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domenica 15 aprile 2018

da: "Perché Signore? Il dolore: segreto nascosto nei secoli" - Fratel Carlo Carretto

"...Dio aveva infiniti modi di fare un mondo diverso.
Lui è Dio, è il dio dell'impossibile.
Poteva fare un mondo senza sofferenze, poteva fare un mondo non assoggettato al dolore, poteva fare suo figlio immerso nelle gioie dell'eros come in un perenne viaggio di nozze. No! Non l'ha fatto.
Gli ha lasciato un po' di eros ma gli ha chiesto di abituarsi all'agape del sacrificio.
Gli ha regalato albe stupende, ma gliele ha mescolate a notti di tragedia.
Gli ha dato salute e forza fatte apposta per soffocarlo nel momento in cui non se l'attende. Come terribile metastasi del male.
E' inutile trovare la scusa che non è Dio che vuole il male, che il dolore è colpa dell'uomo e dell'ecologia distrutta.
No,no!
Io so che Dio può tutto e, se volesse, potrebbe bloccarmi il cancro che ho addosso e mi distrugge.
Non lo fa.
A me piace la soluzione di Giacobbe: mi sembra più semplice.
E' lui che mi ha azzoppato.
Discutete pure all'infinito, come i quattro teologi accanto a Giobbe, sul perchè del dolore e del perchè Dio lasci il dolore su questa terra.
Io preferisco dire: "E' Lui".
E' Lui che mi ha distrutto i campi. E' Lui che ha permesso che i nemici uccidano i miei figli.
E' Lui che mi ha portato su questo letamaio.
Non ci sono due potenze.
Ce n'è una sola: Dio!
Lui può.
Però non interviene e lascia che io soffra, permette che la guerra venga dichiarata, non dice nulla quando quattro boss della mafia mi avvelenano una provincia, lascia che la mano crudele del soldato e del poliziotto torturi il fratello per farlo parlare.
Qui sta una parte del mistero del dolore.
Dio permette.
Dio mi ferisce
Dio mi distrugge i raccolti.
Dio imperversa nella tempesta.
Dio mi conduce alla morte.
Ma è proprio nel ferirmi che tira fuori il meglio di me.
Se non fossi ferito, sarei insopportabile nelle mie diaboliche sicurezze.
Ferito, rimango calmo e imparo a piangere; piangendo imparo a capire gli altri, imparo la beatitudine della povertà.
E' così.
Se l'uomo non avesse il dolore, se non passasse nel limite della sofferenza, difficilmente infilerebbe la strada della salvezza.
Se in Egitto il popolo avesse avuto la libertà, Mosè non avrebbe potuto convincerlo a tentare l'avventura della liberazione.
Se nel deserto avesse trovato al posto dei serpenti, della fame e della sete, oasi incantate, non sarebbe mai giunto alla terra promessa.
Non esiste stimolo a marciare verso il nostro domani, più efficace della nostra sofferenza.
Ed è per questo che Dio colpì Giacobbe all'anca."

- Fratel Carlo Carretto -
da:  "Perché Signore? Il dolore: segreto nascosto nei secoli"


"Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! 
Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! 
Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più duro, di più generoso, di più bello.

Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.

No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei? A costruirne un'altra?
Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo.
L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi non è più credibile". Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.
Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra. San Francesco urlava: "Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene".
La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo. Degli uomini è la debolezza e semmai la buona volontà di fare qualcosa di buono con l'aiuto della grazia che sgorga dalle vene invisibili della Chiesa visibile.
Forse la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?".
(…)
"Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io".
(…)
"Ma poi c'è ancora un'altra cosa che è forse più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.
Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.

È come se il male non avesse potuto toccare la profondità metafisica dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciare imputridire l'anima lontana dall'Amore. 
"Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi, e continua: "Ti ho amato di amore eterno, per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Ger 31,3-4).
Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo e nello spirito e nel cuore.
In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, e più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è il lavoro divino della Chiesa.
Volete voi impedire questo "far nuovi i cuori", scacciando qualcuno dall'assemblea del popolo di Dio?
O volete voi, cercando altro luogo più sicuro, mettervi in pericolo di perdervi lo Spirito?".


