Appena il Cottolengo vedeva un fabbricato che poteva
essere utile ai suoi poverelli, aspettava il giorno in cui il Signore gli
dicesse: Mettiti all’opera, che quel fabbricato è tuo.
Già da qualche tempo aveva messo l’occhio sopra l’osteria del Brentatore.
Ora nel 1835, ormai cessato a Torino il morbo del colera, rimaneva nel lazzaretto di San Luigi una donna convalescente che ne era stata infetta. Invitato il Cottolengo dell’amministrazione dell’ospedale di San Luigi a ricoverare nella Piccola Casa questa inferma, perché abbandonata, la ritirò senza la precauzione della disinfezione, la quale fino ad allora era stata scrupolosamente osservata.
Ora nel 1835, ormai cessato a Torino il morbo del colera, rimaneva nel lazzaretto di San Luigi una donna convalescente che ne era stata infetta. Invitato il Cottolengo dell’amministrazione dell’ospedale di San Luigi a ricoverare nella Piccola Casa questa inferma, perché abbandonata, la ritirò senza la precauzione della disinfezione, la quale fino ad allora era stata scrupolosamente osservata.
Due giorni dopo quell’accettazione, il dottore Lorenzo Granetti, alle ore otto
di sera, ebbe a constatare alcuni casi di colera nell’infermeria dove era stata
ricoverata la donna; anche due Vincenzine, scelte a servire i colerosi della
città, avevano propagato il morbo in un’altra infermeria.
Il Granetti, per la cui oculatezza e vigilanza la pia Opera era stata fino ad
allora immune da quella peste, veduti quei colerosi, perse ogni pazienza; e
corso difilato dal servo di Dio, lo trovò seduto sopra una vecchia poltrona che
dormiva.
«Bel guadagno che facciamo! Tante cautele e tante cure, per avere poi il colera
in casa! Perché non mi ha detto nulla di quella donna? Perché non fu sottoposta
a disinfezione? Ora il morbo l’abbiamo in casa; ed in questa notte stessa io
temo che molti dei nostri infermi ne saranno intaccati.
Non abbiamo stanze libere, non un lazzaretto per separarli, non un locale di osservazione e di quarantena, e che faremo noi con questo fardello sul dorso?» Ma quanto il Granetti si riscaldava, altrettanto era calmo il Cottolengo, il quale, come si trattasse della cosa più indifferente di questo mondo, rispose al medico: «Oh ciocot! Per questo lei s’inquieta tanto? Si vede proprio che non ha fede; adesso vada a consolare ed assistere i suoi malati, e lasci fare alla Divina Provvidenza, la quale provvederà».
Non abbiamo stanze libere, non un lazzaretto per separarli, non un locale di osservazione e di quarantena, e che faremo noi con questo fardello sul dorso?» Ma quanto il Granetti si riscaldava, altrettanto era calmo il Cottolengo, il quale, come si trattasse della cosa più indifferente di questo mondo, rispose al medico: «Oh ciocot! Per questo lei s’inquieta tanto? Si vede proprio che non ha fede; adesso vada a consolare ed assistere i suoi malati, e lasci fare alla Divina Provvidenza, la quale provvederà».
Uscito il medico brontolando, perché non credeva possibile in poco tempo
trovare un ospedale conveniente ai colerosi, il Santo in poche ore ne formò uno
bellissimo che fece stupire tutti.
Così come si trovava, se ne andò all’Osteria del Brentatore, persuaso fosse questo il momento fissato dalla Divina Provvidenza per consegnargliela; perciò, tratto in disparte il padrone dell’osteria, il quale si chiamava Giovanni Rivara, scherzando secondo il suo solito, disse: «Vorresti riempire una fiaschetta, che berremo insieme? - «Ma sì, disse l’oste, per avere in casa mia il padre Cottolengo anche due fiaschetti, ed anche tre».
