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martedì 24 maggio 2016

Il lavoro domestico - Erma Bombeck

La polemica lavoro domestico - lavoro esterno per la donna continua implacabile. 
Tutte le donne a modo loro valutano i propri bisogni e cercano di soddisfarli. Bisogna chiarire che anche il lavoro esterno, in ufficio, per esempio, presenta parecchi inconvenienti. Niente è perfetto. 
Per esempio, in un ufficio vigeva il seguente regolamento sull'ASSENTEISMO.

MALATTIE
Non sono una scusa per starsene a casa. Non accetteremo più certificati medici attestanti le vostre condizioni di salute come prova valida, dato che pensiamo che se siete in grado di andare dal dottore, potreste anche venire a lavorare.



MORTE (di terzi)
Non è una scusa valida. Non c'è niente che possiate fare per i defunti e siamo certi che chiunque con minori responsabilità di lavoro sia in grado di sbrigare le formalità e organizzare i funerali. Comunque, se i funerali si terranno nel tardo pomeriggio, saremo lieti di lasciarvi uscire un'ora prima, purché provvediate a svolgere la vostra parte di lavoro in modo da permettere agli altri di continuare in vostra assenza.

MORTE (la vostra)
Questa è una scusa valida purché: a) vengano date due settimane di preavviso, di modo che sia possibile trovare una persona che vi sostituisca; b) se non vi è possibile dare due settimane di preavviso, telefoniate prima delle otto del mattino, di modo che sia possibile trovare un sostituto provvisorio; c) inoltriate regolare certificato firmato da voi e dal vostro medico. Entrambe le firme sono necessarie, altrimenti i giorni di assenza verranno detratti dalle ferie.



PERMESSI (per intervento chirurgico)
Non li concediamo più. È nostra intenzione scoraggiare una vostra eventuale decisione di sottoporvi a un intervento chirurgico. Noi pensiamo che finché lavorate in questo posto abbiate bisogno di tutto quello che possedete e non dovreste farvi togliere proprio niente. Vi abbiamo assunto così come siete, e se vi fate togliere qualcosa sottraete alla ditta quello che è diventato suo per contratto.



PERMESSI (per andare alla toilette)
Si passa troppo tempo alla toilette. Il nostro esperto ha accertato che tre minuti e quindici secondi sono un periodo di tempo sufficiente a fare quello che si deve fare. In futuro si seguirà il criterio di recarsi alla toilette in ordine alfabetico. Gli aspiranti il cui cognome comincia per A andranno dalle 8 alle 8.03 e 15 secondi; quelli il cui cognome comincia per F, dalle 8.03 e 15 secondi alle 8.06 e 30 secondi, e così via. Se perderete il vostro turno dovrete aspettare fino al giorno in cui toccherà di nuovo a voi.


Un pomeriggio, in ufficio, mentre, inginocchiata sul pavimento, cercavo di sollevare uno schedario, il mio capo mi chiese: «Che cosa sta facendo laggiù?»
«La cura della giovinezza. Ho appena letto un'inchiesta secondo la quale le donne che lavorano fuori casa hanno una vita più ricca, più intensa e più lunga.»
«Lei mi sembra stanca», dice lui. «Perché non va a prendere una boccata d'aria?
Vada a casa, faccia una torta, dia la cera ai pavimenti, stia un po' con i bambini.»
Tra il lavoro domestico e quello esterno probabilmente vivrò fino a cent'anni. O forse mi sembrerà di aver vissuto cent'anni.

- Erma Bombeck - 


A Maria Santissima

O Maria, Madre del Verbo incarnato e Madre nostra dolcissima,
siamo qui ai Tuoi Piedi mentre sorge un nuovo giorno,
un altro grande dono del Signore.
Deponiamo nelle Tue mani 
e nel Tuo Cuore tutto il nostro essere.
Noi saremo Tuoi nella volontà, nel pensiero, 
nel cuore, nel corpo.
Tu forma in noi con materna bontà 
in questo giorno una vita nuova,
la vita del Tuo Gesù.
Previeni e accompagna o Regina del Cielo, 
anche le nostre più
Piccole azioni con la Tua ispirazione materna, 
affinchè ogni cosa sia pura
e accetta al momento del Sacrificio Santo e immacolato.
Rendici santi, o Madre buona; 
santi Come Gesù ci ha comandato,
come Il Tuo cuore ci chiede e ardentemente desidera.
Così sia.


