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venerdì 2 agosto 2019

Il filo del ragno – don Bruno Ferrero


Uno strozzino morì. 
Per tutta la vita, egoista e spergiuro, aveva accumulato ricchezze sfruttando i poveri e carpendo la buona fede del prossimo. 
La sua anima cadde nel profondo baratro dell'inferno, che le avvampò tutt'intorno. 
Gridò allora: "Giudice supremo delle anime, aiutami. Concedimi una sosta, fa' sì che ritorni sulla terra e ponga rimedio alla mia condanna!". 
Il Giudice supremo lo udì e chinandosi dall'alto sul baratro dell'inferno chiese: "Hai mai compiuto un'opera buona, in vita, cosicché ti possa aiutare adesso?".
L'anima dello strozzino pensò a tutto quel che aveva fatto in vita, e più pensava e meno riusciva a trovare una sola azione buona in tutta la sua lunga esistenza. 
Ma alla fine si illuminò e disse: "Sì, Giudice supremo, certo! 
Una volta stavo per schiacciare un ragno, ma poi ne ebbi pietà, lo presi e lo buttai fuori dalla finestra!".
"Bravo! - rispose il Giudice supremo. - Pregherò quel ragno di tessere un lungo filo dalla terra all'inferno, e così ti ci potrai arrampicare".
Detto fatto. 
Non appena il filo di ragno la toccò, l'anima dello strozzino cominciò ad arrampicarsi, bracciata dopo bracciata, del tutto piena d'angoscia perché temeva che l'esile filo si spezzasse. 
Giunse a metà strada, e il filo continuava a reggere, quando vide che altre anime s'erano accorte del fatto e cominciavano ad arrampicarsi anch'esse lungo lo stesso filo. 
Allora gridò: "Andate via, lasciate stare il mio filo. 
Regge solo me. Andatevene, questo filo è mio!". 
E proprio in quel momento il filo si spezzò, e l'anima dello strozzino ricadde nell'inferno. 
Infatti il filo della salvezza regge il peso di centomila anime buone, ma non regge un solo grammo d'egoismo.

- don Bruno Ferrero - 
Fonte:  L'Importante è la Rosa, edizione Elledicì



Cristo non condanna nessuno alla perdizione, egli è pura salvezza, e chi sta presso di lui, sta entro lo spazio della liberazione e della salvezza. 
Il male non viene inflitto da lui, ma esiste là dove l'uomo è rimasto lontano da lui, nasce dallo starsene chiusi nel proprio io. 

 - Papa Benedetto XVI -
(citato in von Balthsar, Sperare per tutti, Jaca Book, Milano 1997, p. 65)





Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.


- Primo Levi -

Titolo della poesia "11 febbraio 1946". Fa parte della raccolta "Ad ora incerta"





Buona giornata a tutti. :-)