- Fratel Carlo Carretto -

La chiamata alla Fede di Abramo


Buona giornata a tutti. :-)










martedì 2 dicembre 2014

Ave Maria - Carlo Carretto -

Una sera tentai il discorso con Maria.
Mi era così facile!
Le volevo così bene!
Maria, dimmi come è andata? Raccontalo a me come l'hai raccontato a Luca l'evangelista.
Tu lo sai, mi disse, perché conosci il Vangelo.
È stato tutto molto bello!
Io vivevo a Nazaret in Galilea e la mia vita era la vita di tutte le ragazze del popolo: lavoro, preghiera, povertà, molta povertà, gioia di vivere e soprattutto speranza nelle sorti di Israele.
Abitavo con Anna, mia madre, in una casetta molto semplice che aveva un cortile davanti ed un gran muro di cinta fatto apposta perché noi donne ci sentissimo in libertà ed intimità.
Lì sostavo sovente per lavorare e pregare. In me l'una e l'altra cosa si mescolavano ed ero piena di pace e di gioia.
Quel giorno ero sola nel piccolo cortile e una gran luce mi avvolgeva.
Pregavo, seduta su uno sgabello. Tenevo gli occhi socchiusi e sentivo una gioia invadermi tutta.
La luce aumentava ed io incominciai a socchiudere le palpebre che avevo chiuso per non restare abbacinata.
Ero contenta di lasciarmi riempire di quella luce. Mi pareva il segno della presenza di Dio che mi avvolgeva come un manto. Ad un tratto quella luce prese l'aspetto di un angelo. Ho sempre pensato agli angeli così come lo vidi in quel momento.
Tu sai com'è la questione della fede. Non sai mai se la visione è dentro o fuori.
È certamente dentro perché se fosse solo fuori potresti dubitare come fosse un'illusione.
Ma dentro l'illusione non c'è, è così, sai che è così: ne è testimone Dio.
Io stavo molto ferma per paura che tutto scomparisse.
E invece l'Angelo parlò. Anche qui: non sai mai se la voce la senti nell'orecchio o più in profondo.
Certamente in profondo perché se fosse solo nell'orecchio potresti illuderti.
La voce la senti là dove lo stesso Dio è il testimone.
E che ti disse?
Mi disse: Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
E tu che provasti?
È evidente che ne fui turbata. Era come se fossi visitata da cose troppo grandi per me e per la mia dimensione così piccola.
Tu puoi pensare alle cose di Dio con immenso desiderio ma quando ti toccano non puoi non spaventarti.
Difatti mi disse subito.
«Non temere, Maria» (Luca 1,30).
Mi feci coraggio perché la stessa frase l'avevo sentita alla Sinagoga quando si leggeva la storia di Abramo.
«Non temere, Abramo. Io sono il tuo scudo» (Genesi 15, 1).
Poi l'Angelo mi diede l'annuncio della maternità con poche parole ma così chiare che avevo l'impressione mi stessero nascendo dentro. Non mi era mai capitato di sentire parole come fossero avvenimenti.
Dimmi, Maria, sei stata colta di sorpresa? Non avevi mai pensato prima che tu... proprio tu...
Oh sì! Ci avevo pensato. Noi ragazze ebree non pensavamo ad altro. Sentivamo che i tempi erano quelli e quando pregavamo nella Sinagoga l'aria era satura di attesa del Messia.
Che hai capito quando l'angelo ti disse che eri tu la scelta e che il Messia sarebbe nato da te?
Capii esattamente cosa voleva dirmi, e rimasi soltanto stupita della straordinarietà della cosa. Com'era possibile se io ero vergine?
L'Angelo mi spiegò le cose e mi fu facile accettarle perché mi sentivo immersa in Dio come in quella luce vivissima del mezzogiorno.
