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domenica 31 marzo 2013

Cristo è risorto – don Bruno Ferrero -



Al tempo della propaganda antireligiosa, in Russia, un commissario del popolo aveva presentato brillantemente le ragioni del successo definitivo della scienza. Si celebrava il primo viaggio spaziale. Era il momento di gloria del primo cosmonauta, Gagarin. Ritornato sulla terra, aveva affermato che aveva avuto un bel cercare, in cielo: Dio proprio non l’aveva visto. Il commissario tirò la conclusione proclamando la sconfitta definitiva della religione.

Il salone era gremito di gente. La riunione era ormai alla fine. “Ci sono delle domande?”.
Dal fondo della sala un vecchietto che aveva seguito il discorso con molta attenzione disse sommessamente: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”. 
Il suo vicino ripeté, un po’ più forte: “Christòs ànesti”. 
Un altro si alzò e lo gridò; poi un altro e un altro ancora. 

Infine tutti si alzarono gridando: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”.
Il commissario si ritirò confuso e sconfitto. Al di là di tutte le dottrine e di tutte le discussioni, c’è un fatto. Per la sua descrizione basterà sempre un francobollo: Christòs ànesti. Tutto il cristianesimo vi è condensato. Un fatto: non si può niente contro di esso. I filosofi possono disinteressarsi del fatto. Ma non esistono altre parole capaci di dar slancio all’umanità: Gesù è risorto.

(don Bruno Ferrero)

Fonte: La vita è tutto quello che abbiamo




Dio sia benedetto
Benedetto il Suo santo Nome.
Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.
Benedetto il Nome di Gesù.
Benedetto il Suo sacratissimo Cuore.
Benedetto il Suo preziosissimo Sangue.
Benedetto Gesù nel SS. Sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito.
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la Sua santa e Immacolata Concezione.
Benedetta la Sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il Nome di Maria, Vergine e Madre.
Benedetto S. Giuseppe, Suo castissimo Sposo.
Benedetto Dio nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi.



Signore Gesù, risorgendo da morte hai vinto il peccato:
fa che la nostra Pasqua segni una vittoria completa sul nostro peccato.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai dato al tuo corpo
un vigore immortale:
fa che il nostro corpo riveli la grazia che lo vivifica.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai portato la tua umanità in cielo:
fa che anch'io mi incammini verso il Cielo,
con una vera vita cristiana.
Signore Gesù, risorgendo da morte e salendo al Cielo,
hai promesso il tuo ritorno:
fa che la nostra famiglia sia pronta per
ricomporsi nella gioia eterna.
Così sia.


“La luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5)

Del racconto della creazione la Chiesa, nella Veglia pasquale, ascolta soprattutto la prima frase: “Dio disse: «Sia la luce!» (Gen 1,3). Il racconto della creazione, in modo simbolico, inizia con la creazione della luce....Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell'amore. La materia prima del mondo è buona, l'essere stesso è buono. E il male non proviene dall'essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il “no”.

A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l'eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. 

“Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal sepolcro.

La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L'amore è più forte dell'odio. La verità è più forte della menzogna. 

Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio.

Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. 
Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. 
Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. 
Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi. Ma come può avvenire questo? Come può tutto questo giungere fino a noi così che non rimanga solo parola, ma diventi una realtà in cui siamo coinvolti? 
Mediante il Sacramento del battesimo ... il Signore dice a colui che lo riceve: Fiat lux – sia la luce. Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi. Cristo ti prende per mano. D'ora in poi sarai sostenuto da Lui e entrerai così nella luce, nella vita vera.

- Cardinale Joseph Ratzinger - 





Facciamo festa perchè Cristo è risorto.... non perchè in tavola abbiamo le uova di cioccolato..