domenica 14 luglio 2019

Educare alla compagnia, più che alla onnipresenza di Dio – don Tonino Bello

Ho provato a pensare se ci possa mai essere qualche an­golo del mondo sottratto, per così dire, all'invadenza del nome di Dio. 
Un posto non toccato dai raggi della sua luce. 
Un luogo in cui trovare asilo politico dalla persecuzione amorevole del suo sguardo. 
Un ricettacolo segreto, insom­ma, munito di franchigia religiosa. Ma non mi è riuscito di trovarne.
La gloria di Jahvè  straripa da tutte le parti. 
Co­me fiume in piena raggiunge le sponde più remote. 
Non ci sono argini che ne fermino il flusso di santità. 
Non ci sono zolle di terra che non si lascino inumidire dalla sua rugiada. Neppure gli spazi dove si imbastiscono le trame più ini­que sono impermeabili all'azione di Dio. 
Neppure i recinti dove si consumano i peccati più neri possono sottrarsi alla sua presenza. Anche i covi più torbidi dove ribolle schiuma del male sono lambiti dall'onda della sua potenza.
Il nome di Dio è grande anche lì.
Lì, nei santuari dove la gente si raccoglie in cerca di pace; ma anche oltre la siepe del giardino comunale, disseminato di siringhe.
Nelle celle del monastero di clausura impregnate di preghiera; ma anche giù, nei sotterranei della metropoli, dove si sfrenano ogni notte le orge della dissolutezza.
Lassù, nell'eremo solitario dove si tocca il silenzio con le mani; ma anche in quell'appartamento dell'ultimo piano del grattacielo, dove si progettano i loschi affari di una spregiudicata lobby finanziaria.
Nella biblioteca del convento, dove il monaco si sprofonda nella ricerca del mistero di Dio; ma anche nello studio fotografico d'una inafferrabile catena di produzione, dove si allestiscono gli spettacoli licenziosi delle riviste per adulti. 
Nelle aule delle università teologiche, in cui si racconta la storia della sal­vezza; ma anche nelle misteriose soffitte degli indovini, dove la gente, tra evocazioni e deliri, abbocca ai filtri della stregoneria.
All'interno della cattedrale dove risuonano i canti gregoriani e s'innalzano gli incensi dai turiboli d'ar­gento; ma anche all'interno di quella bisca clandestina, do­ve tra bestemmie e volute di avana, la vita si impregna dì disperazione.
Nel centro di accoglienza della Caritas, dove i volontari fanno i turni di notte; ma anche nei bassifondi di periferia, dove la malavita organizzata celebra le sue li­turgie di violenza e di morte...

Vengono in mente i versetti del Salmo 139:

«Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra» (Sal 139, 8‑10).

La verità è che Dio solo è il Signore dell'universo, e che la terra non è oggetto di spartizione tra l'impero del bene e l'impero del male.
Non ci sono paletti catastali che segnino il limite delle sue proprietà.
Non c'è riserva di caccia che gli impedisca di scavalcare il filo spinato della nostra cattiveria.
Lui solo è il santo. Penetra l'intimità delle cose.
Rag­giunge le fibre segrete della materia. Invade il cuore del­l'uomo, anche il più determinato a esibirgli il divieto di ac­cesso.
Non gli appartengono solo le aree del sacro. 
Riempie d'olio tutte le lampade della vita. 
Fa ardere i roghi della storia, accende le fiammelle della cronaca, illumina i cre­puscoli delle nostre stagioni spirituali.
Tutto è suo. Lo spazio e il tempo.
Sì, anche il tempo. Perché la grandezza del suo nome non si commisura sul­l'arco del martirologio romano, ma si estende di generazio­ne in generazione. Anzi raggiunge i tempi in cui non c'era­no neppure generazioni, ma c'era solo il “caos”, il grande sbadiglio, che egli ha deciso di trasformare in “cosmo”, la grande bellezza, riflesso della sua gloria.

«O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra!» (Sal 8, 1).

Su tutta la terra. Anche su quella porzione di storia e di geografia che attualmente soffre i travagli del parto, ma che un giorno lascerà la zona d'ombra per entrare nella lu­ce meridiana.
Ecco perché la nostra voce deve fare esplodere l'osanna a Dio, non solo nell'alto, ma anche nel basso dei cieli.

- don Tonino Bello -
Fonte: "Dire Dio oggi. Dallo stupore alla trascendenza"
Scrigni, collana diretta da don Ciccio Savino, Ed. Insieme, pagg. 10,11,12,13






