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venerdì 14 settembre 2018

Esaltazione della Santa Croce di Gesù, 14 settembre

LA CROCE , già segno del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l'albero della vita, il talamo, il trono, l'altare della nuova alleanza. 
Dal Cristo, nuovo Adamo addormentato sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. 
La croce è il segno della signoria di Cristo su coloro che nel Battesimo sono configurati a lui nella morte e nella gloria. 
Nella tradizione dei Padri la croce è il segno del figlio dell'uomo che comparirà alla fine dei tempi. 
La festa dell'esaltazione della croce, che in Oriente è paragonata a quella della Pasqua, si collega con la dedicazione delle basiliche costantiniane costruite sul Golgota e sul sepolcro di Cristo. (Mess. Rom.)

Nel martirologio romano la Festa della esaltazione della Santa Croce, viene celebrata il giorno dopo la dedicazione della basilica della Risurrezione eretta sul sepolcro di Cristo; viene esaltata e onorata come trofeo della sua vittoria pasquale e segno che apparirà in cielo ad annunciare a tutti la seconda venuta del Signore.

La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella dell'"Anàstasis", cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre. Col termine di "esaltazione", che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall'imperatore Eraclio nel 628. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.
La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell'imperatore Costantino, Elena. 
La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l'antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all'umiliante condizione di schiavo (la croce, dal latino "crux", cioè tormento, era riservata agli schiavi) e l'infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura. 
Così la croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana.
La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è la semplice presentazione di "Cristo crocifisso". 

Il cristiano, accettando questa verità, "è crocifisso con Cristo", cioè deve portare quotidianamente la propria croce, sopportando ingiurie e sofferenze, come Cristo, gravato dal peso del "patibulum" (il braccio trasversale della croce, che il condannato portava sulle spalle fino al luogo del supplizio dov'era conficcato stabilmente il palo verticale), fu costretto a esporsi agli insulti della gente sulla via che conduceva al Golgota. 

Le sofferenze che riproducono nel corpo mistico della Chiesa lo stato di morte di Cristo, sono un contributo alla redenzione degli uomini, e assicurano la partecipazione alla gloria del Risorto.



XII Stazione – Gesù muore in Croce

"Non possiamo dimenticare a quale prezzo siamo stati salvati, ogni giorno.
Il sacrificio non è un'obiezione,
neanche la sconfitta umana è un'obiezione,
ma è la radice della Resurrezione,
è la possibilità di una vita vera.
L'avvenimento che riaccade qui ed ora,
se è innanzitutto un fatto -
un fatto che non si può ridurre a nulla,
che non si può censurare,
che non si può più cancellare -
se è innanzitutto un fatto,
è un fatto per te,
che ti interessa supremamente.
È un fatto per te! Per te, per me, per me!
"Per te" è la voce che si sprigiona dal cuore del Crocifisso.
"Per me" è l'eco che ne soffre il cuore mio, la coscienza mia.
Tutto cadrebbe nella morte senza questa voce, senza questa Presenza.

