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venerdì 12 aprile 2019

Sono anch’io un crocefisso – don Primo Mazzolari

Questa sera il tabernacolo è vuoto, la croce è nuda, chiuso il sepolcro, gli altari desolati, ma la Messa continua sugli ignoti calvari di una terra ove ogni picco, ogni greco, ogni preda è un tabernacolo, un altare, una croce.

Il mio prete ha tolto anche i grossi candelieri di ferro battuto: sull'altare non c'è che il grande crocifisso e la sua ombra fatta anche più grande.

Questa nudità m'agghiaccia.
Ho l'impressione di trovarmi per la prima volta in faccia alla morte, all'ingiustizia, al dolore, alla guerra... Come siano arrivate queste nostre tristezze fin sull'altare, non so: come si siano legate a quel tronco, fatte una sola cosa col crocifisso, non so...
So che ci sono anch'io lassù, sul legno, inchiodato sul legno...
inchiodato con la fame di tutti gli uomini,
con l'esilio di tutti,
con la desolazione di tutti,
con l'odio che fa la guerra,
con la menzogna che fa l'ingiustizia.

Son venuto per vedere e mi trovo inchiodato. 
Sono anch'io un crocifisso!
Quanti siamo qui o anche gli altri..., tutti dei crocifissi.

Ogni tentativo di fuga mi è impossibile questa sera. 
Cristo mi fa uomo con lui, come lui, uomo di dolore, uomo di offerta.
Le mie ragioni non tengono: i miei alibi son falsi; ci sono arrivato per tutte le strade, con tutti i disperati, i percossi, gli affamati, con tutti i felici, gli oppressori, i sazi...
Il crocifisso è mio: io sono nel crocifisso.

Chi mi ha condotto in chiesa questa sera? Chi m'ha gettato contro codesto crocifisso enorme proprio in questo Venerdì santo? Tutti e nessuno.
Bisognava pure che quel «resto» senza nome, che nessuno vuole, che nessuno capisce, lo mostrassi a qualcuno: bisognava trovargli un nome (c'è troppa orfanezza nel mio cuore!), un rifugio.
E adesso che ne so il nome, che ne vedo il volto, cos'ho guadagnato?
Quando troverò uno che ha fame... non gli potrò più dire (era così spiccio e comodo!): «Non so chi tu sia», perché ti ho visto.
Davanti allo sguardo mortificato del mio operaio, al quale nego l'aumento del salario, adesso che tutto cresce, non potrò più voltargli le spalle dignitoso e sdegnato, perché io non ti posso più licenziare, o Cristo.
Se vedrò piangere, non potrò più scantonare, perché sei tu che piangi.
Quando leggerò dei morti che la guerra ammucchia, non potrò pensare che i miei dividendi crescono per la sola ragione che gli altri muoiono, perché tu mi obbligheresti a guardarmi le mani. E chi può guardare delle mani, le proprie mani che grondano sangue? Questo ho guadagnato stasera.
Il «resto» che da anni e anni, con sforzi disumani ero riuscito a serrare in un angolo morto della mia anima, ha rotto gli argini, m'inonda e mi sommerge. Per la prima volta, a faccia aperta, ho fissato in volto il mio male.


Crocifissi come te.

Ma tu, dall'alto della tua croce, invochi perdono: noi, dalla nostra croce, odiamo;
tu doni il Paradiso a un ladrone, noi togliamo il pane anche all'orfano.
Tu sulla croce, sei nudo, sei l'uomo. Noi siamo obbligati a portare la maschera dell'uomo forte, dell'uomo grande, dell'uomo implacabile... fin sulla croce.
Signore, toglimi questa maschera, fammi vedere come sono, come siamo per avere almeno pietà gli uni degli altri.
Tu ci hai comandato di amarci gli uni gli altri come tu ci ami.
Ho paura che quel giorno sia ancora molto lontano, troppo lontano.
Almeno potessimo arrivare ad aver pietà gli uni degli altri!
A vivere e a morire da uomini, da poveri uomini come siamo, in pace con noi stessi!

- don Primo Mazzolari -
 Fonte: Tempo di passione di Primo Mazzolari, Paoline 2005




«Ora è solo nella notte, solo in mezzo agli uomini, solo in faccia a Dio. 
Uomo di carne e di sangue, uomo che sa che la sua distruzione è vicina, che la sua carne sarà trafitta, che il suo sangue colerà sulla terra. 
Nessuno saprà forse mai il significato vero delle parole che il Figlio indirizza al Padre, nella solitudine nera degli ulivi. 
La preghiera del Getsemani è il più imperscrutabile mistero divino della storia di Cristo.»

