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giovedì 21 luglio 2016

“Il crocifisso in classe” - Alessandro Ghebreigziabiher

C’era una volta una scuola. Nella scuola c’era una sola classe. Nella classe c’era un solo maestro.
Nella scuola non c’erano alunni, la classe era vuota e il maestro era sempre solo. L’uomo era diventato molto triste poiché un maestro senza alunni è come un poeta senza amore. Proprio nel momento in cui stava per abbandonare la scuola e cercare un altro lavoro, arrivò in classe il primo alunno.
“Benvenuto”, disse l’insegnante. “Come ti chiami?”
“Il mio nome è Mario”, rispose il bambino.
“Di che religione sei?” domandò il maestro.
“Sono cattolico”, rispose il piccolo.
Allora l’uomo, pensando di fare un piacere a Mario, l’indomani gli fece trovare un crocifisso sulla parete alle proprie spalle. Il bambino era tutto preso a fare un disegno e non sembrò affatto più felice del giorno precedente, tuttavia il maestro si disse che comunque aveva avuto una buona idea.
Poco tempo dopo arrivò in classe una bambina.
“Come ti chiami?” chiese il maestro.
“Il mio nome è Myriam” disse la piccola.
“Di che religione sei?” domandò l’insegnante.
“Sono ebrea” rispose lei.
Allora l’uomo, per non fare un torto a quest’ultima, l’indomani sistemò accanto al crocifisso la Stella di David. Anche la bambina disegnava assorta e non dimostrò alcun particolare entusiasmo, ma il maestro pensò che aveva fatto una cosa giusta.
Passò qualche giorno e un altro alunno arrivò in classe.
“Come ti chiami?” gli domandò l’insegnante.
“Muhammad” rispose il bambino.
“Di che religione sei?” chiese il maestro.
“Sono islamico” rispose il piccolo.
Allora l’uomo, per non far sentire escluso il nuovo arrivato, l’indomani aggiunse al crocifisso e alla stella di David anche la mezzaluna. Pure Muhammad, intento a colorare un foglio, non sembrò gioire della cosa come il maestro si aspettava, ma questi si disse che magari avrebbe gradito più avanti.
Col tempo arrivarono altri alunni, ognuno di una religione diversa, ma tutti ugualmente amavano disegnare e colorare.
C’era un bambino buddista, uno induista, uno taoista e molti altri ancora. Ognuno dichiarò di seguire un credo diverso da quello degli altri. La parete nel frattempo era già piena e il maestro non sapeva come fare per essere equo e rispettare tutti gli alunni. L’uomo era molto preoccupato e in quel momento si ricordò dei giorni in cui era tanto triste, perché era solo e la classe era vuota.
All’indomani i bambini entrarono in classe e trovarono la parete completamente vuota.
Il maestro si aspettava che gli alunni se ne accorgessero e gliene chiedessero conto, ma nessuno all’inizio sembrò dare importanza alla cosa.
Dopo qualche minuto uno di loro richiamò l’attenzione dell’uomo con la manina alzata: “Maestro …”
“Sì?” fece quest’ultimo.
“Posso attaccare il mio disegno sul muro dietro di lei?” chiese il piccolo.
“Anch’io!” esclamò una bimba.
“Pure io!” gridò un’altra.
“Anche io voglio attaccare il mio disegno!” strillò un altro ancora e così tutti gli altri.
E fu così che il maestro scoprì che era molto meglio ricoprire la parete con i sogni dei bambini, che con i bisogni dei grandi.

- Alessandro Ghebreigziabiher – 
http://www.alessandroghebreigziabiher.it/



Verso Dio, come attraverso i gradini di una scala, si sale sino a raggiungere e quasi afferrare il Sommo Bene e in Lui trovare la nostra felicità e la nostra pace.
Quanto sarebbe utile che anche oggi si riscoprisse la bellezza e il valore del creato alla luce della bontà e della bellezza divine!

- Papa Benedetto XVI -
dal "Discorso alla cittadinanza di Bagnoregio" - 06 settembre 2009


«La bellezza - dice Dimitri Karamazov - è una cosa terribile e paurosa, perché è indefinibile e definirla non si può, perché Dio non ci ha dato che enigmi.
Qui le due rive si uniscono, qui tutte le contraddizioni coesistono.
La cosa paurosa è che la bellezza non solo è terribile, ma è anche un mistero.
È qui che Satana lotta con Dio e il loro campo di battaglia è il cuore dell’uomo».

