È una sensazione spaventosa svegliarsi una
mattina e scoprire che mentre si dormiva si è passate di moda.
È quello che è successo a milioni di
casalinghe, che un bel giorno si sono guardate allo specchio e hanno detto:
«Abbassare il coperchio della tazza del cesso dieci volte al giorno non basta a
realizzarmi».
Le donne erano stufe di schiacciare
pulsanti. Per di più i pulsanti avevano cominciato a vendicarsi.
Una mattina
una casalinga di New York, mentre puliva il tappeto con l'aspirapolvere, si
chinò a raccogliere un oggetto. I capelli rimasero imprigionati nella spazzola
e la poveretta cadde a faccia in giù sull'elettrodomestico, subendo un
elettrochoc alla parte sinistra della testa.
Così le casalinghe cominciarono a dubitare
della validità della teoria formulata da un'associazione medica britannica, secondo
la quale i lavori domestici erano il segreto della longevità femminile: tutto quel
movimento prolungava la vita.
Un pomeriggio, mentre, inginocchiata sul
pavimento, col peso di tutti i letti a castellosulla schiena, cercavo di infilare le
assicelle nelle scanalature, mio marito mi chiese:
«Che cosa fai lì sotto?»
«La cura della giovinezza», dissi
seccamente.
«Quegli aggeggi si spostano in
continuazione», disse lui. «Perché non comperi delle assicelle più lunghe?»
«Erano più lunghe quando le abbiamo
comprate», dissi io.
«Ricominci con quella tua assurda storia
degli oggetti inanimati che crescono e rimpiccioliscono? Star chiusa qua dentro
tutto il giorno ti fa male al cervello. Dovresti uscire di più. Quando finisci
di sistemare tutta questa roba, perché non fai qualcosa che hai sempre
desiderato di fare?»
Mi accovacciai per terra e mi misi a
riflettere.
Quello che avevo sempre desiderato di fare era scapparmene di casa.
Sapete cosa voglio dire. Si segue una dieta ferrea per due settimane e si
ingrassa di un chilo.
Ci si spezza la schiena per riuscire ad andare a una
svendita di biancheria e si scopre che sono rimaste solo lenzuola matrimoniali
da sopra, o a una piazza da sotto, e federe formato gigante.
La vostra migliore amica (nella quale avete
sempre riposto la massima fiducia) vi telefona per dirvi che è appena riuscita a
scoprire come si fa il pane in casa.
Qualche spiritoso ha scritto AIUTO nello strato di
polvere che ricopre i tendaggi.
Il supermercato ha smesso di regalare le posate prima che abbiate
completato il servizio, e vi accorgete, dopo aver passato quaranta minuti a stirarlo,
che il vestito di lino vi sta stretto.
Siete bloccati nel traffico in una strada a
senso unico e alla macchina davanti alla vostra si sgonfia una gomma.
Quando la
vostra vicina esce per andare in ufficio le gridate dietro: «Spero proprio che qualcuno
abbia riempito di briciole di gomma la tua IBM».
E vi rendete conto di non farcela più.
Poi, un giorno, su una delle riviste più
importanti, lessi un articolo dal titolo «È cominciata l'era delle donne».
Sopra l'articolo c'era la fotografia di una
bionda bene in carne in un cantiere, circondata da un gruppo di uomini e
intenta a spiegar loro i particolari di un progetto. Indossava un paio di
scarpe in tinta con il caschetto giallo di Gucci. Nella
seconda fotografia la medesima bionda, fasciata da un diafano pigiama, in piedi
davanti a un fornello, sorvegliava sorridendo la cottura di un filet-mignon
(ricetta a pagina 36), mentre il marito condiva l'insalata e i bambini
preparavano amorosamente la tavola.
Mi venne voglia di vomitare.
Anch'io volevo vivere nell'«era delle
donne». (Anche se la mia «era» ormai non «era» più.) Immaginatevi un po'!
Uscire tutte le mattine per recarsi in un ufficio tappezzato di moquette...
mangiare pane fresco a colazione... usare un telefono luccicante invece che
sporco di marmellata d'uva... profumarsi l'incavo delle ginocchia e far girare
la testa ai fattorini.
E dissi a me stessa: «Basta. Se trovo una
baby-sitter mi cerco un lavoro».
Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me
solo i noccioli?di Erma Bombeck,
ed. Longanesi
Una volta presa la decisione, passai sei mesi
a esaminare una serie di aspiranti babysitter.
È deprimente rendersi conto che
nessuno vuol fare a pagamento un lavoro che voi avete fatto gratis per anni.