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sabato 6 luglio 2019

Aqeda - Legami. Il Targum su Genesi 22

E avvenne, dopo questi avvenimenti, che YHWH mise alla prova Abramo per la decima volta e gli disse: Abramo! 
Abramo rispose nella lingua del santuario, e Abramo gli disse: Eccomi…
Isacco disse: Ecco il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto? Abramo rispose: Davanti a YHWH sta preparato per lui l’agnello per l’olocausto. Se no sei tu l’agnello per l’olocausto. E andarono tutti e due assieme con un cuore perfetto. 
E vennero nel luogo che YHWH aveva indicato e Abramo costruì l’altare, dispose la legna, legò suo figlio Isacco e lo mise sull’altare sopra la legna. 
E Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio Isacco. Isacco prese la parola e disse ad Abramo suo padre: Padre mio, legami bene, in modo che io non ti impedisca e che la tua offerta non sia resa invalida, e che io non sia gettato nella fossa della perdizione del mondo futuro. 
Gli occhi di Abramo si volsero verso gli occhi di Isacco e gli occhi di Isacco si volsero verso gli angeli su in alto. 
Isacco li vide, ma Abramo non li vide. 
In quello stesso momento venne una voce dal cielo e disse: Venite a vedere i due soli che ci sono al mondo. 
L’uno immola e l’altro è immolato. 
Colui che immola non si rifiuta e colui che è immolato presenta la gola. 
E l’angelo di YHWH lo chiamò dai cieli e gli disse: Abramo! Abramo rispose nella lingua del santuario. 
Eccomi. 
Gli disse: Non stendere la mano sul ragazzo e non fargli alcun male, poiché io so che tu ora temi YHWH e non gli hai negato il tuo figlio, il tuo unico figlio. Abramo alzò gli occhi e guardò: ed ecco che vi era un ariete tra gli alberi, impigliato per le corna. 
Abramo l’andò a prendere e l’offrì in olocausto al posto di suo figlio. Allora Abramo rese culto e pregò il nome della Parola di YHWH e disse: Io ti prego, per il tuo stesso amore, o YHWH. 
Tutto è scoperto e conosciuto davanti a te. 
Ora, non c’è stata divisione nel mio cuore al momento in cui tu mi hai detto d’immolare Isacco mio figlio e di renderlo polvere e cenere davanti a te. Ma subito io mi sono levato all’alba e con zelo ho portato a compimento la tua Parola e con gioia ho eseguito la tua decisione. Ma ora, io ti prego per la tua misericordia, allorché i figli d’Isacco si troveranno in un tempo di difficoltà, ricordati della legatura d’Isacco loro padre ed ascolta la voce delle loro suppliche. Esaudiscili e liberali da ogni tribolazione. Così le generazioni future diranno: Sulla montagna del Santuario di YHWH dove Abramo offrì Isacco suo figlio, su questa montagna gli è apparsa la gloria della Presenza di YHWH.

(il testo riportato è tratto da S. P. Carbone – G. Rizzi, Le Scritture ai tempi di Gesù, op. cit., 109-110)



Si può fare un confronto con Midraš Genesi Rabbah :
“Un’altra spiegazione: Disse R. Jishaq: Quando Abramo stava per legare Isacco suo figlio, questi gli disse: Padre, io sono giovane e ho paura che forse tremi il mio corpo per la paura del coltello, mi faccia del male e forse la macellazione non sia valida e non ti sia considerato quale sacrificio: dunque legami bene e subito. 
E legò Isacco suo Figlio (Gn 22,9). 
Può un uomo legare un figlio di 37 anni senza il suo consenso? 
Subito stese Abramo la sua mano (Gn 22,10). 
Stendeva la mano per prendere il coltello e dai suoi occhi scendevano le lacrime, e le lacrime che provenivano dalla compassione paterna cadevano sugli occhi d’Isacco, tuttavia egli era felice di eseguire la Volontà del suo Creatore, mentre gli angeli si raccoglievano in schiere al disopra, e che cosa dicevano? 
Sono deserte le strade ed è cessato il transito per le vie, è stata infranta l’alleanza, ha disprezzato la città (Is 33,8). 
Non si compiace più di Gerusalemme e del Santuario che aveva intenzione di dare in possesso ai discendenti di Isacco. 
Non si tiene conto dell’uomo. 
Non sussiste il merito di Abramo. 
Nessuna creatura è considerata ai suoi occhi. 
Disse Rabbi Aha: Abramo cominciò a meravigliarsi: questi fatti non sono altro che fatti che portano stupore! Ieri dicesti: la tua discendenza prenderà il nome da Isacco (Gn 21,12), ed oggi hai cambiato e hai detto: prendi tuo figlio (Gn 22,2). 
Ed ora tu mi dici: Non mettere le mani addosso al ragazzo! Gli disse il Santo, che egli sia benedetto: Abramo, non infrangerò mai la mia alleanza ed il detto delle mie labbra non muterò (Sal 89,35), la mia alleanza manterrò con Isacco. Quando ti ho detto: Prendi tuo figlio, non ti ho detto: Scannalo, ma: Fallo salire (gioco sul TE della radice ’lh, che può voler dire ‘olocausto’ o ‘salire’). Te l’ho detto per amore, l’hai fatto salire ed hai eseguito il mio ordine, ora fallo scendere”.