Da: I fratelli Karamazov,  Fëdor Dostoevskij




Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 16 maggio 2016

La preghiera dell'abbandono - Padre Charles de Foucauld

Padre mio,
Io mi abbandono a te:
fa' di me ciò che ti piace!
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.

Sono pronto a tutto,
accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature.

Non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima
nelle tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché ti amo.

Ed è per me un'esigenza d'amore
il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché tu sei il Padre mio.

 - Charles de Foucauld -





“Amiamo e pratichiamo ogni giorno la preghiera solitaria e segreta, quella preghiera che solo il Padre celeste vede, in cui siamo assolutamente soli con lui e nessuno sa che preghiamo, colloquio a due, segreto delizioso, in cui apriamo il nostro cuore in libertà, lontano da ogni sguardo, ai piedi del Padre”.

- Charles de Foucauld -



Dio si serve dei venti contrari per condurci in porto.


- Charles de Foucauld - 



Venga il tuo Regno
su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti
al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta
in ogni anima;
che tu solo agisca
in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che
per mezzo di te
e per te, perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini
che sia così:
è ciò che c'è di più desìderabile per il
prossimo e per me!
Amen.

(Padre Charles de Foucauld)




Preghiera a Maria SS. Della Mercede

Salve o Maria, Madre purissima della Mercede,
fonte perenne da cui derivano a noi le grazie del Signore,
esempio di virtù da cui le nostre anime apprendono la loro perfezione.
Il tuo nome risuona festoso in cielo ed in terra
ed è per tutti luce e splendore che rischiara santamente l’intelletto,
fortezza che rende invincibile il cuore contro gli assalti nemici.
Tu sei rifugio dei cristiani 
e sei ancora la padrona dei loro affetti, dei loro pensieri.
Tu per liberare i fedeli dalle catene dei maomettani discendesti dal cielo.
Per questo tutto il mondo riconoscente ti acclama sua dolce consolatrice.
O Vergine Santa,
poiché ti sei compiaciuta di unire 
alla suprema dignità di Madre di Dio e degli uomini,
il nome e l’ufficio pietoso di Madre e Redentrice degli schiavi,
degnati di stendere il tuo manto benedetto su di noi,
devoti di sì caro nome e su tutti i cristiani vivi e defunti,
affinché salvati dalla tua materna protezione da quanti mali ci affliggono,
veniamo a rallegrarci con te eternamente nel gaudio del Signore. Amen.

Buona giornata a tutti. :-)



martedì 22 marzo 2016

La missione di Angiolino

Angiolino era preoccupato. L'Eterno Padre gli aveva assegnato la missione di consolare il suo Figlio agonizzante. "Di che cosa potrà mai aver bisogno il Signore?", pensava tra sé. 
In un baleno lasciò la Gloria del Paradiso, raggiunse la Palestina, si diresse verso Gerusalemme e deviò sul Getsemani. 
Là si arrestò pieno di stupore: lo stesso Dio che aveva contemplato sfolgorante d'infinita gloria, quello stesso Dio davanti al quale stava sempre in adorazione, ora era lì, al buio, prostrato a terra, tutto tremante e angosciato. «Devo assolutamente trovare qualcuno che lo possa consolare!», si disse dirigendosi verso gli Apostoli. «Sicuramente loro sono disposti ad aiutarmi: hanno ricevuto tanti insegnamenti e hanno visto tanti miracoli!». Ma i Discepoli dormivano. 
«Che delusione! Forse tra i miracolati troverò qualcuno disposto a consolarlo!». Il povero Angiolino girò tutta la Giudea: visitò ciechi che vedevano, storpi che camminavano, sordi che sentivano, ma tutti erano intenti a festeggiare la Pasqua. 
«Tutti pensano a festeggiare e non c'è nessuno che pensi al Signore! Vorrà dire che andrò avanti e indietro nel tempo radunando le anime sante del passato e del futuro!». 
Angiolino non ci mise molto: con una velocità supersonica portò un esercito di anime. Tra quelle del passato si distingueva il Re Davide, il profeta Isaia, Mosè, Geremia e tutti gli altri profeti. Brillavano con una luce tutta speciale san Giuseppe e san Giovanni Battista. 
Tra le anime del futuro c'erano gli Apostoli ormai diventati coraggiosi, schiere sterminate di martiri, di vergini e di confessori. Si vedeva santa Chiara che commossa sussurrava: «Era tutta la vita che chiedevo questa grazia...», accanto a lei c'era san Francesco, sant'Antonio, santa Veronica, poi san Domenico, santa Caterina da Siena, santa Gemma, san Giovanni Bosco, san Massimiliano Maria Kolbe... e San Pio che confuso e profondamente commosso assumeva su di sé la pesantissima Croce, condividendo con Cristo le atroci sofferenze della Passione. 
Gesù ne ebbe un gran sollievo, ma la visione delle numerosissime anime che avrebbero disprezzato il suo Sacrificio lo prostrava e addolorava ancora profondamente. 
Allora, Angiolino come un lampo si diresse verso la casa dell'Immacolata. La Signora stava offrendo tutto con Gesù. «Mia dolce Regina, non volevo disturbarti, perché so che stai soffrendo molto e avresti bisogno di essere consolata tu stessa, ma sei l'unica che può aiutarmi!». 
«Angiolino caro, in questo momento l'unica mia consolazione è proprio quella di poter consolare Gesù! Su, presto! Torna nell'Orto degli Ulivi e portagli il mio Cuore!». 
Angiolino tutto tremante prese quel preziosissimo Cuore nelle sue mani di luce e lo portò subito a Gesù.

