Visualizzazione post con etichetta santità. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta santità. Mostra tutti i post

giovedì 1 novembre 2018

Buona festa a voi, che non arrossite di essere cristiani e osate rendere conto della vostra fede

Buona festa a voi, che non siete forse migliori degli altri ma
che ogni giorno chiedete a Dio di rendervi un po più buoni.
Voi siete poveri.

Buona festa a voi, che offrite le vostre mani libere
da ogni violenza e i vostri cuori pieni d’amore.
Voi siete miti.

Buona festa a voi, che nei giorni più tristi continuate
a credere che domani sorgerà ancora il sole.
Voi piangete, ma conservate la speranza.

Buona festa a Voi, che non vi rassegnate mai davanti
all’ingiustizia. Voi siete affamati e assetati di giustizia.

Buona festa a voi, che non cercate di dimenticare ma
che avete perdonato. Voi siete misericordiosi.

Buona festa a voi, che in ogni tempo ricercate
la coerenza e la chiarezza. Voi siete puri.

Buona festa a voi, che sapete essere pacifici e pacificatori.
Voi siete artigiani di pace.

Buona festa a voi, che non arrossite di essere cristiani e
osate rendere conto della vostra fede.
Voi siete perseguitati nel nome di Cristo.

Il 1° Novembre si festeggiano "tutti i Santi", una festa molto importante da non dimenticare, infatti in questo giorno la Chiesa ricorda tutte le persone che sono in Paradiso con Gesù e tutti i cristiani che vivono nella grazia di Dio.
I Santi infatti non sono solo quelli che la Chiesa indica come esempio di vita cristiana, ma sono tutte le persone che ci hanno preceduto in Paradiso e che se viviamo nella grazia del Signore le rincontreremo e con loro vivremo nella gioia eterna.
E' per questo che nel giorno successivo che è il 2° novembre si ricordano i "defunti" si va al cimitero, si depongono dei fiori, ma soprattutto ci si ricorda di loro unendoci nella preghiera.

Diciamo insieme:


L'eterno riposo 
dona loro Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua
Riposino in Pace. Amen


Beato Angelico, La danza dei santi –
Museo di San Marco Firenze

La bellezza della notte del 31 ottobre (una notte celebrata nei secoli) era la profonda spiritualità (tutta cristiana, tutta cattolica) di ciò che Ognissanti rappresentava veramente. 
Nella notte delle Lumiere si prendeva in giro la morte, sconfitta inesorabilmente dalla Luce con la Resurrezione di Nostro Signore (ecco perché si usavano i lumini o le fiaccole ad illuminare le finestre delle case). 
Ma si pregava anche in chiesa, adulti e bambini, in una lunga veglia notturna per le anime dei propri defunti, in comunione con tutti i Santi. 
Era questo l'unico vero significato di Ognissanti, in un Europa cristiana da nord a sud, da est a ovest.


Tutti i santi. Festività di coloro che godono della visione di Dio.
“Essere  santi vuol dire, né più né meno, vivere come ha stabilito il Padre nostro che è nei Cieli.
Mi direte che è difficile. E lo è; l'ideale è ben alto. Ma al tempo stesso è facile, perché è a portata di mano.
Quando qualcuno cade ammalato, gli può capitare di non trovare la medicina adatta.
Sul piano soprannaturale questo non avviene. La medicina è sempre vicina: è Cristo Gesù, presente nella Sacra Eucaristia, che ci dà la sua grazia anche attraverso gli altri sacramenti che ha voluto istituire.”
“Questa è la Volontà di Dio: la vostra santificazione”.
Se non è per costruire un'opera molto grande, molto di Dio - la santità -, non vale la pena di dare sé stessi. Per questo, la Chiesa - nel canonizzare i santi - proclama l'eroicità della loro vita. (Solco, 611).
Arriverai a essere santo se hai carità, se sai fare le cose che gli altri gradiscono e che non offendono Dio, anche se ti costano.
(Forgia, 556)


- San Josemarìa Escrivà de Balaguer -



Voi e io facciamo parte della famiglia di Cristo, perché in lui Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà [Ef 1, 4-6].
La scelta gratuita di cui siamo oggetto da parte del Signore, ci indica un fine ben preciso: la santità personale, come san Paolo non si stanca di ripetere: Haec est voluntas Dei: sanctificatio vestra [1, Ts 4,3], questa è la Volontà di Dio: la vostra santificazione.
Non dimentichiamolo, quindi: siamo nell'ovile del Maestro, per raggiungere questa vetta (...).

