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giovedì 18 aprile 2019

Farsi pane - card. Giacomo Biffi



«Sapete ciò che vi ho fatto?», ci interroga oggi il Signore. 
Alla sua consapevolezza deve corrispondere la nostra. Questa non è la sera in cui si possa restare svagati o distratti; più che in ogni altro momento dell’anno, dobbiamo sapere, ricordare e capire. 
«Sapete ciò che vi ho fatto?»: lo sguardo del nostro Salvatore è su di noi e ci scava nell’anima. 
Sapete – egli dice – che sono passato per una via così dolorosa da questo mondo al Padre, perché anche a voi fosse reso possibile questo «ritorno a casa» e ridiventasse accessibile la vostra autentica mèta? 
Sapete che vi ho amati sino alla fine, perché anche la vostra adesione a me fosse senza esitazioni e senza avarizie? 
Sapete che anche tra voi dovete volervi bene e servirvi, dal momento che «io vi ho dato l’esempio»? (Gv 13,15). 
Sapete che sono io il Signore della storia (anche se oggi mi vedete spesso ignorato dal mondo), appunto perché possiedo l’onnipotenza dell’amore e mando sugli uomini l’energia trasformante dello Spirito? 
Sapete che nel rito dell’eucaristia tutti questi favori, tutte queste speranze, tutti questi ideali sono compendiati e resi a voi disponibili, nella verità sublime della mia presenza?

Chiediamo in quest’ora la grazia di metterci in ascolto della voce penetrante del nostro Signore e Maestro, chiediamo la grazia di comprendere e di non dimenticare mai i suoi doni mirabili, chiediamo la grazia di avvicinarci un poco al nostro divino modello. 
Egli ancora una volta ci dice: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (ib.). 

card. Giacomo Biffi -
Cena Domini 1992




Per farsi pienamente cosa loro, Gesù si diede in pasto e bevanda: la maniera più diretta per entrare in comunicazione con l’intero uomo. Fattosi nutrimento degli uomini, poteva comportarsi in unica sostanza vitale con loro. In tal modo si offerse prima all’uomo poi a Dio. Compì un’unica offerta in due fasi successive, per saldare in sé – la vittima – quella divinità e quella umanità che erano dal peccato separate.

- Igino Giordani -
da: Il sangue di Cristo Primavera Missionaria (1937) 1989, pag.57






Può essere bello, ma non è certo facile farsi pane.
Significa che non
puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Significa che devi
essere disponibile, a tempo pieno.
Significa che devi
avere pazienza e mitezza, come il pane
che si lascia
impastare, cuocere e spezzare.
Significa che devi
essere umile, come il pane,
che non figura nella
lista delle specialità;
ma è sempre lì per
accompagnare.
Significa che devi
coltivare la tenerezza e la bontà,
perché così è il
pane, tenero e buono.