Confusamente capii anche che pasticci ce ne sarebbero stati, che non sarei riuscita a spiegarmi con mia madre, specialmente col mio fidanzato Giuseppe, ma non avrei potuto fermarmi tanta era forte la presa di Dio su di me e tanta era la certezza che mi veniva dalle parole dell'Angelo.
«Nulla è impossibile a Dio
nulla è impossibile a Dio
nulla è impossibile a Dio» (Luca 1,37). 
Adagio, adagio la luce diminuì e non vidi più l'Angelo.
Vidi mia madre Anna attraversare il cortile e mi venne voglia di parlarle, ma non ne fui capace perché non trovai le parole adatte.
Capii subito che non c'erano parole con cui potevo spiegare le cose.
Così nei giorni che seguirono, anzi, più andavo avanti e più diventavo silenziosa.
Fu più difficile il discorso con Giuseppe, mio fidanzato.
Tu sai come avvenivano le cose nelle nostre tribù. La sposa veniva promessa molto presto. Era come un patto tra famiglie.
Ma essendo così giovane la futura sposa continuava a vivere in famiglia in attesa della maturità.
Allora con grande festa, di notte, si compiva lo sposalizio e lo sposo accompagnato dai suoi amici veniva con tante luci e canti e gioia a prendere la sua sposa ed a condurla a casa. Da quel momento si era veramente sposati.
Quando l'Angelo mi apparve per annunciarmi la maternità, io ero ancora in casa. Ero stata promessa a Giuseppe ma non ero ancora andata ad abitare con lui.
Bastarono pochi mesi perché tutto divenisse complicato agli occhi degli uomini. Io non potevo nascondere la mia maternità e il mio ventre mi denunciava.
Capii allora cos' era la fede oscura, dolorosa.
Come potevo spiegarmi con mia madre?
Come potevo discutere col mio fidanzato Giuseppe?
Vissi tempi veramente dolorosi e l'unico conforto mi veniva nel ripetere: «Tutto è possibile a Dio, tutto è possibile a Dio».
Toccava a Lui spiegarsi ed io avevo tanta confidenza. Ma ciò non toglieva la mia sofferenza che in certi momenti mi straziava l'anima.
Come potevo trovare le parole per dire che quel bimbo che portavo in seno era il figlio dell'Altissimo?
Intanto non osavo più uscire di casa ed una volta vidi una vicina guardarmi da sopra il muro del cortile con evidente attenzione puritana.
Ci furono dei momenti terribili ed io tremai al pensiero di essere denunziata come adultera.
Ci voleva così poco. Bastava che Giuseppe andasse alla Sinagoga a spiegare la cosa e non gli sarebbero mancati gli zelanti che l'avrebbero seguito con le pietre per lapidarmi. Non era la prima volta che a Nazaret veniva uccisa un'adultera.
Ma è vero: «Dio può tutto». E si spiegò Lui.
Si spiegò con Giuseppe per primo che mi disse di avere avuto un sogno veramente straordinario e che non aveva perduto la confidenza in me e che mi avrebbe sposata lo stesso.
Che gioia quando me lo disse!
Ma che paura avevo provato! Che oscurità!
Sì, il fatto mi aveva spiegato che la fede è di quella natura e che dobbiamo abituarci a vivere nell'oscurità.
Ci fu anche un fatto straordinario che alleviò le mie pene in quei mesi.
Tu sai che l'Angelo mi aveva dato un segno per aiutare la mia debolezza. Mi aveva detto che mia cugina Elisabetta era al sesto mese di una maternità straordinaria perché tutti noi della famiglia sapevamo che era sterile.
Dovevo andare a trovarla in Giudea ad Ain-Karim dove abitava.
Non mi feci pregare a partire.
L'idea venne a mia madre perché era preoccupata che la gente del paese mi vedesse con quel ventre grosso e non voleva dicerie.