- Don Luigi Giussani - 
Egli solo è – Via Crucis – ed. S. Paolo



Nel marzo del 1641, i pirati turchi, in una delle loro scorribande, fecero prigioniero un cavaliere portoghese, di cui non si conosce il nome, proveniente dall’India, e lo condussero ad Algeri. 
Costui aveva acquistato a Goa, in India, un artistico crocifisso in avorio, pregevole opera scolpita da un valente artista convertito delle Indie Portoghesi, ed intendeva portarlo in patria. 
La cattura glielo impedì e l’immagine sacra cadde in mano ai maomettani, e fu esposta nelle piazze di Algeri, dove il Crocifisso subì nel suo simulacro un secondo martirio: fu oggetto di ingiurie, bestemmie e derisioni, e fu colpito con lance e pugnali, di cui sono ancora visibili i segni. 
Allora avvenne il miracolo, attestato dai documenti autentici dell’epoca, che impressionò profondamente gli animi degli islamici: alla presenza di centinaia di persone, comparvero sul crocifisso delle gocce di sangue che sgorgarono dal volto, dalle mani, dalla ferita del costato e dalle scalfitture prodotte dai pugnali. A tutte queste vicende aveva assistito padre Michelangelo di Gesù (Marchese) missionario carmelitano scalzo ligure, schiavo anch’egli ad Algeri, e religioso di virtù eroiche. Egli, sottoponendosi a durissimo lavoro, riuscì a raccogliere la somma necessaria per acquistare il crocifisso miracoloso.
Quando nel 1643 padre Michelangelo fu liberato portò con sé in Italia il crocifisso che offrì in dono al Preposito Generale dei Carmelitani scalzi, il genovese padre Paolo Simone Rivarola che lo destinò al Deserto di Varazze, dove giunse nel 1646 e dove venne religiosamente conservato. 


Crocefisso ligneo, San Pietro in Pietracuta, RM
O Croce Santa, la vista della quale ci ricorda un'altra croce, quella sulla quale Nostro Signore Gesù Cristo ci ha strappati con la sua morte alla morte eterna, nella quale stavamo precipitando miseramente, risuscitandoci alla vita eterna perduta per il peccato, adoro, venero, glorifico in te la Croce che rappresenti e, in essa, il misericordioso Signore. 
Per essa egli compì la sua opera di misericordia. 
O amabile Croce, in cui sono salvezza, vita, e resurrezione nostra! 
O legno prezioso per il quale fummo salvati e liberati! 
O simbolo di cui Dio ci ha segnati! 
O Croce gloriosa della quale soltanto dobbiamo gloriarci! 
Come ti lodiamo? Come ti esaltiamo? 
Con quale cuore ti preghiamo? Con quale gioia ci glorieremo di te? 
Per te è spogliato l'inferno; è chiuso per tutti coloro che in te sono stati riscattati. 
Per te i demoni sono terrificati, compressi, vinti, schiacciati. 
Per te il mondo è rinnovato, abbellito, in virtù della verità che splende e della giustizia che regna in Lui. 
Per te la natura umana peccatrice è giustificata: era condannata ed è salvata; era schiava del peccato e dell'inferno ed è resa libera; era morta ed è risuscitata. 
Per te la beata città celeste è restaurata e perfezionata. 
Per te Dio, Figlio di Dio, volle per noi obbedire al Padre fino alla morte (Fil 2,8-9). 
Per questo egli, elevato da terra, ebbe un nome che è al di sopra di ogni nome. Per te egli ha preparato il suo trono (Sal 9,8) e ristabilito il suo regno. Sia su di te e in te la mia gloria, in te e per te la mia vera speranza. 
Per te siano cancellati i miei peccati, per te la mia anima muoia alla sua vita vecchia e sorga a vita nuova, la vita della giustizia. 
Fa', te ne prego, che, avendomi purificato nel battesimo dai peccati nei quali fui concepito e nacqui, tu ancora mi purifichi da quelli che ho contratto dopo la nascita alla seconda vita, e che per te io pervenga ai beni per i quali l'uomo è stato creato per il medesimo Gesù Cristo nostro Signore, cui sia benedizione nei secoli.

- Sant’Anselmo -



Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 13 settembre 2018

Il tale che odiava gli stranieri - Paolo Correzzola

In una città viveva un tale che odiava gli stranieri, riteneva che non fossero degni di godere del nostro stesso benessere, e un giorno usò tutto il suo potere per cacciarli via.
Ma non trovò pace, perché odiava anche chi proveniva dalle altre regioni, e così mandò via anche loro, perché riteneva che la sua regione fosse più "virtuosa" delle altre.
Ma non trovò pace, perché odiava anche i disabili e gli handicappati, e ritenendoli solo un peso per la società, mandò via anche loro.
Non trovando pace, mandò via chi aveva un'opinione politica diversa dalla sua, chi faceva il tifo per una squadra di calcio diversa dalla sua, e chi aveva gusti musicali diversi dai suoi.
Infine quel tale rimase solo, e visse un lungo periodo di solitudine e di meditazione.
Alla fine riuscì a comprendere che il problema non erano "gli altri", ma era lui stesso, incapace di convivere con chi ha cultura, religione, opinioni e gusti diversi dai suoi, e che l'uomo, senza le diversità rimane solo.

