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lunedì 25 giugno 2018

da: "Cime e valli della vita" - Anselm Grùn

Già da ragazzo ho visto le ascensioni in montagna come esercizio alla disciplina. 
Erano un simbolo del fatto che sono io a prendere in mano la mia esistenza e a darle for­ma, che sono io a stabilire le mete e anche ad arrivarci. 
Ciò che sentivo istintivamente da ragazzo l'ho ritrovato poi in Viktor E. Frankl, lo psicoterapeuta viennese, che era anche un appassionato alpinista. In un discorso una volta disse che l'alpinista «è in concorrenza e in rivalità soltanto con una persona e quella persona è lui stesso. Pretende qualco­sa da se stesso, esige qualcosa da se stesso»
Frankl parla poi del fatto che l'essere umano ha bisogno della tensione interiore, tra se stesso e una meta che si prefigge.
Quando, in un'escursione in montagna, stabiliamo una meta, creiamo in noi una sana tensione, che ci fa bene. 
Se esigiamo sempre troppo poco da noi stessi, spesso nella nostra vita si insinua la sensazione di mancanza di senso. 
L'assenza di una meta impedisce che sviluppiamo davvero le energie che sono racchiuse in noi. La meta, però, deve essere scelta in maniera adeguata. 
Se ci poniamo obiettivi troppo ambiziosi, pretendiamo troppo da noi stessi. 
Se però non osiamo nulla, il viaggio della vita perde energia. 
La meta conferisce al nostro camminare una dinamica in­teriore che ci fa bene.

- Anselm Grùn -
da: "Cime e valli della vita" - ed. Queriniana


Lungo la strada ci imbattiamo sempre nei nostri limi­ti, a volte ci rendiamo conto che la strada non prosegue. 
Allora bisogna trovare un nuovo orientamento. 
Della vita fanno parte esperienze di picco e valli di mediocrità, ascese faticose e addii pieni di malinconia. 
Posso camminare da solo e allora mi ritrovo a confronto con me stesso. Ma mi piace anche camminare in compagnia, in particolare con i miei fratelli e le mie sorelle. Fa bene camminare insieme, sostenersi a vicenda, incoraggiarsi o, semplicemente, met­tersi a chiacchierare.
Già i filosofi greci sviluppavano le loro idee più impor­tanti camminando. 
E così il camminare è anche sempre fonte di ispirazione. 
Spesso camminando mi vengono nuove idee che in seguito, prima o poi, mi piace mettere per iscritto. Ma non uso mai il tempo delle camminate per annotarmi i pensieri. Non tengo un diario. E durante la vacanza rinuncio a qualsiasi forma di scrittura. 
Mi ab­bandono esclusivamente al camminare e all'osservare, alle conversazioni e alle pause.

- Anselm Grùn -
da: "Cime e valli della vita" - ed. Queriniana



La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

- Nazim Hikmet - 



Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 2 maggio 2018

Il demone dell orgoglio - Anselm Grün

Il demone dell' orgoglio spinge l'anima tanto da farla cadere dalla cima più elevata, la convince a non riconoscere Dio come aiuto, ma a credere che sia lei stessa la causa delle proprie buone azioni e la spinge a guardare i fratelli dall' alto in basso, come se fossero ignoranti e sciocchi. 
Dopo l'orgoglio vengono l'ira e la tristezza, poi, come male estremo, il turbamento dello spirito, la pazzia e le visioni di un gran numero di demoni sospesi nell' aria.