- R. Prieto -

Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 15 aprile 2019

La Pasqua senza la croce è vuota - padre Ermes Ronchi

«Se non vedo, se non tocco, io non credo». Non cre­de Tommaso neppure a die­ci apostoli: «non viene da voi la prova di cui ho bisogno. Io voglio sentire Cristo che toc­ca Lui la mia vita, Cristo che entra, apre, solleva, e traccia strade. Non mi accontento di parole, ho bisogno di 'senti­re' Dio, di un Dio sensibile, u­dibile, visibile; non di un rac­conto, ma di un avvenimen­to. Ho bisogno che la sua vi­ta scuota la mia vita, e senti­re che è per me, che è mio». Ed ecco che Tommaso non ricerca segni gloriosi o trion­falistici, ma vuole toccare le ferite vive e aperte della pas­sione, rivedere il corpo dato, il sangue versato: lì è con­densata l'essenza della fede. Finché non partecipi, finché non sei coinvolto nell'im­menso gioco dell'amore e del dolore di Dio, non puoi dire: io credo, Signore!
«Metti qui il tuo dito, tendi la tua mano!». Gesù si fa vicino, voce che non giudica ma in­coraggia, e i segni dei chiodi sono a distanza di mano e di cuore: il risorto è il crocifisso.
La Pasqua senza la croce è vuota.
La croce senza la Pa­squa è cieca.
Tommaso si arrende a un crocifisso amore che accondiscende alla sua fatica di credere e consegna ancora il suo corpo; si arrende a quel foro nel fianco e neppure si dice che lo abbia toccato. Si arrende all'amore che ha scritto il suo racconto sul cor­po di Gesù con l'alfabeto del­le ferite. Indelebile alfabeto, come l'amore. A ciascuno di noi Gesù ripete: «guarda, stendi la mano, tocca le pia­ghe, ritorna ai giorni della croce; guarda a fondo, fino alla vertigine, in quei fori; porta i tuoi dubbi al legno della croce, troveranno ri­sposta; non stancarti di a­scoltare la passione di Dio».
E Tommaso passa dall'incre­dulità all'estasi: «Mio Signo­re e mio Dio». Voglio custo­dire in me questo aggettivo, come una riserva di coraggio per la mia fede: «Mio». Pic­cola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri o degli altri, ma il Dio intrec­ciato con la mia vita, mia lu­ce e mia ombra, assenza e poi più ardente presenza. Tom­maso come l'amata del Cantico dei Cantici dice: «Il mio amato è per me e io sono per lui». Mio, non di possesso, ma di appartenenza. Mio, in cui mi riconosco perché da lui sono riconosciuto. Mio, per­ché esiste per me, mia luce e mio dolore. Mio come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo è il respiro e, senza, non vivrei.

- Padre Ermes Ronchi -
Fonte: Omelia della II Domenica di Pasqua (Anno A)
(30 marzo 2008)



Il Credo fu accettato perché corrisponde alla serratura; perché è come la vita.
È una delle tante storie; con questo di più, che è una storia vera.
È una fra le tante filosofie; con questo di più, che è la verità...
Esso apre a noi non soltanto incredibili cieli, ma una terra (può sembrare) egualmente incredibile, e la fa credibile. 
Siamo cristiani e cattolici non perché adoriamo una chiave, ma perché abbiamo varcato una porta; e abbiamo sentito lo squillo di tromba della libertà passare sopra la terra dei viventi.

- Gilbert Keith Chesterton -
da: "L’Uomo Eterno"



Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d'amore!

E sentiremo i brividi della Pasqua.

- don Tonino Bello - 




Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 12 aprile 2019

Sono anch’io un crocefisso – don Primo Mazzolari

Questa sera il tabernacolo è vuoto, la croce è nuda, chiuso il sepolcro, gli altari desolati, ma la Messa continua sugli ignoti calvari di una terra ove ogni picco, ogni greco, ogni preda è un tabernacolo, un altare, una croce.

Il mio prete ha tolto anche i grossi candelieri di ferro battuto: sull'altare non c'è che il grande crocifisso e la sua ombra fatta anche più grande.

Questa nudità m'agghiaccia.
Ho l'impressione di trovarmi per la prima volta in faccia alla morte, all'ingiustizia, al dolore, alla guerra... Come siano arrivate queste nostre tristezze fin sull'altare, non so: come si siano legate a quel tronco, fatte una sola cosa col crocifisso, non so...
So che ci sono anch'io lassù, sul legno, inchiodato sul legno...
inchiodato con la fame di tutti gli uomini,
con l'esilio di tutti,
con la desolazione di tutti,
con l'odio che fa la guerra,
con la menzogna che fa l'ingiustizia.

Son venuto per vedere e mi trovo inchiodato. 
Sono anch'io un crocifisso!
Quanti siamo qui o anche gli altri..., tutti dei crocifissi.

Ogni tentativo di fuga mi è impossibile questa sera. 
Cristo mi fa uomo con lui, come lui, uomo di dolore, uomo di offerta.
Le mie ragioni non tengono: i miei alibi son falsi; ci sono arrivato per tutte le strade, con tutti i disperati, i percossi, gli affamati, con tutti i felici, gli oppressori, i sazi...
Il crocifisso è mio: io sono nel crocifisso.