Buona giornata a tutti. :-)



martedì 24 novembre 2015

Chi ha ucciso la torta di mele? - Erma Bombeck

È una sensazione spaventosa svegliarsi una mattina e scoprire che mentre si dormiva si è passate di moda.
È quello che è successo a milioni di casalinghe, che un bel giorno si sono guardate allo specchio e hanno detto: «Abbassare il coperchio della tazza del cesso dieci volte al giorno non basta a realizzarmi».
Le donne erano stufe di schiacciare pulsanti. Per di più i pulsanti avevano cominciato a vendicarsi. 
Una mattina una casalinga di New York, mentre puliva il tappeto con l'aspirapolvere, si chinò a raccogliere un oggetto. I capelli rimasero imprigionati nella spazzola e la poveretta cadde a faccia in giù sull'elettrodomestico, subendo un elettrochoc alla parte sinistra della testa.
Così le casalinghe cominciarono a dubitare della validità della teoria formulata da un'associazione medica britannica, secondo la quale i lavori domestici erano il segreto della longevità femminile: tutto quel movimento prolungava la vita.
Un pomeriggio, mentre, inginocchiata sul pavimento, col peso di tutti i letti a castellosulla schiena, cercavo di infilare le assicelle nelle scanalature, mio marito mi chiese:
«Che cosa fai lì sotto?»
«La cura della giovinezza», dissi seccamente.
«Quegli aggeggi si spostano in continuazione», disse lui. «Perché non comperi delle assicelle più lunghe?»
«Erano più lunghe quando le abbiamo comprate», dissi io.
«Ricominci con quella tua assurda storia degli oggetti inanimati che crescono e rimpiccioliscono? Star chiusa qua dentro tutto il giorno ti fa male al cervello. Dovresti uscire di più. Quando finisci di sistemare tutta questa roba, perché non fai qualcosa che hai sempre desiderato di fare?»
Mi accovacciai per terra e mi misi a riflettere. 
Quello che avevo sempre desiderato di fare era scapparmene di casa. 
Sapete cosa voglio dire. Si segue una dieta ferrea per due settimane e si ingrassa di un chilo. 
Ci si spezza la schiena per riuscire ad andare a una svendita di biancheria e si scopre che sono rimaste solo lenzuola matrimoniali da sopra, o a una piazza da sotto, e federe formato gigante.
La vostra migliore amica (nella quale avete sempre riposto la massima fiducia) vi telefona per dirvi che è appena riuscita a scoprire come si fa il pane in casa. 
Qualche spiritoso ha scritto AIUTO nello strato di polvere che ricopre i tendaggi.
Il supermercato ha smesso di regalare le posate prima che abbiate completato il servizio, e vi accorgete, dopo aver passato quaranta minuti a stirarlo, che il vestito di lino vi sta stretto.
Siete bloccati nel traffico in una strada a senso unico e alla macchina davanti alla vostra si sgonfia una gomma. 
Quando la vostra vicina esce per andare in ufficio le gridate dietro: «Spero proprio che qualcuno abbia riempito di briciole di gomma la tua IBM».
E vi rendete conto di non farcela più.
Poi, un giorno, su una delle riviste più importanti, lessi un articolo dal titolo «È cominciata l'era delle donne».
Sopra l'articolo c'era la fotografia di una bionda bene in carne in un cantiere, circondata da un gruppo di uomini e intenta a spiegar loro i particolari di un progetto. Indossava un paio di scarpe in tinta con il caschetto giallo di Gucci. Nella seconda fotografia la medesima bionda, fasciata da un diafano pigiama, in piedi davanti a un fornello, sorvegliava sorridendo la cottura di un filet-mignon (ricetta a pagina 36), mentre il marito condiva l'insalata e i bambini preparavano amorosamente la tavola. 
Mi venne voglia di vomitare.
Anch'io volevo vivere nell'«era delle donne». (Anche se la mia «era» ormai non «era» più.) Immaginatevi un po'! Uscire tutte le mattine per recarsi in un ufficio tappezzato di moquette... mangiare pane fresco a colazione... usare un telefono luccicante invece che sporco di marmellata d'uva... profumarsi l'incavo delle ginocchia e far girare la testa ai fattorini.
E dissi a me stessa: «Basta. Se trovo una baby-sitter mi cerco un lavoro». 


Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi




Una volta presa la decisione, passai sei mesi a esaminare una serie di aspiranti baby­sitter. 
È deprimente rendersi conto che nessuno vuol fare a pagamento un lavoro che voi avete fatto gratis per anni. 
Una delle ragazze poteva lavorare solo fino all'ora in cui i ragazzi tornavano da scuola. Un'altra credeva nei sonnellini fino a trentacinque anni suonati e una terza venne a lavorare un giorno, poi se ne andò dicendo: «Ma lei si aspetta davvero che io continui a lavorare in una casa dove la caraffa dell'acqua sembra una di quelle palle di vetro con la neve dentro che cade quando le si capovolge?»
Le altre donne, scoprii in seguito, avevano lo stesso problema. 
Una mia amica, infermiera diplomata, raccontò una storia terribile. 
Aveva trovato una «perla» disposta a tenere i bambini purché le si dessero istruzioni precise. Il primo giorno la mia amica le lasciò il seguente biglietto:
Tony deve prendere un cucchiaino della medicina rosa che troverà in frigorifero alle otto, e un altro prima di colazione. Ha l'impetigine, quindi si lavi bene le mani con acqua e sapone e non lasci che gli altri bambini bevano nel suo bicchiere.
Paola deve prendere un cucchiaio della medicina arancione nella boccetta marrone alle otto, e un altro all'ora di colazione. Per colazione ci sono affettati di ogni tipo, marmellata, ecc.
Paola deve andare sul vasino ogni due o tre ore. C'è un vasino al piano di sopra e una seggiolina nella stanza dei giochi.
Il cane non deve mangiare la gomma da masticare. La adora, ma poi bisogna portarlo dal veterinario. Deve prendere una pillola (non anticoncezionale) al giorno, perché ha una leggera infezione. Chieda a Franco (che va e viene tutto il giorno) di tenerlo, quando gliela dà, perché c'è rischio di beccarsi un morso.
Se telefona qualcuno si faccia lasciare un messaggio. Non usi la tazza del bagno di servizio. L'acqua non scorre. Se ha bisogno di qualcosa, mi telefoni. Se le chiedono chi parla, dica una delle infermiere.
Quando tornò a casa, trovò la porta d'ingresso imbrattata di sangue d'agnello e un grosso cartello che metteva in guardia contro le malattie infettive. La baby-sitter se l'era squagliata.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi


Basta andare a lavorare una volta nella vita per scoprire che questa storia dell'«era delle donne» è una gran balla. Forse hanno scambiato le didascalie sotto le foto. Forse quella bionda indossava il pigiama diafano in ufficio e il caschetto giallo in casa. Dio sa se è necessario avere qualcosa in testa, quando te la martellano di urla tutto il giorno.
Dov'erano le fotografie di lei mentre corre intorno al tavolo della cucina in pantofole, con due costolette sotto le ascelle per scongelarle più in fretta, urlando come una pazza «Va bene, disgraziati, lo so che ci siete, sento il brontolio del vostro stomaco»? 
A sentire il giornalista, la soluzione del problema lavoro esterno - lavoro domestico stava in un programma scritto per tutti i membri della famiglia, nel quale si elencavano i doveri e le responsabilità di ciascuno. 
Alla madre restava così il tempo non solo di lavorare tutto il giorno fuori casa, ma anche di dipingere, cucirsi i vestiti da sé, andare a cavallo e candidarsi alle presidenziali.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi



Le cose non sono affatto così semplici. Una sera telefonai a casa e dissi: «Voglio parlare con papà».
«È dal dentista», disse mio figlio. «Stamattina si è spezzato un dente con il pane surgelato.»
«Ah! E a chi toccava sgelare il pane, secondo il programma?»
«A me, ma avevo dimenticato le chiavi, sono rimasto chiuso fuori e ho dormito da Michele. Anche il garzone del droghiere è rimasto chiuso fuori. 
Nel garage ci sono due casse di acqua minerale.» «Dov'è tua sorella?»
«Ho rifatto il letto con lei dentro. Non mi parla più. 
La lavatrice è piena di panni bagnati tutti macchiati di marrone. Stiamo sgelando le costolette sotto il tuo casco. Indovina chi ha dimenticato di metter fuori il cane tornando a casa? Quando torni?» «Domani. Sentite la mia mancanza?»
«No ma, stando al programma, domani i piatti toccherebbero a te.» 
Parità di doveri è la parola d'ordine del movimento di liberazione della donna. 

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi



Comunque, ci sono alcune regole fondamentali, alle quali è necessario attenersi, quando la madre lavora fuori casa. Primo: quando rompere e quando non rompere. In altre parole, quando si può telefonare alla mamma in ufficio?
Esistono i casi di emergenza. Su questo non ci sono dubbi, ma bisogna pure cercare di stabilire alcuni criteri generali di guida.
Prima di telefonare alla mamma in ufficio, un bambino dovrebbe chiedersi: 
1) Le verrà un colpo quando le racconterò questa? 
2) Riuscirà a trovare un idraulico dopo le cinque? 
3) Metterà in atto la minaccia di trasferirsi in un'altra città e cambiare nome? Se le risposte sono «Sì, No, Sì», sarebbe bene che il bambino tentasse di inquadrare l'incidente nella giusta prospettiva.
Per esempio, se si tratta di un fatto di sangue, il suddetto bambino dovrebbe prendere in considerazione i seguenti particolari: si tratta di sangue suo? o del fratello? ce n'è molto? poco? sul divano senza fodere scozzesi? su quello da cinquecento dollari di cui i genitori stanno ancora pagando le rate? il sangue si fermerà? si è trattato di un incidente? di un dentino traballante? si può tacere e far finta che si tratti di una puntura di zanzara?
Un altro esempio: quando nel quartiere un bambino su due decide che la vostra casa è il posto ideale per giocare, perché non ci sono adulti in giro durante il giorno, vostro figlio dovrebbe chiedersi: «Voglio passare l'adolescenza chiuso nella mia stanza senza cibo e senza televisione? tengo veramente all'amicizia di un bambino che lancia i cubetti di ghiaccio al canarino? la mamma si accorgerà che abbiamo usato il frullatore per fare i coriandoli?» Altre situazioni sulle quali non lasciar adito a dubbi:
Quando un gruppo di bambini decide di lavare il gatto, lo mette nella lavatrice e vuole sapere che programma usare...  TELEFONARE IMMEDIATAMENTE. 
Quando lui e suo fratello stanno facendo a botte per l'ultima coca e lui vuole un parere autorevole su chi dovrebbe averla vinta... NON TELEFONARE. Quando un paio di uomini con un furgone gli dicono che la sua mamma vuole una fodera per il televisore, un posto sicuro in cui tenere l'argenteria, una bella pulita ai gioielli e una sistemata alla bicicletta a dieci marce, TELEFONARE ... E IN FRETTA. 
Quando sua sorella lo insegue per la casa con la canna per innaffiare i fiori e i mobili stanno stranamente diventando tutti bianchi, CORRERE.
Quando si annoia e non ha niente da fare e vuol solo scambiare due parole con qualcuno, TELEFONARE AL PADRE.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi




Per apprezzare fino in fondo sua moglie, ogni marito dovrebbe guidare almeno una volta una macchina piena di bambini.
Portare in giro i bambini è il ventiseiesimo tra i compiti preferiti da mio marito. Sta più o meno a metà tra il far colazione in una sala da tè e il lasciarsi cadere una palla da bowling sul piede.
«Ricordati», lo avvertii la prima volta che si accinse all'arduo compito, «sono bambini piccoli... non sacchi di patate. Questo vuol dire che devi fermare bene la macchina e scendere ad aprire la portiera. Non gridare, e assicurati che stiano tutti e sei vicino al finestrino. Che Dio te la mandi buona.» 
Un'ora e mezzo dopo, quando lo vidi entrare barcollando dalla porta, chiesi:
«Allora, perché ci hai messo tanto?»
«Per cominciare, quella peste con la bocca sporca di dentifricio non voleva salire in macchina. Ha detto che sua madre gli aveva raccomandato di non accettare mai passaggi da estranei. Poi il cartellino con il nome appuntato al vestito di Comesichiama è caduto e lei non sapeva più chi era. Debbie ha pianto per tre isolati perché aveva dimenticato il cestino della colazione sull'altalena. Cecilia... credo che si chiami così... quella che sta sempre ad abbottonarsi il golf nel tentativo di azzeccare l'asola giusta...» «Sì, è proprio Cecilia.»
«Mi ha detto che abitava nella gelateria all'angolo.» «Ma come mai ci hai messo tanto?»
«Michele. È stata tutta colpa di Michele. Ha detto che non sapeva dove abitava e così, per farmelo amico, gli ho dato un lecca lecca. Devo aver girato in tondo per almeno mezz'ora prima che si decidesse a dire: 'Ecco la mia casa'.
«Michele», ho detto, «siamo passati davanti a questa casa almeno venti volte. Perché non hai detto niente prima?»
«Perché», mi ha risposto, «non devo parlare con la bocca piena.»
C'è chi dice che responsabilizzando i bambini li si aiuta a crescere. C'è chi invece sostiene che si aiuta a crescere solo il premio dell'assicurazione. 


Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 15 luglio 2015

Tu non mi vuoi bene? - Erma Bombeck

«Tu non mi vuoi bene?»
Quante volte ve lo siete sentito dire dai vostri figli in tono accusatore? E quante volte avete resistito alla tentazione di spiegar loro quanto li amavate? Un giorno, quando i miei figli saranno abbastanza grandi da capire la logica che spinge una madre a comportarsi in un certo modo, glielo dirò.
Ti ho amato abbastanza da chiederti continuamente dove andavi, con chi e a che ora saresti tornato.
Ti ho amato abbastanza da insistere perché ti comprassi una bicicletta con i tuoi soldi, anche se noi potevamo permettercela e tu no.
Ti ho amato abbastanza da star zitta e lasciare che scoprissi da solo chi era l'amico che ti eri scelto.
Ti ho amato abbastanza da costringerti a restituire al proprietario del negozio la cioccolata già morsicata e confessare: «L'ho rubata».
Ti ho amato abbastanza da restar lì come un gendarme per più di due ore a guardarti pulire la stanza, un lavoro che io avrei potuto fare in un quarto d'ora. Ti ho amato abbastanza da dire: «Sì, vai pure al luna park. Non importa se è il giorno della mamma».
Ti ho amato abbastanza da lasciare che vedessi la rabbia, la delusione, il disgusto e le lacrime nei miei occhi.
Ti ho amato abbastanza da non scusarmi mai con gli altri per le tue mancanze o cattive maniere.
Ti ho amato abbastanza da ammettere di aver avuto torto e chiederti scusa. Ti ho amato abbastanza da ignorare quello che dicevano o facevano «le altre madri». Ti ho amato abbastanza da lasciare che inciampassi, cadessi, ti facessi male, sbagliassi. Ti ho amato abbastanza da lasciare che ti prendessi le responsabilità delle tue azioni, a sei, come a dieci, o a sedici anni.
Ti ho amato abbastanza da sospettare che avevi mentito sulla presenza dei genitori del tuo amico a quella festa, e lasciar correre... dopo aver scoperto che non mi sbagliavo. 
Ti ho amato abbastanza da metterti a terra, lasciarti andare la mano, non rispondere alle tue suppliche... perché imparassi a stare in piedi da solo.
Ti ho amato abbastanza da accettarti per quello che sei, non per quello che avrei voluto che fossi.

Ma soprattutto ti ho amato abbastanza da continuare a dire «No» anche sapendo che mi avresti odiato. È stata questa la decisione più difficile.

- Erma Bombeck - 




“Non dobbiamo essere influenzati dalle opinioni altrui, anche se ci vengono da persone a noi care, come i nostri familiari, i nostri capi o i nostri amici intimi. Così, noi siamo solidi e radicati come la montagna. 
Noi sappiamo, nel profondo del nostro cuore, che incarniamo l’essenza perfetta di un essere spirituale. 
Le parole degli altri non possono rubarci la pace interiore o la gioia, a meno che noi non diamo loro il potere di farlo.”