Partii di notte, ma così contenta di allontanarmi da Nazaret dove c'erano troppi occhi indiscreti e non potevo raccontare a tutti le mie faccende.
Trovai mia cugina già vicina al parto e così felice, poverina! Aveva aspettato tanto un figlio!
Il Signore si era spiegato anche perché quando giunsi fu come se sapesse
tutto!
tutto!
tutto!
Si mise a cantare per la gioia ed io cantavo con lei.
Sembravamo due pazze, ma pazze di amore.
E c'era un terzo che sembrava impazzito di gioia.
Era il piccolino, il futuro Giovanni che danzava nel ventre di Elisabetta come per fare festa a Gesù che era nel mio.
Furono giorni indimenticabili.
Ma Elisabetta, che se ne intendeva di fede e di fede oscura e che aveva tanto sofferto nella vita, mi disse una cosa che mi fece piacere e che fu come il premio a tutta la mia solitudine di quei mesi.
«Beata te che hai creduto» (Luca 1,44). E me lo ripeteva tutte le volte che mi incontrava e mi toccava il ventre, come per toccare Gesù, il nuovo Mosè che stava per venire al mondo.
Il fuoco con cui avevo cotto il pane si stava spegnendo. La notte era già alta e mi sentii solo.
La presenza di Maria ora era nel rosario che avevo in mano e che mi invitava a pregare.
Sentivo freddo e mi avvolsi nel «bournous» (Mantello arabo di lana di pecora) che avevo con me.
L'oscurità divenne totale ma non avevo nessuna voglia di addormentarmi.
Volevo gustare la meditazione che Maria mi aveva regalata.
Soprattutto volevo entrare con dolcezza e forza nel mistero della fede, la vera, quella dolorosa, oscura, arida.
Oh no! Non è facile credere, è più facile ragionare.
Non è facile accettare il mistero che ti supera sempre e che ti allarga sempre i limiti della tua povertà.
Povera Maria!
Dover credere che quel bimbo che portava in seno era figlio dell'Altissimo. Sì, è stato semplice concepirlo nella carne, estremamente più impegnativo concepirlo nella fede! Quale cammino!
Eppure non ne esiste un altro. Non c'è altra scelta.
Vuoi tu, Maria, spaventata dal credere, tornare indietro, pensare che non è vero, che è inutile tentare, che è una illusione quella di un Dio che si fa uomo, che non c'è Messia di salvezza, che tutto è un caos, che sul mondo domina l'irrazionale, che sarà la morte a vincere sul traguardo e non la vita?
No!
Se credere è difficile, non credere è morte certa.
Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale.
Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.
Credo, Signore!
Credo perché voglio vivere.
Credo perché voglio salvare qualcuno che affoga: il mio popolo.
Credo perché quella del credere è l'unica risposta degna di te che sei il Trascendente, l'Infinito, il Creatore, la Salvezza, la Vita, la Luce, l'Amore, il Tutto.
Che cosa strana per non dire meravigliosa: appena ho detto con tutte le viscere la parola «credo» ho visto la notte farsi chiara.
Ora chiudo gli occhi perché è proprio lei la notte che mi abbaglia con la sua luce al di là di ogni luce.
Sì, nulla è più chiaro di questa notte oscura, nulla è più visibile dell'invisibile Dio, nulla è più vicino di questo infinitamente lontano, nulla è più piccolo di questo infinito Iddio.
Difatti è riuscito a stare nel tuo piccolo seno di donna, Maria, e tu l'hai potuto scaldare col tuo corpicino bello.
Maria! Sorella mia!
Beata te che hai creduto, ti dico stasera con entusiasmo, come te lo disse tua cugina Elisabetta, in quel vespero caldo ad AinKarim.