Chi mi ha condotto in chiesa questa sera? Chi m'ha gettato contro codesto crocifisso enorme proprio in questo Venerdì santo? Tutti e nessuno.
Bisognava pure che quel «resto» senza nome, che nessuno vuole, che nessuno capisce, lo mostrassi a qualcuno: bisognava trovargli un nome (c'è troppa orfanezza nel mio cuore!), un rifugio.
E adesso che ne so il nome, che ne vedo il volto, cos'ho guadagnato?
Quando troverò uno che ha fame... non gli potrò più dire (era così spiccio e comodo!): «Non so chi tu sia», perché ti ho visto.
Davanti allo sguardo mortificato del mio operaio, al quale nego l'aumento del salario, adesso che tutto cresce, non potrò più voltargli le spalle dignitoso e sdegnato, perché io non ti posso più licenziare, o Cristo.
Se vedrò piangere, non potrò più scantonare, perché sei tu che piangi.
Quando leggerò dei morti che la guerra ammucchia, non potrò pensare che i miei dividendi crescono per la sola ragione che gli altri muoiono, perché tu mi obbligheresti a guardarmi le mani. E chi può guardare delle mani, le proprie mani che grondano sangue? Questo ho guadagnato stasera.
Il «resto» che da anni e anni, con sforzi disumani ero riuscito a serrare in un angolo morto della mia anima, ha rotto gli argini, m'inonda e mi sommerge. Per la prima volta, a faccia aperta, ho fissato in volto il mio male.


Crocifissi come te.

Ma tu, dall'alto della tua croce, invochi perdono: noi, dalla nostra croce, odiamo;
tu doni il Paradiso a un ladrone, noi togliamo il pane anche all'orfano.
Tu sulla croce, sei nudo, sei l'uomo. Noi siamo obbligati a portare la maschera dell'uomo forte, dell'uomo grande, dell'uomo implacabile... fin sulla croce.
Signore, toglimi questa maschera, fammi vedere come sono, come siamo per avere almeno pietà gli uni degli altri.
Tu ci hai comandato di amarci gli uni gli altri come tu ci ami.
Ho paura che quel giorno sia ancora molto lontano, troppo lontano.
Almeno potessimo arrivare ad aver pietà gli uni degli altri!
A vivere e a morire da uomini, da poveri uomini come siamo, in pace con noi stessi!

- don Primo Mazzolari -
 Fonte: Tempo di passione di Primo Mazzolari, Paoline 2005




«Ora è solo nella notte, solo in mezzo agli uomini, solo in faccia a Dio. 
Uomo di carne e di sangue, uomo che sa che la sua distruzione è vicina, che la sua carne sarà trafitta, che il suo sangue colerà sulla terra. 
Nessuno saprà forse mai il significato vero delle parole che il Figlio indirizza al Padre, nella solitudine nera degli ulivi. 
La preghiera del Getsemani è il più imperscrutabile mistero divino della storia di Cristo.»

- Giuseppe Papini -
da Storia di Cristo




«E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ultima cena, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. 
E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico. 
La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi.  
Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici.»

- don Primo Mazzolari -






Sei la vita
per gli uomini e la luce: al tuo morire
nel buio son piombati. Ma l'estremo
sospiro tuo fu oscurità d'incendio,
fu tenebra d'amore fiammeggiante
ove la luce di risurrezione
già palpitava. E fu degna corona
il tuo disincarnarti, e compimento
dell'obbedienza che ti fece Uomo.

- Miguel de Unamuno - 
da: "Il Cristo di Velasquez", p. 84




Buona giornata a tutti. :-)





martedì 2 aprile 2019

San Giovanni Paolo II - Preghiera di intercessione

Poiché la croce di Cristo è il segno d’amore e di salvezza,
non deve sorprenderci che ogni amore autentico richiede sacrificio.
Non abbiate paura quando l’amore richiede sacrificio.
Non abbiate paura della croce di Cristo.
La croce è l’Albero della Vita.
È sorgente di ogni gioia e di ogni pace.
Era l’unico modo per Gesù di arrivare alla risurrezione e al trionfo.
È l’unico modo per noi di partecipare alla sua vita, ora e sempre.
Certamente il messaggio che la Croce comunica non è facile da comprendere nella nostra epoca,
ma voi, cari giovani, non abbiate paura di proclamare, in ogni circostanza il Vangelo della Croce.
Non abbiate paura di andare controcorrente!