- Miriam Soter -



Il leccio è un albero grande e longevo, sempreverde e ornamentale, originario dell'area del Mediterraneo. 
Appartiene al genere della quercia e, per la sua bellezza decorativa, è utilizzato per vari impieghi: per arricchire giardini boscosi o creare viali alberati, ma produce anche un ottimo legname. 
Il leccio è un albero di media grandezza dalla chioma verde scuro assai fitta, una corteccia quasi nera, dalla ricca produzione di ghiande. 
Esso ha radici molto forti che scavano nel terreno in profondità, infatti ha un’ottima resistenza alla siccità, perché riesce a procurarsi l'umidità necessaria grazie al suo apparato radicale. 
Nell’antichità, Ovidio raccontava che le api, simbolo delle anime immortali, si posavano su questo albero, apprezzandone l’infiorescenza giallo oro. Inoltre, attirando i fulmini, si credeva che il leccio possedesse funzione oracolare. 
Plinio scriveva che sul colle Vaticano cresceva il leccio più vecchio della città con un’iscrizione su bronzo in caratteri etruschi: segno di come l’albero fosse già oggetto di venerazione. 
Un’altra leggenda giunta fino a noi racconta che, quando il Cristo fu condannato a morte, i carnefici si recarono nel bosco per prendere del legno per poter costruire la croce e il leccio solo offrì il suo legno per la Passione di Cristo. 
Il beato Egidio, compagno di san Francesco, ci dice che Gesù prediligeva il leccio, perché fu l’unico albero a capire che doveva sacrificarsi, in modo che si compisse la Redenzione.



Il simbolo del coniglietto

Uno dei simboli pasquali per eccellenza è il coniglio. Diverse sono le storie che riguardano l’origine di questa tradizione. Si narra che sia nata dai riti pre-cristiani basati sulla fertilità che vedevano nel coniglio e nella lepre, animali molto fertili, i simboli del rinnovamento della vita, rinnovamento che si ha con l’inizio della stagione di primavera. 
Un’altra leggenda vuole che sant’Ambrogio abbia indicato la lepre come simbolo di Resurrezione a causa del suo manto in grado di cambiare colore secondo le stagioni. 
Questo suo variare secondo il ritmo della natura fu collegato al concetto di rinascita e quindi a quello della Resurrezione. 
Il coniglio come simbolo pasquale fu introdotto, per la prima volta, in Germania, nel XV secolo, con la preparazione di dolcetti a forma dell’animale. Furono le stesse popolazioni europee, a seguito dei flussi migratori, a diffondere la tradizione anche in America dove il coniglietto pasquale è chiamato “Easter Bunny”.






In preparazione a questa settimana Santa scopriamo il silenzio: ascoltare in silenzio, meditare in silenzio; e allargare il cuore sul mondo, in silenzio. Cessiamo di fare chiasso, cessiamo di non sciupare e di rovinare la grazia, nel tempo in cui Dio tenta di salvarci e di salvare il mondo. 
In questi giorni la Parola di Dio si intensificherà affinché i nostri occhi non si stacchino da Gesù, ma lo seguano passo dopo passo per apprendere dai suoi gesti il suo amore per tutti noi. 
E solo guardando il suo viso sulla croce potremo incontrare i suoi occhi affranti dal dolore, ma sempre pieni di Misericordia e di affetto, che ci guarderanno come guardarono Pietro, che pure lo aveva tradito, e sentiremo nel profondo del cuore un nodo di dolore e di tenerezza assieme, e inizieremo a seguirlo con un cuore nuovo.




Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione
prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici
e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato,
del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio,
finché tutti abbiano capito nel mio
il tuo Amore.

- Madeleine Delbrel - 



Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 14 marzo 2016

Dio nel catechismo - Padre Alberto Maggi

In passato non avevano problemi di questo tipo. In passato tutto era chiaro, ad ogni domanda c’era una risposta esatta. 
Molti di noi, almeno quelli della mia generazione, ricorderanno le domande e le risposte del loro catechismo. 
Chi è Dio? Dio è l’essere perfettissimo, creatore e Signore del cielo e della terra. Quindi non c’è nessun problema. Dio è un essere perfettissimo. Sentire un trasporto d’affetto verso un essere perfettissimo non è che fosse proprio il non plus ultra.
Comunque Dio veniva presentato così e alla domanda: per quale fine Dio ci ha creati? La risposta agghiacciante era che Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo: l’egoismo totale. 
Una divinità che crea l’umanità intera per essere conosciuto, amato e soprattutto per essere servito.
Una immagine dilatata, come può essere dilatata l’immagine di Dio di un enorme egoismo: un Dio che crea l’umanità per poter essere servito dagli uomini. 

E’ vero che c’era poi la ricompensa: servirlo in questa vita per goderlo poi nell’altra in Paradiso. Ma all’epoca in cui vigeva questa teologia, andare in Paradiso era pressoché impossibile.
Qualche periodo in Purgatorio non veniva risparmiato a nessuno perché, per andare in Paradiso, bisognava essere in grazia di Dio. Ma per quanto l’uomo si sforzasse di osservare tutte le regole e prescrizioni, non riusciva mai ad essere in grazia di Dio. 
Anche quando riteneva di essere in grazia di Dio, il solo fatto di pensare di essere in grazia di Dio, significava che aveva fatto un peccato di orgoglio, non era stato umile e quindi si era perso questa grazia. 
Quindi non era facile.
Il Dio in cui credevano i contemporanei di Gesù, come si è formata questa immagine, questo concetto di questa divinità partendo dal Dio dei pagani. Ancora oggi, a duemila e più anni dal messaggio di Gesù, l’immagine che molti cristiani e anche non cristiani hanno di Dio, è un misto del Padre di Gesù, è un misto del dio degli ebrei e soprattutto un bel miscuglio di divinità pagane. Tutto frullato in quella unica cosa che noi chiamiamo Dio.
Dio è un nome comune della divinità di tutte le religioni. 
Tutte le religioni credono in un Dio. Poi ogni religione gli dà un nome particolare a questo Dio.
Nel mondo pagano, il rapporto con la divinità non era concepito come un rapporto di amore. Nel mondo pagano, non si pensava di dover amare gli dei e tanto meno di essere amati. Gli dei venivano visti come quelle persone straordinarie che vivevano in una condizione di privilegio e il loro privilegio era composto dall’immortalità, impossibile agli uomini, e dalla felicità.
Compito di questi dei era vigilare sugli uomini che nessuno superasse una soglia di felicità che li facesse, in qualche modo, equiparare alla condizione divina. Quando le divinità si accorgevano che una persona raggiungeva un determinato livello di felicità, ecco che veniva punito.
C’è da chiedersi se questa immagine della divinità pagana non corrisponde oggi nell’immagine di Dio che anche molti credenti, molti cristiani hanno.
La riprova? Una frase che si sente tante volte dire dalle persone, quando c’è un periodo di tempo in cui va tutto bene: «Me lo sentivo che doveva capitare qualcosa, andava tutto troppo bene».
Questo si rifà appunto all’immagine della divinità pagana, degli dei pagani, che quando si accorgono che a una persona tutto va bene, ecco che arriva la punizione.

- Padre Alberto Maggi -


























Il Dio che ci presenta Gesù, non è un Dio lontano, inaccessibile, ma un Dio talmente innamorato degli uomini e delle donne, che chiede ad ognuno di noi di diventare la sua dimora. 
Il Dio di Gesù ci ama talmente che ci chiede: accoglimi nella tua vita, io mi voglio fondere con la tua esistenza, per dilatare il più possibile la capacità d’amore. E se ognuno di noi è la dimora di questo Dio, questa dimora è indistruttibile. E’ questo il significato della vita eterna.