L'orgoglio è anche il più pericoloso dei vizi: l'orgoglioso si ritiene Dio e nega, quindi, la propria umanità: ciò lo conduce lontano dalla realtà, in un mondo apparente, nel quale si gonfia sempre di più, per finire nella confusione spirituale. 
L'orgoglio è ciò che Carl G. Jung definisce "inflazione": ci si gonfia con contenuti dell' inconscio e così si perde sempre di più il senso della realtà; si pensa di essere un grande riformatore, un profeta o un santo. 
Si negano le proprie ombre e si viene invasi dal proprio inconscio senza accorgersene. Secondo Jung, tale atteggiamento conduce alla perdita dell' equilibrio interiore, alla dissoluzione della personalità.
In tal modo è appropriato parlare di demoni, quando si tratta del pericolo dell' orgoglio, perché l'orgoglioso cade del tutto in potere di tali demoni e, identificandosi con gli archetipi dell'inconscio, viene posseduto in piena regola. Per questo motivo, proprio in relazione all'orgoglio i monaci parlano di confusione o addirittura di perdita dello spirito.
Gli otto vizi e i demoni corrispondenti mettono in pericolo l'uomo in modo crescente
Mentre le tre pulsioni fondamentali sono relativamente facili da tenere a bada, è oggettivamente più difficile con i tre stati d'animo. 
Da un uomo adulto ci si aspetta che domini le pulsioni fondamentali tanto da non danneggiare la propria personalità. Certo, qui si dà un più o un meno. Dato che le pulsioni svolgono una funzione positiva, non si tratta di annullarle, ma piuttosto di integrarle in maniera ordinata. 
Nel confronto con i tre stati d'animo, tuttavia, si tratta di integrare la propria ombra. 
All'inizio si devono ammettere le esigenze e i desideri, perché, in quanto emozioni negative, non arrivino a occupare l'anima sottraendosi a ogni controllo. Poi, nella lotta contro la tristezza e l'apatia, ne va in realtà del confronto con l'inconscio, ma soprattutto dell'integrazione dell' anima, della parte femminile dell' anima che, quando viene rimossa, nell'uomo si manifesta sotto forma di cattivo umore. 
Sia secondo Jung che secondo Evagrio, questo confronto si compie quando si è a metà della vita e si presenta oggettivamente più difficile del dominio delle pulsioni. 
Nella battaglia contro la vanagloria e contro l'orgoglio ne va della sincerità verso se stessi e della relazione a Dio. 
Se si usa la terminologia di Jung, si tratta della questione se l'Io fa posto al Sé, o se l'Io cerca di possedere i contenuti dell'inconscio e in questo modo di arricchirsi, o se si apre e si consegna al numinoso, che incontra soprattutto nell'archetipo di Dio.
Espressa nel linguaggio religioso, si tratta della questione se io voglio sfruttare Dio e gli uomini a mio vantaggio, o se voglio servire Dio e gli uomini, se sono pronto a lasciar andare i miei ideali e le mie immagini di Dio e a consegnarmi al vero Dio, ad affidarmi al suo amore.

- Anselm Grun - 
da: Per vincere il male - Ed. San Paolo, pagg. 51-53


Buona giornata a tutti. :-)