Buona Pasqua!! :-) 







martedì 26 luglio 2011

La Pasqua senza la croce è vuota - padre Ermes Ronchi -

«Se non vedo, se non tocco, io non credo». Non cre­de Tommaso neppure a die­ci apostoli: «non viene da voi la prova di cui ho bisogno. Io voglio sentire Cristo che toc­ca Lui la mia vita, Cristo che entra, apre, solleva, e traccia strade. Non mi accontento di parole, ho bisogno di 'senti­re' Dio, di un Dio sensibile, u­dibile, visibile; non di un rac­conto, ma di un avvenimen­to. Ho bisogno che la sua vi­ta scuota la mia vita, e senti­re che è per me, che è mio». Ed ecco che Tommaso non ricerca segni gloriosi o trion­falistici, ma vuole toccare le ferite vive e aperte della pas­sione, rivedere il corpo dato, il sangue versato: lì è con­densata l'essenza della fede. Finché non partecipi, finché non sei coinvolto nell'im­menso gioco dell'amore e del dolore di Dio, non puoi dire: io credo, Signore!
«Metti qui il tuo dito, tendi la tua mano!». Gesù si fa vicino, voce che non giudica ma in­coraggia, e i segni dei chiodi sono a distanza di mano e di cuore: il risorto è il crocifisso.
La Pasqua senza la croce è vuota.
La croce senza la Pa­squa è cieca.
Tommaso si arrende a un crocifisso amore che accondiscende alla sua fatica di credere e consegna ancora il suo corpo; si arrende a quel foro nel fianco e neppure si dice che lo abbia toccato. Si arrende all'amore che ha scritto il suo racconto sul cor­po di Gesù con l'alfabeto del­le ferite. Indelebile alfabeto, come l'amore. A ciascuno di noi Gesù ripete: «guarda, stendi la mano, tocca le pia­ghe, ritorna ai giorni della croce; guarda a fondo, fino alla vertigine, in quei fori; porta i tuoi dubbi al legno della croce, troveranno ri­sposta; non stancarti di a­scoltare la passione di Dio».
E Tommaso passa dall'incre­dulità all'estasi: «Mio Signo­re e mio Dio». Voglio custo­dire in me questo aggettivo, come una riserva di coraggio per la mia fede: «Mio». Pic­cola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri o degli altri, ma il Dio intrec­ciato con la mia vita, mia lu­ce e mia ombra, assenza e poi più ardente presenza. Tom­maso come l'amata del Cantico dei Cantici dice: «Il mio amato è per me e io sono per lui». Mio, non di possesso, ma di appartenenza. Mio, in cui mi riconosco perché da lui sono riconosciuto. Mio, per­ché esiste per me, mia luce e mio dolore. Mio come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo è il respiro e, senza, non vivrei.

(Padre Ermes Ronchi)
Fonte: Omelia della II Domenica di Pasqua (Anno A)
(30 marzo 2008)
Ermes Maria Ronchi (Attimis, 16 agosto 1947)
Sacerdote e teologo italiano dell’Ordine dei Servi di Maria.
Dal novembre 2009 ha sostituito Padre Raniero Cantalamessa nella conduzione della rubrica Le ragioni della Speranza all'interno del programma di cultura cattolica "A Sua immagine". Padre Ronchi sovente associa il commento del Vangelo alla visita di una comunità di ispirazione religiosa, ed ogni puntata si conclude con la lettura di una poesia devozionale tra quelle dei più vari autori.



Buona giornata a tutti. :-)

domenica 24 aprile 2011

Pasqua, festa dei macigni rotolati – don Tonino Bello -

Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E' la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l'altro.
E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.

(Tonino Bello)

Fonte : Pietre di Scarto di don Tonino Bello


"Sante Donne nel sepolcro"-  Beato Angelico
Museo di San Marco, Firenze

(Quando, la mattina della domenica, Maddalena, Maria Cleofe e Salomè,
 arrivarono al sepolcro, il corpo del Signore non c'era più!)