(il testo riportato è tratto da S. P. Carbone – G. Rizzi, Le Scritture ai tempi di Gesù, op. cit., 110)


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 30 giugno 2019

Il falco che non sapeva volare – don Bruno Ferrero


Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché li addestrasse.
Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
"E l'altro?" chiese il re.
"Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare.
Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo". 


Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno potè schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
"Portatemi l'autore di questo miracolo", ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
"Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?" gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò:"Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare".


Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo delle nostre false sicurezze a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto di avere le "ali" per volare alto e fare della nostra vita un capolavoro.

- don Bruno Ferrero -
Fonte: Ma noi abbiamo le ali di Bruno Ferrero



Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella 'zona grigia' in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.
Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. 
Io non sono il corpo: io sono la mente.

Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita. Sono enormemente grata. 
Grazie mille a tutti!
Spetta a ogni individuo il compito di costruire la propria scala di valori e cercare di attenersi a quella con l’obiettivo di godere ora per ora, giorno per giorno, della straordinaria esperienza di vivere. 



- Rita Levi Montalcini -




...se noi vogliamo trovare una vita più interessante, deve avvenire una rottura in noi, una rottura che porti ad una liberazione. 
Ci siamo abituati a vivere in un certo modo e siamo costretti a vivere in un certo modo. 
Io mi alzo la mattina e conosco tutto quello che devo fare. 
Non dovrei saperlo, la giornata dovrebbe avere la sorpresa. 
Dovrebbe riservare qualche sorpresa, che è un rapporto nuovo con ciò che io stabilisco con qualcosa, o con qualcuno, una persona, un oggetto, un albero. Questo deve essere una scoperta. 
La rottura è appunto, questa nostra disposizione ad accettare l'imprevisto. Cercare di intendere lo sconosciuto, osservarlo, interpretarlo.
E' inutile andare lontano e ritornare. 
L'importante è essere andati lontano, ed avere trovato la persona, l'albero, l'oggetto, quella cosa che poi, può inserirsi davvero nella nostra vita come un fatto nuovo, ed emotivo.

- Giovanni Michelucci - 
da: "La vita va azzardata"



Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 26 giugno 2019

Mostrati, Signore - Padre David Maria Turoldo

A tutti i cercatori del tuo volto,
mostrati, Signore;




a tutti i pellegrini dell'assoluto,
vieni incontro, Signore;





con quanti si mettono in cammino
e non sanno dove andare
cammina, Signore;





affiancati e cammina con tutti i disperati
sulle strade di Emmaus;





e non offenderti se essi non sanno
che sei tu ad andare con loro,
tu che li rendi inquieti
e incendi i loro cuori;





non sanno che ti portano dentro:
con loro fermati poiché si fa sera
e la notte è buia e lunga, Signore.


- Padre David Maria Turoldo -


Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 24 maggio 2019

Ti aspettavo a Samarcanda (1)


«Un giovane giardiniere persiano dice al suo principe: “Salvami! 
Ho incontrato la Morte stamattina. Mi ha fatto un gesto di minaccia. Stanotte, per miracolo, vorrei essere a Isfahan”. 
Il buon principe gli presta i suoi cavalli. 
Nel pomeriggio, il principe incontra la Morte e le chiede: “Perché stamattina hai fatto un gesto di minaccia al nostro giardiniere?” 
“Non era un gesto di minaccia, ma un gesto di sorpresa. Perché stamattina lo vedevo lontano da Isfahan, e a Isfahan lo devo prendere stanotte».