domenica 14 gennaio 2018

Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più» (4) - Anselm Grün

L'avidità è ambivalente

Friedrich Schorlemmer sostiene quindi nel suo libro che anche nell'avidità manifesta e stridente di avere sempre più riconoscimenti, ricchezza e pote­re si può scoprire il desiderio profondo di felicità. 
Secondo questo autore, sotto l'avidità c'è «la paura che nella felicità tranquilla si nasconda la noia, lo squallore delle cose sempre uguali, una parsimonia simile alla morte.»
L'avidità ci spinge a cercare la nostra felicità. Ma se l'avidità si manifesta solo nella sua configurazione materiale come bramosia di denaro e di consumi sempre più grandi, come desiderio di maggior fama e potere, allora «perdiamo quello che nel più pro­fondo di noi stessi ci auguriamo di ottenere: per la nostra vita e per la società»
Non si tratta però di sradicare in noi l'avidità. 
Sa­rebbe come strappare dal campo di grano la zizzania e ogni erba cattiva, e Gesù, nella celebre parabola, ci mette ben in guardia dal farlo (cf. Mt 13,24-30). Ci sarebbe il pericolo di distruggere gli aspetti posi­tivi dell'avidità insieme con quelli negativi. 
Si tratta invece di porre un limite all'erba cattiva dell'avidità e trasformarla in terreno nutriente per il buon grano, in modo che ne risulti un nutrimento non solo per il nostro corpo, bensì soprattutto per la nostra anima.
L'ambivalenza dell'avidità si manifesta anche nel­la fattispecie dell'avarizia. Quest'ultima può diven­tare la virtù della parsimonia e del risparmio. 
La parsimonia è la condizione per poter padroneggiare la propria vita. 
Ci sono persone che non hanno mai abbastanza denaro, perché manca loro la capacità di essere parsimoniosi.
In modo simile ci si compor­ta con l'ambizione. Essa può pretendere troppo da una persona e sottoporla a una pressione continua. Eppure Evagrio Pontico, uno scrittore monastico del IV secolo, pensa che per i giovani monaci l'am­bizione sia qualcosa di totalmente buono, poiché li spinge all'ascesi. 
Li spinge a combattere con le passioni e a vincerle. Ma anche a questo riguardo si tratta sempre della giusta misura. L'ambizione mi stimola sempre a migliorare me stesso, a non essere mai contento di quello che ho a disposizione. È la forza motrice per farmi sviluppare ulteriormente.
La parola ambizione significa in origine «ricercare l'onore», tendere all'onore. L'onore non significa soltanto un bell'aspetto e diventare famosi. 
L'onore significa anche dignità, rispetto e magnanimità. Una persona degna di onore è uno che viene rispettato perché vive la sua dignità in quanto uomo. L'am­bizione è dunque una buona forza propulsiva, per lavorare su di me e per creare qualcosa di buono per gli altri. Ma può anche tenermi sotto la sua presa. 
Allora non riesco più a godere di ciò che ottengo, ma vorrei avere sempre di più. Allora non riesco mai a dire: mi basta, è sufficiente. 
E non riesco mai a godere di quello che è e di quello che ho ottenuto.
Come esiste un'ambizione «buona» e un'ambizio­ne «cattiva», così c'è anche una curiosità bella, rin­frescante e una curiosità antipatica, che non mantie­ne la giusta distanza. Se leggo un libro con curiosità, mi immergo in un mondo per me sconosciuto e sperimento me stesso come una persona nuova. 
Se entro in un museo con uno spirito curioso, la curio­sità apre i miei sensi alla bellezza delle immagini. 
La curiosità di ascoltare l'interpretazione di una sinfo­nia di Mozart o di Beethoven aumenta il piacere e il godimento del concerto. 
Ma c'è anche una curiosità senza limiti, che si nutre continuamente di cose sen­sazionali o di pettegolezzi, che vuol sapere tutto e diffonde soltanto e sempre i difetti e gli errori altrui.