- Padre Alberto Maggi - 


"Abbiamo di Dio una falsa e povera immagine; e ci è difficile obbedire al primo comandamento (“Amerai Dio con tutto il cuore”) perchè ci sta di fronte un Dio assai poco amabile. Temibile piuttosto, onnipotente, sapiente architetto, sommo regolatore ed anche grande punitore. Non è amabile un Dio cosiffatto. E infatti non lo amiamo. Lo temiamo, lo rispettiamo, lo ammiriamo; ma l'amore – l'amore appassionato e passionale di cui parla la Bibbia – è un'altra cosa; e noi difficilmente riusciamo a riferirlo a lui. A questo punto c'è da chiederci se siamo cristiani , o addirittura se possiamo essere cristiani, finchè permane in noi un'idea di Dio che ci rende tanto arduo – addirittura quasi impossibile – quel primo comandamento dell'amore. Noi amiamo Dio e siamo cristiani nella misura in cui quell'idea si dissolve e ad essa ne subentra una più consona alla realtà del Dio – Amore...”

- Adriana Zarri -
da: "In quale Dio crediamo" 



dipinto: Marcello Cerrato 
L'indemoniato della sinagoga di Cafarnao


Un paio di volte mi ha portato la comunione un frate in servizio all'ospedale, persona gentile, discreta, ma mi sottopone a un rito durante il quale devo recitare il Confiteor, la formula nella quale si dichiara che "ho molto peccato in pensieri (!), parole, opere e omissioni... per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa".
Il primo giorno, per farlo contento, tossicchiando, ho borbottato la formula. 
Il giorno dopo, quando mi ha invitato di nuovo a recitare la formula che ho molto peccato "per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa", sono sbottato: "E che cavolo posso aver mai combinato in un giorno di ospedale, infilzato da aghi in tutto il corpo, dolorante, febbricitante, stremato? Che gravi colpe posso aver commesso?

- Padre Alberto Maggi -
da: "Chi non muore si rivede" , Alberto Maggi, ed. Garzanti


Buona giornata a tutti. :-)







mercoledì 2 marzo 2016

"Dio", la parola più macchiata - Martin Buber

«Quale altra parola del linguaggio umano fu così maltrattata, macchiata e deturpata? 
Tutto il sangue innocente, che venne versato in suo nome, le ha tolto il suo splendore. 
Tutte le ingiustizie che fu costretta a coprire hanno offuscato la sua chiarezza. Mi sembra una diffamazione nominare l'Altissimo col nome di "Dio" ».
È la parola più sovraccarica di tutto il linguaggio umano. 
Nessuna è stata talmente insudiciata e lacerata. Generazioni di uomini hanno scaricato il peso della loro vita angustiata su questa parola e l'hanno schiacciata al suolo; ora giace nella polvere e porta tutti i loro fardelli.
Generazioni di uomini hanno lacerato questo nome con la loro divisione in partiti religiosi; hanno ucciso e sono morti per questa idea e il nome di Dio porta tutte le loro impronte digitali e il loro sangue . ... 
Essi disegnano smorfie e scrivono sotto « Dio »; si uccidono a vicenda e dicono «in nome di Dio ». 
Ma quando scompaiono ogni illusione e ogni inganno, quando gli stanno di fronte nell'oscurità piena di solitudine e non dicono più « Egli, Egli », ma sospirano : « Tu, Tu » e implorano « Tu », intendono lo stesso essere; e quando vi aggiungono « Dio », non invocano forse il vero Dio, l'unico vivente, il Dio delle creature umane? 
Non è forse lui che li ode? Che li esaudisce? 
La parola « Dio» non è forse proprio per questo la parola dell'invocazione, la parola divenuta nome, consacrata per tutti i tempi in tutte le parlate umane? Possiamo rispettare coloro che lo disprezzano, perché troppo spesso altri si coprono con questo nome per giustificare ingiustizie e soprusi; ma questo nome non dobbiamo abbandonare e sacrificare. 
Si può comprendere che vi sia chi desidera tacere per un periodo di tempo delle « cose ultime », perché vengano redente le parole di cui si è fatto cattivo uso. 
Ma in tal modo non si possono redimere. Non possiamo lavare da tutte le macchie la parola « Dio» e nemmeno renderla inviolata; possiamo però sollevarla da terra e, macchiata e lacera com'è, innalzarla sopra un'ora di grande dolore.