- Jean Cocteau  - 
“Il gesto della morte”, 1923, dal romanzo: Le grand écart



«C’era a Baghdad un mercante che mandò il suo servo al mercato per far provviste. E il servo ritornò ben presto, pallido e tremante, e disse: “Padrone, poco fa, mentre ero al mercato, fui urtato da una donna nella folla, e quando mi volsi mi accorsi che era stata la Morte a urtarmi. Mi guardò e fece un gesto minaccioso. Te ne supplico, prestami il tuo cavallo e io abbandonerò questa città per sfuggire al mio destino. E andrò a Samarra, dove la Morte non potrà trovarmi”. 
Il mercante gli prestò il suo cavallo, e il servo montò in sella e, spronando a sangue l’animale, partì al galoppo. 
Allora il mercante si recò alla piazza del mercato e mi scorse tra la folla. “Perché hai fatto un gesto minaccioso al mio servo, stamane?” mi chiese, avvicinandosi. “Il mio gesto non era di micaccia, bensì di sorpresa”, risposi. “Fui stupita di vederlo a Baghdad poiché avevo un appuntamento con lui questa notte a Samarra”.»

- William Somerset Maugham - 
 1933 


Buona giornata a tutti :-)










giovedì 23 maggio 2019

Ti aspettavo a Samarcanda

II discepolo di un Sufi di Bagdad era seduto un giorno in un angolo di una locanda, quando sorprese una conversazione tra due persone. 
A sentirle parlare, capì che una di loro era l'Angelo della Morte.
"Ho molte visite da fare in questa città nelle prossime tre settimane", stava dicendo l'Angelo al suo compagno.
Terrorizzato, il discepolo si rannicchiò nel suo angolino finché i due non se ne furono andati. Poi fece appello a tutta la sua intelligenza per trovare il modo di scampare all'eventuale visita dell'Angelo, e alla fine decise di allontanarsi da Bagdad affinché la morte non potesse raggiungerlo. 
Dopo aver fatto questo ragionamento, non gli restava che noleggiare il cavallo più veloce e, spronandolo giorno e notte, arrivare fino alla lontana Samarcanda.
Nel frattempo la Morte si incontrò con il maestro sufi, col quale si intrattenne a parlare di varie persone. "Ma dov'è dunque quel vostro discepolo tal dei tali?", chiese la Morte.
"Dovrebbe trovarsi da qualche parte in città, immerso in contemplazione, forse in un caravanserraglio", rispose il maestro.
"È strano", disse l'Angelo, "perché è proprio nella mia lista ... Ah, ecco, guardate: devo prenderlo fra quattro settimane a Samarcanda, e in nessun altro luogo".

Questa versione della "Storia della Morte" proviene dal Hikayat-i-Naqshia ("Storie concepite secondo un Disegno). 

L'autore di questa storia, che è uno dei racconti popolari più preferiti nel Medio Oriente, è il grande Sufi Fudail Ibn Ayad, un ex-bandito che morì all'inizio del IX secolo.

La prima apparizione della storia "Ti aspettavo a Samarcanda" la troviamo nel Talmud (“Insegnamento”), che è uno dei testi sacri dell’ebraismo ed è conosciuto in due versioni: quella di Gerusalemme e quella babilonese. La versione babilonese è molto più lunga ed è stata redatta fra il V e il VI secolo d. C. Contiene testi tramandati in forma orale sin da molti secoli prima di Cristo.


Un giorno Re Salomone si accorse che l’Angelo della Morte era triste. «Perché sei così triste?» gli chiese. «Perché mi hanno ordinato di prendere quei due Etiopi», risponde l’Angelo della Morte, riferendosi a Elihoreph e Ahyah, i due scribi etiopi di Salomone. Il Re volle salvare i suoi preziosi uomini e li fece scappare fino alla città di Luz, ma appena giunti qui i due scribi morirono. Il giorno seguente Salomone incontrò di nuovo l’Angelo della Morte e vide che sorrideva. «Perché sei così felice?» gli chiese. «Hai mandato i due etiopi proprio nel posto in cui li aspettavo!» risposte la Morte.  Al che Salomone espresse la morale della parabola: «I piedi di un uomo sono responsabili per lui: essi lo portano nel luogo dove egli è atteso.»

dalla 53ª sukkah del Talmud Babilonese  

(continua)


Buona giornata a tutti. :-)








domenica 14 aprile 2019

La segnaletica del Calvario – Don Tonino Bello

Al Golgota si va in corteo, come ci andò Gesù.