Così come si trovava, se ne andò all’Osteria del Brentatore, persuaso fosse questo il momento fissato dalla Divina Provvidenza per consegnargliela; perciò, tratto in disparte il padrone dell’osteria, il quale si chiamava Giovanni Rivara, scherzando secondo il suo solito, disse: «Vorresti riempire una fiaschetta, che berremo insieme? - «Ma sì, disse l’oste, per avere in casa mia il padre Cottolengo anche due fiaschetti, ed anche tre».
- «Che buone novelle, mi dai; come va questo tuo spaccio di vino», chiese il
canonico.
- Peggio che mai, - rispose l’oste; sembra che la voglia di bere sia scomparsa
dal mondo, come vorrei che scomparisse il colera: e sì che il vino mio è
magnifico; e se la cosa continua così sarò costretto a bermelo tutto da
solo.
- Ma senti, gli disse il Cottolengo, poiché non hai troppo il vento alla vela,
se tu vendessi la casa a qualcuno, non sarebbe per te un bene?
- Altro che un bene, rispose l’oste, sarebbe quello che desidero; ma il
difficile sta nel trovare questo benedetto qualcuno; tanto più che vorrei
vendere ogni attrezzo e sedie, e tavole, e panche, e botti, e damigiane, e
persino le bottiglie.
- Anche le bottiglie? soggiunse il sant’uomo; evviva noi, tanto meglio, che
prenderemo qualche sbornia di più; ma dimmi, vuoi vendere anche la tua
famiglia?
- Oh la famiglia non ancora, riprese il Rivara.
- Bene, disse il servo di Dio, compro ogni cosa come tu dici, ma voglio che tu
ceda la casa in questo momento stesso.
Il venditore non se lo fece dire due volte; ritiratosi con la famiglia in
alcune stanze superiori, lasciò sul momento libero un piano e mezzo
dell’Osteria. Verso la mezzanotte il Cottolengo venne a dire al Granetti che se
voleva trasportare i suoi colerosi, aveva fatto preparare una casa a seicento
metri dall’istituto. Il medico stupito, non capacitandosi di come avesse fatto
nello spazio di tre sole ore a trovare un lazzaretto, diede ordine per il
trasporto degli infermi, e si avviò alla casa indicata.
Là trovò parecchie stanze col fuoco acceso, in ogni stanza un letto, e ad ogni letto una suora per l’assistenza del malato. A mezzanotte tutto era finito e tranquillo.
Là trovò parecchie stanze col fuoco acceso, in ogni stanza un letto, e ad ogni letto una suora per l’assistenza del malato. A mezzanotte tutto era finito e tranquillo.
Trasportati gli infermi, l’epidemia cessò. Questa è quella che il servo di Dio
chiamò: Casa della Speranza.
Correva in quei tempi una voce molto accreditata nella
Piccola Casa; ed era che la vincenzina suor Francesca, anima semplicissima e
tutta di Dio, nel partirsi ogni sera dal suo impiego per andare a riposare,
passando vicino alla cappella in cui si conservava il Santissimo Sacramento,
infallibilmente vi entrava per fare ossequio al suo Signore; ma dopo una breve
preghiera, prendendo congedo, con tutta la tenerezza del cuore lo salutava con
queste semplici parole: «Dunque, buona sera, Gesù.»
Ed a Gesù piaceva questo saluto; tanto che una volta in cui la suora l’aveva salutato a quel modo, dal santo suo tabernacolo si compiacque di risponderle a viva e chiara voce: «Ed anche a te buona notte, figlia mia».
- Pietro Gastaldi -
da: "Vita di san Giuseppe Cottolengo"
Ed a Gesù piaceva questo saluto; tanto che una volta in cui la suora l’aveva salutato a quel modo, dal santo suo tabernacolo si compiacque di risponderle a viva e chiara voce: «Ed anche a te buona notte, figlia mia».
- Pietro Gastaldi -
da: "Vita di san Giuseppe Cottolengo"
Se gli altri filano lungo,
voi tagliate corto
- San Giuseppe Cottolengo -
- San Giuseppe Cottolengo -
Buona giornata a tutti. :-)