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mercoledì 14 agosto 2019

Come si è arrivati all'Assunta?

Il mese di agosto era il Capodanno per gli antichi Egizi, lo è tutt'ora per i Copti egiziani, lo fu per i greci che lo dedicarono ad Athena. 
A Roma, poco dopo l'inizio del segno del Leone, sulle rive del Tevere si celebravano i Neptunalia, feste dedicate a Nettuno, mentre i celti il primo giorno d'agosto lo dedicavano al dio Lug, dio della luce e della resurrezione, mentre nell'antica Roma il 12 si festeggiava Ercole Invitto o Trionfatore, due anticipazioni di San Lorenzo, due miti per parlare delle stelle cadenti che "illuminano la notte, trionfano sulle tenebre". 
Il 13, sempre a Roma, si festeggiava Diana Aventina. Servi e padroni si recavano insieme al tempio sull'Aventino e poi nei boschi per pic nic ante litteram. Nello stesso giorno si festeggiava anche il dio Vortumno, colui che faceva maturare i frutti. Il 17 si festeggiava Portuno, il dio dei porti e delle porte, contemporaneamente a Giano, il dio che guarda al passato e al futuro, il 19 le Vinali Rustiche dedicate a Venere, il 21 era dedicato a Conso, il dio dei raccolti, il 23 a Openconsiva, l'abbondanza agricola. Fino al 18 a.C., ma alcuni storici danno come data il 21 a.C., questo era il calendario romano, poi Augusto decise di riunire tutti i festeggiamenti alle Calende del mese sestile... non dimentichiamo che l'anno iniziava a marzo, che furono chiamare Feriae Augusti (le feste di Augusto). 
Da qui il nostro Ferragosto.
Athena in Grecia, Diana a Roma, nel vicino Oriente nello stesso periodo era festeggiata un'altra Grande Madre, la siriana Atargatis, conosciuta come dea Siria anche nel mondo greco romano, considerata protettrice della fertilità e dei lavori dei campi. 
Come si è arrivati all'Assunta? Maria, madre di Dio, non ha avuto molta storia nei Vangeli. Sparisce con la discesa dello Spirito Santo, ma negli apocrifi si parla di lei con il Transito della Beata Vergine Maria attribuito a Giuseppe d'Arimatea, non databile, e nel VI secolo la Dormizione della Santa Madre ad opera di S. Giovanni il Teologo.
È, dunque, tra il IV e la fine del V secolo che il culto dell'Assunzione incomincia a diffondersi. A Gerusalemme si cominciò a celebrarla all'inizio del VI secolo nella chiesa costruita da Eudossia sui Getsemani, dove si narrava che Maria fosse stata sepolta, perciò defunta. 
L'imperatore Maurizio ordinò che la celebrazione venisse estesa a tutto l'Impero e attorno all'anno Mille la si ritrova come ricorrenza nella quale si osserva il riposo. Chiamata Transito o Dormizione, non esprimeva chiaramente di che cosa si trattasse: in qualche caso si parlava di corpo incorrotto, perciò morto, in altri di corpo che veniva avvolto dalla luce e assunto in cielo dagli angeli. Morta o addormentata? 
Il dibattito continuò per secoli e secoli, si formò il partito a favore dell'assunzione, si fecero petizioni popolari perché fosse proclamato il dogma.
Nel 1950, dopo quattro anni di consultazioni, Pio XII lo confermò indicando che l'Assunzione è un fatto divinamente rivelato, che fonda sull'insieme delle indicazioni desunte dalla tradizione e dalle fede universale dei devoti, sicuro indice dell'intervento dello Spirito Santo.
La collocazione al centro del mese di agosto segue la solita prassi: sostituire le feste pagane con feste cristiane, per rendere più… facili le conversioni.
I neofiti erano allettati anche dal fatto di non perdere nessuna delle feste già codificate.
Non scandalizzatevi: tutte le feste religiose cristiane sono perfettamente sovrapposte alle antiche pagane e, qualche volta, i santi in essere celebrate hanno, stranamente, attributi degli dei che li hanno preceduti.
L'Assunzione ha una grande eco in Spagna, dove le feste durano una settimana.In Italia erano e sono celebrate tutt’oggi, in varie località, imponenti processioni religiose.
La festa dell'Assunta si tiene in tantissime località italiane.