- san Giovanni Paolo II, papa - 
Omelia – 4 Aprile 2004


"La profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corso delle cose e intorpidito dall'inerzia, si contenti di un'etica puramente individualistica.
Il dovere della giustizia e dell'amore viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, interessandosi al bene comune secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta anche le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini.
Vi sono di quelli che, pur professando opinioni larghe e generose, tuttavia continuano a vivere in pratica come se non avessero alcuna cura delle necessità della società." 

- san Giovanni Paolo II, papa - 
Enciclica Gaudium es Spes, n.30




Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la Sua potestà!
Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e,
con la potestà di Cristo, servire l'uomo e l'umanità intera!
Non abbiate paura!
Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!
Alla Sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati,
i sistemi economici come quelli politici,
i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo....
Non abbiate paura!
Cristo sa cosa è dentro l'uomo.
Solo Lui lo sa!
Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È  invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete a Cristo di parlare all'uomo.
Solo Lui ha parole di vita, sì! Di Vita Eterna.


- San Giovanni Paolo II, papa - 



 O Trinità Santa, ti ringraziamo per aver donato alla Chiesa 
san Giovanni Paolo II 
e per aver fatto risplendere in lui la tenerezza della Tua paternità, 
la gloria della Croce di Cristo 
e lo splendore dello Spirito d’amore.
Egli, confidando totalmente nella Tua infinita misericordia 
e nella materna intercessione di Maria, 
ci ha dato un’immagine viva di Gesù Buon Pastore 
e ci ha indicato la santità come misura alta 
della vita cristiana ordinaria 
quale strada per raggiungere la comunione eterna con Te. 
Concedici, per sua intercessione, 
secondo la Tua volontà, 
la grazia che imploriamo … (chiedere la grazia ...) 
Amen.


San Giovanni Paolo II, prega per noi!!!


Buona giornata a tutti. :-)






venerdì 14 settembre 2018

Esaltazione della Santa Croce di Gesù, 14 settembre

LA CROCE , già segno del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l'albero della vita, il talamo, il trono, l'altare della nuova alleanza. 
Dal Cristo, nuovo Adamo addormentato sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. 
La croce è il segno della signoria di Cristo su coloro che nel Battesimo sono configurati a lui nella morte e nella gloria. 
Nella tradizione dei Padri la croce è il segno del figlio dell'uomo che comparirà alla fine dei tempi. 
La festa dell'esaltazione della croce, che in Oriente è paragonata a quella della Pasqua, si collega con la dedicazione delle basiliche costantiniane costruite sul Golgota e sul sepolcro di Cristo. (Mess. Rom.)

Nel martirologio romano la Festa della esaltazione della Santa Croce, viene celebrata il giorno dopo la dedicazione della basilica della Risurrezione eretta sul sepolcro di Cristo; viene esaltata e onorata come trofeo della sua vittoria pasquale e segno che apparirà in cielo ad annunciare a tutti la seconda venuta del Signore.

La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella dell'"Anàstasis", cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre. Col termine di "esaltazione", che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall'imperatore Eraclio nel 628. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.
La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell'imperatore Costantino, Elena. 
La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l'antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all'umiliante condizione di schiavo (la croce, dal latino "crux", cioè tormento, era riservata agli schiavi) e l'infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura. 
Così la croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana.
La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è la semplice presentazione di "Cristo crocifisso". 

Il cristiano, accettando questa verità, "è crocifisso con Cristo", cioè deve portare quotidianamente la propria croce, sopportando ingiurie e sofferenze, come Cristo, gravato dal peso del "patibulum" (il braccio trasversale della croce, che il condannato portava sulle spalle fino al luogo del supplizio dov'era conficcato stabilmente il palo verticale), fu costretto a esporsi agli insulti della gente sulla via che conduceva al Golgota. 