- Paolo Correzzola -


Se vogliamo scoprire in che cosa consiste l'uomo possiamo trovarlo solo in ciò che sono gli uomini: e questi sono soprattutto differenti.

- Cliffor Geertz - 




La novità viene sempre dall'incontro con l'altro.
Un seme isolato non cresce, ma sollecitato da altro, allora si sprigiona. L'altro è essenziale perché la mia esistenza si sviluppi, verso orizzonti di universalità e totalità cui l'uomo è destinato. 

- don Luigi Giussani - 



A te che vieni da fuori
Aiutaci ad apprezzare le nostre ricchezze
e non voler crederci poveri
solo perché non abbiamo quello che tu hai.
Aiutaci a scoprire le nostre catene e,
vedendo le tue,
non crederci schiavi.
Sii paziente con il nostro popolo,
e non crederci arretrati
perché non sappiamo scrivere la tua lingua.
Sii paziente con il nostro modo di camminare
e non crederci pigri
perché abbiamo un ritmo diverso dal tuo.
Accetta con pazienza i nostri simboli
e non crederci ignoranti
perché non sappiamo leggere le tue parole.
Resta con noi e canta la bellezza della vita
che con noi condividi.
Resta con noi ed accetta
che ti possiamo donare qualche cosa.
Accompagnaci nel cammino:
né davanti né dietro
cerca con noi di vivere e attendere Dio.

Un Vescovo africano


Buona giornata a tutti. :-)







domenica 10 dicembre 2017

Ballata della speranza – Padre David Maria Turoldo

Tempo del primo avvento
tempo del secondo avvento
sempre tempo d'avvento:
esistenza, condizione
d'esilio e di rimpianto.
Anche il grano attende
anche l'albero attende
attendono anche le pietre
tutta la creazione attende.

Tempo del concepimento
di un Dio che ha sempre da nascere.
(Quando per la donna è giunta la sua ora
è in grande pressura
ma poi tutta la sua tristezza
si muterà in gaudio
perché è nato al mondo un uomo.)


Questo è il vero lungo inverno del mondo: 
Avvento, tempo del desiderio
tempo di nostalgia e ricordi
(paradiso lontano e impossibile!)
Avvento, tempo di solitudine
e tenerezza e speranza.


Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente
ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridassimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore
Lui solo sperassimo;
oh se sperassimo tutti insieme
con tutte le cose
sperassimo Lui solamente
desiderio dell'intera creazione;
e sperassimo con tutti i disperati
con tutti i carcerati
come i minatori quando escono
dalle viscere della terra,
sperassimo con la forza cieca
del morente che non vuol morire,
come l'innocente dopo il processo
in attesa della sentenza,
oppure con il condannato
avanti il plotone d'esecuzione
sicuro che i fucili non spareranno;
se sperassimo come l'amante
che ha l'amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo
tutta la terra uomini
e ogni essere vivente
sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza
e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare,
e tutti i fanciulli e quanti
non hanno favella
per prodigio
a un punto convenuto
tutti insieme
affamati malati disperati,
e quanti non hanno fede
ma ugualmente abbiano speranza
e con noi gridassero
astri e pietre,
purché di nuovo un silenzio altissimo
- il silenzio delle origini -
prima fasci la terra intera
e la notte sia al suo vertice;
quando ormai ogni motore riposi
e sia ucciso ogni rumore
ogni parola uccisa
- finito questo vaniloquio! -
e un silenzio mai prima udito
(anche il vento faccia silenzio
anche il mare abbia un attimo di silenzio,
un attimo che sarà la sospensione del mondo),
quando si farà questo
disperato silenzio
e stringerà il cuore della terra
e noi finalmente in quell'attimo dicessimo
quest'unica parola
perché delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
(ma tutti insieme
e a quel punto convenuti)
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato
(ma tutti insieme e a quel punto)
VIENI VIENI VIENI, Signore
vieni da qualunque parte del cielo
o degli abissi della terra
o dalle profondità di noi stessi
(ciò non importa) ma vieni,
urlassimo solo: VIENI!