- Carlo Carretto -
da: Beata te che hai creduto





Salmo 97
 (Il trionfo del Signore)

Cantate al Signore un canto nuovo, 
perché ha compiuto prodigi.

Gli ha dato vittoria la sua destra 
e il suo braccio santo.
Il Signore ha manifestato la sua salvezza, 
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.

Egli si è ricordato del suo amore, 
della sua fedeltà alla casa di Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto 
la salvezza del nostro Dio.

Acclami al Signore tutta la terra, 
gridate, esultate con canti di gioia.

Cantate inni al Signore con l'arpa, 
con l'arpa e con suono melodioso;
con la tromba e al suono del corno 
acclamate davanti al re, il Signore.

Frema il mare e quanto racchiude, 
il mondo e i suoi abitanti.

I fiumi battano le mani, *
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene, 
che viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia 
e i popoli con rettitudine.

Gloria al Padre e al Figlio 
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, 
nei secoli dei secoli. Amen.






Buona giornata a tutti :-)

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martedì 22 aprile 2014

E' risorto - Padre Carlo Carletto -

Aiutami, Maria, a credere.

Dimmi cosa vuole dire credere alla Risurrezione di tuo Figlio.
Ecco te lo dico e non dimenticarlo.
Quando vedrai la tempesta schiantare la foresta
e i terremoti scuotere la terra
e il fuoco bruciare la tua casa
di' a te stesso: credo
che la foresta si rifarà
la terra tornerà nella sua immobilità
e io ricostruirò la mia casa.


Quando sentirai rumori di guerra e gli uomini moriranno di paura attorno a te
 «e si solleveranno popoli contro popoli e regni contro regni» (Matteo 24, 7), di' a te stesso con estremo coraggio: «Gesù mi aveva avvertito ed aveva aggiunto: "Non temete, alzate il capo perché la liberazione è vicina" » (Luca 21,28).
Quando il peccato ti stringerà alla gola e ti sentirai soffocato e finito, dì a te stesso: « Cristo è risorto dai morti ed io risorgerò dal mio peccato».
Quando la vecchiaia o la malattia tenterà di amareggiare la tua esistenza, di' a te stesso: «Cristo è risorto dai morti ed ha fatto cieli nuovi e terra nuova ».
Quando vedrai tuo figlio fuggire da casa in cerca di avventura e ti sentirai sconfitto nel tuo sogno di padre o di madre, dì a te stesso: « Mio figlio non sfuggirà a Dio e tornerà perché Dio lo ama ».
Quando vedrai spegnersi la carità attorno a te e vedrai gli uomini come impazziti nel loro peccato e ubriacati dai loro tradimenti, dì a te stesso: «Toccheranno il fondo ma torneranno indietro perché lontano da Dio non si può vivere ».
Quando il mondo ti apparirà come sconfitta di Dio e sentirai la nausea del disordine, della violenza, del terrore, della guerra dominare sulle piazze e la terra ti sembrerà il caos, dì a te stesso: « Gesù è morto e risorto proprio per salvare e la sua salvezza è già presente tra di noi ».
Quando tuo padre o tua madre, tuo figlio o tua figlia, la tua sposa, il tuo amico più caro, ti saranno dinanzi sul letto di morte e tu li fisserai nell' angoscia mortale del distacco, dì a te stesso e a loro: «Ci rivedremo nel Regno, coraggio».
Questo significa credere nella Risurrezione.
Ma non basta.
Credere al Cristo risorto significa ancora qualcosa.
Significa per suor Teresa di Calcutta sollevare il moribondo e per te fare altrettanto.
Significa per Luther King affrontare la morte e per te di non aver paura di affrontare la morte per i tuoi fratelli.
Significa per l'Abbé Schultz, il Priore di Taizé, aprire il suo convento alla speranza e per te di aprire la tua casa alla speranza.
Ogni missionario che parte è un atto di fede nella Risurrezione.
Ogni lebbrosario che si apre è un credo nella Risurrezione.
Ogni trattato di pace è un atto di fede nella Risurrezione.
Ogni impegno accettato è un atto di fede nella Risurrezione.
Quando perdoni al tuo nemico.
Quando sfami l'affamato.
Quando difendi il debole c
redi nella Risurrezione
Quando hai il coraggio di sposarti.
Quando accetti il figlio che nasce.
Quando costruisci la tua casa credi nella Risurrezione.
Quando ti alzi sereno al mattino
Quando canti al sole che nasce
Quando vai al lavoro con gioia credi nella Risurrezione.
Credere nella Risurrezione significa permeare la vita di fiducia
significa dar credito al fratello, significa non aver paura di nessuno.
Credere nella Risurrezione significa pensare che Dio è padre, Gesù tuo fratello ed io, Maria, tua sorella e, se vuoi,  tua Madre.