Tra le più importanti manifestazioni, ci sono quelle che si svolgono a Palermo dove le "barette" con la statua della Madonna sono portate da ragazzi o quelle a Sassari dove i "candelieri" di cartapesta, in forma di palma, fanno il giro della città; a Tivoli (Roma) "l’inchinata" della statua della Vergine incontra la statua di Gesù.





''Noi abbiamo in Maria il «tipo», il modello della perfezione umana; abbiamo la «piena di grazia», cioè la Donna fra tutte benedetta, che rispecchia in se stessa il pensiero integro e splendido di Dio, che ha voluto fare dell’uomo, prima della rovina del peccato originale, l’immagine sua propria, e che nella previsione dei meriti infiniti di Cristo Redentore, ha rimodellato in Maria l’eccezionale creatura irradiante la sua affascinante somiglianza. 
Questa è una stella che non si spegne; questo è un fiore, emergente nella palude dell’umana miseria, che non appassisce, ma rimane vergine e puro, tutto candore, tutto bontà, per la gloria di Dio e per la consolazione di noi mortali, come un invito materno, come una sorella beata, esemplare amico, tutto ideale e tutto reale; e tutto per noi, a ricordare le bibliche parole, nostra speranza, che «dove abbondò il male, sovrabbondò la grazia» (1 Rom. 5, 20. 189)'' 

- san Paolo VI, papa -


Ti ringrazio, mio Signore, per Maria, nostra madre, che, custode amorosa della tua parola, medita nel suo cuore immacolato l'abbondanza delle tue grazie.
A volte noi rifiutiamo questa o quella esigenza espressa nel tuo Vangelo, limitandoci a conservare soltanto quanto è di nostro gradimento; lei invece, la madre tua e madre nostra, è il modello perfetto della fedeltà che ha conservato nel suo cuore il seme e il Verbo.
Maria ci aiuti a farci trapassare dalla spada che recide quanto appartiene alla carne destinata alla morte. Allora il grano potrà germogliare nella terra buona e fruttare cento volte tanto, il nostro cuore produrrà frutto grazie alla sua perseveranza.




Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 31 maggio 2019

Maria, icona della santa Trinità - Stefano De Fiores

La Santissima Trinità di Dio:
La dottrina si è precisata nell'ambito del Cristianesimo antico: prima nel credo del primo concilio di Nicea (325), poi nel Simbolo niceno-costantinopolitano (381), dove venne affermato come primo articolo di fede l'unicità di Dio e, come secondo, la divinità di Gesù Cristo figlio di Dio e Signore, a seguito, tra le altre, della controversia suscitata dal teologo Ario, che negava quest'ultima.
Il dogma della "trinità" è in relazione alla natura divina: esso afferma che Dio è uno solo, unica e assolutamente semplice è la sua "sostanza", ma comune a tre "persone" (o "ipòstasi") della stessa numerica sostanza (consustanziali) e distinte. Ciò non va interpretato come se esistessero tre divinità (politeismo) né come se le tre "persone" fossero solo tre aspetti di una medesima divinità (modalismo). Le tre "persone" (o, secondo il linguaggio mutuato dalla tradizione greca, "ipòstasi") sono in effetti ben distinte ma della stessa sostanza, Dio:
I° - Dio Padre, creatore del cielo e della terra, Padre trascendente e celeste del mondo;
II° -il Figlio: generato dal Padre prima di tutti i secoli, fatto uomo come Gesù Cristo nel seno della Vergine Maria, il Redentore del mondo.
III° -lo Spirito Santo che il Padre e il Figlio mandano ai discepoli di Gesù per far loro comprendere e testimoniare le verità rivelate.
Al mistero della "trinità" è dedicata, nella Chiesa cattolica, la solennità della Santissima Trinità, che ricorre ogni anno, la domenica successiva alla Pentecoste.
La dottrina trinitaria è stata accolta dalla maggior parte dei Protestanti, particolarmente dal protestantesimo storico (di cui fanno parte fra gli altri il luteranesimo e il calvinismo).