Le sofferenze che riproducono nel corpo mistico della Chiesa lo stato di morte di Cristo, sono un contributo alla redenzione degli uomini, e assicurano la partecipazione alla gloria del Risorto.



XII Stazione – Gesù muore in Croce

"Non possiamo dimenticare a quale prezzo siamo stati salvati, ogni giorno.
Il sacrificio non è un'obiezione,
neanche la sconfitta umana è un'obiezione,
ma è la radice della Resurrezione,
è la possibilità di una vita vera.
L'avvenimento che riaccade qui ed ora,
se è innanzitutto un fatto -
un fatto che non si può ridurre a nulla,
che non si può censurare,
che non si può più cancellare -
se è innanzitutto un fatto,
è un fatto per te,
che ti interessa supremamente.
È un fatto per te! Per te, per me, per me!
"Per te" è la voce che si sprigiona dal cuore del Crocifisso.
"Per me" è l'eco che ne soffre il cuore mio, la coscienza mia.
Tutto cadrebbe nella morte senza questa voce, senza questa Presenza.

- Don Luigi Giussani - 
Egli solo è – Via Crucis – ed. S. Paolo



Nel marzo del 1641, i pirati turchi, in una delle loro scorribande, fecero prigioniero un cavaliere portoghese, di cui non si conosce il nome, proveniente dall’India, e lo condussero ad Algeri. 
Costui aveva acquistato a Goa, in India, un artistico crocifisso in avorio, pregevole opera scolpita da un valente artista convertito delle Indie Portoghesi, ed intendeva portarlo in patria. 
La cattura glielo impedì e l’immagine sacra cadde in mano ai maomettani, e fu esposta nelle piazze di Algeri, dove il Crocifisso subì nel suo simulacro un secondo martirio: fu oggetto di ingiurie, bestemmie e derisioni, e fu colpito con lance e pugnali, di cui sono ancora visibili i segni. 
Allora avvenne il miracolo, attestato dai documenti autentici dell’epoca, che impressionò profondamente gli animi degli islamici: alla presenza di centinaia di persone, comparvero sul crocifisso delle gocce di sangue che sgorgarono dal volto, dalle mani, dalla ferita del costato e dalle scalfitture prodotte dai pugnali. A tutte queste vicende aveva assistito padre Michelangelo di Gesù (Marchese) missionario carmelitano scalzo ligure, schiavo anch’egli ad Algeri, e religioso di virtù eroiche. Egli, sottoponendosi a durissimo lavoro, riuscì a raccogliere la somma necessaria per acquistare il crocifisso miracoloso.
Quando nel 1643 padre Michelangelo fu liberato portò con sé in Italia il crocifisso che offrì in dono al Preposito Generale dei Carmelitani scalzi, il genovese padre Paolo Simone Rivarola che lo destinò al Deserto di Varazze, dove giunse nel 1646 e dove venne religiosamente conservato. 


Crocefisso ligneo, San Pietro in Pietracuta, RM
O Croce Santa, la vista della quale ci ricorda un'altra croce, quella sulla quale Nostro Signore Gesù Cristo ci ha strappati con la sua morte alla morte eterna, nella quale stavamo precipitando miseramente, risuscitandoci alla vita eterna perduta per il peccato, adoro, venero, glorifico in te la Croce che rappresenti e, in essa, il misericordioso Signore. 
Per essa egli compì la sua opera di misericordia. 
O amabile Croce, in cui sono salvezza, vita, e resurrezione nostra! 
O legno prezioso per il quale fummo salvati e liberati! 
O simbolo di cui Dio ci ha segnati! 
O Croce gloriosa della quale soltanto dobbiamo gloriarci! 
Come ti lodiamo? Come ti esaltiamo? 
Con quale cuore ti preghiamo? Con quale gioia ci glorieremo di te? 
Per te è spogliato l'inferno; è chiuso per tutti coloro che in te sono stati riscattati. 
Per te i demoni sono terrificati, compressi, vinti, schiacciati. 
Per te il mondo è rinnovato, abbellito, in virtù della verità che splende e della giustizia che regna in Lui. 
Per te la natura umana peccatrice è giustificata: era condannata ed è salvata; era schiava del peccato e dell'inferno ed è resa libera; era morta ed è risuscitata. 
Per te la beata città celeste è restaurata e perfezionata. 
Per te Dio, Figlio di Dio, volle per noi obbedire al Padre fino alla morte (Fil 2,8-9). 
Per questo egli, elevato da terra, ebbe un nome che è al di sopra di ogni nome. Per te egli ha preparato il suo trono (Sal 9,8) e ristabilito il suo regno. Sia su di te e in te la mia gloria, in te e per te la mia vera speranza. 
Per te siano cancellati i miei peccati, per te la mia anima muoia alla sua vita vecchia e sorga a vita nuova, la vita della giustizia. 
Fa', te ne prego, che, avendomi purificato nel battesimo dai peccati nei quali fui concepito e nacqui, tu ancora mi purifichi da quelli che ho contratto dopo la nascita alla seconda vita, e che per te io pervenga ai beni per i quali l'uomo è stato creato per il medesimo Gesù Cristo nostro Signore, cui sia benedizione nei secoli.