Una delle ragazze poteva lavorare solo fino all'ora in cui i ragazzi tornavano
da scuola. Un'altra credeva nei sonnellini fino a trentacinque anni suonati e
una terza venne a lavorare un giorno, poi se ne andò dicendo: «Ma lei si
aspetta davvero che io continui a lavorare in una casa dove la caraffa
dell'acqua sembra una di quelle palle di vetro con la
neve dentro che cade quando le si capovolge?»
Le altre donne, scoprii in seguito, avevano
lo stesso problema.
Una mia amica, infermiera diplomata, raccontò una storia
terribile.
Aveva trovato una «perla» disposta a tenere i bambini purché le si
dessero istruzioni precise. Il primo giorno la mia amica le lasciò il seguente
biglietto:
Tony deve prendere un cucchiaino della
medicina rosa che troverà in frigorifero alle otto, e un altro prima di
colazione. Ha l'impetigine, quindi si lavi bene le mani con acqua e sapone e
non lasci che gli altri bambini bevano nel suo bicchiere.
Paola deve prendere un cucchiaio della
medicina arancione nella boccetta marrone alle otto, e un altro all'ora di
colazione. Per colazione ci sono affettati di ogni tipo, marmellata, ecc.
Paola deve andare sul vasino ogni due o tre
ore. C'è un vasino al piano di sopra e una seggiolina nella stanza dei giochi.
Il cane non deve mangiare la gomma da
masticare. La adora, ma poi bisogna portarlo dal veterinario. Deve prendere una
pillola (non anticoncezionale) al giorno, perché ha una leggera infezione.
Chieda a Franco (che va e viene tutto il giorno) di tenerlo, quando gliela dà,
perché c'è rischio di beccarsi un morso.
Se telefona qualcuno si faccia lasciare un
messaggio. Non usi la tazza del bagno di servizio. L'acqua non scorre. Se ha
bisogno di qualcosa, mi telefoni. Se le chiedono chi parla, dica una delle
infermiere.
Quando tornò a casa, trovò la porta
d'ingresso imbrattata di sangue d'agnello e un grosso cartello che metteva in
guardia contro le malattie infettive. La baby-sitter se l'era squagliata.
Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi
Basta andare a lavorare una volta nella
vita per scoprire che questa storia dell'«era delle donne» è una gran balla.
Forse hanno scambiato le didascalie sotto le foto. Forse quella bionda
indossava il pigiama diafano in ufficio e il caschetto giallo in casa. Dio sa
se è necessario avere qualcosa in testa, quando te la martellano di urla tutto
il giorno.
Dov'erano le fotografie di lei mentre corre
intorno al tavolo della cucina in pantofole, con due costolette sotto le
ascelle per scongelarle più in fretta, urlando come una pazza «Va bene,
disgraziati, lo so che ci siete, sento il brontolio del vostro stomaco»?
A
sentire il giornalista, la soluzione del problema lavoro esterno - lavoro
domestico stava in un programma scritto per tutti i membri della famiglia, nel
quale si elencavano i doveri e le responsabilità di ciascuno.
Alla madre
restava così il tempo non solo di lavorare tutto il giorno fuori casa, ma anche
di dipingere, cucirsi i vestiti da sé, andare a cavallo e candidarsi alle
presidenziali.
Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi
Le cose non sono affatto così semplici. Una
sera telefonai a casa e dissi: «Voglio parlare con papà».
«È dal dentista», disse mio figlio.
«Stamattina si è spezzato un dente con il pane surgelato.»
«Ah! E a chi toccava sgelare il pane,
secondo il programma?»
«A me, ma avevo dimenticato le chiavi, sono
rimasto chiuso fuori e ho dormito da Michele. Anche il garzone del droghiere è
rimasto chiuso fuori.
Nel garage ci sono due casse di acqua minerale.» «Dov'è
tua sorella?»
«Ho rifatto il letto con lei dentro. Non mi
parla più.
La lavatrice è piena di panni bagnati tutti macchiati di marrone.
Stiamo sgelando le costolette sotto il tuo casco. Indovina chi ha dimenticato
di metter fuori il cane tornando a casa? Quando torni?» «Domani. Sentite la mia
mancanza?»
«No ma, stando al programma, domani i
piatti toccherebbero a te.»
Parità di doveri è la parola d'ordine del movimento
di liberazione della donna.
Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi
Comunque, ci sono alcune regole
fondamentali, alle quali è necessario attenersi, quando la madre lavora fuori
casa. Primo: quando rompere e quando non rompere. In altre parole, quando si può telefonare alla
mamma in ufficio?
Esistono i casi di emergenza. Su questo non
ci sono dubbi, ma bisogna pure cercare di stabilire alcuni criteri generali di
guida.