- Brian Weiss -





I bambini troppo spesso si trovano davanti a degli ostacoli troppo pesanti per loro. Da soli non riusciranno ad affrontarli. 
Il loro disperato grido “aiutami per favore” non riescono ad esprimerlo in parole. 
Noi possiamo imparare ad ascoltare queste richieste di aiuto silenziose. 

- Gustav Birth - 





Buona giornata a tutti. :-)




sabato 23 maggio 2015

Bellezza - Erma Bombeck -

È anemica, ha una spalla più bassa dell'altra e si mangia le unghie. 
È la donna più bella che io abbia mai visto. 
Ci ha messo più di sessant'anni a diventare così. Il processo per ottenere quel genere di bellezza non può essere accelerato.
Le rughe sulla faccia se le è guadagnate... una alla volta. 
Quella ostinata all'angolo della bocca, che diventava più profonda a ogni «No». 
Quelle sottili sulla fronte, che fecero la loro misteriosa comparsa quando le nacque il primo figlio. 
Ora ha gli occhi protetti da lenti, ma le zampe di gallina si vedono lo stesso. Gli occhi sono giovani, vivaci, irrequieti. 
Sono occhi maturi, che riflettono la storia di una vita. 
Occhi che hanno luccicato di gioia, che si sono riempiti di lacrime di dolore, che si sono serrati all'improvviso per la rabbia, occhi brucianti per il sonno perduto. 
Ora sono limpidi e penetranti, e ti guardano dritto in faccia.
E quel gonfiore diffuso? I bambini troppo stanchi per camminare che bisognava portare in braccio dalla nonna, i sacchetti della spesa da trasportare dalla macchina alla cucina. Ora viene mantenuto dalla vita sedentaria, dal frigorifero pieno e dalla TV.
Il doppio mento viene con l'uso, ci vogliono anni a perfezionarlo. A volte lo si vede solo di profilo, ma c'è. 
Le donne viziate non hanno il doppio mento.
Lo fanno sparire con creme e massaggi. Questo mento invece c'è sempre stato, a sostenere la testa ciondolante quando vegliava in poltrona, la notte, china a lavorare a maglia, a pregare.
Le gambe sono ancora belle, ma il passo è stanco. 
Sono state le corse per prendere l'autobus, le lunghe ore in piedi quando lavorava ai grandi magazzini, le cadute per insegnare alla figlia ad andare in bicicletta. L'incavo delle ginocchia è viola. 
Le mani? Sono piccole, solcate da vene, hanno tremato, accarezzato, si sono rovinate nell'acqua, con i detersivi, le tinture, le schegge, sono state morsicate, piagate, ma non si può fare a meno di restare colpiti quando ci si accorge che l'anulare si è rimpicciolito portando l'anello nuziale. Ci vuol tempo, e altro, per rimpicciolire un dito.
L'altro giorno ho guardato a lungo, attentamente mia madre, e le ho detto: «Mamma, non ti ho mai visto così bella».

«Mi curo molto», è stata la secca risposta.

- Erma Bombeck -




Sono belle le donne mature,
quelle che accolgono
sui loro visi le tracce lasciate dal tempo.
Donne che non si ostinano
a voler apparire perennemente giovani.
Donne dignitose che si accettano come sono,
che curano se stesse e loro interiorità.
Sembrano preziosi ricami le loro rughe,
che un alito di vento improvviso
ha inciso sul volto sorridente.
Sono ricordi, illusioni, delusioni, gioie, sogni.
Sono libri scritti da antichi monaci amanuensi le loro rughe,
ricche di gioventù che sembra recente,
di amore mai spento,
di fuoco sempre acceso sotto il sottile strato di cenere.
Bello guardare dalla finestra dalla vita
l’ennesimo giorno di sole e di aria fresca
per non dimenticare le antiche primavere.
E’ bello leggere tra le rughe
il sorriso di sempre, l’attimo ormai vissuto,
il ricordo sempre vivo, la passione mai sopita.
Grazie al cuore che non è mai stanco di emozioni,
grazie alla vita che non smette mai di sorprendere.

