Visualizzazione post con etichetta Baricco Alessandro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Baricco Alessandro. Mostra tutti i post

mercoledì 9 luglio 2014

La Leggenda del pianista sull'oceano, monologo finale -

"Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine… la fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto molto bello su quella scaletta, e io ero grande, con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema.
Non è quello che vidi che mi fermò, Max… è quello che non vidi. 

Puoi capirlo. Quello che non vidi… in tutta quella sterminata città c’era tutto, tranne la fine. C’era tutto! Ma non c’era una fine. 
Quello che non vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo.
Tu pensa ad un pianoforte: i tasti iniziano, i tasti finiscono. 

Ma tu lo sai che sono ottantotto, e su questo nessuno può fregarti. Ma non sono infiniti loro: tu sei infinito; e dentro a quegli ottantotto tasti la musica che puoi fare è infinita. E questo a me piace, in questo posso vivere. 
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai – e questa è la verità: che non finiscono mai – quella tastiera è infinita. 
Ma se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?! Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi altri laggiù a sceglierne una? 

A scegliere una donna? Una casa? Una terra che sia la vostra? Un paesaggio da guardare? Un modo di morire?
Tutto quel mondo addosso, che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è, ma non avete paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla quella enormità? Solo a pensarla, a viverla! Io ci sono nato su questa nave. E vedi anche qui il mondo passava, ma a non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo.
La terra è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella, è un viaggio troppo lungo, è un profumo troppo forte, è una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave. Al massimo posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti è come se non fossi mai nato. Sei tu l’eccezione, Max. Solo tu sai che sono qui. E sei una minoranza, non ti resta che adeguarti. Perdonami, amico mio, ma io non scenderò".


Tratto dal film "La leggenda del pianista sull'oceano"

film italiano del 1998 con Tim Roth, regia di Giuseppe Tornatore




The park of Schloss Kammer . Klimt


Spesso diciamo: "Ho pianto fino a non avere più lacrime". 
In realtà può succedere che per una ferita profonda (chissà di quanti anni) le lacrime non finiscano. 
Possono smettere per un un poco, poi riprendono copiose. 
Bisogna lasciarle scorrere "perché le ferite diventino feritoie".





".........I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli, ma non ci son riuscito. Allora li ho incantati […]

E a uno ad uno li ho lasciati dietro di me...
Ho disarmato l'infelicità. 
Ho sfilato via la mia vita dai miei desideri. 
Se tu potessi risalire il mio cammino, li troveresti uno dopo l'altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno mai ho raccontato se non a te...."



- Alessandro Baricco - 
Novecento - 




Perchè sei sempre triste? gli ho chiesto.
Non sono triste.

Si che lo sei.

Non è quello, mi ha detto. Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare.

Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei nè triste nè felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.
Io sto aspettando, mi ha detto.
Cosa?
Sto aspettando di fare ciò per cui sono nato.

- Alessandro Baricco -
(Questa storia)




Buona giornata a tutti. :-)


sabato 1 marzo 2014

D’improvviso… - Alessandro Baricco

Poi non è che la vita vada come tu te la immagini.
Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada. 
Così... Io non è che volevo essere felice, questo no. 
Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi. 
Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. 
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: 
il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No. 
Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera. 
Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito. 
Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. 
E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. 
Non si ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. 
Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.
Alessandro Baricco
Oceano Mare


Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine... ..o un odore, o un suono che poi non te li togli più.
E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.

AlessandroBaricco
Castelli di rabbia



"È proprio obbligatorio essere eccezionali? [...]
C'è una dignità immensa, nella gente, quando si porta addosso le proprie paure, senza barare, come medaglie della propria mediocrità."

- Alessandro Baricco -
Castelli di rabbia


“La sera, come tutte le sere, venne la sera. Non c'è niente da fare: quella è una cosa che non guarda in faccia nessuno.
Succede e basta.
Non importa che razza di giorno arriva a spegnere. Magari è stato un giorno eccezionale, ma non cambia nulla. Arriva e lo spegne.” 

(Alessandro Baricco, Castelli di rabbia, 1991)



Era una ragazza semplice, di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie, e se la vita è carogna non importa, una ragione buona per sorridere la trovi comunque. Era un tipo così. Ed era carina, questo bisogna dirlo. Non del genere vistoso, quelle che ti giri a guardarle. Più semplice. Ma aveva qualcosa che ti accalappiava, niente da dire, ce l’aveva. Come una specie di limpidezza, di trasparenza. Era quel tipo di donna che quando ce l’hai tra le braccia, sai che lei è lì, proprio tra le tue braccia e da nessuna altra parte. Non so se avete presente. Ma è una cosa rara. E bellissima, nel suo genere.