(Padre Carlo Carretto)



Se credere è difficile, non credere è morte certa.

Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale.
Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.

- Carlo Carretto -



La preghiera è il sunto del nostro rapporto con Dio. Potremmo dire che noi siamo ciò che preghiamo. Il grado della nostra fede è il grado della nostra preghiera; la forza della nostra speranza è la forza della nostra preghiera; il calore della nostra carità è il calore della nostra preghiera. Né più né meno.

Carlo Carretto,  Lettere dal deserto




La chiamata di Dio è cosa misteriosa, perché avviene nel buio della fede.
In più essa ha una voce sì tenue e sì discreta, che impegna tutto il silenzio interiore per essere captata.
Eppure nulla è così decisivo e sconvolgente per un uomo o una donna sulla terra, nulla più sicuro e più forte.
Tale chiamata è continua: Dio chiama sempre! Ma ci sono dei momenti caratteristici di questo appello divino, momenti che noi segniamo sul nostro taccuino e che non dimentichiamo più.

Carlo Carretto, Lettere dal deserto


"...come è possibile per noi oggi testimoniare Cristo?
con la luminosità della nostra esistenza. 
In famiglia, al lavoro, nei nostri rapporti.
Vertice della testimonianza è la carità.
In essa appare con chiarezza 
la ragione per cui Gesù è venuto nel mondo
e ha donato se stesso sulla croce:
fare di tutti noi un popolo solo "

Massimo Camisasca

dal sussidiario.net



Noi vogliamo accettare

Dalla tua mano, o Dio,
noi vogliamo accettare tutto.
Tu stendi la tua mano
e abbatti i potenti nella loro stoltezza.
Tu l’apri, la tua dolce mano,
e tutto ciò che vive,
colmi di benedizione.
E anche se sembra che il tuo braccio
si sia abbreviato,
accresci la nostra fede
e la nostra confidenza
così che ti restiamo tutti fedeli.
E se sembra che alle volte
tu allontani da noi la tua mano,
fa’ che allora noi sappiamo
che tu la chiudi soltanto,
per raccogliere in essa
una sovrabbondanza di benedizione,
che tu la chiudi soltanto,
per aprirla e riempire ogni cosa,
che vive di benedizione.

(Paolo VI)

Buona giornata a tutti. :-)

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domenica 17 novembre 2013

Fare deserto (sulle strade del mondo) - Padre Carlo Carretto -

Quando si parla di deserto all'anima, quando si dice che il deserto deve essere presente nella tua vita, non devi intendere solo la possibilità di andare nel Sahara o nel deserto di Giudea, o dell'Alta Valle del Nilo. È certo che non tutti possono procurarsi questo lusso o attuare praticamente questo distacco dal vivere comune. Il Signore mi ha condotto nel vero deserto per la durezza della mia pelle. Per me, fu necessario così; e tanta sabbia non mi è bastata a raschiare la sporcizia della mia anima, come capitò alla marmitta di Ezechiele. 
Ma non per tutti c'è la stessa via. E se tu non potrai andare nel deserto, devi però "fare il deserto"nella tua vita.
Fare un po' di deserto, lasciare di tanto in tanto gli uomini, cercare la solitudine per rifare nel silenzio e nella preghiera prolungata il tessuto della tua anima, questo è indispensabile, e questo è il significato del "deserto" nella tua vita spirituale.