Buona giornata a tutti. :-)








mercoledì 3 novembre 2010

Caro Tommaso - (don) Paolo Curtaz -

Caro Tommaso,
fa strano scriverti una lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni, di schierarmi formalmente e solennemente dalla tua parte. 
Mi spiego meglio. Ogni anno, dopo l'ebbrezza della festa di Pasqua, puntualmente ti ritroviamo con il Vangelo che ti riguarda. 
San Giovanni ci dice che il fatto, o meglio il fattaccio, è accaduto otto giorni dopo l'apparizione di Gesù a porte chiuse nel Cenacolo, la sera di Pasqua. Ora: sono stufo di vederti descritto come un incredulo. 
Su di te abbiamo addirittura composto un proverbio "Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso" e, così, sei arrivato fino a noi con la falsa nomea di incredulo.
E' il nostro consueto modo di leggere il Vangelo, col cervello in stand-by, ascoltando come se fosse una pia ed edificante tavoletta, senza la voglia di approfondire ciò che dovrebbe  nutrire la nostra vita e la nostra fede.
Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni, si capisce subito che tu al Rabbi ci avevi creduto, fin troppo, più degli altri. D'altronde, le uniche due volte in cui si parla di te nel Vangelo, ha dimostrato fegato ed entusiasmo.
La prima volta Gesù decise di salire a Gerusalemme, ignorando la pessima aria che tirava. Il rischio era reale: Gesù era malvisto dal Sinedrio che già complottava per farlo arrestare; malgrado questo, il Maestro decise di rischiare. Tu, Tommaso, dicesti: "Andiamo a morire con lui!" (Gv 11,16).
Poco dopo quando Gesù parlò del suo destino, e chiese di essere seguito, tu gli chiedesti: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" al che, Gesù ti rispose "Io sono la via, la verità e la vita" (cfr Gv 14,5-6).
Poi, quelle maledette quarantotto ore. 
Tutti voi, Tommaso, eravate impreparati, straniti, distratti. La croce vi era piombata addosso come un treno in corsa, vi aveva spezzato l'anima, aveva travolto tutto. Non foste capaci di fare il benché minimo gesto, nessuna reazione, solo la paura e il dolore, la disperazione senza fine. Incredulo, tu? Andiamo! Piuttosto credulone, con l'entusiasmo che ti contraddistingueva fra i dodici.
Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te; ti ho visto nel volto di molti fratelli scoraggiati e delusi dopo aver dato l'anima per un sogno, un progetto. Più voli in alto e più –cadendo- ti fai del male. La croce, per te inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro e la tua vita, messo fine al tuo sogno.
E ti vedo –sbalordito, attonito- che ascolti i tuoi compagni.
Le tue ferite sanguinano copiosamente e questi –gioiosi- ti raccontano di averlo visto vivo, risorto. Non sai capacitarti di quello che dicono, e –soprattutto- di chi te lo dice.
Giovanni, che c'era, ha scritto solo la prima parte di ciò che hai detto: la frase durissima del "Non crederò" –per pudore, Giovanni è cortese e delicato- e non ha riportato le tue altre frasi, dette con la voce rotta dalla rabbia e dalla voglia di piangere.
Ma io le conosco e riporto la parte censurata:
"Tu Pietro? Tu Andrea?…. e tu Giacomo? Voi mi dite che lui è vivo?
Siamo scappati tutti, come conigli; siamo stati deboli, non abbiamo creduto!
Eppure, lui ce l'aveva detto, ci aveva avvisati. Lo sapevamo che poteva finire così, e non gli siamo stati vicini, non ne siamo stati capaci. Ora, proprio voi, venite a dirmi di averlo visto, vivo? Non, non è possibile….come faccio a credervi?"
Sai, Tommaso: hai ragione.
Incontro spesso cristiani come te, feriti dalla pessima testimonianza di noi discepoli, scandalizzati dal baratro che mettiamo tra la nostra fede e la nostra vita, increduli a causa della nostra piccolezza. Noi, discepoli del Maestro, che invece di essere trasparenza del Risorto diventiamo filtro, e facciamo emergere le nostre fragilità, piuttosto che la luce luminosa che ci ha avvolti e cambiati.
Quanti ne conosco come te Tommaso!  Brava gente scossa dall'atteggiamento di un prete despota, giovani turbati dalle nostre comunità fiacche, cercatori di Dio scoraggiati dal nostro poco entusiasmo…..
Ma –e questo è stupefacente- Giovanni ci dice che otto giorni dopo eri ancora con loro.
Non li hai mollati, come a volte vedo fare, non ti sei sentito superiore, migliore, a parte. Hai voluto condividere la tua amarezza con loro, non hai pensato di fare una Chiesa alternativa, non ti sei sentito molto "liberal" e all'avanguardia. Come frate Francesco poverello farà, hai voluto convertire la Chiesa dal di dentro, senza uscirne.
E hai fatto benissimo: apposta per te è venuto il Maestro; vedi come ti ama?
Lo vedi ora; è lì, apposta per te. Ti mostra le sue piaghe, il costato.
Poi sorride e ti parla.
Lo so bene, Tommaso, e scusa se noi predicatori facciamo dei commenti discutibili: quella frase bellissima non è un rimprovero, Gesù non ti sta rinfacciando la tua incredulità, macché.
Le sue parole sono un immenso gesto d'amore. Mostrando le palme delle mani trafitte, ti sussurra: "Tommaso, so che hai sofferto tanto, Guarda: anch'io ho sofferto……"
E ti sei arreso, finalmente.
Hai lasciato la diga del pianto rompere gli argini, ti sei lasciato travolgere dall'amore e dalla fede, ti sei buttato in ginocchio e tu, primo tra i dodici, hai osato dire ciò che nessuno prima aveva osato neppure pensare: Gesù è Dio.