- Sant’Anselmo -



Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 5 settembre 2018

Il Crocefisso silenzioso - Natalia Ginzburg

Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule di scuola. 
Il nostro è uno Stato laico e non ha il diritto d’imporre che nelle aule ci sia il crocifisso... 
A me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi. 
Mi sembra una perdita. 
Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato... il crocifisso non genera nessuna discriminazione. 
Tace. 
È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini, fino allora assente. 
La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. 
Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? 
Sono quasi duemila anni che diciamo: “prima di Cristo” e: “dopo di Cristo”. 
O vogliamo forse ora smettere di dire così? 
Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È là muto e silenzioso. C’è stato sempre. 
Per i cattolici è un simbolo religioso. Per gli altri, può essere niente, una parte del muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa di particolare, che suscita pareri contrastanti. 
I diritti delle minoranze vanno rispettati. 
Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsi offesi gli Ebrei? Cristo non era forse un Ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di Ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce, che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. 
Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. 
Chi è ateo, cancella l’idea di Dio, ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per una loro fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è l’immagine. 
È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli, tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, Ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva mai detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini [...]. 
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura [...], versando sangue e lacrime, cercando di non crollare. 
Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, non solo ai cattolici. Alcune parole di Cristo le pensiamo sempre, e possiamo essere atei, laici, quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. 
Ha detto: “Ama il prossimo come te stesso”. Erano parole scritte già nell’Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. 
Il contrario degli aerei che gettano bombe sulla gente indifesa. 
Il contrario degli stupri e dell’indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. 
Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l’esatto contrario del modo come oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando estremamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. 
Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo così abituati a vedere quel piccolo legno appeso, e tante volte ci sembra non altro che una parte del muro. Ma se ci avviene di pensare che a dirle è stato Cristo, ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati”. 
Quando e dove saranno saziati? In cielo, dicono i credenti. Gli altri invece non sanno né quando né dove, ma queste parole, chissà perché, fanno sentire la fame e la sete di giustizia più severe, più ardenti e più forti [...].

- Natalia Ginzburg -
da "l'Unità" del 22 marzo 1988



Gesù risorge anche oggi

Credevo che avessero ucciso Gesù,
e oggi l'ho visto dare un bacio a un lebbroso.
Credevo che avessero cancellato il suo nome,
e oggi l'ho sentito sulle labbra di un bambino.
Credevo che avessero crocefisso le sue mani pietose,
e oggi l'ho visto medicare una ferita.
Credevo che avessero trafitto i suoi piedi,
e oggi l'ho visto camminare nelle strade dei poveri.
Credevo che l'avessero ammazzato una seconda volta con le bombe,
e oggi l'ho sentito parlare di pace.
Credevo che avessero soffocato la sua voce fraterna,
e oggi l'ho sentito dire:
"Perché, fratello?" a uno che picchiava.
Credevo che Gesù fosse morto nel cuore degli uomini
e seppellito nella dimenticanza,
ma ho capito che Gesù risorge anche oggi
ogni volta che ogni uomo ha pietà di un altro uomo.

- Luciano Cammaroto -


Buona giornata a tutti. :-)