- Martin Buber -
da: L'eclissi di Dio, trad. it. Edizioni di Comunità



Dove Dio scompare, scompare anche la dignità assoluta della vita umana

...Un'antropologia di tipo individualistico conduce, come abbiamo visto, a considerare la verità oggettiva come inaccettabile, la libertà come arbitraria, la coscienza come una istanza chiusa in se stessa. [...]
Una simile antropologia orienta più generalmente l'essere umano all'odio verso di sé. 
L'uomo disprezza se stesso; non è più d'accordo con Dio che aveva trovato "cosa molto buona" la creatura umana. 
Al contrario, l'uomo di oggi vede in se stesso il grande distruttore del mondo, un prodotto infelice dell'evoluzione. 
In realtà, l'uomo che non ha più accesso all'infinito, a Dio, è un essere contraddittorio, un prodotto fallito. 
Qui appare la logica del peccato: l'uomo volendo essere come Dio, cerca l'indipendenza assoluta. Per essere autosufficiente deve diventare indipendente, deve emanciparsi anche dall'amore, che è sempre grazia libera, non producibile e fattibile. 
Però facendosi indipendente dall'amore l'uomo si è separato dalla vera ricchezza del suo essere, è divenuto vuoto e l'opposizione contro il proprio essere diventa inevitabile.[...]
In sintesi possiamo quindi dire che la radice ultima dell'odio e di tutti gli attacchi contro la vita umana è la perdita di Dio. Dove Dio scompare, scompare anche la dignità assoluta della vita umana...

- Card. Joseph Ratzinger -
da"L'elogio della coscienza" La verità interroga il cuore -



Siamo un pugno di terra in cui Dio ha deposto i suoi germi vitali. 
Nessuno ne è privo, nessuno è vuoto, per­ché la mano di Dio continua a creare….
Alla sera vedi un bocciolo, il giorno dopo si è aperto un fiore. Senza alcun intervento esterno. 
Ecco: Che tu dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Com’è pacificante questo! Le cose di Dio fiori­scono per una misteriosa forza interna, per la straordi­naria energia segreta che hanno le cose buone, vere e belle. 
In tutte le persone, nel mondo e nel cuore, nono­stante i nostri dubbi, Dio ma­tura. E nessuno può sapere di quanta esposizione al so­le, al sole della vita, abbia bi­sogno il buon grano di Dio per maturare: nelle persone, nei figli, nei giovani, in colo­ro che mi appaiono distratti, che a volte giudico vuoti o senza germogli.

- Padre Ermes Ronchi -



Inclina verso di te, o Dio,
quel poco che hai voluto che io sia.
Della mia povera esistenza,
ti supplico di prendere gli anni
che mi restano da vivere.
Quanto a quelli perduti,
ne provo umiliazione e pentimento.
Non disdegnare i miei rimpianti.
Ormai non vi è più in me
che il desiderio della tua saggezza
e un cuore, che ti offro.

- San Bernardo di Chiaravalle - 


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 29 febbraio 2016

Don Bosco e i protestanti

«Scendevano a turno a Valdocco a disputare con me»

Le Letture Cattoliche furono accolte con consensi vastissi­mi. 
Il numero dei lettori fu straordinario. Ma questo suscitò l'ira dei protestanti. Provarono a combatterle con i loro giornali, con le loro Letture Evangeliche, ma non trovarono lettori. 
Allora passarono ad ogni sorta di attacco contro il povero don Bosco. Scendevano a turno a Valdocco, a disputare con me, persuasi che nessuno potesse resistere ai loro argomenti. I preti cattoli­ci, secondo loro, erano tutti gonzi, e con due parole si poteva­no mettere nel sacco.
Venivano a volte da soli, a volte in due, altre volte a gruppi. 
Io li ascoltavo sempre, e siccome non sapevano rispondere alle mie domande imbarazzanti, raccomandavo che si facessero ri­spondere dai loro ministri, e poi mi riferissero le risposte.
Vennero Amedeo Bert, Meille, l'evangelicó Pugno, poi tanti altri. Cercavano di persuadermi a non parlare, a interrompere la stampa dei nostri libretti. Ma non ottennero nulla. Questo accese la loro ira. 
Credo opportuno riferire alcuni fatti.