- Alessandro Baricco -
                                                                                        


Buona giornata a tutte :-)




mercoledì 30 ottobre 2013

da "Foglie d'erba" di Walt Whitman

Credo nella carne e nei suoi appetiti, vedere, udire, sentire sono miracoli, ed ogni parte, ogni lembo di me è un miracolo. Divino io sono, dentro e fuori, e santifico tutto ciò che tocco o da cui sono toccato, l’odore di queste ascelle è un aroma più dolce che le preghiere, questa testa è più che chiese, bibbie e tutti i credi.
Se io venero una cosa più che un’altra sarà l’estensione del mio corpo, o ciascuna parte di esso, traslucida forma di me, sarai tu!
Ombrose prominenze e supporti, sarete voi!
Saldo vomere del maschio, sarai tu!
Qualunque cosa accresca il mio valore sarai tu!
Tu mio ricco sangue! la tua lattea corrente, pallida mungitura della mia vita!
Petto che si preme contro gli altri petti, sarai tu!
Mio cervello, saranno le tue occulte circonvoluzioni! 
Radici dei teneri giunchi! pavido beccaccino! nido di uova doppie e protette, sarete voi!
Scompigliato fieno misto di testa, barba, muscoli, sarai tu!
Stillante linfa di acero, fibra di grano virile, sarai tu!
Sole così generoso, sarai tu!

Walt Whitman



La guardò. Ma d’uno sguardo per cui guardare già è una parola troppo forte.
Sguardo meraviglioso che è vedere senza chiedersi nulla, vedere e basta.
Qualcosa come due cose che si toccano – gli occhi e l’immagine-
uno sguardo che non prende ma riceve, nel silenzio più assoluto della mente, l’unico sguardo che davvero ci potrebbe salvare
- vergine di qualsiasi domanda, ancora non sfregiato dal vizio del sapere - sola innocenza che potrebbe prevenire le ferite delle cose quando da fuori entrano nel cerchio del nostro sentire - vedere - sentire - perché sarebbe nulla di più che un meraviglioso stare davanti, noi e le cose, e negli occhi ricevere il mondo – ricevere – senza domande, perfino senza meraviglia – ricevere - solo - ricevere - negli occhi – il mondo.

Alessandro Baricco – Oceano Mare




Faccio tutto ciò che posso
perché il mio amore
non ti disturbi,
ti guardo di nascosto,
ti sorrido quando non mi vedi. 
Poso il mio sguardo 
e la mia anima ovunque
vorrei posare i miei baci: 
sui tuoi capelli,
sulla tua fronte,
sui tuoi occhi,
sulle tue labbra,
ovunque le carezze 
abbiano libero accesso.



Victor Hugo a Juliette Drouet





Un uomo silenzioso è un uomo saggio. Una donna silenziosa è una donna incazzata nera.

Buona giornata a tutti :-)