La meta che vi propongo — o meglio, la meta che Dio indica a noi tutti — non è un miraggio o un ideale irraggiungibile: potrei portarvi molti esempi di gente della strada, come voi e come me, uomini e donne, che hanno incontrato Gesù che passa quasi in occulto [Gv 7,10] per i crocicchi apparentemente più usuali, e si sono decisi a seguirlo, abbracciando con amore la croce di ogni giorno.
[Cfr Mt 16,24].

In questo tempo di sgretolamento generale, di cedimenti e di scoraggiamenti, o di libertinaggio e di anarchia, mi sembra ancor più attuale la semplice e profonda convinzione che, agli inizi del mio lavoro sacerdotale, e sempre, mi ha consumato nel desiderio di comunicarla a tutta l'umanità: queste crisi mondiali sono crisi di santi.
(Amici di Dio, 2-4)

- San Josemarìa Escrivà de Balaguer -



Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 26 ottobre 2018

La vita nascosta ed i soliloquii con Dio devono essere il mio pane - da: "Vita di san Giuseppe Cottolengo", Torino 1886

Valdocco intanto come cambiava di abitatori, così cambiava d’aspetto: ai rumori disordinati succedeva la calma; alle bestemmie, le lodi continue al nome santo di Dio. 
Tutto quanto serviva a quelle bische: tavole, sedie, botti, damigiane, fiaschi, bottiglie, tutto diventava a servizio dei poveri; poiché per togliere ogni indugio il sant’uomo comperava ogni cosa, perfino i mobili e qualunque provvigione o di birra, o di liquori, o di vino. 
Le insegne stesse di quelle taverne gli venivano a proposito, perché fatte cancellare quelle pitture che con l’inevitabile elogio buon vino e buon ristoro, le abbellivano, egli vi faceva dipingere sopra lo scudo di Maria SS. o altri simboli religiosi. 
E così il telaio su cui sono scritte le parole di S. Paolo: Charitas Christi urget nos, appeso sopra la porta d’entrata della Piccola Casa, è lo stesso che con ben altro scopo serviva d’insegna all’osteria del Brentatore. 
Erano insomma le spoglie d’Egitto che servivano al popolo santo di Dio. 


- Pietro Paolo Gastaldi -
 da: "Vita di san Giuseppe Cottolengo", Torino 1886



Un giorno il parroco di San Rocco lo invitò a casa sua. Entrato, lo invitò a sedersi. Poi gli disse: «Trattieniti qui un momento, ma bada a quel che ti dico: Tu non parlerai, non domanderai, né ringrazierai; insomma, fai conto di essere una statua di marmo, e fatti coraggio!»

Il Cottolengo non sapendo né che dire, né che pensare, attese obbediente. Ad un tratto sente una porta che gli si apre di fronte, e vede entrare un signore che, dalla testa fino al petto coperto da un fittissimo velo nero, veniva verso di Lui. Il Santo rimase un po’ sbigottito; ma scomparve la paura quando l’uomo così acconciato mise sul tavolo una quantità grandissima di monete d’oro. Poi silenzioso si ritirò, senza mai venire a sapere chi fosse. Contate le monete, davano la bella somma di trentamila lire. «Anche questa è Divina Provvidenza, disse allora il buon Padre; un po’ di paura l’ho avuta; ma, andiamo avanti, trentamila lire per i miei poveretti me l’hanno fatta passare d’incanto. E non tutto il male vien per nuocere».

- Pietro Paolo Gastaldi -
 da: "Vita di san Giuseppe Cottolengo", Torino 1886


Diceva il Cottolengo: «Non mi sento fatto per occuparmi di tutte queste cose che mi circondano; il mio desiderio sarebbe di sempre essere in orazione e pregare: sono come quei piccoli uccelletti che stanno nella siepe, e la mia vita sarebbe proprio questa, di rimanere nella siepe col becco all’insù; la vita nascosta ed i soliloquii con Dio devono essere il mio pane».
E forse proprio per questa amorosa unione con Dio, il Signore gli parlava e lo destinava a grandissime cose. Perché è verità solidissima, che se al mondo vi è un’opera veramente stupenda, non viene da ciarloni e trombettieri, ma dal silenzio e dalla solitudine. 