- Giuseppe Papini -
da Storia di Cristo




«E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ultima cena, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. 
E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico. 
La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi.  
Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici.»

- don Primo Mazzolari -






Sei la vita
per gli uomini e la luce: al tuo morire
nel buio son piombati. Ma l'estremo
sospiro tuo fu oscurità d'incendio,
fu tenebra d'amore fiammeggiante
ove la luce di risurrezione
già palpitava. E fu degna corona
il tuo disincarnarti, e compimento
dell'obbedienza che ti fece Uomo.

- Miguel de Unamuno - 
da: "Il Cristo di Velasquez", p. 84




Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 11 aprile 2019

Un pezzo di legno - don Bruno Ferrero

C'è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto d'onore, uno strano oggetto. Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:
Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d'inverno. 
Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. 
Era tutto ghiacciato, compatto! "Dovrebbe essere magnifico poter pattinare", urlai, "vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!". Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: "Stai attento...". 
Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. 
Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. 
Piangevo e tremavo. Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. 
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. 
È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!
Per questo motivo noi cristiani oggi ci inginocchiamo dinanzi a quel legno, cui si è appeso l'Amore-Gesù; per questo teniamo nelle nostre case un "pezzo di legno" a forma di croce... 
Per ricordare come si ama, e a chi dobbiamo guardare per amare senza stancarci!

- don Bruno Ferrero -



Tu
Uno come Te
lo si può cercare a lungo.
Uno come te

non lo si trova tanto in fretta.
Uno come te
non lo si può mai perdere.
Uno come te,
Signore!


- Ludwig Soumagne - 

"Lavanda dei piedi" - Giovanni Agostino da Lodi (1500) 
Gallerie dell'Accademia - Venezia)

Per incontrare il risorto non si può stare fermi. 
Lui mi ha cercato e mi ha trovato, ma poi spetta a me decidere che seguirlo significa davvero imparare a spostarsi: incontro oggi il Salvatore non alle mie condizioni ma alle sue, là dove lui è. 

- Cesare Beltrami - 




Mi hai fatto male, Dio mio,
e non parlo del corpo
con il quale ho ormai imparato
a convivere decentemente,
ma di quello che ci sta dentro:
questo cuore balordo
che rimbalza
ad ogni sussulto d’affetto,
quest’anima screpolata
che lascia passare
spifferi di dubbio
e di gelida incredulità.
Mi ha fatto male, Signore,
troppo duro il mattino,
troppo sensibile la sera;
troppo fragile sempre.
Mi hai fatto male, Signore,
eppure un giorno
- ne sono certo -  
mettendo insieme
tutte le macerie
dei miei anni,
capirò il perché
e sarò felice di essere
quello che sono. 
Perché mi hai fatto Tu.