Sulle grandi arterie, oltre alle frecce giganti collocate agli incroci, ce ne sono ogni tanto delle altre, di piccole dimensioni, che indicano snodi secondari.

Ora, per noi che corriamo distratti sulle corsie preferen­ziali di un cristianesimo fin troppo accomodante e troppo poco coerente, quali sono le frecce stradali che invitano a rallentare la corsa per imboccare l’unica carreggiata credibile, quella che conduce sulla vetta del Golgota?

Ve ne indico tre. Ma bisogna fare attenzione, perché si vedono appena.

 
La freccia dell’accoglienza. 
E’ una deviazione difficile, che richiede abilità di manovra, ma che porta diritto al cuore del Crocifisso.


Accogliere il fratello come un dono. Non come un rivale. Un pretenzioso che vuole scavalcarmi. Un possibile concor­rente da tenere sotto controllo perché non mi faccia le scarpe.

Accogliere il fratello con tutti i suoi bagagli, compreso il bagaglio più difficile da far passare alla dogana del nostro egoismo: la sua carta d’identità! 
Sì, perché non ci vuole molto ad accettare il prossimo senza nome, o senza contorni, o senza fisionomia. Ma occorre una gran fatica per accettare quello che è iscritto all’anagrafe del mio quartiere o che abita di fronte a casa mia.


Coraggio! 
Il Cristianesimo è la religione dei nomi propri, non delle essenze. Dei volti concreti, non degli ectoplasmi. 
Del prossimo in carne e ossa con cui confrontarsi, non delle astrazioni volontaristiche con cui crogiolarsi.


La freccia della riconciliazione. 
Ci indica il cavalcavia sul quale sono fermi, a fare autostop, i nostri nemici. 
E noi dobbiamo assolutamente frenare. 
Per dare un passaggio al fratello che abbiamo ostracizzato dai nostri affetti. Per stringere la mano alla gente con cui abbiamo rotto il dialogo. 
Per porgere aiuto al prossimo col quale abbiamo categoricamente deciso di archiviare ogni tipo di rapporto.

È sulla rampa del perdono che vengono collaudati il mo­tore e la carrozzeria della nostra esistenza cristiana. E su questa scarpata che siamo chiamati a vincere la pendenza del nostro egoismo e a misurare la nostra fedeltà al mistero della croce.


La freccia della comunione. 
Al Golgota si va in corteo, come ci andò Gesù. Non da soli. Pregando, lottando, soffrendo con gli altri. Non con arrampicate solitarie, ma solidarizzando con gli altri che, proprio per avanzare insieme, si danno delle norme, dei progetti, delle regole precise, a cui bisogna sottostare da parte di tutti. Se no, si rompe qualcosa. Non il cristallo di una virtù che, al limite, con una confessione si può anche ricomporre. Ma il tessuto di una comunione che, una volta lacerata, richiederà tempi lunghi per pazienti ricuciture.

  
Il Signore ci conceda la grazia di discernere, al momento giusto, sulla circonvallazione del Calvario, le frecce che segnalano il percorso della Via Crucis. Che è l’unico percorso di salvezza.



- don Tonino Bello -
Fonte: Alla finestra della speranza di don Tonino Bello



Pentimento non è auto compassione o rimorso, ma conversione, incentrare la nostra vita sulla Trinità. Non è guardare indietro con disgusto, ma avanti con speranza.
Non significa guardare in basso ai nostri errori, ma in alto all'amore di Dio.
Non significa guardare ciò che non siamo riusciti a essere, ma ciò che - per grazia divina - possiamo diventare.

- K. Ware -
Agenda Missionaria 



"Se vi dicono che afferrate le nuvole, che battete l'aria, che non siete pratici, prendetelo come un complimento.
Non fate riduzioni sui sogni. Non praticate sconti sull'utopia.
Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e vi date da fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: Ma cosa si cela negli occhi così pieni di stupore di costoro?".

- don Tonino Bello -


Buona giornata a tutti. :-)