Verso di te noi veniamo, Maria, icona della santa Trinità, che in te ha operato meraviglie di grazia!
Tu sei una di noi, figlia della nostra stirpe e sorella di fede. 
Ma sei prima di noi, strada regale al Verbo incarnato, sposa fedele dell’eterno Amore.

Tu sei la montagna di Dio, che si staglia innevata sulla cima dei monti. 
Su di te noi dimoriamo per vivere i misteri cristiani del Tabor e del Calvario, delle beatitudini e della Pasqua.

Sei nostra madre, tipo esemplare della Chiesa che genera Cristo mediante la Parola di vita.
E noi come il discepolo amato ti accogliamo, dono prezioso di Cristo crocifisso, in tutto lo spazio del nostro io umano e cristiano.

Insegnaci una cosa sola: a dire amen al volere del Padre, amen al Vangelo del Figlio, amen all’azione dello Spirito.

Con te cammineremo sulle strade del tempo verso i fratelli e la piena comunione con Dio dove tu ci hai preceduto.
Vergine degli inizi, guidaci e aiutaci a seguirti nella tua missione. 
Come tu hai inserito Cristo nella cultura ebraica, così noi lo incarneremo nelle culture dei popoli. 
Saremo tua discendenza, donna nuova, perché anche da noi nasca Cristo nel mondo.

Amen.

- Stefano De Fiores -

Padre Stefano De Fiores (2 ottobre 1933 – Catanzaro, 15 aprile 2012) è stato un presbitero monfortano italiano, mariologo di fama internazionale, professore ordinario di Mariologia sistematica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e presidente dell’Associazione mariologica interdisciplinare italiana.


Buona giornata a tutti. :-)






martedì 26 marzo 2019

Gesù concepito: vero Uomo e vero Dio - Mario Palmaro

Dio irrompe nella storia con la delicatezza di un piccolo embrione d’uomo che bussa al cuore di una giovane donna dl Nazareth. Una verità della fede che non mortifica la ragione ma che la aiuta a riconoscere la dignità dl ogni concepito. Forse non siamo abituati a pensarci. 
Ma il grande mistero dell’Incarnazione di Dio getta una luce sfolgorante sulla stupefacente realtà della vita umana prima della nascita. 
Non occorrono straordinarie competenze teologiche per accorgersi che la strada scelta da Dio per farsi uomo passa concretamente, realmente attraverso ogni fase della nostra vita. Gesù è stato un tenero bambino nella mangiatoia della stalla di Betlemme; un ragazzo abile e sveglio nel tener testa ai dottori del tempio; un giovane vigoroso nella bottega di Giuseppe; è stato, in una parola, l’uomo perfetto. 
Egli ha attraversato ogni età della vita non come un fantasma, o come un simulacro di umanità, ma come vero Dio fatto vero uomo in tutto, fuorché nel peccato.
Poiché tutto ciò è realmente accaduto, allora non rimane che riconoscere che Gesù di Nazereth è stato anche, per nove mesi della sua vita, un uomo concepito. Lo è stato attraversando tutte quelle fasi dello sviluppo embrionale, necessarie alla crescita organica di ognuno di noi, e che continueranno a essere la strada obbligata per ogni uomo che si affaccia alla vita.
Una mortificazione per la ragione?
Se contempliamo Gesù concepito ci accorgiamo che egli, prima ancora di iniziare la sua vita pubblica e la sua predicazione, di compiere miracoli e di consolare le folle, di morire in croce e risorgere; prima di tutte queste cose egli già ci parla silenziosamente. E ci comunica la straordinaria dignità che ogni concepito d’uomo porta impressa su di sé. 
Quasi un sigillo regale che l’uomo contiene nella sua stessa natura, non a partire dalla nascita, ma dal momento stesso in cui è chiamato misteriosamente alla vita, nell’intimità del grembo materno. Qualcuno potrebbe ravvisare in questo discorso un che di offensivo per la ragione, potrebbe addirittura pensare che la dignità del concepito sia un dogma delta fede cattolica, una verità rivelata comprensibile soltanto agli occhi del credente. 
Nulla di più lontano dalla realtà. 
L’embrione merita di essere trattato con rispetto innanzitutto perché è un uomo, e come tale partecipa delta sua dignità e dei suoi diritti naturali. La ragione umana non ha bisogno, in questo riconoscimento, di alcuna “stampella” soprannaturale. Ma è anche vero che la profonda comprensione della grandiosità di ogni singolo essere umano, della sua antropologia e del suo destino eterno non può che avvenire in Gesù Cristo. 
Ecco perché la contemplazione di Gesù Concepito ci rivela con sorprendente efficacia chi abbiamo davanti quando ci troviamo di fronte a un embrione umano, seppure alle primissime fasi del suo sviluppo. 
Nella prospettiva della fede, quell’embrione è Gesù stesso. 
L’Annunciazione, Dio si fa uomo.
Del resto, le parole dell’Angelo Gabriele non lasciano dubbio alcuno sulla consistente concretezza di quell’avvenimento, realizzato attraverso il fiat della Madonna: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Luca 1, 30-31). 
Maria è la donna del sì. Del sì alla vita che si compie in lei nella pienezza più assoluta. “Non temere”, le dice l’ angelo, che evidentemente ha letto sul volto bellissimo della Vergine la paura, lo smarrimento di fronte all’annuncio più sconvolgente che orecchie umane abbiano mai ascoltato.
Ma Maria non giunge impreparata all’appuntamento con l’angelo. Nella sua storia tutto sembra ruotare intorno all’istante prodigioso del concepimento.
Maria è senza macchia, perché Dio l’ha preservata dal peccato originate, e 
l' ha resa immacolata non dalla nascita, ma sin dal suo concepimento. 
“Io sono l’Immacolata Concezione”, dirà alla piccola Bernadette Soubirous apparendo nella grotta di Lourdes. 
E Maria dice il suo sì proprio al concepimento verginale del Figlio di Dio. Ed è un sì che non viene pronunciato di fronte a un Dio che irrompe nella storia degli uomini in maniera trionfale, con un frastuono di trombe e di eserciti cui nessuno potrebbe resistere; ma al contrario con la delicatezza, la debolezza, diremmo, di un piccolo embrione d’uomo che bussa al cuore di una giovane donna di Nazareth.