- Pietro Paolo Gastaldi -
 da: "Vita di san Giuseppe Cottolengo", Torino 1886


Buona giornata a tutti. :)






lunedì 22 ottobre 2018

«Lasciatemi andare alla casa del Padre» - San Giovanni Paolo II, 22 ottobre 2018 memoria liturgica

«Lasciatemi andare alla casa del Padre». 
Cosa daremmo per averle potute sentire di persona queste parole sussurrate da Giovanni Paolo II con quel poco di respiro che gli restava, le ultime uscite dalla sua bocca stando al documento apparso ieri sugli Acta Apostolicae Sedis, la gazzetta ufficiale vaticana. 
Erano quasi le 15.30 di sabato 2 aprile, sei ore prima della morte. 
La voce era «debolissima», la parola «biascicata», come dicono ora le pagine che ripercorrono le settimane precedenti la morte di Papa Wojtyla con la precisione del documento destinato a far testo e insieme con una toccante devozione che sborda dalle righe della ricostruzione storica. Il Papa era ormai «morente», ma «in lingua polacca» chiedeva appunto di non trattenerlo più. Una richiesta che collideva con l'affetto di chi l'accudiva, ma così ferma da non ammettere obiezione. 
Quella era la sua ora, alla quale si andava preparando da lungo tempo: una volta giunta, la stava vivendo sino in fondo, senza ombra di paura e anzi con la dedizione consapevole che si mette quando si è nel pieno delle proprie forze. La coscienza gli si faceva sempre più flebile (poco prima delle 19 di quel tristissimo sabato viene annotato «il progressivo esaurimento delle funzioni vitali»), ma Karol Wojtyla con quell'ultima frase sembra voler pronunciare anche lui il suo «consummatum est», tutto è compiuto, conformandosi sino all'ultimo istante al Cristo che l'aveva chiamato a portare la sua stessa croce, a mostrare al mondo le sue piaghe. 
È la cronistoria ufficiale a ricorrere all'immagine della Via Crucis mentre mette in fila gli eventi dal 31 gennaio alla morte: e la sofferta benedizione dalla finestra dello studio privato mercoledì 30 marzo diventa «l'ultima statio pubblica» di una via «penosa», il commiato dal mondo. 
Il resto filtrerà dalla sala stampa vaticana nei tre giorni dell'agonia, in un succedersi di bollettini via via sempre più drammatici, angosciosi. Noi qui a scrutare quella finestra, sperando in una nuova prodigiosa ripresa dell'uomo che aveva condotto la storia a seguire un corso inaspettato, capace di sprigionare un'energia interiore che ce lo fa quasi credere immortale. Lui che, intanto, presente il Padre ad aspettarlo nella sua casa per un abbraccio che ora scorge davvero vicino, forse mai come in quelle ore desiderato, atteso con l'ansia di chi l'ha interiormente preparato in ogni dettaglio. 
Lasciatemi andare, dice infatti, come a voler fermare dolcemente l'affaccendarsi dei medici che ne monitorano i parametri vitali e li vedono spegnersi, almeno secondo gli standard clinici, proprio mentre un'altra vita non rilevabile ai monitor prende possesso della sua anima. Gli Acta intrecciano precisione medica e delicatezza umana, l'impronta della scienza e quella della santità, regalandoci un testo contrappuntato dalla commovente fedeltà del Papa a una vita spesa nella preghiera, sino all'estremo. 
La «visibile partecipazione» con la quale segue gli atti liturgici, le letture, il ripetersi di consuetudini spirituali alle quali mai è venuto meno è documentata fino al sopraggiungere del coma finale. Avremmo voluto esserci in quell'ultima ora, e in realtà tutti eravamo lì, in quella stanza, con la preghiera. 
Queste poche pagine semplicemente ora completano quel che già si sapeva e ci consentono di vedere la scena, nitidamente: «Secondo una tradizione polacca, un piccolo cero acceso illuminava la penombra della camera, ove il Papa andava spegnendosi». 
Lasciamolo andare, allora: è lui a chiedercelo, e al Papa non si può dir di no. 
Quella luce nella nostra penombra - lo sappiamo - è destinata a non consumarsi più.

L'ultimo passo, senza paura
Diario ufficiale dell'addio di Giovanni Paolo II
Francesco Ognibene -"Avvenire" 19 settembre 2005



Nell'esprimere affettuosa solidarietà a coloro che soffrono, li invito a contemplare con fede il mistero di Cristo, crocifisso e risorto, per arrivare a scoprire nelle proprie vicende dolorose l'amorevole disegno di Dio.  

