Rompi il bicchiere – insistetti.
Rompi questo bicchiere, pensavo fra me e me, perché è un gesto simbolico. Cerca di capire che io, dentro di me, ho rotto cose ben più importanti di un bicchiere, e ne sono felice. Pensa alla tua lotta interiore e rompi questo bicchiere.
Perché i nostri genitori ci hanno insegnato a fare attenzione con i bicchieri, e con i corpi. Ci hanno insegnato che le passioni dell’infanzia sono impossibili, che non si devono allontanare gli uomini dal sacerdozio, che gli uomini non fanno miracoli, e che nessuno parte per un viaggio senza conoscere la meta.
Rompi questo bicchiere, ti prego – e liberaci da tutti questi maledetti concetti, da questa mania che tutto si deve spiegare e che si deve fare solo quello che gli altri approvano.
– Rompi questo bicchiere – lo pregai ancora una volta.
Fissò i suoi occhi nei miei. Poi, lentamente, fece scivolare la mano sul ripiano del tavolo, fino a sfiorare il bicchiere. Con un movimento rapido, lo fece cadere a terra.
Il rumore del vetro che andava in frantumi attirò l’attenzione di tutti. Invece di dissimulare il gesto con una richiesta di scuse, lui mi guardava sorridendo – e io ricambiavo il suo sorriso.
– Non ha importanza – esclamò il giovane che serviva ai tavoli.

Ma lui non mi udì. Si era alzato, mi aveva afferrata per i capelli e mi stava baciando.
Afferrai anch’io i suoi capelli, lo abbracciai con tutta la forza, morsi le sue labbra, sentii la sua lingua muoversi nella mia bocca.
Era un bacio che avevo atteso a lungo – che era nato presso i fiumi della nostra infanzia, quando ancora non comprendevamo il significato dell’amore.
Un bacio che era rimasto in sospeso quando eravamo cresciuti, che aveva viaggiato nel mondo attraverso il ricordo di una medaglia, che era rimasto nascosto dietro pile di libri di studio per un concorso pubblico.
Un bacio che si era smarrito tante volte e che ora era stato ritrovato. In quel minuto di bacio c’erano anni di ricerche, di delusioni, di sogni impossibili.
Lo baciai con forza. Le poche persone presenti nel bar devono averci guardato, e forse pensavano di assistere a un semplice bacio. Non sapevano che in quel minuto di bacio c’era la somma della mia vita, della vita di lui, della vita di chiunque speri, sogni e ricerchi il proprio cammino sotto il sole.
Nel minuto di quel bacio c’erano tutti i momenti di gioia che ho vissuto.
(Paulo Coelho)
Fonte: "Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto", di Paulo Coelho



Il bacio
  François-Auguste-René Rodin ( 1840-1917)

  Tate Gallery, London

Buona giornata a tutti. :-)
















    

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