- Mario Palmaro -


 Maria di Nazareth:  Maria madre silenziosa del Verbo

Chiacchiere o preghiere?
Uno degli aspetti più insopportabili delle inflazionate e variopinte devozioni mariane, di gran moda oggi, è l'eccessiva verbosità difficile da distinguere dalla mielosa, e pestifera, adulazione. 
Il chiacchiericcio su Maria, i panegirici privi di qualsiasi sotto sfondo teologico, il magismo hanno finito per trasformare la madre di Gesù più in una donna da sceneggiata che nella Vergine Madre. 
Il fideismo mariano si è trasformato in un enorme supermercato dell'ovvietà sentimentaloide dove ognuno può trovare quanto serve a sedare le proprie inquietudini o a sublimare i propri nevrotici sensi di colpa. Mi ha sempre colpito un bel pensiero elaborato nel IV secolo dal vescovo di Milano sant'Ambrogio: "Maria è il tempio di Dio, non Dio nel tempio". Appunto perché tempio, e quindi silenzioso luogo di incontro e non vociante occasione di scambio, Gabriele la contatta nella più assoluta discrezione e nel più rigoroso riserbo.
Silenzio fecondo
Le grandi proposte di vita si fanno nell'intimità dell'incontro. Tutto nella riservatezza e non sotto le telecamere della curiosità o davanti ai microfoni del gossip. Il Verbo da annunciare fino agli estremi confini del mondo, viene concepito nella silenziosa penombra di Nazaret. La gestazione divina avviene in una madre umana che non propaga ai quattro venti le parole ricevute, ma le "contempla e custodisce nel suo cuore" (Lc 2,19). 
Eppure la giovane Myriam ne avrebbe cose da dire e da spiegare. Ma dove trovare le parole capaci di convincere che suo Figlio è frutto solo della sua più radicale e disinteressata disponibilità di fronte a un Dio che non è assolutamente banale nelle sue proposte a cui accondiscendere? 
Quali discorsi possono spiegare che in un "fiat" è condensato il dramma, umanamente incomprensibile, di una nuova creatura concepita in un modo così inconcepibile ed esposto al cicaleggio, al dileggio, al sospetto ed alla maldicenza? Essere riempiti del Verbo, significa essere colpiti dalla spada dello Spirito Santo, come ci ricorda san Paolo nella lettera agli Efesini (6,17). E la Parola-Spada è "efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio, essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla e sa discernere i pensieri e i sentimenti del cuore" (Eb 4,12). 
Il silenzio è il setaccio attraverso cui le parole si trasformano in Parola. L'atteggiamento di Maria ci ammonisce che fare della Parola un qualcosa da esibire, da rappresentare, da declamare, da proclamare con tonalità dubbie ed equivoche, non è pregare, ma profanare.
Nel silenzio germina una nuova vita
Man mano che nel suo grembo il Verbo assume fattezze umane, la premurosa custodia e la paziente meditazione della Parola, fa maturare ed affina la coscienza della Madre indurendola al filo d'ascia della solitudine. 
La coscienza si trasforma in un melting pot in cui le vane parole umane si liberano di ogni banale formalismo e si trasformano in preghiera; i sentimentalismi esistenziali vengono armonizzati fino a diventare puro istinto materno; le relazioni fatue si saldano e cementano facendo sbocciare una famiglia. 