Preghiera a Tommaso.
Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro comune amico Giovanni ti abbia soprannominato "didimo", cioè gemello: davvero mi assomigli. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che –come te- non si sono ancora arresi al Signore.
Tommaso, patrono degli sconfitti, prega per noi. Quando ci scandalizziamo dell'incoerenza della Chiesa, quando ci sembrano troppo grosse le sue fragilità, quando non ci sembra possibile che tanta gloria sia affidata a tanta povertà, prega per noi. Facci capire che uno dei modi per riconoscere la presenza del risorto, misterioso ospite delle nostre vite, ora, è anche la sofferenza. Facci comprendere che anche una vita sconfitta può incontrare la gloria del risorto, che il grande popolo dei perdenti ha un patrono e un Signore. Tommaso, nostro gemello, aiutaci ad osare anche quando sembra inutile, a fissare lo sguardo altrove quando la pesantezza della vita e del peccato ci schiantano a terra, a lavorare per la costruzione del Regno sapendo che il mondo è già salvo, ma non lo sa.


Don Paolo Curtaz (Omelia per la II domenica di Pasqua)


Grazie Elvira per aver inviato l'omelia e  la preghiera

 “Incredulità di San Tommaso” Michelangelo Merisi da Caravaggio


È conservato alla Bildergalerie nel parco di Sanssouci a Potsdam.




Buona giornata a tutti. :-)












 





giovedì 26 agosto 2010

Riuscire. Suggerimenti per una vita autenticamente cristiana - Padre Michel Quoist -

Vittima del suo amore, nel vero senso della parola, Gesù sulla croce dice al padre Suo: "Nelle tue mani rimetto l'anima mia", la sua anima carica di questa tragica messe:
i peccati degli uomini: ecco Padre, ne prendo la responsabilità e per essi Te ne domando perdono, "cancellali",

le sofferenze degli uomini con le mie sofferenza, la loro morte e la mia morte, Te li offro in "penitenza" 
e il Padre Gli ha ridato la VITA: ecco il mistero della Redenzione.
La madre accetta di soffrire i dolori del parto, perchè dalla sua sofferenza deve nascere la vita.
Ma ciò che è odioso per l'uomo, ciò che egli non può sopportare, è di soffrire per nulla.