Un'ora al giorno, un giorno al mese, otto giorni all'anno, per un periodo più lungo, se necessario, devi abbandonare tutto e tutti e ritirarti solo con Dio. Se non cerchi questo, se non ami questo, non illuderti; non arriverai alla preghiera contemplativa; perché essere colpevole di non volersi - potendo - isolare per gustare l'intimità con Dio, è un segno che manca l'elemento primo del rapporto con l'Onnipotente: l'amore. E senza amore non c'è rivelazione possibile.

Ma il deserto non è il luogo definitivo; è una tappa. Perché, come ti dissi, la nostra vocazione è la contemplazione sulle strade. Lungo la via dobbiamo tornare dopo la pausa del deserto. A me, questo, costa assai. È così forte il desiderio di continuare a vivere qui per sempre, nel Sahara, che sento di già la sofferenza in previsione di un ordine dei Superiori, che certamente verrà: 

"Fratel Carlo, parti per Marsiglia, parti per il Marocco, parti per il Venezuela, parti per Detroit ...".

Devi tornare tra gli uomini, devi mescolarti a loro, devi vivere la tua intimità con Dio nel chiasso della loro città. Sarà più difficile; ma devi farlo. E non ti mancherà, per questo, la Grazia di Dio. 
Ogni mattina prenderai la strada, dopo la S. Messa e la Meditazione, e andrai a lavorare in una bottega, in un cantiere; e quando tornerai la sera, stanco, come tutti gli uomini poveri costretti a guadagnarsi il pane, entrerai nella Cappellina della fraternità e resterai lungamente in adorazione; portando con te, alla preghiera, tutto quel mondo di sofferenza, di oscurità e sovente di peccato in mezzo al quale hai vissuto per otto ore, pagando la tua razione di pena e di fatica quotidiana.

Contemplazione sulle strade: è una bella frase, ma costa assai. Certo, sarebbe più facile e più dolce restare qui, nel deserto; ma sembra che Dio non voglia.
La voce stessa della Chiesa si fa sempre più sentire per indicare ai cristiani la realtà del Corpo Mistico e l'apostolato in esso, per richiamare alla carità vissuta, per invitare tutti ad un'azione, che partendo dalla contemplazione, ritorna ad essa sul versante della testimonianza e della presenza tra gli uomini.  
I muri dei conventi si fan sempre più sottili e più bassi; si moltiplicano coloro che vivono la verginità nel mondo; i laici stessi prendono coscienza della loro missione e cercano la loro spiritualità.
È davvero l'alba di un mondo nuovo, al quale non parrebbe retorico dare come consegna "la contemplazione sulle strade" e gli esempi  per attuarla.

Padre Carlo Carretto


Sorridi… perché l’allegria è il segno più evidente della saggezza.
La vita è davanti a te, il cielo è sopra di te, il sorriso è dentro di te. Il mondo ama le anime chiare, le persone che hanno il sorriso negli occhi e la festa nel cuore. 

- Romano Battaglia -






Quando sei triste, compi un atto d'amore e la tristezza passerà.
Se ti senti morire, ama, e la vita pulserà in te.
La pienezza dell'uomo è morire d'amore.


- Carlo Carretto - 



Quando canto le sue lodi, io canto stonato come un asino. 
Lui allora ride, ride di cuore e il suo riso trasforma le strettoie 
del mio vecchio cammino in una pista da ballo e i miei pesanti zoccoli in sandali alati.
Io vado avanti come un asino che porta Cristo sulle sue spalle.


- Mons. Roger Etchegaray - 






Buona giornata a tutti :-)