Deve essere stato esaltante ed ineffabile il momento in cui la giovane ragazza di Nazareth ha avuto il lampo di certezza che la goccia di vita venuta dal cielo si stava trasformando in vita vera, in persona che segnalava la sua presenza. 
In quei momenti Maria non aveva una corona di stelle sul capo o la luna sotto i piedi, ma un bimbo nel suo grembo ed una gioia esplosiva nel suo cuore che vaporizzava ogni paura e dubbio. Tra madre e figlio si instaura un dialogo senza parole ma con emozioni e significati profondi. 
Lo sbocciare di una nuova vita colora l'esistenza di nuovi valori e sfumature che danno senso a fatica, dolore, preoccupazione e solitudine che tutti i grandi valori hanno a traino. 
Diventare madre comporta il rimettersi in gioco assumendo un nuovo ruolo e nuove responsabilità al grande tavolo della vita. Il cuore di una madre si rafforza alimentandosi alla dispensa dell'amore, dell'attenzione, della premura e della dedizione tanto da diventare il segno più credibile del fatto che chi muove la storia non è la selezione naturale, ma il roccioso amore di ogni madre. Si tratta di una realtà così vera e radicata che neanche la "liquidità" della fede moderna riesce a negare. 
La vera devozione mariana dovrebbe condurci a vivere personalmente queste realtà senza tentennamenti o fughe nello sterile devozionalismo.

- Bernardina do Nascimento -




Buona giornata a tutti. :-)




martedì 18 dicembre 2018

Come Maria abbraccia il suo bambino, abbraccio anzitutto il bambino ferito in me - Anselm Grün

Abbracciare il bambino

La psicologia parla oggi del bambino interiore. Ognuno ha in sé un bambino ferito e un bambino divino. 
A Natale guardiamo soprattutto al bambino divino che è in noi. Ma possiamo ritrovare il bambino divino, che è in noi, solo quando ci riconciliamo prima con il bambino ferito che è in noi. 
Perché quest’ultimo grida sempre quando oggi siamo abbandonati, discriminati, ignorati. 
Nelle raffigurazioni di Natale, Maria tiene amorevolmente nelle sue braccia questo bambino divino. In modo simile desidero invitarti a compiere un rito, che ti faccia percepire nell’intimo il mistero del divin bambino. 

Mettiti in piedi diritto e tieni le mani incrociate sul petto.
Come Maria abbraccia il suo bambino, abbraccio anzitutto il bambino ferito in me. 

Abbraccio in me il bambino abbandonato, 
il bambino ignorato, 
il bambino affaticato, 
il bambino discriminato, 
il bambino svergognato, 
il bambino ridicolizzato, 
il bambino trascurato, 
il bambino rifiutato. 

E mi immagino come se sotto al bambino ferito ci fosse in me il bambino divino. Lì, dove il bambino divino è in me, sono libero dalle attese e dalle opinioni degli altri uomini. 
Sono sano e integro. 
Nessuno mi può ferire. 
Vengo in contatto con l’immagine originaria e singolare di Dio in me. 
Non devo dimostrare le mie capacità. 
Posso essere semplicemente me stesso. 
Sono puro e limpido. 
I sensi di colpa non hanno alcun accesso. 
E sono a casa presso me stesso. Assapora il divino bambino che è in te e senti la pace e l’amore che ne discendono e riempiono tutto il tuo essere corporeo.