- san Giovanni Paolo II, papa -




Beata Vergine Maria, 
la tua nascita ci riempie tutti di grande gioia.
In te rifulge l’aurora della redenzione;
perché tu hai partorito per noi Cristo, sole di giustizia.
Come Madre del Salvatore del mondo e come Madre della Chiesa
tu ci aiuti ad incontrare nella nostra vita il Cristo.
Tu, Vergine sempre pura e senza macchia,
ci guidi sulla via sicura
e ci fai uscire dalle tenebre del peccato e della morte
verso la divina luce del tuo Figlio,
che nello Spirito Santo ci ha riconciliati con il Padre celeste
e, attraverso il servizio della Chiesa,
continua a riconciliarci con lui.
Santa Madre di Dio, questo santuario a Dux
porta il tuo nome: “Maria della consolazione”.
Qui sei venerata come “Nostra Signora del Liechtenstein”.
Dinanzi alla tua amata immagine
pregano i fedeli di tante generazioni.
Qui si è inginocchiato, in tempi difficili e perigliosi, il principe del Paese,
e ha affidato a te, consolatrice degli afflitti e Regina della pace,
a sua famiglia e tutto il popolo del Liechtenstein.
Oggi sono io, capo supremo della Chiesa di Cristo,
che mi inginocchio in questo santo luogo
e consacro al tuo cuore immacolato
la casa reale, il Paese e il popolo del Liechtenstein.
Pieno di fiducia affido a te le sue famiglie e comunità,
i responsabili della Chiesa, dello Stato e della società,
i bambini e i giovani, i malati e gli anziani,
i morti, che nelle tombe attendono la risurrezione.
Affido alla tua potente intercessione tutto il popolo di Dio
e professo che tu sei la “Mater fortior” per noi tutti.
Sì, la Madre più potente!
Tu, Madre di Dio, sei più forte di tutte le potenze nemiche di Dio,
che minacciano il nostro mondo e il nostro stesso Paese.
Tu sei più forte delle tentazioni e degli assalti,
che vogliono strappare l’uomo da Dio e dai suoi Comandamenti.
Tu sei più forte di ogni ambizione egoistica e personalistica,
che oscura all’uomo la visione di Dio e del suo prossimo.
Tu sei più forte, perché tu hai creduto,
hai sperato e hai pienamente amato.
Tu sei più forte, perché hai adempiuto totalmente la volontà di Dio
e hai seguito il cammino di tuo Figlio obbediente e fedele fino alla croce.
Tu sei più forte, perché partecipi con il corpo e con l’anima
alla vittoria pasquale del Signore.
In verità, tu sei più forte,
 perché l’Onnipotente ha fatto grandi cose in te.
Il Paese e il principe e il popolo sono consacrati a te.
Stendi il tuo manto, o Madre, sopra tutti noi.
Ferventemente ti prego, insieme a tutti i fedeli:
“Vergine, Madre del mio Dio,
fa’ che io sia tutto tuo!
Tuo nella vita, tuo nella morte,
tuo nella sofferenza, nella paura e nella miseria;
tuo sulla croce e nel doloroso sconforto;
tuo nel tempo e nell’eternità.
Vergine, Madre del mio Dio,
fa’ che io sia tutto tuo!”. Amen.

- Preghiera del Santo Padre Giovanni Paolo II -
nella chiesa di Santa Maria Consolatrice
Vaduz (Liechtenstein)
Domenica, 8 settembre 1985
 


Buona giornata a tutti. :)



giovedì 4 ottobre 2018

San Francesco d'Assisi presentato da papa Benedetto XVI

Cari fratelli e sorelle,
in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo. Oggi vorrei presentarvi la figura di Francesco, un autentico “gigante” della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione.


“Nacque al mondo un sole”. Con queste parole, nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XI), il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco, avvenuta alla fine del 1181 o agli inizi del 1182, ad Assisi. Appartenente a una ricca famiglia – il padre era commerciante di stoffe –, Francesco trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo. A vent’anni prese parte ad una campagna militare, e fu fatto prigioniero. Si ammalò e fu liberato. Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora. Risalgono a questo periodo i celebri episodi dell’incontro con il lebbroso, a cui Francesco, sceso da cavallo, donò il bacio della pace, e del messaggio del Crocifisso nella chiesetta di San Damiano. Per tre volte il Cristo in croce si animò, e gli disse: “Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina”. Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di S. Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali. Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo. Questo avvenimento, accaduto probabilmente nel 1205, fa pensare ad un altro avvenimento simile verificatosi nel 1207: il sogno del Papa Innocenzo III. Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada. E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita. Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio. Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento.