In cammino verso un'avidità liberante

In tutto questo, si tratta chiaramente di avere sem­pre la giusta misura. L'avidità come forza motrice della vita è qualcosa che non ci è possibile spegnere. L'ambizione può essere una fonte di energia, per lavorare su di sé, per diventare una brava persona, per andare avanti nel proprio cammino spirituale o per fare qualcosa di buono per gli altri. Ma l'avidità può diventare anche una dipendenza, che non mi permette mai di trovare la quiete. 
E l'ambizione può diventare una coazione a voler ottenere sempre di più e non godere mai con riconoscenza di quello che sono riuscito a produrre.
La grande domanda di tutti i maestri spirituali del passato era questa: come possiamo essere libe­rati dalla forza distruttiva dell'avidità? 
Quali mezzi spirituali ci permettono di trasformare l'avidità in una buona energia per nutrire la nostra vita? 
Che cosa ci porta fuori dal dominio dell'avidità e ci guida verso l'essenza, verso il centro della persona uma­na? 
La domanda sulla trasformazione dell'avidità è connessa alla nostalgia di una tranquillità vitale e di una liberà interiore. 
La persona dominata dall'avi­dità è inquieta e interiormente schiava. 
Chi si lascia determinare dall'avidità, non riesce mai a trovare quiete. 
Molte persone desiderano ardentemente raggiungere la quiete. Ma sono incapaci di ottenerla, perché, non appena si siedono tranquilli, subito ven­gono sempre colpiti dall'avidità di voler ancora di più, di ricevere ancor più informazioni, di soddisfare un maggior numero di bisogni, di essere ancor più apprezzati e riconosciuti. 
Nell'avidità si sperimenta il contrario della libertà. 
Le persone diventano schiave della bramosia di tendere a un potere e a una ric­chezza sempre più grandi, a una fama maggiore e a una comunicazione continua.
Quindi, in questo scritto mi interessa presentare l'avidità come una buona energia per la vita, ma nello stesso tempo voglio aiutare le persone a liberarsi dalla sua forza distruttiva perché giungano alla quiete del cuore e alla libertà interiore.
In queste pagine non vorrei accusare nessuno e nemmeno cadere nel moralismo. Vorrei descrivere il fenomeno dell'avidità e, sulla base dei racconti del Nuovo Testamento, indicare alcune vie che ci con­ducono alla liberazione dall'avidità. 
A mio avviso il Nuovo Testamento ha qualcosa di decisivo da dire a questo riguardo, su come si presenti concretamente l'essere prigionieri dell'avidità e come possiamo libe­rarci dalle sue catene. 
I testi biblici ci mostrano diver­si ambiti in cui opera l'avidità: non c'è solo l'avidità di possedere beni o di consumarli, ma ci può essere anche l'avidità di chiudersi nella propria paura o di garantirsi una sicurezza contro ogni cosa. L'avidità è spesso la risposta a esperienze della prima fanciul­lezza, ad esempio quando si ha la sensazione di non essere mai all'altezza di quello che ci viene chiesto, di non essere mai sazi, di essere interiormente af­famati. 
I testi biblici ci mostrano anche le cause e i motivi di questa nostra avidità. 
E nello stesso tempo ci indicano i modi e la via per poterci liberare dai suoi legami. Questa libertà nei confronti dell'avidità, e non la sua totale estinzione, è il presupposto per trovare la pace e la calma interiore.
Vorrei dunque rivolgermi alle per­sone che sentono il desiderio di una libertà e di una quiete interiore, che scoprono dentro di sé uno spa­zio interiore in cui si sentono libere, pur nel mezzo di un mondo che è dominato dall'avidità; uno spazio in cui sono totalmente presenti a se stesse, libere dal­la pressione di doversi continuamente giustificare, esibirsi o dare prova di se stesse; uno spazio in cui si è liberi dalla costrizione di dover soddisfare subito ogni genere di bisogni. A questo riguardo, la Bibbia è per me un buon aiuto per trovare la giusta strada. Mi confronto a lungo con il testo biblico, finché non si apra per me come un segnale che mi indica la direzione verso una vita realizzata, verso la libertà e la pace interiore.

- Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”, Edizioni Messaggero di Padova


Buona giornata a tutti. :-)











domenica 3 dicembre 2017

Prima domenica di Avvento 2017

Ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con Lui.
Dio ci chiama alla comunione con sé, che si realizzerà pienamente al ritorno di Cristo, e Lui stesso si impegna a far sì che giungiamo preparati a questo incontro finale e decisivo. 
Il futuro è, per così dire, contenuto nel presente o, meglio, nella presenza di Dio stesso, del suo amore indefettibile, che non ci lascia mai soli, non ci abbandona nemmeno un istante, come un padre e una madre non smettono mai di seguire i propri figli nel cammino di crescita. 
Di fronte a Cristo che viene, l'uomo si sente interpellato con tutto il suo essere...ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con lui - in modo misterioso e multiforme - durante il pellegrinaggio terreno, per essere trovata "in lui" al momento del suo ritorno.

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia nei Primi Vespri della I Domenica di Avvento" - 26 novembre 2005





Andare incontro al Natale: quattro settimane diverse dal solito. 
Dare forma a uno spazio di calma e di silenzio. 
Vivere con consapevolezza un tempo che si lascia contagiare da ciò attendiamo nel Natale. 
Se per ogni giorno di Avvento ci lasciamo condurre un passo più vicini al mistero della nostra vita, possiamo giungere davvero all’interno del nostro cuore. E toccare l’amore di Dio per noi.

- Anselm Grün - 



AUGURI DI BUON AVVENTO!

«Noi guardiamo l'Avvento un po' troppo dalla parte dell'uomo. 
Forse bisognerebbe guardarlo di più dalla parte di Dio. 
Sì, perché anche in cielo oggi comincia l'Avvento. 
Il periodo dell'attesa. 
Qui sulla terra è l'uomo che attende il ritorno del Signore. 
Lassù, nel cielo, è il Signore che attende il ritorno dell'uomo».