domenica 21 aprile 2013

L' amicizia prima di Facebook - Alessandro Baricco -


Quel che ricordo dell' amicizia ai tempi in cui non esisteva Facebook e nemmeno la Rete, le mail, gli sms l'ho scritto in Emmaus, nell'amicizia di quei quattro ragazzini diciassettenni che muovono il romanzo.
I libri non sono mai, stupidamente, la verità, ma è vero che noi eravamo più o meno così, come quei quattro. 
Una cosa che ricordo bene, ad esempio, è che pensavamo l' amicizia come il prolungamento di una fede: fosse religiosa, come nel nostro caso, o anche laica, o politica, non importava. Anche il Toro andava bene. Ma era importante quel credere comune, non sarebbe bastata la simpatia né qualsiasi altra prossimità sentimentale. 
A tenerci uniti era la certezza che stavamo combattendo insieme una qualche sotterranea guerra, di cui poi non capivamo neanche molto. In definitiva negli amici cercavamo meno un sollievo alle nostre solitudini che non l'iscrizione a un qualche eroismo collettivo. Ciò dava ai legami un tratto di necessità, o forse di sacralità, che ci faceva impazzire.
Vi trovavamo una fermezza, un'inevitabilità, che non trovavamo altrove. Va da sé che non c'erano amici che non lo fossero per la pelle. Come i quattro di Emmaus, da ragazzi costruivamo le amicizie su una bolla di dolore. Quando non c'era, ce la inventavamo, credo. Ma sempre ci si riconosceva a partire da una ferita, e ci si voleva bene - e quanto - scambiandoci il segreto della nostra tristezza.
Ne sapevano poco le nostre famiglie, e niente il mondo: ma lo spazio di quel penare, che tenevamo segreto, dettava il perimetro di una luogo riservatissimo a cui proprio le amicizie, e solo loro, accedevano. Così essere amici significava condividere un segreto. E scambiare malinconia. 
Non voglio dire che fossimo depressi o pateticamente romantici (magari lo eravamo anche un po', ma non è quello il punto), voglio dire che quando cercavamo il massimo della vicinanza ci riusciva più facile farlo entrando nell'ombra dei nostri pensieri cupi, perché lì trovavamo la perfezione. 
L' allegria era meno interessante. Della felicità non ci accorgevamo.
E poiché non esisteva Facebook, essere amici significava fare delle cose. 
Non parlarne, o raccontarle: farle. Se cerco di ricordare momenti precisi che significassero amicizia, vedo scene in cui sempre stavamo facendo qualcosa. E mai in casa. Esisteva un nesso preciso tra l' alzare il culo per andare a fare cose e il vivere le amicizie. Anche quando ci scrivevamo, era una cosa particolare, accadeva di rado, e allora una lettera era molto più un fatto che un modo di comunicare. Era un gesto. Le telefonate interminabili (ciò che di più vicino riesco a immaginare al chattare odierno) ce le tenevamo per le fidanzate: tra noi sarebbe stato ridicolo. 
Parlavamo molto, naturalmente, ma era sempre roba cucita in un gesto, e tempo legittimato da altro tempo, speso in un qualche lavorio.
Ci sarebbe parso tremendamente vacuo frequentarci via computer. Non avremmo saputo cosa dirci. Quando invece anche solo il "tornare da giocare a pallone" diventava uno spazio perfetto, di camminate memorabili, e parole a lungo covate.
C'entravano il sudore addosso, le scarpe slacciate, e il pallone, sporco da far schifo, tra le mani, e farlo rimbalzare. Una finestrella su uno schermo, quello ci sarebbe apparso come un ripiego inspiegabile. Tutto ciò ci costringe a concludere spesso, usando un termine che è tramontato, che quelle erano amicizie profonde.
Tacitamente, intendiamo dire che quelle di Facebook non lo sono.
Ma la realtà non è così semplice. Se un termine tramonta un perché ci sarà, e l'estinguersi di un profilo certo, per la parola profondità, qualcosa deve insegnarci. Era il nome che davamo a una certa intensità, ma era un nome probabilmente inesatto. Alludeva a coordinate (superficie profondità) che il mondo quasi certamente non ha: oggi appaiono come una semplificazione un po' infantile, e stanno all'esperienza reale come un cartone sta al 3D.
Strumenti poveri, verrebbe da dire. Così ci resta la memoria di una certa intensità, ma pochi nomi certi per nominarla con esattezza. 
Per questo trarre delle conclusioni che non siano da bar sembra difficile. 
Io posso giusto annotare un'osservazione che oltre tutto ha il limite di riferirsi alla mia esperienza personale: in genere la "profondità" che tendo ad attribuire retrospettivamente a quelle amicizie non sembra aver influito sulla loro resistenza al tempo. 
Alcune se ne sono sparite, altre sono rimaste, come se una regola non ci fosse: ha tutta l'aria di essere una faccenda dannatamente casuale.
E se mi trovo ancora appiccicato addosso persone con cui tornavo da giocare a pallone, è vero che tante altre amicizie che erano analogamente "profonde" se ne sono andate con un fare liquido strabiliante, come se non avessero agganci da nessuna parte, e la benché minima forma di necessità. 
È bastato alle volte uno spostamento minimo, un' inezia, e già non c' erano più. Così quelle che sembravano pietre incastonate si sono svelate pietre appoggiate su qualcosa di sdrucciolevole: e la petrosità una categoria che solo nella fantasia ha un nesso necessario con la permanenza. 
Da giovani non potevamo immaginarlo, ma la verità è che si può essere petrosi e provvisori, noi lo eravamo. Rolling Stones, come ci insegnò poi qualcuno che, senza saperlo, aveva già capito tutto.

(Alessandro Barrico)



Ecco.... temo... cosa ne pensate? Già ci siamo?


Il più grande bisogno del mondo è il bisogno di uomini: di uomini che non si possono né comprare né vendere;
di uomini che sono fedeli e onesti fino all'intimo della loro anima;
di uomini che non hanno paura di chiamare il male col suo vero nome;
di uomini la cui coscienza è fedele al dovere come l'ago magnetico lo è al polo;
di uomini che staranno per la giustizia anche se dovessero crollare i cieli.

- Ellen Gould White -



C'è chi deve scoprirsi le gambe per farsi notare perché se si scoprisse il cervello non avrebbe niente da mostrare.

- A. Allblack - 




Buona giornata a tutti :-)











lunedì 24 settembre 2012

Preghiera di uno che si è perso, e dunque, a dirla tutta, preghiera per me – Alessandro Barrico -

Signore Buon Dio, abbiate pazienza, sono di nuovo io.
Dunque, qui le cose vanno bene, chi più chi meno, ci si arrangia, in pratica, si trova poi sempre il modo di cavarsela, voi mi capite, insomma, il problema non è questo.
Il problema sarebbe un altro, se avete la pazienza di ascoltarmi. 