Ritorniamo alla vita di san Francesco. Poiché il padre Bernardone gli rimproverava troppa generosità verso i poveri, Francesco, dinanzi al Vescovo di Assisi, con un gesto simbolico si spogliò dei suoi abiti, intendendo così rinunciare all’eredità paterna: come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna. Poi visse come un eremita, fino a quando, nel 1208, ebbe luogo un altro avvenimento fondamentale nell’itinerario della sua conversione. Ascoltando un brano del Vangelo di Matteo – il discorso di Gesù agli apostoli inviati in missione –, Francesco si sentì chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre al Papa Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che, illuminato dal Signore, intuì l’origine divina del movimento suscitato da Francesco. Il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo.

In realtà, alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico. Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità. E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo. Inoltre, sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “nostro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire “io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.

E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa. Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni.

Francesco e i suoi frati, sempre più numerosi, si stabilirono alla Porziuncola, o chiesa di Santa Maria degli Angeli, luogo sacro per eccellenza della spiritualità francescana. Anche Chiara, una giovane donna di Assisi, di nobile famiglia, si mise alla scuola di Francesco. Ebbe così origine il Secondo Ordine francescano, quello delle Clarisse, un’altra esperienza destinata a produrre frutti insigni di santità nella Chiesa. 

Anche il successore di Innocenzo III, il Papa Onorio III, con la sua bolla Cum dilecti del 1218 sostenne il singolare sviluppo dei primi Frati Minori, che andavano aprendo le loro missioni in diversi paesi dell’Europa, e persino in Marocco. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musulmano Melek-el-Kâmel, per predicare anche lì il Vangelo di Gesù. Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco, che ha una grande attualità. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo. Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione (cfr Nostra Aetate, 3). Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa.

Rientrato in Italia, Francesco consegnò il governo dell’Ordine al suo vicario, fra Pietro Cattani, mentre il Papa affidò alla protezione del Cardinal Ugolino, il futuro Sommo Pontefice Gregorio IX, l’Ordine, che raccoglieva sempre più aderenti. Da parte sua il Fondatore, tutto dedito alla predicazione che svolgeva con grande successo, redasse una Regola, poi approvata dal Papa.

Nel 1224, nell’eremo della Verna, Francesco vede il Crocifisso nella forma di un serafino e dall’incontro con il serafino crocifisso, ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso: un dono, quindi, che esprime la sua intima identificazione col Signore.

La morte di Francesco – il suo transitus - avvenne la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola. Dopo aver benedetto i suoi figli spirituali, egli morì, disteso sulla nuda terra. Due anni più tardi il Papa Gregorio IX lo iscrisse nell’albo dei santi. Poco tempo dopo, una grande basilica in suo onore veniva innalzata ad Assisi, meta ancor oggi di moltissimi pellegrini, che possono venerare la tomba del santo e godere la visione degli affreschi di Giotto, pittore che ha illustrato in modo magnifico la vita di Francesco.

È stato detto che Francesco rappresenta un alter Christus, era veramente un’icona viva di Cristo. Egli fu chiamato anche “il fratello di Gesù”. In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna - Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente, così che parla realmente con noi. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali.

In Francesco l’amore per Cristo si espresse in modo speciale nell’adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Nelle Fonti francescane si leggono espressioni commoventi, come questa: “Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane” (Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401).

In quest’anno sacerdotale, mi piace pure ricordare una raccomandazione rivolta da Francesco ai sacerdoti: “Quando vorranno celebrare la Messa, puri in modo puro, facciano con riverenza il vero sacrificio del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo” (Francesco di Assisi, Scritti, 399). Francesco mostrava sempre una grande deferenza verso i sacerdoti, e raccomandava di rispettarli sempre, anche nel caso in cui fossero personalmente poco degni. Portava come motivazione di questo profondo rispetto il fatto che essi hanno ricevuto il dono di consacrare l’Eucaristia. Cari fratelli nel sacerdozio, non dimentichiamo mai questo insegnamento: la santità dell’Eucaristia ci chiede di essere puri, di vivere in modo coerente con il Mistero che celebriamo.

Dall’amore per Cristo nasce l’amore verso le persone e anche verso tutte le creature di Dio. Ecco un altro tratto caratteristico della spiritualità di Francesco: il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente (cfr nn. 48-52), e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato. Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa proprio come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio.

