sabato 19 novembre 2011

Romeo, il veleno e la lettera mai arrivata - William Shakespeare

ATTO QUINTO - SCENA I - Mantova, una strada
Romeo è felice, nella notte ha sognato di essere morto  e la sua donna coi baci, con le labbra,  infondeva soffio di vita al suo corpo.

”- strano sogno, che fa pensare un morto! -
e infondere, coi baci,
un tal soffio di vita alle mie labbra,
ch'io risorgevo e mi sentivo un Cesare.
Ah, com'è dolce il possesso d'amore,
s'anche sol la sua ombra
è sì ricca di gioia apportatrice!”

Entra Baldassare (paggio e amico di Romeo)

Romeo: Oh, ecco le notizie da Verona!
Hai lettere dal frate, Baldassarre?
Che fa mia moglie? Sta bene mio padre?
Ebbene, come sta la mia Giulietta?
Te lo chiedo per la seconda volta,
perché s'ella sta bene,
non c'è nulla per me che vada male.

Baldassare: Allora ella sta bene, e non c'è nulla
che vada male. Il corpo suo riposa
nel sepolcreto della sua famiglia,
e quello che di lei era immortale
vive cogli angeli. L'ho vista io stesso
distesa nella cripta sotterranea
dei Capuleti, e son partito subito
per venirvelo a dire. Oh, perdonatemi
se vi reco un annuncio sì ferale,
ma siete stato voi a incaricarmene.

Romeo: Ah, è davvero così?
E allora, stelle, stanotte vi sfido!
Baldassarre, tu sai dov'io dimoro;
cercami inchiostro e carta,
e vammi a noleggiare due cavalli.
Voglio partire subito stanotte.

Baldassare cerca di convincere Romeo a non tornare a Verona, ma Romeo esce e si reca nella bottega di uno speziale

Romeo : Senti, brav'uomo. Vedo che sei povero.
Ho qui quaranta ducati per te:
procurami una dose di veleno,
ma qualcosa d'effetto così rapido
che si diffonda subito nel sangue
e chi lo assuma, stanco di campare,
cada subito, lì, morto stecchito,
e il corpo gli si svuoti del suo fiato
con la violenza e la rapidità
con cui esce la polvere da sparo,
accesa, dalla bocca d'un cannone
seminator di morte.

Speziale: Quella droga, signore, io ce l'ho,
e micidiale. Ma la legge a Mantova
punisce con la morte chi la vende.

Romeo: E tu, tu hai paura di morire,
miserabile e nudo come sei?
Sulle tue guance si legge la fame,
negli occhi t'agonizza la miseria
ed il bisogno; porti appesi al collo
visibilmente il disprezzo del prossimo
e la più misera pezzenteria;
il mondo non t'è amico,
né ti fu mai amica la sua legge;
il mondo non ha legge
che faccia ricco uno come te.
Allora, perché vuoi restare povero?
Infrangila, la legge, e prendi questo!

Lo speziale prende il borsello con i soldi e dà a Romeo una fiale di veleno. La scena si sposta nelle cella di Frate Lorenzo.

SCENA II - La cella di Frate Lorenzo

Entra Frate Giovanni  ha ancora in mano la lettera scritta da frate Lorenzo e indirizzata a Romeo

Frate Giovanni : Per avere una compagnia nel viaggio,
m'ero messo a cercare un confratello,
un fraticello scalzo del nostro ordine
che assiste gli ammalati qui in città,
e alla fine l'avevo rintracciato,
quand'ecco che le guardie sanitarie,
sospettando che noi si fosse usciti
da una casa infestata dalla peste,
ci hanno chiuso le porte di città,
e non ci hanno permesso più di uscire.
E lì è rimasto il mio viaggio per Mantova.

Frate Lorenzo: E allora la mia lettera a Romeo,
chi la portò?

Frate Giovanni :  Nessuno. Eccola qui.
io non ho più potuto né mandargliela,
né trovar messo che te la portasse,
tanta era la paura del contagio
in ciascuno di loro.

Frate Lorenzo:  Oh, sorte avversa!
Questa lettera, pel sacro mio ordine!,
non era cosa di poca importanza,
ma gravida di serie conseguenze,
ed averne mancato la consegna
può esser causa di grossi guai!
Va', corri a procurarti un grimaldello,
e portamelo qui, nella mia cella,
ma subito, però.

Frate Giovanni : Vado, fratello:
vado di corsa, e te lo porto subito.

(Esce)

Frate Lorenzo: Ora devo dirigermi da solo
al sepolcreto, dove fra tre ore
dovrà destarsi la bella Giulietta;
e chi sa come mi maledirà
perché non ho informato il suo Romeo
di tutto quello che sta succedendo!
Scriverò subito di nuovo a Mantova,
e terrò lei con me, nella mia cella,
fintanto che Romeo non sia arrivato...
Povera morta viva,
racchiusa nel sarcofago di un morto!

(Esce)
(William Shakespeare)

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