Se vuoi che le tue sofferenze e quelle del mondo siano "recuperate" e siano utili, devi guardare, incontrare e unirti a Gesù Cristo sulla croce.
Per mezzo di Gesù Cristo Redentore, la sofferenza inutile, assurda, odiosa, diventa materia prima di redenzione.
Non è la sofferenza in se stessa che riscatta, ma l'amore
 che, in Gesù Cristo, illumina il dono di questa sofferenza.
Non puoi amare la sofferenza, essa rimane un male anche dopo la venuta di Gesù Cristo, ma tu puoi amare l'occasione che essa ti porge per offrire e ricuperare:
il tuo mal di testa di oggi,
la stanchezza di tutto il corpo oppresso dalla fatica,
la lancinante sofferenza che morde la tua carne e non ti lascia riposare,
l'immobilità dolorosa,
l'infermità,
la sofferenza morale, piccola o grande, passeggera o permanente:

il lavoro penoso o monotono, impegno sindacale o politico che assorbe o strazia, sensibilità urtata, fallimento dei tuoi sforzi, caduta umiliante...
Tutte le tue sofferenze:
il Cristo le ha già sofferte,
offerte,
il Padre le ha ricevute dalle mani del Figlio Suo come penitenza dei peccati,
per mezzo dell'amore di Gesù Cristo esse hanno già riscattato il mondo.
Non ti resta altro che raggiungere il Salvatore nel profondo di ciascuna di esse; guardale in faccia, vedrai che Egli ti dirà di sì e allora:
liberamente
portale con Lui
,
liberamente
offrile con Lui
,
liberamente
salverai il mondo con Lui
.
Tutte le sofferenze dell'Umanità distribuiscono nel tempo la passione di Gesù Cristo.
La Via della Croce passa per tutti i campi di battaglia del mondo, per tutti i tuguri, gli ospedali, gli ambienti di lavoro, le vie della tua città o del tuo villaggio...
La via della Croce passa per tutte le strade degli uomini, ma se incontri e segui Gesù Cristo, la
Via Crucis ti condurrà alla Resurrezione.
Il Salvatore non ha inventato o scelto la sua croce.
Ha preso quella che i Giudei e tutti gli uomini gli hanno messo sulle spalle.
Prima di cercare da solo delle penitenze, accetta le sofferenze di ogni giorno. Scegli una croce fatta in serie e non una croce su misura, altrimenti ti crederai più forte e migliore degli altri.
Se poti l'albero per il piacere di tagliarne i rami,
Se interri il seme per la gioia di sapere che marcisce,
Se percuoti il fanciullo per il piacere di vederlo soffrire, sei un disgraziato e un pericoloso squilibrato, perchè la ferita inferta dal potatore è per la bellezza del frutto,
il seme interrato per il turgore della spiga,
La punizione del fanciullo perchè in lui maturi l'uomo.
Allo stesso modo la penitenza cristiana
non è mai
una sofferenza "per nulla", ma sempre una rinuncia ai frutti selvatici o ai frutti marci per un bel raccolto.
La sofferenza è nel mondo il segno sensibile del peccato.
La sofferenza accettata ed offerta è nel Cristo, il segno sensibile della Redenzione.
Non c'è peccato riscattato senza sofferenza offerta da Gesù Salvatore.
Le tue sofferenze quotidiane, pienamente accettate e offerte al Padre, sono le più efficaci delle tue azioni apostoliche.
Non fare della croce un gingillo,
una attrezzo di allenamento sportivo,
un accessorio da teatro per farti notare,
l'ostacolo deprecato sulla tua strada giornaliera,
essa è lo strumento quotidiano di chi vuole, con Gesù Cristo e con amore, salvare l'uomo e il Mondo.

- Padre Michel Quoist - 

Fonte: (da Riuscire. Suggerimenti per una vita autenticamente cristiana. SEI, Torino. traduzione di Aristide Vesco.)



Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 19 agosto 2010

Coraggio, fratello - Don Tonino Bello -

Coraggio, fratello che soffri.

C’è anche per te una deposizione dalla croce.

C’è anche per te una pietà sovrumana.

Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua...

Coraggio.

Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.

Tra poco, il buio cederà il posto alla luce,

la terra riacquisterà i suoi colori

e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

- don Tonino Bello - 




Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 13 agosto 2010

Solo quando avremo taciuto - don Tonino Bello -

Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d'amore!

E sentiremo i brividi della Pasqua.

- don Tonino Bello - 



Buona giornata a tutti. :-)