Cari amici, Francesco è stato un grande santo e un uomo gioioso. La sua semplicità, la sua umiltà, la sua fede, il suo amore per Cristo, la sua bontà verso ogni uomo e ogni donna l’hanno reso lieto in ogni situazione. Infatti, tra la santità e la gioia sussiste un intimo e indissolubile rapporto. Uno scrittore francese ha detto che al mondo vi è una sola tristezza: quella di non essere santi, cioè di non essere vicini a Dio. Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!

Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono. 
Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: “Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo: prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro” (Francesco di Assisi, Scritti, 163).




San Francesco è uno dei santi su cui poco si dissente. 
Titani come Paolo, Agostino, Ignazio suscitano disparità di opinioni. Francesco è pressoché universalmente amato: la sua santità è simpatica a tutti. Anche tra i non cattolici e gli stessi non cristiani, egli sta come il modello del santo: e cioè come l’uomo modello… Quando il mondo non cammina, specie a motivo degli sconquassi sociali, da molti si sospira: “Ci vorrebbe un secondo san Francesco!”.

- Igino Giordani -
Le feste, SEI, 1954 pag. 261


Quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d'un piccolo animale.
Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de'vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale." 

(Da i Fioretti di San Francesco d'Assisi, XXI cap.)




Preghiera davanti al Crocifisso di San Francesco d'Assisi


"O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda.
Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen."




Santo, santo, santo

il Signore Dio onnipotente

che è, che era e che verrà 
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
Tu sei degno, Signore Dio nostro e,
di ricevere la lode, la gloria
e l'onore e la benedizione,
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
Degno à l'Agnello, che è stato immolato
di ricevere potenza e divinità,
sapienza e fortezza, onore e gloria e benedizione;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
Benedite il Signore, opere tutte del Signore e;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
Date lode al nostro Dio, voi tutti suoi servi
voi che temete Dio, piccoli e grandi,
e lodiamolo ed esaltiamo nei secoli.
Lodino lui, glorioso, i cieli e la terra
e lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
E ogni creatura che è nel cielo
e sopra la terra e sotto terra,
e il mare e le creature che sono in esso;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.


- San Francesco d’Assisi -


Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale.




Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 13 giugno 2018

Sant'Antonio da Padova, sacerdote. e dottore. della Chiesa (1195-1231), 13 giugno

…Cari amici, possa Antonio di Padova, tanto venerato dai fedeli, intercedere per la Chiesa intera, e soprattutto per coloro che si dedicano alla predicazione; preghiamo il Signore affinché ci aiuti ad imparare un poco di questa arte da sant’Antonio. I predicatori, traendo ispirazione dal suo esempio, abbiano cura di unire solida e sana dottrina, pietà sincera e fervorosa, incisività nella comunicazione. In quest’anno sacerdotale, preghiamo perché i sacerdoti e i diaconi svolgano con sollecitudine questo ministero di annuncio e di attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto attraverso le omelie liturgiche. Siano esse una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: “Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente”
(Sermones Dominicales et Festivi III, p. 59).


- papa Benedetto XVI -
Aula Paolo VI - mercoledì, 10 febbraio 2010


“Chi predica la verità professa Cristo. Chi invece nella predicazione tace la verità, rinnega Cristo”.



“La carità è l’anima della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muore”


(Sermones Dominicales et Festivi II, Messaggero, Padova 1979, p. 37).


Ricordati, o caro S. Antonio, 
che tu hai sempre aiutato
e consolato chiunque è ricorso a te nelle sue necessità. 
Animato da grande confidenza
e dalla certezza di non pregare invano, 
anch'io ricorro a te, che sei così ricco di meriti davanti al Signore 
non rifiutare la mia preghiera ma fa che essa giunga, 
con la tua intercessione al trono di Dio. 
Vieni in mio soccorso nella presente angustia e necessità, 
e ottienimi la grazia che ardentemente imploro, 
se è per il bene dell'anima mia.


Buona giornata a tutti. :-)