- Agostino Degas -




Essere giovani vuol dire tenere aperto l'oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro. 

- Bob Dylan - 





Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 30 aprile 2015

Quando sono diventata la mamma e la mamma è diventata la figlia? - Bombeck Erma

Una volta un fisico nucleare ha calcolato che le donne che hanno un bambino a vent'anni, hanno venti volte l'età del loro bambino.
Quando il bambino ha vent'anni e la madre quaranta, questa ha solo il doppio dell'età del bambino. 
Quando il bambino ha sessant'anni e la madre ottanta, la madre è solo di uno e un terzo più vecchia del bambino. 
Quando il bambino ha ottant'anni e la madre cento, la madre è solo di uno e un quarto più vecchia del bambino. 
Quando riuscirà il bambino a raggiungere la madre? 
Quando, davvero.
Comincia una notte mentre si dorme. La mamma non riesce a riposare, e vai nella sua stanza a rimboccarle le coperte sulle braccia nude?
Oppure un pomeriggio in cui, in preda all'irritazione, si esclama: «Come faccio a farti la permanente se non stai ferma? Se non ti importa di avere un aspetto decente, bene, a me importa, invece!» (Dio mio, è l'eco di una frase sentita mille volte! ) 
Oppure è cominciato in quel pomeriggio di pioggia in cui, tornando dal supermercato, hai pigiato di colpo sul freno, hai buttato istintivamente le braccia tra lei e il parabrezza per proteggerla e hai incontrato i suoi occhi, tristi, consapevoli? 
La transizione avviene lentamente, come tra lei e sua madre. 
Passaggio di poteri. 
Trasferimento di responsabilità. 
Passaggio di doveri. 
All'improvviso si cominciano a sputare tutte quelle frasi imparate sulle ginocchia della mamma. «Certo che stai male. Credi che non mi accorga che stai male? Passo a prenderti verso le undici per andare dal dottore. E fatti trovare pronta!»
«Allora, dov'è il golf? Sai che freddo fa nei negozi con l'aria condizionata! E l'ultima cosa di cui hai bisogno è un raffreddore.»
«Stai benissimo oggi. Non te l'avevo forse detto che quel vestito ti sarebbe piaciuto? Quell'altro ti faceva sembrare vecchia. Non c'è ragione di sembrar vecchia prima del necessario.»
«Devi far pipì prima di uscire? Sai com'è dal dottore. Bisogna farsi dare la chiave e far tutti quei chilometri di corridoio. Perché non cerchi di farla lo stesso... così non ci pensiamo più.»
«Se non sei troppo stanca andiamo a fare qualche compera. Hai fatto il riposino stamattina? Quando ti senti stanca, dimmelo che ti porto a casa. Lo sai che non riesco a far compere con te che te ne stai lì impaziente saltando da un piede all'altro.» (Buon Dio, l'hai veramente presa sottobraccio e l'hai quasi sollevata di peso?)
Ribellione? «Ti sarei grata, signorina, se lasciassi che sia io a prendere le mie decisioni. Lo so io quando sono stanca, e quando sono stanca ho il buon senso di andarmene a letto. Smettila di trattarmi come una bambina!» Non è ancora pronta per il passaggio alla vecchiaia.
Ma gli anni passano, lenti, insidiosi, e non c'è nessuno a cui chiedere aiuto. «Dove sono i miei occhiali? Non riesco mai a trovarli. Mi sono addormentata di nuovo al cinema? Com'è andata a finire? Si sono sposati?» «Fai tu il numero. Sai che sbaglio sempre.»
«Quest'anno niente albero di Natale. Non c'è nessuno per cui farlo e poi ci vogliono otto mesi per pulire il tappeto.»
«Dov'è il numero del volo e l'orario di partenza del mio aereo? Me li batti sempre a macchina e li metti insieme al biglietto. Ma io non riesco a leggerli, questi numeri così piccoli.»
Ribellione: «Dai, mamma, non sei poi così vecchia. Riesci a fare un sacco di cose da sola, perfino a infilare l'ago».