- Don Tonino Bello -

E ogni cosa deve essere irrorata da Cristo.
"In mano tua non è nulla. Noi nasciamo dal niente, noi siamo niente. L'inizio tuo è nulla. L'inizio è l'accettazione dell'intervento dell'Altro; una accettazione che non è tale se non è domanda. Si può domandare la misericordia nell'atto stesso del male. Vuol dire che ami qualche cosa più del male che fai. E questo lo si impara con chi si vive o non lo si impara"

- don Luigi Giussani - 
da: Dal temperamento un metodo


Misericordia, pietà, clemenza del mio Dio!
Come in questo fatto manifesti la tua tenerezza!
Come una madre amorosa, la quale,
vedendo cadere vicino a sé il bambino,
corre ad arrestarlo sull'orlo del precipizio,
così Gesù, vedendo il suo discepolo sul punto
di consumare la sua riprovazione e piombare nell'inferno,
adoperò verso di lui, 
tutti i tratti della sua carità per riconquistarlo 
alla salute, alla grazia, alla vita!

- San Bernardo - 








Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 13 novembre 2017

Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più» (3) - Anselm Grün

La bramosia di cose non essenziali

Un'altra forma di avidità è il farsi invischiare nella vita quotidiana pieni di preoccupazioni. 
Si vive la quotidianità in modo tale che si dimentica l'istante e ci si lascia trasportare dalle cose invece di essere presenti a quello che si sta facendo in quel momen­to. E si può anche constatare che in molti ambienti si è perduto il riferimento alla trascendenza, che potrebbe relativizzare il fatto di ruotare attorno a se stessi. 
Molte persone si riducono a organizzare la loro vita per mettersi in evidenza. Si passa la vita in­tera nel progettare il prossimo evento. 
Si va da una esperienza all'altra, ma non si è mai veramente pre­senti. L'avidità si manifesta oggi spesso nell'essere invischiati in cose non essenziali per la propria vita: tutto è secondario, privo di un profondo significato. 
Invece di darsi premura per ciò che è essenziale, e per quello che i greci e i romani chiamavano otium, cioè impegnarsi per raggiungere una più profonda conoscenza della verità, ci si perde in occupazioni per nulla essenziali. 
I greci parlavano della gioia di raggiungere la verità, della gioia della contemplazio­ne. 
Questa gioia cede oggi il posto alle molte forme di frenesia: la frenesia del comperare, la frenesia della velocità. 
E invece di indagare il mistero dell'es­sere umano nel dialogo - il classico symposium dei greci - ci si lascia guidare dalla curiosità e dal tradire il mistero: si spia la vita privata degli altri, invece di spingersi più in profondità nel mistero dell'essere umano.

Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”, Edizioni Messaggero di Padova



La bramosia di possedere si manifesta, dunque, in diverse modalità: l'avidità di possedere sempre più denaro, di ricavare sempre maggiori profitti, di ac­cumulare ricchezze sempre più grandi; e la bramosia di possedere che si collega con l'avarizia. Questa forma di avidità è diventata perfino accettabile nel­la bella società. Un'azienda ha scelto come slogan pubblicitario: «L'avarizia è una libidine». All'inizio lo slogan ebbe grande successo. Le persone correvano là per l'avidità di trovare i prezzi più bassi possibili. Tuttavia nel frattempo questo slogan fu rimosso, non solo perché molta gente aveva protestato, ma anche perché non aveva più quel grande successo che si era pensato di ottenere. Prima o poi aveva finito il suo servizio, ma aveva mostrato che l'avidità è il motore della nostra economia.
Gli strateghi del marketing sfruttano l'avidità della gente. 
Se riescono a toccare questo tasto, la loro strategia ha successo. 
Perciò il capitalismo non si può concepire senza l'avidità. 
Da un lato ciò ha ripercussioni negative, dall'altro, tuttavia, ha degli aspetti del tutto positivi, poiché l'avidità spinge le persone a sviluppare sempre nuovi prodotti. L'avidi­tà muove l'economia e crea in tal modo nuovi posti di lavoro. Ma anche per la persona singola l'avidità è uno stimolo a godere la vita. 
Chi è assolutamente privo di avidità, corre il pericolo di diventare privo di forza motrice. 
La bramosia di godere la vita in pienezza spinge gli esseri umani a viaggiare in paesi lontani, a vedere e sperimentare cose nuove, a co­gliere la meraviglia e la bellezza dei paesaggi.

Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”,Edizioni Messaggero di Padova




Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 25 settembre 2017

da."Avidità. Come sottrarsi al desiderio del - sempre di più - " (2) - Anselm Grün

Avidità sessuale

Un’altra forma dell’avidità è l’abbandonarsi all’istinto di tendere insaziabilmente verso la sessualità.
Questa desolazione si rivela oggi in misura minore nel modo concreto di sperimentare la sessualità con un amico o un’amica.
Sotto questo aspetto gli psicologi riferiscono che oggi molte persone hanno
piuttosto paura di una sessualità vissuta, perché dovrebbero donarsi all’altro e liberarsi dal proprio ego. Ciò è troppo pericoloso per molte persone.
L’avidità sessuale si manifesta oggi molto più nel  fatto che in misura crescente si ricercano in Internet raffigurazioni sessuali, pornografia infantile o altri spettacoli pornografici. 
Qualcuno è bramoso di vedere ragazzine quattordicenni, un altro giovinetti adolescenti, un terzo vuole uomini adulti o donne mature. 
L’offerta è grande. E chiaramente viene utilizzata da molti.
Le persone che guardano questi spettacoli pornografici in Internet, sono sempre inquiete. Non giungono mai alla calma interiore. Non riescono a
godere del loro tempo libero. Sono incapaci di leggere un libro in tutta tranquillità. Talvolta si tratta di una vera e propria bramosia, si utilizza ogni minuto libero per ricercare in Internet immagini sessuali.
A questa inquietudine si aggiungono poi la cattiva coscienza e pungenti sensi di colpa. 
Queste persone sperimentano soprattutto il disagio interiore di condurre una doppia vita: all’esterno sono, ad esempio, manager pieni di successo, nell’ intimo sono invece persone avide, che sfruttano ogni minuto libero per soddisfare la propria bramosia. 
Ci si sente interiormente lacerati. E si cerca di coprire questa lacerazione con l’irrequietezza.




L’avidità di essere sempre informati e connessi

Nei giovani invece osservo al contrario un comportamento del tutto compulsivo: ogni istante libero controllano nei social network se ci sia qualche nuova notizia da parte di uno o l’altro dei propri amici virtuali.
Si vorrebbe essere continuamente informati sulle attività degli altri. Certamente molti sono spinti dal desiderio ben comprensibile di sentirsi una comunità in mezzo a un mondo diventato anonimo.
Ma in altri è davvero una impellente bramosia di essere continuamente informati sulle azioni altrui.
Questa avidità di avere notizie sui propri amici aumenta ancor più quando diventa grande l’avidità di essere informati su ogni cosa.
Ma oggi on line ci sono così tante informazioni che nessuno può mai
venirne totalmente a capo.
A Hong Kong ho osservato persone che erano sedute in ristorante per la prima colazione. Consumavano il loro cibo come una cosa accessoria. 
L’attività più importante era quella di cercare ogni possibile informazione con i loro smartphone e i loro tablet. 
Quando due persone erano sedute vicine una all’altra per fare colazione, erano di fatto insieme, ma fra di loro non esisteva alcuna comunicazione:
entrambe erano occupate con i loro strumenti.
La bramosia di ricevere tutte le informazioni possibili e di conoscere ogni novità era più grande del bisogno di comunicare con l’altra persona. 
Con tutto questo, non vorrei demonizzare né i nuovi mezzi di comunicazione sociale in generale, né in particolare i social network. 
Sono mezzi che rendono possibili nuovi modi di rimanere collegati l’un con l’altro e di ricevere importanti informazioni. 
Ma l’irrequietezza con cui alcuni utilizzano questi nuovi media appare pervasa dall’avidità.