Allora come il lampo guizza dall'oriente
fino all'occidente così sarà la sua venuta
e cavalcherà sulle nubi;
e il mare uscirà dai suoi confini
e il sole più non darà la sua luce
né la luna il suo chiarore
e le stelle cadranno fulminate
saranno scosse le potenze dei cieli.

E lo Spirito e la sposa dicano: Vieni!
e chi ascolta dica: vieni!
e chi ha sete venga
chi vuole attinga acqua di vita
per bagnarsi le labbra
e continuare a gridare: vieni!

Allora Egli non avrà neppure da dire
eccomi, vengo - perché già viene.

E così! Vieni Signore Gesù,
vieni nella nostra notte,
questa altissima notte
la lunga invincibile notte,
e questo silenzio del mondo
dove solo questa parola sia udita;
e neppure un fratello
conosce il volto del fratello
tanta è fitta la tenebra;
ma solo questa voce
quest'unica voce
questa sola voce si oda:

VIENI VIENI VIENI, Signore!
- Allora tutto si riaccenderà
alla sua luce
e il cielo di prima
e la terra di prima
son sono più
e non ci sarà più né lutto
né grido di dolore
perché le cose di prima passarono
e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi
perché anche la morte non sarà più.
E una nuova città scenderà dal cielo
bella come una sposa
per la notte d'amore
(non più questi termitai
non più catene dolomitiche
di grattacieli
non più urli di sirene
non più guardie
a presiedere le porte
non più selve di ciminiere).

- Allora il nostro stesso desiderio
avrà bruciato tutte le cose di prima
e la terra arderà dentro un unico incendio
e anche i cieli bruceranno
in quest'unico incendio
e anche noi, gli uomini,
saremo in quest'unico incendio
e invece di incenerire usciremo
nuovi come zaffiri
e avremo occhi di topazio:

quando appunto Egli dirà
"ecco, già nuove sono fatte tutte le cose"

allora canteremo
allora ameremo
allora allora...

MARANATHA', VIENI SIGNORE GESU'!

- Padre David Maria Turoldo -
Fonte:  Il sesto angelo, Mondadori, 1976 


[…] Questo Avvento, nel quale l’uomo, spinto dalla grazia, si inserisce, imitando gli atteggiamenti interiori di quanti attesero, cercarono, credettero ed amarono Gesù, viene vivificato mediante la costante meditazione ed assimilazione della Parola di Dio, che per il cristiano rimane il primo e fondamentale punto di riferimento per la sua vita spirituale; viene fecondato ed animato dalla preghiera di adorazione e di lode a Dio, di cui i cantici del “Benedictus” di Zaccaria, il “Nunc dimittis” di Simeone, ma specialmente il Magnificat di Maria santissima, sono modelli impareggiabili. 
Questo Avvento interiore viene rafforzato dalla pratica costante del Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione e dell’Eucaristia che, purificandoci ed arricchendoci della grazia di Cristo, ci fanno “uomini nuovi”, in sintonia con l’invito pressante di Gesù: “Convertitevi” (cf. Mt 3, 2; 4, 17; Lc 5, 32; Mc 1, 15). 


Buona giornata a tutti. :-)











giovedì 25 maggio 2017

Fontana vivace di speranza – don Luigi Giussani

Maria, fra tutte le genti dell’universo
sei una sorgente permanente della speranza.
“Tu sei di speranza fontana vivace”:
la speranza è l’unica stazione
in cui il grande treno dell’Eterno
si ferma un istante.