domenica 29 aprile 2018

Santa Caterina da Siena, Lettera CXCVI - A papa Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
Santissimo e reverendissimo padre in Cristo Gesù. Io Catarina, indegna e miserabile vostra figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi pastore buono; considerando me, babbo mio dolce, che il lupo ne porta le pecorelle vostre, e non si trova chi le rimedisca. 
Ricorro dunque a voi padre e pastore nostro, pregandovi da parte di Cristo crocifisso, che voi impariate da lui, il quale con tanto fuoco d'amore si diè all'obbrobriosa morte della santissima croce per trarre la pecorella smarrita dell'umana generazione delle mani delle dimonia; perocché, per la rebellione che l'uomo fece a Dio, la possedevano per sua possessione.
Viene dunque la infinita bontà di Dio, e vede 'l male e la dannazione e la ruina di questa pecorella; e vede che con ira e con guerra non ne la può trarre. 
Onde, non istante che sia ingiuriato da essa (perocché, per la rebellione che fece l'uomo disobbediente a Dio, meritava pena infinita). 
La somma ed eterna Sapienza non vuole fare così; ma trova uno modo piacevole, e più dolce e amoroso che trovare possa; perocché vede, che per neuno modo si traie tanto il cuore dell'uomo, quanto per amore; però ch'egli è fatto per amore. E questa pare la cagione che tanto ama, perché non è fatto d'altro che d'amore, secondo l'anima e secondo il corpo. perocché per amore Dio il creò alla immagine e similitudine sua; e per amore il padre e la madre gli diè della sua sustanzia concependo e generando 'l figliuolo. 
E però vedendo Dio che egli è tanto atto ad amare, drittamente gli gitta l'amo dell'amore, donandoci il Verbo dell'unigenito Figliuolo, prendendo la nostra umanità, per fare una grande pace. Ma la giustiza vuole che si faccia vendetta della ingiuria che è stata fatta a Dio: viene dunque la divina misericordia e ineffabile carità, per satisfare alla giustiziae alla misericordia, condanna il figliuolo suo alla morte, avendolo vestito della nostra umanità, cioè della massa d'Adam, che offese. 
Sicché per la morte sua è placata l'ira del Padre, avendo fatta giustizia sopra la persona del figliuolo: e così ha satisfatto alla giustizia, ha satisfatto alla misericordia, traendo dalle mani delle dimonia l'umana generazione. 
Ha giuocato questo dolce Verbo alla braccia in sul legno della santissima croce, facendo uno torniello la morte con la vita e la vita con la morte: sicché per la morte sua distrusse la morte nostra, e per darci la vita consumò la vita del corpo suo. Sicché dunque con l'amore ci ha tratti, e con la sua benignità ha vinta la nostra malizia; in tanto che ogni cuore dovrebbe essere tratto; perocché maggiore amore non poteva mostrare (e così disse egli) che dare la vita per l'amico suo. 
E se egli commenda l'amore che dà la vita per l'amico, che dunque diremo dell'ardentissimo e consumato amore che diè la vita per lo nemico suo? Perocché per lo peccato eravamo fatti nemici di Dio. Oh dolce e amoroso Verbo, che con l'amore hai ritrovata la pecorella, e con l'amore gli hai data la vita, ed ha la rimessa nell'ovile, rendendole la Grazia, la quale aveva perduta!
Oh santissimo babbo mio dolce, io non ci vedo altro né altro rimedio a riavere le vostre pecorelle, le quali con ribelle si sono partite dall'ovile della santa Chiesa, non obbedienti, né subietti a voi padre. 
Onde io vi prego da parte di Cristo crocifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cioè con la vostra benignità vinciate la loro malizia. Vostri siamo, o Padre. E io cognosco e so che a tutti in comune lor pare aver male fatto; e poniamoché scusa non abbino nel male adoperare, nondimeno, per le molte pene e cose ingiuste e inique che sostenevano per cagione de' mali pastori e governatori, lor pareva non potere fare altro. 
Perocché sentendo il puzzo della vita di molti rettori, e' quali sapete che sono demoni incarnati, vennero in tanto pessimo timore, che fecero come Pilato, il quale per non perdere la signoria, uccise Cristo: e così fecero essi, che per non perdere lo stato, vi hanno perseguitato. Misericordia adunque, padre, v'addimando per loro. E non ragguardate all'ignoranzia e superbia de' vostri figliuoli; ma con l'esca dell'amore e della vostra benignità, dando quelle dolcedisciplina e benigna reprensione che piacerà alla Santità vostra, rendete pace a noi miseri figliuoli che abbiamo offeso. Io vi dico, dolce Cristo in terra, da parte di Cristo ìn cielo, che facendo così, cioè senza briga e tempesta, essi verranno tutti con dolore dall'offesa fatta, e metterannovi il capo in grembo. Allora goderete, e noi goderemo; prché con amore averete rimessa la pecorella smarrita nell'ovile della santa Chiesa. E allora, babbo mio dolce, adempirete il santo desiderio vostro e la volontà di Dio, cioè di fare il santo passaggio; al quale io v'invito per parte sua a tosto farlo, e senza negligenzia. Ed essi si disporranno con grande affetto; e disposti sono a dare la vita per Cristo. oimé, Dio, amore dolce! Rizzate, babbo, tosto il gonfalone della santissima croce, e vederete li lupi diventare agnelli. Pace, pace, pace! acciocché non abbi la guerra a prolongare questo dolce tempo. 
Ma se volete fare vendetta e giustizia, pigliatela sopra di me misera miserabile, e datemi ogni pena e tormento che piace a voi, infino alla morte. Credo che per la puzza delle mie iniquità siano venuti molti difetti e molti inconvenienti e discordie.