Prima di telefonare alla mamma in ufficio,
un bambino dovrebbe chiedersi:
1) Le verrà un colpo quando le racconterò
questa?
2) Riuscirà a trovare un idraulico dopo le cinque?
3) Metterà in atto
la minaccia di trasferirsi in un'altra città e cambiare nome? Se le risposte
sono «Sì, No, Sì», sarebbe bene che il bambino tentasse di inquadrare l'incidente
nella giusta prospettiva.
Per esempio, se si tratta di un fatto di
sangue, il suddetto bambino dovrebbe prendere in considerazione i seguenti
particolari: si tratta di sangue suo? o del fratello? ce n'è molto? poco? sul
divano senza fodere scozzesi? su quello da cinquecento dollari di cui i
genitori stanno ancora pagando le rate? il sangue si fermerà? si è trattato di
un incidente? di un dentino traballante? si può tacere e far finta che si
tratti di una puntura di zanzara?
Un altro esempio: quando nel quartiere un
bambino su due decide che la vostra casa è il posto ideale per giocare, perché
non ci sono adulti in giro durante il giorno, vostro figlio dovrebbe chiedersi:
«Voglio passare l'adolescenza chiuso nella mia stanza senza cibo e senza
televisione? tengo veramente all'amicizia di un bambino che lancia i cubetti di
ghiaccio al canarino? la mamma si accorgerà che abbiamo usato il frullatore per
fare i coriandoli?» Altre situazioni sulle quali non lasciar adito a dubbi:
Quando un gruppo di bambini decide di
lavare il gatto, lo mette nella lavatrice e vuole sapere che programma usare... TELEFONARE IMMEDIATAMENTE.
Quando lui e suo fratello stanno facendo a botte per
l'ultima coca e lui vuole un parere autorevole su chi dovrebbe averla vinta...
NON TELEFONARE. Quando un paio di uomini con un furgone gli dicono che la sua
mamma vuole una fodera per il televisore, un posto sicuro in cui tenere
l'argenteria, una bella pulita ai gioielli e una sistemata alla bicicletta a
dieci marce, TELEFONARE ... E IN FRETTA.
Quando sua sorella lo insegue per la
casa con la canna per innaffiare i fiori e i mobili stanno stranamente
diventando tutti bianchi, CORRERE.
Quando si annoia e non ha niente da fare e
vuol solo scambiare due parole con qualcuno, TELEFONARE AL PADRE.
Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi
Per apprezzare fino in fondo sua moglie, ogni marito dovrebbe guidare almeno una volta una macchina piena di bambini.
Portare in giro i bambini è il ventiseiesimo tra i compiti preferiti da mio marito. Sta più o meno a metà tra il far colazione in una sala da tè e il lasciarsi cadere una palla da bowling sul piede.
«Ricordati», lo avvertii la prima volta che si accinse all'arduo compito, «sono bambini piccoli... non sacchi di patate. Questo vuol dire che devi fermare bene la macchina e scendere ad aprire la portiera. Non gridare, e assicurati che stiano tutti e sei vicino al finestrino. Che Dio te la mandi buona.»
Un'ora e mezzo dopo, quando lo vidi entrare barcollando dalla porta, chiesi:
«Allora, perché ci hai messo tanto?»
«Per cominciare, quella peste con la bocca sporca di dentifricio non voleva salire in macchina. Ha detto che sua madre gli aveva raccomandato di non accettare mai passaggi da estranei. Poi il cartellino con il nome appuntato al vestito di Comesichiama è caduto e lei non sapeva più chi era. Debbie ha pianto per tre isolati perché aveva dimenticato il cestino della colazione sull'altalena. Cecilia... credo che si chiami così... quella che sta sempre ad abbottonarsi il golf nel tentativo di azzeccare l'asola giusta...» «Sì, è proprio Cecilia.»
«Mi ha detto che abitava nella gelateria all'angolo.» «Ma come mai ci hai messo tanto?»
«Michele. È stata tutta colpa di Michele. Ha detto che non sapeva dove abitava e così, per farmelo amico, gli ho dato un lecca lecca. Devo aver girato in tondo per almeno mezz'ora prima che si decidesse a dire: 'Ecco la mia casa'.
«Michele», ho detto, «siamo passati davanti a questa casa almeno venti volte. Perché non hai detto niente prima?»
«Perché», mi ha risposto, «non devo parlare con la bocca piena.»
C'è chi dice che responsabilizzando i bambini li si aiuta a crescere. C'è chi invece sostiene che si aiuta a crescere solo il premio dell'assicurazione.
Buona giornata a tutti. :-)