- Eric Pearlman - 


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 16 marzo 2019

L'incontro - Antica leggenda giudeo-cristiana

A Gerusalemme era festa. La gente percorreva le strade vociando, bancarelle cariche di merce punteggiavano qua e là la città come piccole aiuole fiorite e i bambini, eccitati da quell'atmosfera gioiosa, correvano rimbalzando fra un richiamo e l'altro dei genitori. 
Uno di loro, approfittando della confusione, si allontanò in fretta. Era un bimbetto di sette anni, magro e scuro di pelle, con grandi occhi neri in perenne movimento. Scrutava ogni cosa, curioso di quel mondo a lui ancora sconosciuto. Tutto lo interessava e la sua voglia di sapere gli era valsa il soprannome di "Perché".
Ogni creatura incontrata sulla sua strada si trasformava subito in una domanda, perenne angoscia per chi gli stava intorno.
Tutto per lui poteva essere fonte di conoscenza e, di domanda in domanda, finiva sempre per allontanarsi da casa, come un piccolo esploratore mai sazio di nuove avventure.
Quel giorno stava seguendo uno strano cane zoppicante che sembrava, come lui, all'inseguimento di un non ben identificato oggetto misterioso.
Gira di qua, svolta di là, il cane e il suo piccolo inseguitore si trovarono sulle
colline, in un piccolo podere chiamato Orto del Getsemani.
Si faceva sera e le prime ombre rendevano la caccia ancora più interessante.
Il cane aveva allungato l'andatura e ora il piccolo "Perché" stentava a stargli dietro. Con rammarico gli pareva ormai di aver perso le sue tracce quando, a un tratto, ritrovò la sua pelosa preda tutta scodinzolante ai piedi di un uomo, seduto lì, tutto solo.
L'uomo accarezzava il cane lentamente come se avesse la consapevolezza che quel gesto non sarebbe stato mai più ripetuto.
«Ciao, signore, è tuo il cane?» chiese il bimbo arrivando di corsa tutto trafelato.
«No» rispose lui, accorgendosi solo in quel momento del sopraggiungere del piccolo.
«Perché stai qui, mentre tutti sono in città per la festa?»
L'uomo sembrava sorpreso di quell'incontro imprevisto, titubante fra disagio e accoglienza.
Ci pensò un po', poi sorrise e gli disse: «Perché qui aspetto mio padre».
«Ma io non vedo tuo padre: è molto vecchio?»
«È molto vecchio e molto giovane.»
«Come può essere vecchio e giovane?»
«Tu una volta eri piccolo, oggi sei molto giovane, poi diventerai un uomo e, in un futuro ancora più lontano, sarai molto vecchio; lui invece in ogni istante è già tutta la sua vita.»
«Oh, mi piacerebbe conoscere tutta la mia vita!» rispose il bambino convinto. Poi ci ripensò: «Se sapessi cosa mi accadrà domani, forse non farei quello che faccio, ma qualcosa d'altro. Che dici?».
«Oh certo, piccolo, ma se tu non facessi quello che stai facendo, anche quello che ti accadrà domani sarà diverso!»
«Uh, com'è complicato! Allora cosa devo fare?»
«Fai bene quello che ti chiede ogni momento; al resto ha già pensato Dio.»
«In questo momento sto bene qui con te, e tu?»
«Anch'io in questo momento sto bene qui con te.»
«E domani tu cosa farai?»
«Quello che Dio vorrà.»
«Allora perché sei triste? Dio non vuole per te una cosa bella?»
«Dio non prevede cose belle o brutte, lui non pensa come noi.»
«Allora quello che noi pensiamo non è mai quello che pensa Dio?»
«No, non è mai la stessa cosa.»
«Perché?»
«Perché la nostra mente è piccola e vede entro piccoli confini, mentre Dio non ha nessun confine, per lui non esiste tempo e non esiste spazio.»
«Non riesco a immaginare nulla così come tu dici.»
«Certo, è per questo che devi fidarti di lui.»
Il cane si era rialzato e dimenava la coda guardando ansioso ora Gesù e ora il suo piccolo inseguitore, nella speranza che uno di loro lo facesse giocare.
«Ma tu, come ti chiami?»
«Gesù di Nazareth.»
«Hai bambini?»
«Si, tanti.»
«E quanti?»
«Questa notte guarda il cielo: ogni stella è un mio bambino.»
Il piccolo "Perché" non parve affatto sorpreso da quella risposta, come ogni fanciullo aveva il dono di penetrare la realtà attraverso una porta fatata, oltre la quale le stelle non sono più stelle ma palpitanti creature e ogni parola possiede un magico significato.
«Sarebbe bello giocare lassù con i tuoi bambini... Come posso arrivarci?»
«Vieni qua in braccio a me e chiudi gli occhi» gli rispose Gesù.
Accoccolato su quelle ginocchia, il bimbo fu trasportato in un luogo talmente fantastico che mai poté descriverlo ad altri, ma che mai cessò di ricercare per tutto il resto della sua vita.
Si faceva buio, ma "Perché" non voleva lasciare il nuovo amico.
«Ora vai, piccolo mio, i tuoi genitori ti staranno cercando» gli disse Gesù dolcemente, staccandosi a malincuore da quell'ultimo tenero incontro.
«Gesù, quando potrò rivederti ancora?»
«Quando vorrai chiudi gli occhi, dimentica il mondo che ti circonda e mi troverai.»
Il piccolo "Perché" correva verso casa allargando le braccia come un uccellino nel vento, ogni tanto si girava per gridare il suo saluto, il cane lo seguiva saltellando festoso e Gesù li guardava pensoso finché scomparvero all'orizzonte.

- Antica leggenda giudeo-cristiana -

da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 

Sandro Botticelli, Orazione nell'orto, 1500 ca, Granada, Cappella Reale

Buona giornata a tutti. :-)