Dunque sopra me misera vostra figliuola prendete ogni vendetta che volete. oimé, padre, io muoio di dolore, e non posso morire. 
Venite, venite, e non fate più resistenzia alla volontà di Dio che vi chiama; e le affamate pecorelle v'aspettano che veniate a tenere e possedere il luogo del vostro antecessore e campione, apostolo Pietro. 
Perocché voi, come vicario di Cristo, dovete riposarvi nel luogo vostro proprio. Venite dunque, venite, e non più indugiate; e confortatevi, e non temete d'alcuna cosa che avvenire potesse, perocché Dio sarà con voi. 
Dimandovi umilmente la vostra benedizione e per me, e per tutti li miei figliuoli; e pregovi che perdoniate alla mia presunzione. 
Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Amore.



O potente Caterina, 

presidio della Cristianità, 
a Te ricorriamo in questi tempi oscuri 
affinchè ci ottenga dall'Altissimo 
continua illuminazione dell'intelletto, 
vera libertà di pensiero, 
cuore coraggioso e parola franca, 
perchè, animati dal Tuo incrollabile esempio, 
possiamo difendere i diritti di Dio e la Verità di Cristo 
contro i nemici della Chiesa, 
vieppiù quando i sagri Pastori, 
immemori dei mandati del Divin Salvatore 
e complici delle mode del secolo, 
si trasformassero anch'essi in avversari di Nostro Signore, 
portando le anime loro commesse alla perdizione.
Ora pro nobis!



Io busso alla porta della tua verità, cerco e grido al cospetto della tua maestà e domando all’orecchio della tua clemenza: misericordia per tutto il mondo e in particolare per la santa Chiesa, perché nella dottrina del Verbo ho conosciuto che tu vuoi che io mi nutra di continuo di questo cibo; e poiché tu vuoi così, amore mio, non mi lasciare morire di fame. 
O anima mia, che cosa fai? Non sai tu che continuamente sei guardata da Dio? Sappi che ai suoi occhi non ti puoi mai nascondere, perché nessuna cosa gli è nascosta; qualche volta ti puoi nascondere agli occhi della creatura, ma a quelli del Creatore mai. Poni dunque fine e termine alle tue iniquità, e sveglia te stessa.

- santa Caterina da Siena -



Alla Madonna 

O Maria, Maria, tempio della Trinità!
O Maria, portatrice del fuoco! 
Maria, porgitrice di misericordia,
Maria germinatrice del frutto, 
Maria ricomperatrice dell'umana generazione, 
perché sostenendo la carne tua 
nel Verbo fu ricomprato il mondo: 
Cristo lo ricomprò con la sua passione 
e tu col dolore del corpo e della mente. 
Maria mare pacifico, 
Maria donatrice di pace, 
Maria terra fruttifera. 
Tu, Maria, sei quella pianta novella 
della quale abbiamo il fiore odorifero 
del Verbo unigenito Figliuolo di Dio, 
perché in te, terra fruttifera, fu seminato questo Verbo.
Tu sei la terra e sei la pianta di fuoco, 
tu portasti il fuoco nascosto 
e velato sotto la cenere della tua umanità.



Immagine: Francesco Messina Monumento Santa Caterina da Siena, 1961 Giardini di Castel Sant'Angelo, RM, particolare


Caterina da Siena, nata Caterina Benincasa (Siena, 25 marzo 1347 – Roma, 29 aprile 1380), mistica italiana. Canonizzata dal papa senese  Pio II nel 1461; il 4 ottobre  1970  è stata dichiarata dottore della Chiesa da Papa Paolo VI; è patrona d'Italia  per nomina di papa Pio XII nel 1939 (assieme a San Francesco d’Assisi) e compatrona d' Europa per nomina di papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre 1999. Fu sepolta a Roma, nel cimitero di Santa Maria sopra Minerva. Il corpo è ancora conservato nella basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma.



Buona giornata a tutti, :)