Senza speranza, infatti,
non esiste possibilità di vita.

La vita dell’uomo è la speranza.

Maria, dentro i padiglioni dell’universo,
sei la sorgente di acqua che si sente,
che va giorno e notte.

Maria, che la gioia,
sebbene duri qualche istante,
sia l’emergenza
della verità di tutta la vita.

Aiutaci tu, che sei stata fatta
Madre del tuo Figlio!

Noi, figli tuoi,
vogliamo seguire te e rinascere
al sapore del tuo profumo e del tuo volto.

- don Luigi Giussani - 

Fonte: “Maria e la Chiesa. Meditazioni e preghiere per un mese mariano” a cura di L. Guglielmoni, F. Negri, Ed.
Paoline 2005


Maria è chiamata la «piena di grazia» (Lc 1,28) e con questa sua identità ci ricorda il primato di Dio nella nostra vita e nella storia del mondo, ci ricorda che la potenza d’amore di Dio è più forte del male, può colmare i vuoti che l’egoismo provoca nella storia delle persone, delle famiglie, delle nazioni e del mondo. 

- papa Benedetto XVI - 

Discorso 8 dicembre 2012


Salve, Regina, madre di misericordia;
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A Te ricorriamo, esuli figli di Eva;
a Te sospiriamo, gementi e piangenti
in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi
tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del tuo Seno.
O clemente, o pia,

O dolce Vergine Maria.



Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 12 gennaio 2017

da don Luigi Giussani, "Che cos'è l'uomo perchè te ne curi?

" Io non ti dimenticherò mai"
...Ma poi uno  volta pagina " Il Signore mi ha abbandonato", noi diciamo; mi ha guardato, mi ha chiamato e poi mi ha abbandonato" "Il Signore mi ha dimenticato". Il Signore è dentro i segni di cui ci circonda, le persone che ci ha reso compagne nel cammino e la Sua voce ci chiama attraverso loro; da loro viene il lamento.
" Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato" riguarda sempre qualche persona o qualcosa attraverso cui il Signore ci ha guardati. Ma una volta che ci ha guardati attraverso quella persona, Egli non sta ai passi di quella, li supera, li trascina.
Come fare a essere testimoni? Seguire il Signore, seguire Cristo, abbandonarsi cioè concretamente alla sua storia, come ci ha guardati, come ci ha toccati, come ci ha messo in una compagnia, come ci ha accompagnato e come ci accompagna. Per essere testimoni basta questo, e non lamentiamoci: " Dio mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. " Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno?"
Questo "commuoversi" cosa vi ricorda? Che non ci può essere carità senza commozione. Ma "Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse del suo bambino, io non ti dimenticherò mai. Questa frase dovrebbe essere scritta lungo tutte e quattro le pareti della nostra stanza, qui davanti a noi, dovrebbe essere scritta su un tirante tra una casa e l'altra, nelle piazze, sulle montagne, dappertutto : " Io non ti dimenticherò mai"

(da don Luigi Giussani, " Che cos'è l'uomo perchè te ne curi?", Commento al salmo 121)



Fin dalla prima ora di scuola ho sempre detto:
«Non sono qui perché voi riteniate come vostre le idee che vi do io, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che io vi dirò.
E le cose che io vi dirò sono un’esperienza che è l’esito di un lungo passato: duemila anni».
Il rispetto di questo metodo ha caratterizzato fin dall’inizio il nostro impegno educativo, indicandone con chiarezza lo scopo:
mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita.

- Don Luigi Giussani -
da: " Il Rischio educativo"



La tristezza è la condizione che Dio ha collocato nel cuore dell’esistenza umana, perché l’uomo non si illuda mai tranquillamente che quello che ha gli può bastare. La tristezza è parte integrante, non della natura del destino dell’uomo, ma dell’esistenza dell’uomo, cioè del cammino al destino, ed è presente ad ogni passo. Quanto più questo passo è bello per te, quanto più è incantevole per te, quanto più è tuo, tanto più capisci che ti manca quello che più aspetti».