- Anselm Grün - 
da;"Avidità. Come sottrarsi al desiderio del - sempre di più - ", Editrice Messaggero di Sant'Antonio




end evolution - fine dell'evoluzione

Buona giornata a tutti. :-)



venerdì 25 agosto 2017

da."Avidità. Come sottrarsi al desiderio del - sempre di più - " - Anselm Grün

Da quando esiste il genere umano, il tema dell’avidità è sempre attuale. L’uomo è contrassegnato da una bramosia di voler possedere sempre di più, di non essere mai contento di ciò che gli viene dato.
L’avidità – come dicono ad esempio i saggi della Grecia – danneggia la salute della persona, la rende simile alle bestie. E inoltre distrugge le fondamenta
della comunità umana, è la causa prima di lotte e di guerre.
Tutti i saggi di questo mondo hanno descritto l’avidità e indicato le vie attraverso le quali una persona può liberarsi dall’avidità, sia che si tratti
del Buddismo, che considera la bramosia del desiderio come la fonte vera e propria del dolore, sia che prendiamo in considerazione la filosofia greca o
romana, oppure i saggi dell’Antico Testamento, nei quali si congiungono la sapienza greca ed ebraica.
Tuttavia, accanto ai suoi elementi distruttivi, l’avidità ha in sé anche qualcosa di stimolante e di piacevole.
Ciò è stato bene espresso e ripetutamente affermato dal teologo evangelico Friedrich Schorlemmer nel suo libro Die Gier und das Glück:
"L’avidità, in quanto manifestazione elementare, estremamente
espressiva di vita, nella quale si nasconde anche molto del nostro desiderio di felicità e di pienezza di vita, può essere anche un’indispensabile forza vitale."
Si tratta dunque non di estirpare l’avidità dall’essere umano, perché diventerebbe una persona senza alcuna forza propulsiva.
Si tratta piuttosto di trasformare l’energia distruttiva dell’avidità in una forza che doni vita.


La caratteristica distruttiva dell’avidità

I modi in cui l’avidità diventa distruttiva sono oggi molto diffusi. 
L’avidità ha molte sfaccettature.
Parliamo della bramosia di guadagno, solo per il desiderio di possedere, e della bramosia di vendetta.
Parliamo della bramosia di lucro, che non tende soltanto a possedere sempre più denaro, ma che mira anche a ottenere il massimo ricavo dal proprio investimento.
Le persone avide di lucro sono contente solo quando possono ricavare il massimo guadagno dai loro affari e perciò cercano di ingannare tutti
gli altri.
Schorlemmer parla perfino di un «virus» dell’avidità, che nasconde in se stesso qualcosa di aggressivo e insaziabile (cf. ivi, 16). 
Questo virus dell’avidità si manifesta in modalità di comportamento del tutto diverse tra loro e quindi – secondo il medesimo autore – sono infettati dello stesso virus, ad esempio, anche quelli che amano parlare troppo o hanno la mania di prendere il sole, quando non sono capaci di smettere una buona volta di parlare oppure cercano di essere sempre abbronzati. 
Il fondamento dell’avidità è l’egocentrismo, che non solo fa ruotare gli altri attorno a se stessi, ma è innamorato di sé. 
Ciò si manifesta oggi nel fenomeno del narcisismo, che secondo gli psicologi sta aumentando sempre di più. 
Ciò significa che non si riceve mai abbastanza attenzione. 
Si è costretti a coprire il proprio abbandono interiore con una sempre maggiore stima proveniente dall’esterno. 
È un’avidità che spinge a mettersi continuamente in mostra. 
Si manifesta oggi non solo nella ricerca di prostituirsi pubblicamente, cioè di rendere interessante il proprio corpo imbellettato per presentarsi in televisione. 
L’avidità si manifesta anche nel fatto che uno si sente obbligato a mettere continuamente in mostra se stesso di fronte agli amici virtuali mediante i contatti nei nuovi mezzi di comunicazione sociale (social network). 
Si vive soltanto se ci si mette in mostra. 
La capacità di gustare qualcosa da soli, di rimanere da soli con i propri pensieri, è andata chiaramente perduta. 
A questa necessità di dover continuamente metter in mostra se stessi si addice un linguaggio che conosce soltanto superlativi. 
Tutto ciò che sono e che faccio, deve per forza essere «super», «pazzesco». 
Questa necessità conduce a trascurare ciò che non è visibile e poco appariscente.

- Anselm Grün - 
da: "Avidità. Come sottrarsi al desiderio del - sempre di più - ", Editrice Messaggero di Sant'Antonio



Buona giornata a tutti. :-)