«E tu non sei certo troppo stanca per telefonare a Olivia e farle un salutino. Ti ha chiamato almeno quindici volte e tu hai fatto finta di niente. Perché non fate colazione insieme, qualche volta? Ti farebbe bene uscire un po'.»
«Come, sei in rosso? Non puoi tenere il conto degli assegni che firmi?»
La figlia non è ancora pronta a prendere su di sé il peso della madre. Ma le cose stanno filando in quella direzione.
Il primo anno che celebri il giorno di Natale a casa tua, fai tu il tacchino arrosto e tua madre prepara la tavola.
La prima volta che al cinema ti giri inconsciamente verso di lei e le fai «Shhhh!»
La prima volta che la prendi per un braccio camminando su un tratto ghiacciato.
Mentre i tuoi figli diventano forti e indipendenti, tua madre ritorna bambina.
«Mamma, non sono stata io a prendere la guida dei programmi TV.»
«Sì che sei stata tu.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Ieri sera ho visto tuo padre. Ha detto che sarebbe tornato tardi.»
«Non è possibile. È morto, mamma.»
«Perché dici una cosa simile? Sei una bambina cattiva.»
«Ho visto il signor Evans, mi ha spinto sull'altalena per ore e ore.»
«Non c'è nessun signor Evans. Te lo sei inventato, non esiste.»
«Non è vero. Perché dici una cosa simile? Solo perché tu non lo vedi non vuol mica dire che non esiste.»
«Non vieni mai a trovarmi. Stai sempre dietro a quei bambini. Non hanno nemmeno bisogno di te.»
(«Vai ancora a giocare a bridge? Vai sempre fuori e poi non hai tempo di leggermi le storie!»)
«Per amor di Dio, mamma, lascia perdere il parrucchino di Fred. Lo sappiamo tutti che lo porta, e parlarne in continuazione non fa che peggiorare le cose.» («Attenta a come parli, bambina, e aspetta che gli altri ti rivolgano la parola.») 
La figlia medita: «Non dovrebbe essere così. Tutti quegli anni passati a lavarmi, vestirmi, darmi da mangiare, correggermi, darmi ordini, coccolarmi e soddisfare i miei desideri... volevo che venisse il mio turno... volevo esser io a comandare. E adesso che il momento è arrivato, perché sono così triste?»
Lavi e asciughi il corpo che un giorno ti ha ospitato. 
Imbocchi le labbra che hanno baciato lividi e ferite per lenire il dolore. 
Pettini i capelli che ti si rovesciavano addosso per farti ridere. 
Sistemi la coperta sulle gambe che ti portavano a passeggio. 
Fa tanti riposini quanti ne facevi tu. 
La accompagni in bagno e l'aspetti per rimetterla a letto. 
C'è una donna che verrà a tenerle compagnia la sera di Capodanno. Non credevi che sarebbe stato così.
Un giorno sei in macchina con tua figlia, lei frena bruscamente, e istintivamente le sue braccia si alzano tra te e il parabrezza, allo scopo di proteggerti. Dio mio! Così presto.

- Bombeck Erma - 




Hanno oggettivamente dichiarato guerra alla ragionevolezza della famiglia.
Trovano intollerabile che un maschio e una femmina si uniscano stabilmente e mettano al mondo dei figli alla vecchia maniera, facendo l’amore, e che di quei figli si occupino con continuità, facendo uno il padre l’altra la madre, potendo raccontare loro anche, che so, del nonno nato in un’isola e della zia che amava i cappelli e le cartoline, perché quei figli sapranno da dove viene il loro seme, e non avranno mai l’angoscia di essere privi di una storia (o meglio, di averla ma di non poterla conoscere), senza radici, senza padri a cui ribellarsi, né avranno mai il senso di colpa di sapere che una povera indiana è stata sfruttata per pochi soldi mescolando con loro sangue e cellule e respiro e tutto il mischiabile, e poi sarà stata esclusa dalla loro vita quando ancora il cordone che li ha uniti starà pulsando sangue. 

- Costanza Miriano - 



Non importa quanta dignità tu pensi di avere: 
se un bambino ti passa una tazza vuota, tu devi bere. 





Buona giornata a tutti. :-)