- Anselm Grün -
Da: “Andare incontro al Mistero - Pensieri e auguri per il tempo di Natale", ed. Messaggero Padova pagg 18, 19, 20, 21



Possa l'amore di Dio, che in Gesù Cristo ha preso volto umano, penetrare sempre più profondamente nel tuo cuore e riempirti di gioia, pace, fiducia, speranza e amore.

- Anselm Grün -



Benedizione 

Natale è alle porte. 
Dio volga il tuo spirito 
lontano da tutte le faccende, 
che devi ancora sbrigare. 
Egli apra il tuo cuore al mistero, 
che fra pochi giorni celebreremo. 
A Natale Dio vuole celebrare con te un nuovo inizio, 
poiché il suo figlio Gesù Cristo nasce da Maria. 
Presenta dunque a Dio ciò che è vecchio e logoro, 
perché egli te ne liberi. 
Presentagli la tua colpa: 
tutto ciò che in quest’anno non era così buono. 
Possa Dio liberarti da tutto ciò che ti opprime, 
affinché Natale sia realmente un nuovo inizio. 
Ti faccia andare in modo nuovo verso le persone con cui festeggi il Natale. 
Riempia tutte le persone, 
che condividono le tue giornate, 
con lo spirito di un nuovo inizio. 
Liberi anche loro da tutto ciò che li opprime, 
e indichi loro, nella nascita di suo figlio, 
che non sono determinati dal proprio passato, 
bensì che Dio ogni giorno comincia in modo nuovo con noi; 
che il suo amore fa tutto nuovo in noi.

- Anselm Grün -



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it



mercoledì 28 novembre 2018

… E saremo mandati in missione - don Tonino Bello

«La prima gemma che spunta sull’albero della Trinità è l’Eucaristia. 
Quando questa gemma scoppia, viene fuori la Chiesa. 
La Chiesa, quindi, non è altro che il Sacramento eucaristico pienamente sbocciato». [...]



Dalla Trinità,

«[…] Se non comprendiamo che la Chiesa è “Oriens ex alto” (che nasce dall’alto), che ha, cioè, nella Trinità l’origine, il modello e la meta non solo della sua missione, ma anche del suo stesso essere, allora tutti i nostri richiami all’ “insieme”, all’ “unità”, alla “comunione”, sembreranno solo manifestazione dell’ansia di chi vuol contare di più, incidere di più, produrre di più, apparire di più.

Nella sottolineatura della “Ecclesia de Trinitate” (Chiesa che nasce dalla Trinità) non si nasconde il calcolo del proverbio che dice “l’unione fa la forza”. 
C’è, invece, l’esigenza di far capire che, se l’albero è la Trinità, mistero di comunione, la Chiesa, che su quest’albero matura, non può vivere la disgregazione delle persone, il molecolarismo dei progetti, la frantumazione degli sforzi. 
Se no, non è Chiesa. Sarà organizzazione del sacro, consorteria di beneficenza, fabbriceria del rito, multinazionale della morale. Ma non Chiesa.

[E] Se dai frutti non ci è dato risalire al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, vuol dire che non ci troviamo di fronte alla Chiesa. […]

[Così] Se fotocopieremo nella nostra Chiesa la comunione trinitaria, se, cioè, saremo davvero una “Ecclesia de Trinitate” saremo mandati in missione.

Diversamente, il nostro agire sarà la convulsione propagandistica di chi vuole annettersi spazi per spirito di dominio; sarà sterile proselitismo di chi non si rassegna a morire e si agita per spirito di conservazione; sarà appagamento borioso di chi si contenta dell’apparato e sogna scenografie di potenza.»


attraverso l’Eucaristia,

«Oggi si parla dell’Eucaristia come “epifania e primizia” della Chiesa. 
Questo significa che tutta la realtà ecclesiale non è altro che il sacramento eucaristico sbocciato nella vita degli uomini.