Il problema è questa strada, bella strada questa che corre e scorre e soccorre, ma non corre diritta, come potrebbe e nemmeno storta come saprebbe, no. Curiosamente si disfa.
Credetemi (per una volta voi credete a me) si disfa. 

Dovendo riassumere, se ne va un po' di qua, un po' di là, presa da improvvisa libertà. Chissà.
Adesso, non per sminuire, ma dovrei spiegarvi questa cosa, che è cosa da uomini, e non è cosa da Dio, di quando la strada che si ha davanti si disfa, si perde, si sgrana, si eclissa, non so se avete presente, ma è facile che non abbiate presente, è una cosa da uomini, in generale, perdersi. 

Non è roba da Voi. Bisogna che abbiate pazienza e mi lasciate spiegare. Faccenda di un attimo. 
Innanzitutto non dovete farvi fuorviare dal fatto che, tecnicamente parlando, non si può negarlo, questa strada che corre, scorre, soccorre, sotto le ruote di questa carrozza, effettivamente, volendo attenersi ai fatti, non si disfa affatto.
Tecnicamente parlando.
Continua diritta, senza esitazioni, neanche un timido bivio, niente.
Diritta come un fuso. Lo vedo da me. Ma il problema, lasciatevelo dire, non sta qui. Non è di questa strada, fatta di terra e polvere e sassi, che stiamo parlando. La strada in questione è un'altra. E corre non fuori, ma dentro. 

Qui dentro. Non so se avete presente: la mia strada.
Ne hanno tutti una, lo saprete anche voi, che tra l'altro, non siete estraneo al progetto di questa macchina che siamo, tutti quanti, ognuno a modo suo. Una strada dentro ce l'hanno tutti, cosa che facilita, per lo più, l'incombenza di questo viaggio nostro, e solo raramente, ce lo complica. Adesso è uno dei momenti che lo complica. 

Volendo riassumere, è quella strada, quella dentro, che si disfa, si è disfatta, benedetta, non c'è più. Succede, credetemi, succede. E non è una cosa piacevole. 
Io credo che quella vostra trovata del diluvio universale, sia stata in effetti una trovata geniale. Perché a voler trovare un castigo, mi chiedo cosa sia meglio che lasciare un povero cristo da solo in mezzo a quel mare. Neanche una spiaggia. Niente. Uno scoglio. Un relitto derelitto. Neanche quello. Non un segno per capire da che parte andare, per andarci a morire.
... So perfettamente qual è la domanda, è la risposta che mi manca.
Corre questa carrozza, e io non so dove. Penso alla risposta, e nella mia mente diventa buio. 

Così questo buio io lo prendo e lo metto nelle vostre mani. E vi chiedo Signore Buon Dio di tenerlo con voi un'ora soltanto, tenervelo in mano quel tanto che basta per scioglierne il nero, per scioglierne il male che fa nella testa, quel buio nel cuore, quel nero, vorreste? 
Potreste anche solo chinarvi, guardarlo, sorriderne, aprirlo, rubargli una luce e lasciarlo cadere che tanto a trovarlo ci penso poi io, a vedere dov'è.
Una cosa da nulla per voi, così grande per me. Mi ascoltate Signore Buon Dio? Non è chiedervi tanto, è solo una preghiera, che è un modo di scrivere il profumo dell'attesa. Scrivete voi dove volete il sentiero che ho perduto. 

Basta un segno, qualcosa, un graffio leggero sul vetro di questi occhi che guardano senza vedere, io lo vedrò. Scrivete sul mondo una sola parola scritta per me, la leggerò. Sfiorate un istante di questo silenzio, lo sentirò. Non abbiate paura, io non ne ho. E scivoli via questa preghiera con la forza delle parole, oltre la gabbia del mondo, fino a chissà dove. Amen.

(Alessandro Barrico)
Fonte: “Oceano Mare” Feltrinelli Editore




Non cercare di essere sempre perfetto, perchè ti dò una buona notizia, nessuno lo è. 
Sii semplicemente un buon esempio per chi ti sta intorno. 

Ama le cose che fai e sii felice.

- Stephen Littleword -




‎''Non lascatevi scoraggiare da coloro che, 
delusi dalla vita, 
sono diventati sordi ai desideri più profondi e autentici del loro cuore''

 (Beato Giovanni Paolo II).



Ricorda costantemente che tu non sei qui nella vita per diventare una merce..
Non sei qui nella vita per diventare una cosa utile questo è al di sotto della tua dignità..
Non sei qui solo per diventare più efficiente..
Tu sei qui per diventare sempre più vivo..
Tu sei qui per diventare sempre più intelligente..
Tu sei qui per diventare sempre più felice.. estaticamente felice !!
- Osho -


Buona giornata a tutti. :-)