- don Luigi Giussani -
da: "Si può vivere così? "




















Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 30 novembre 2016

Sulla vita e sulla morte

Signore Gesù, sono qui dinanzi a te, in salute.
Sento la vita palpitare dentro di me,
e gioisco infinitamente contemplando il creato,
ascoltando il canto degli uccelli,
sperimentando la tenerezza di quanti mi circondano.
Il futuro si apre dinanzi come una ricca pianura
nella quale seminare i miei progetti,
realizzare i miei sogni, raccogliere le mie opere.
E, benché ne senta difficoltà,
faccio uno sforzo su me stesso per accettare che la mia vita finirà,
e che un giorno dovrò dar conto delle mie parole e delle mie azioni.
In quel giorno mi chiederai il più costoso ma il più bel sacrificio,
il sacrificio di tutto ciò che mi hai dato sulla terra.
Ma, in compenso, tu ti consegnerai a me interamente,
e secondo le tue promesse mi darai il centuplo
di quanto ho sacrificato per te.
Sin da ora, Signore, nel pieno uso della mia libertà,
con tutta la lucidità della mia mente,
con tutta la forza della mia volontà, ti presento,
come fascio di fiori appena colto,
i miei affetti e i miei sogni, le mie opere e i miei progetti.

Nelle tue mani pongo l'offerta della mia vita:
accetto la sua fine, quando e come vorrai.
Ti chiedo solo un dono: la tua grazia e la tua amicizia.





Vita e morte non sono due estremi lontani l’uno dall’altro. Sono come due gambe che camminano insieme, ed entrambe ti appartengono. In questo stesso istante stai vivendo e morendo allo stesso tempo. Qualcosa in te muore a ogni istante. Nell’arco di settant’anni la morte arriverà a compimento. In ogni istante continui a morire, e alla fine morirai davvero.

- Osho -



Ognuno che perdiamo prende una parte di noi;
Uno spicchio alla fine rimane,
Che come la luna, una torbida notte,
È chiamato dalle maree.


- Emily Dickinson - 







Il cardinale Schuster diceva che il purgatorio è come un corso di esercizi spirituali: uno riflette, pensa, vede le cose sbagliate che ha fatto, gli dispiace, si purifica. Mi piace pensare che il nostro purgatorio, il purgatorio di ciascuno, sia quello di vedere tutte le stupidaggini che abbiamo fatto nella vita. Ce ne verrà un tale rossore che ci purifica e ci manda in Paradiso... 
Mi è congeniale in questo senso la descrizione dantesca delle anime “che vanno a farsi belle”. 

- Card. Giacomo Biffi - 



Avvenga di me secondo la tua parola.
Per i nostri morti
questo si è attuato definitivamente.
Essi sono nella dolce casa
per cui l'uomo nasce,
alla quale l'uomo è chiamato.
Adesso vedono il rapporto
che c'è fra quella dolce casa
definitiva ed eterna
e il segno fragile,
ma reale di essa,
che è la compagnia in cui sono vissuti.
E chiedono a noi,
dopo l'esperienza fatta,
di essere generosi, vigili, sensibili,
impegnati senza paura del sacrificio nel vivere
questo anticipo della dolce casa
a cui siamo incamminati.
Ci supplicano di poter dire
con maggiore verità quello che cantiamo sovente:
"Troppo perde il tempo chi ben non t'ama".
Essi lo sanno.
Senza paragone più che prima.
E per questo ci incitano che
"avvenga di noi secondo la sua parola".
Ci aiutano a dire l' Angelus
con profondità di attenzione,
come raramente ci avviene
per la distrazione che ci consuma.
(don Luigi Giussani)


Buona giornata a tutti. :-)