Ora, se l’eucaristia (boccio della Chiesa spuntato sull’altare della Trinità) è comunione, anche la Chiesa (fiore dell’Eucaristia) deve essere comunione, anzi fioritura di comunione, compimento di comunione, pienezza di comunione.»

La fioritura della comunione.

«Gli antichi lo sentivano profondamente questo nesso: «Come questo pane spezzato era sparso sui colli e, raccolto, è diventato una sola cosa, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo Regno… (Didachè, 9-10). […]

Comunione, che, non nasce dalla necessità di stringere le fila o dall'urgenza di serrare i ranghi per meglio far fronte al mondo che ci incalza. 
La comunione nasce da una ineluttabilità ontologica, non da un calcolo aziendale. Sicché, nelle espressioni che spesso scegliamo come titolo dei nostri convegni: «Insieme per camminare, insieme per spezzare il pane, insieme per pregare, insieme per lottare…», nessuno sposti l’attenzione sul verbo dicendo: “purché si cammini, purché si spezzi il pane, purché si preghi, purché si lotti…” La forza della frase poggia sull’avverbio “insieme”». [...]

«Ci sono due celebrazioni eucaristiche nel corso dell’anno che mal sopportano la frantumazione dell’assemblea, e sono quelle del Giovedì Santo e del Corpus Domini. In quei giorni bisogna fare di tutto perché l’unità del popolo di Dio si visibilizzi il più possibile anche fisicamente». [...]

«La domenica dovrebbe scatenare in ogni credente il bisogno di “convenire in unum”, (radunarsi insieme), mettendogli nel cuore la gioia per i contatti umani che stabilisce, e la nostalgia per gli allacciamenti che non riesce a operare.

La domenica è il giorno in cui l’ “insieme” si visibilizza, la comunione si densifica, la compaginazione dell’assemblea attorno a Cristo si articola concretamente.

In questo giorno ognuno si dovrebbe lasciarsi “risucchiare” dai momenti più pieni e più intensi, quasi per sentire con maggiore potenza il fascino della moltitudine fraterna. […]

E il Corpo del Signore non è impoverito solo da chi non va affatto all’assemblea, ma anche da coloro che, rifuggendo dalla mensa comune, aspirano a sedersi a una mensa privilegiata e più ricca: non sembrano infatti somigliare a quei cristiani di Corinto che rifiutavano di mettere in comune il loro ricco pasto con i più poveri? Se l’Eucaristia è condivisione (espressa dal gesto dello spezzare il pane) sull’esempio di Colui che non ha risparmiato nulla di sé, allora chi ha più ricevuto, più sia disposto a donare, anche quando donare potrà sembrare perdere». [...] 
«Sono convinto che ognuno di voi farà di tutto per entrare nella profondità del Mistero, mediante una revisione critica del proprio personale rapporto con Gesù Cristo e si chiederà: che senso ha per me l’Eucaristia? 
Quale cambio porta nei miei giorni la messa domenicale? 
Quale attentato arreca alla mia tranquillità fin troppo borghese? 
Quale servizio agli “ultimi” mi stimola a rendere? 
Quali gerarchie di valori introduce nella mia vita? 
Quale smottamento provoca nella compattezza delle mie superbie personali o delle mie arroganze di gruppo.

Cari confratelli, solo se l’Eucaristia lavorerà “dentro” avremo il diritto e il coraggio di portarla “fuori”.

… E saremo mandati in missione

«E Maria, che è proprio l’icona della Chiesa, si alza, si mette in viaggio, raggiunge la città e porta la letizia al mondo nelle case della gente. Prima processione del Corpus Domini [e suo] ostensorio perché dentro di lei c’è Gesù Cristo.» [Vol. 4, pg. 40]

«mandata anche lei […] ha obbedito a quell’impulso. E, portando Cristo nel grembo, è divenuta il primo ostensorio di lui, ha inaugurato le processioni del Corpus Domini, ed è andata a portare annunci di liberazione ai parenti lontani.» [Maria dei nostri giorni, pag. 36 | Maria, donna missionaria ]

Vostro + don Tonino, Vescovo
da: Antologia degli Scritti, Vol. 1, pag. 289-291, pag. 295 | Vol. 6, pag. 549 | Vol. 5, pag. 262
da: "Non c'è fedeltà senza rischio", pag. 151 


Buona giornata a tutti. :-)