«Lasci stare le Letture Cattoliche»
Una domenica sera del mese di maggio mi furono annun­ciati due signori che venivano per parlarmi. Entrarono e si com­plimentarono a lungo con me. Poi uno cominciò a dire:
- Lei, signor Teologo, ha dalla natura un grande dono: quel­lo di farsi capire e leggere dal popolo. Perciò dovrebbe sfrutta­re questo dono prezioso in cose utili per l'umanità, mettendosi al servizio della scienza, delle arti, del commercio.
- Il mio tempo è tutto assorbito dalle Letture Cattoliche, a cui voglio dedicare ogni mia forza.
- Sarebbe molto meglio che scrivesse qualche buon libro per la gioventù: un volume di storia antica, un trattato di geo­grafia, o di fisica, o di geometria.
- E perché, secondo voi, non dovrei dedicarmi alle Letture Cattoliche?
- Perché sono argomenti fritti e rifritti.
- Questi argomenti sono già stati trattati in opere di cultu­ra, è vero. Ma nessuno li ha affrontati in maniera popolare. Ed è proprio questo lo scopo delle Letture Cattoliche.
- Questo lavoro, però, non le porta nessun vantaggio ma­teriale. Se si mette invece a scrivere i libri che le abbiamo sug­gerito, avrà un notevole guadagno da impiegare nel meraviglioso istituto che la Provvidenza le ha affidato. Possiamo addirittu­ra anticiparle una buona somma (mi porsero quattro biglietti da mille lire). E le assicuriamo che non sarà la nostra ultima offerta: le porteremo somme maggiori.
- Perché volete darmi tanto denaro?
- Per incoraggiarla a scrivere le opere che abbiamo sugge­rito, e per collaborare al suo splendido Oratorio.
- Scusatemi, signori, se non accetto il vostro denaro. Io non scriverò nessun altro libro. Continuerò a lavorare alle Let­ture Cattoliche.
- Ma è un lavoro inutile.
- Se è un lavoro inutile, perché preoccuparsi tanto? Per­ché spendere denaro per farmi smettere?
«Se esce di casa, è sicuro di rientrare?»
- Pensi bene a quello che fa. Rifiutando lei danneggia la sua opera, si espone a conseguenze e a pericoli...
- Signori, capisco molto bene quel che volete dirmi. Ma vi dico chiaro e tondo che quando sto dalla parte della verità non ho paura di nessuno. Facendomi prete, mi sono consacra­to al bene della Chiesa e della povera gente. E intendo conti­nuare a lavorare per questo, anche scrivendo e stampando le Letture Cattoliche.
- Lei fa male - dissero con voce minacciosa alzandosi in piedi. - Lei fa male, lei ci insulta. Se esce di casa, è sicuro di rientrare?
- Voi non conoscete i preti cattolici, signori. Finché vivo­no, lavorano per compiere il loro dovere. Se per far questo do­vessero morire, per loro sarebbe la più grande fortuna, la mas­sima gloria.
In quel momento li vidi così irritati che temevo mi picchias­sero. Mi alzai, misi una sedia tra me e loro, e aggiunsi:
- Se volessi usare la forza, non avrei nessuna paura di voi. Ma la forza dei preti è la pazienza e il perdono. Andatevene. Aprii la porta della camera:
- Buzzetti, dissi, conduci questi signori fino al cancello. Non conoscono bene la strada.
Rimasero confusi. Borbottarono:
- Ci rivedremo in un momento più opportuno.
Se ne uscirono con la faccia e gli occhi rossi di sdegno. Questo fatto fu pubblicato da alcuni giornali, e fu riferito in lungo e in largo dall'Armonia.

- San Giovanni  Bosco - 
da: "Memorie dell’Oratorio"




Ricordatevi, che ogni cristiano è tenuto di mostrarsi edificante verso il prossimo, e che nessuna predica è più edificante del buon esempio.

- Don Bosco - 




"O Dio, che in san Giovanni Bosco
hai dato alla tua Chiesa
un padre e un maestro dei giovani,
suscita anche in noi la stessa fiamma di carità
a servizio della tua gloria per la salvezza dei fratelli." 
Amen!




Il film è del 1935, dura un'oretta, bello, vale la pena di vederlo. 
Uno spaccato della vita contadina dell'epoca, così semplice e così dura. 
Vi ci vedete a lavare le lenzuola al fiume? 


Buona giornata a tutti. :-)